Le banche nel mondo annunciano 77.780 licenziamenti, è record dal 2015


L’82% dei posti di lavoro nel 2019 è stato perso in Europa, ma anche in Nordamerica sono svaniti 7.669 impieghi davanti a incertezze economiche, concorrenza e innovazioni tecnologiche.

Per chi nei servizi finanziari ci lavora, il 2019 è stato un anno ben più magro che non per coloro che a Wall Street e dintorni investono: l’anno di nuove ondate di licenziamenti ad ogni latitudine. Quasi 80mila lettere di benservito in dodici mesi sono arrivate nelle banche su scala globale, facendo impennare ad almeno 425mila il totale dei posti di lavoro eliminati dal 2014 dal settore che, dopo esser stato al centro dell’ultima grande crisi, è oggi caccia di redditività e efficienza in un clima segnato non solo da incognite sul futuro dell’economia ma da pressioni concorrenziali e profonde trasformazioni tecnologiche.

Morgan Stanley ultima a tagliare
Il fenomeno dei tagli di massa non riguarda solo l’Europa – o l’Italia – dove l’occupazione bancaria è stata di recente martoriata da annuncio dopo annuncio di riduzioni del personale. Una delle più recenti, drastiche sforbiciate è dell’americanissima Morgan Stanley, che nelle prime settimane di dicembre ha deciso di eliminare 1.500 posti di lavoro, il 2% dei suoi oltre 60mila dipendenti mondiali. Comunicati ufficiali alla mano, da gennaio oltre 50 gruppi al mondo hanno reso nota la cancellazione, per la precisione, di 77.780 impieghi. Cifra che è la più elevata dal 2015, quando il settore perse su scala internazionale 91.448 buste paga.

La strage del lavoro in banca, in nome di produttività e risparmi, è stata scatenata da una combinazione di fattori: la necessità di attrezzarsi al cospetto di un’economia in frenata, anche se pare intenzionata a evitare aperte recessioni. Il bisogno di fare i conti con una continua realtà di bassi tassi di interesse che complica la performance del business tradizionale. E con una bassa volatilità sui mercati che complica le entrate da trading.
Infine e soprattutto l’inevitabilità di rivoluzioni tecnologiche, con ampio ricorso a innovazioni quali l’intelligenza artificiale, che hanno accresciuto oltremisura l’importanza e la possibilità di contenere i costi.

Europa regina dei licenziamenti
Nel caso delle banche del Vecchio continente, si sono manifestati nel business anche malesseri più gravi, quali l’impatto sulla redditività di tassi di interesse negativi e le sofferenze dell’economia della regge per le tensioni commerciali. Gli istituti europei sono così stati protagonisti di oltre quattro quinti dei tagli complessivi – per l’esattezza l’82% del totale.

Stando a calcoli di Bloomberg, effettuati sulla base dei documenti depositati dalle banche presso le authority di supervisione, 63.611 posti di lavoro sono svaniti nella sola Europa. Altri 7.669 sono spariti in Nordamerica, 3.500 in America Latina, 2.487 in Medio Oriente e Africa e 513 nella regione Asia-Pacifico. Statistiche che, oltretutto, stando gli analisti, potrebbero semmai sottostimare il fenomeno di ristrutturazione e consolidamento, dato che spesso gli istituti non comunicano pubblicamente tutti gli snellimenti programmati.

Da Deutsche Bank a UniCredit
L’Europa domina la classifica con i licenziamenti messi in cantiere da dieci banche, a cominciare da istituti tedeschi e italiani. Deutsche Bank, scottata da scandali e fuoriuscite da intere attività quali l’investment banking, ha annunciato l’eliminazione di 18mila impieghi entro il 2022. L’italiana UniCredit ha varato piani per tagliare ottomila impieghi entro il 2023 – il 9% della sua forza lavoro – e chiudere 500 filiali. Santander, Commerzbank, Hsbc e Barclays seguono a ruota con riduzioni comprese tra tremila e cinquemila posti.

Nuove riduzioni nel 2020
Le concorrenti banche statunitensi non sono state immuni da difficoltà ma al confronto sono state aiutate da un costo del denaro che, per quanto ultra-basso, nel dopo-crisi ha recuperato terreno. E da un’espansione che ha raggiunto il record di longevità entrando nell’undicesimo anno consecutivo e reggendo anche l’urto delle incertezze nell’interscambio.

Anzi, i colossi americani della finanza hanno allargato il loro raggio d’azione globale approfittando di crisi e ritirate di colossi europei quali Deutsche, strappando posizioni e business sullo stesso Vecchio continente. La saga delle riduzioni e delle riorganizzazioni non appare comunque conclusa con il 2019, negli Usa come neppure in Europa dove ha imperversato. Il 2020, secondo quando affiorato, dovrebbe portare con sé ulteriori riorganizzazioni, dal gruppo svizzero Julius Baer a quello spagnolo Banco Bilbao.

 

Fonte: www.ilsole24ore.com

 

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