La “Prestazione lavorativa” dei quadri direttivi


“Sono un quadro direttivo. Io non ho orari: posso autogestirmi liberamente”

Parlando con i lavoratori ci imbattiamo, a volte, in colleghi inquadrati nella categoria dei quadri direttivi che, partendo da questo ragionamento, arrivano alla conclusione di poter decidere, in totale autonomia, quando entrare ed uscire dal lavoro, senza preoccuparsi del numero di ore effettivamente trascorse in ufficio o in filiale.

Ma è davvero così? Vediamo cosa dice a tal proposito la normativa.

Per i quadri direttivi non si parla di orario di lavoro, ma di prestazione lavorativa.
I contratti collettivi applicati ai lavoratori bancari (art. 87 CCNL ABI), delle BCC (art. 98 CCNL Federcasse) ed esattoriali (art. 87 CCNL ex Equitalia) prevedono:

La prestazione lavorativa si effettua, di massima, in correlazione temporale con l’orario normale applicabile al personale inquadrato nella 3a area professionale addetto all’unità di appartenenza, con le caratteristiche di flessibilità temporale proprie di tale categoria e criteri di “autogestione” individuale che tengano conto delle esigenze operative.

Qualche considerazione su questo articolo. Il QD non ha effettivamente un orario rigido, potendo beneficiare di “flessibilità temporale”. Quindi per lui non sono previste un’ora di entrata e un’ora d’uscita, anche se deve tener conto delle esigenze operative.
Quindi, a titolo di esempio, un QD direttore di filiale deve comunque assicurare l’apertura dello sportello all’orario previsto: eventuali aperture ritardate non sarebbero giustificabili con la flessibilità d’orario.
Il QD è tenuto ad una prestazione lavorativa correlata all’orario normale applicabile agli impiegati dell’unità di appartenenza.
Quindi se nella sua filiale si applica l’orario standard, dovrà assicurare una prestazione lavorativa di 7 ore e mezzo giornaliere. Se si applicano orari diversi (6×6, orari estesi, turnazioni ecc.…) la sua prestazione sarà commisurata a quella dei colleghi.
Se il quadro direttivo si ferma in ufficio più a lungo avrà diritto al riposo compensativo. Se invece la sua prestazione lavorativa fosse inferiore a quella richiesta, sarebbe tenuto al recupero nei giorni successivi.

La norma sembrerebbe lasciare spazio a margini di interpretazione a causa dell’inciso “di massima”, dando l’impressione che anche il concetto di prestazione lavorativa possa essere letto in modo elastico. Come va interpretata questa postilla?

Di recente abbiamo avuto modo di confrontarci su questo argomento con l’Ufficio Consulenze del Lavoro dell’ABI, ottenendo una sorta di “interpretazione autentica”.
Per quanto superfluo, è bene ricordare che i QD sono comunque lavoratori dipendenti, soggetti pertanto al potere direttivo del datore di lavoro: questa semplice considerazione basta ad escludere la possibilità di decidere in autonomia la misura della prestazione lavorativa individuale.
Deroghe relative alla quantificazione ed alle modalità di esecuzione della prestazione lavorative sono consentite dal contratto, ma solo se concordate ed espressamente autorizzate dall’Azienda.

 

RICAPITOLANDO:

Un quadro direttivo è tenuto ad entrare e uscire dal lavoro agli stessi orari dei suo colleghi inquadrati nella categoria impiegatizia?
No, a patto che questo sia compatibile con le esigenze operative dell’Unità alla quale è assegnato.

Un quadro direttivo può decidere in autonomia la quantificazione della sua prestazione lavorativa?
No. La sua prestazione lavorativa dev’essere equiparabile a quella dei colleghi che operano nella stessa Unità Operativa.
E’ importante sottolineare che una prestazione lavorativa significativamente inferiore rappresenterebbe a tutti gli effetti un’inadempienza contrattuale, tale da giustificare provvedimenti disciplinari che possono portare anche al licenziamento.

 

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