Truffa su vendita di diamanti, indagate 5 banche.


Nell’indagine sono coinvolte Banco Bpm, Unicredit, Intesa Sanpaolo, Mps e Banca Aletti, più le due società Idb e Dpi, con le accuse di truffa aggravata e autoriciclaggio. Tra i clienti anche Vasco Rossi, Federica Panicucci, Simona Tagli e l’industriale Diana Bracco

Un diamante è per sempre, diceva la pubblicità. E doveva essere per forza così per decine di migliaia di risparmiatori i quali, se avessero rivenduto le pietre che avevano comprato spinti e invogliati da funzionari di banca, ci avrebbero rimesso fino al 50 per cento dell’investimento. Una truffa, secondo un’indagine della Procura della Repubblica di Milano che coinvolge 75 indagati, cinque banche e due società, ha portato al sequestro di oltre 700 milioni di euro e vede tra le presunte vittime nomi del calibro del cantante Vasco Rossi.

Ci sono voluti più di due anni agli investigatori per venire a capo di un’inchiesta nata da un servizio della trasmissione Report del 2016 sui cosiddetti «diamanti da investimento». Un mercato nel quale spiccavano la Intermarket Diamond Business Spa di Milano, che operava attraverso UniCredit, Banco Bpm e Banca Aletti, e la Diamond Private Investment Spa di Roma , che si appoggiava ad Mps e Banca Intesa Sanpaolo.

Gli accordi formalmente prevedevano che le banche mettessero solo a disposizione nelle loro filiali il materiale pubblicitario delle due società, ma in realtà, secondo le indagini della Guardia di finanza di Milano coordinate dal pm Grazia Colacicco e dell’aggiunto Riccardo Targetti, erano i loro direttori e consulenti finanziari che «proponevano ai clienti l’investimento» presentandolo in modo «parziale, ingannevole e fuorviante». I diamanti, cioè, venivano fatti apparire come un «bene rifugio» garantendo un rendimento costante annuo del 3-4% del capitale, molto più di un qualsiasi titolo di Stato. Lo dimostravano, dicevano, le quotazioni di mercato stampate su un giornale economico, che però non erano che un listino prezzi (gonfiato rispetto ai valori reali) pubblicato a pagamento furbescamente sulle pagine dei titoli di Borsa. Non era assolutamente così, e i clienti se ne sarebbero resi conto, è proprio il caso di dirlo, a loro spese.

Autorizzando il sequestro preventivo, il gip Natalia Imarisio scrive che le vittime non erano in grado di capire che metà dei loro soldi se ne andava tra Iva, commissioni delle banche e profitto delle società e che se avessero voluto disinvestire avrebbero dovuto versare un ulteriore 10%. A convincerli erano i consulenti finanziari o i direttori di filiali delle banche «che conoscevano da anni e di cui si fidavano» e che nella sostanza garantivano «l’intrinseca genuinità dell’investimento e l’affidabilità delle due società».

Un centinaio, per ora, le vittime identificate, anche se sono migliaia i clienti che si sono già mobilitati per una class action. Il rocker Vasco Rossi ha investito oltre 2,5 milioni nei diamanti attraverso la società Idb: l’acquisto gli è stato proposto da Banco Bpm, e il cantante ha pagato con tre bonifici il 20 luglio 2009, il 22 marzo 2010 e il 14 ottobre 2011, rispettivamente 1,043 milioni di euro, 520mila euro e poco più di un milione. L’imprenditrice farmaceutica milanese Diana Bracco ha versato più di 1,3 milioni. Anche la conduttrice tv Federica Panicucci potrebbe averci rimesso parte dei suoi 55 mila euro, un po’ meno  la ex showgirl Simona Tagli, che ne ha messi 36 mila. Il lungo elenco contempla anche molti piccoli imprenditori e semplici risparmiatori.

Le banche, precisa il gip, si sono difese sostenendo di «essersi limitate a segnalare la possibilità di investire in diamanti» ottenendo solo «ricavi marginali». Che nei loro uffici si fosse consapevoli che le cose non erano proprio chiare lo dimostrerebbe, ad esempio, una telefonata intercettata in cui un dipendente del Banco Bpm parla di un cliente e dice che «compra a 100 e vale 44, perché se legge (bene la documentazione, ndr) non lo compra».
In un caso, quello di un signore che ha versato 400 mila euro, una perizia gemmologica ha accertato che le pietre valevano addirittura appena il 20% di quanto erano state pagate.

Per ingraziarsi i dipendenti degli istituti di credito e garantirsi la loro collaborazione, Intermarket Diamond Business e Diamond Private Investment non lesinavano regali come viaggi e benefit, in un caso anche donazioni per 150 mila euro a una Onlus fondata in memoria del figlio scomparso di un manager, ma anche investimenti per milioni in azioni delle stesse banche, garantendo così ai dirigenti di raggiungere gli obiettivi di budget e ottenere i premi di risultato. Questo ha fatto scattare anche l’accusa di corruzione tra privati, di autoriciclaggio e reimpiego di capitali di provenienza illecita.

Fonte: www.corriere.it

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