Banche. Schiacciati dagli obiettivi commerciali? Alcune cose che dovremmo sapere.


Quello delle pressioni commerciali è diventato il problema più importante nella vita dei Bancari, il pensiero fisso che non li abbandona durante il giorno e che toglie loro il sonno durante la notte.

In alcuni casi ai lavoratori vengono assegnati degli obiettivi individuali lasciando loro intendere che, in caso di mancato raggiungimento, potrebbero subire pesanti conseguenze.

Tutto questo è legittimo? E’ giusto che le Aziende assegnino budget personalizzati? E cosa si rischia davvero in caso di mancato raggiungimento?

Proviamo a rispondere a queste domande in modo oggettivo, basandoci su ciò che prevedono norme e contratti.

Prima di tutto sgombriamo il campo da una “fake news” che ogni tanto torna a fare capolino nei discorsi di capi e capetti.

 

La nostra retribuzione non è legata al raggiungimento di obiettivi commerciali, né lo sarà in futuro.

Lo stipendio dei bancari è determinato in base alla tabella che riportiamo di seguito. E questo avviene non perché le Banche sono buone e ci regalano dei soldi, ma per effetto dell’art. 36 della Costituzione:

Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.

Inquadramento  Stipendio dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2020 Aumento mensile dal 1° gennaio 2021 Stipendio dal 1° gennaio 2021 al 30 novembre 2022
QD 4° 4.427,75 94,06 4.521,81
QD 3° 3.760,58 81,73 3.842,31
QD 2° 3.361,47 77,58 3.439,05
QD 1°lo 3.167,54 73,94 3.241,48
3ª A. 4° L. 2.796,90 70,00 2.866,90
3ª A. 3° L. 2.589,30 60,39 2.649,69
3ª A. 2° L. 2.446,23 57,05 2.503,28
3ª A. 1° L. 2.320,91 54,13 2.375,04
Ex 1ª A.- 2ª A.* 2.098,40 48,94 2.147,34

 

Il mancato raggiungimento degli obiettivi commerciali non comporta, quindi, un taglio dello stipendio che non può in nessun caso essere inferiore a quanto previsto nella tabella. Agli obiettivi commerciali sono invece legati dei premi extra, che quindi rappresentano un qualcosa in più rispetto alla normale retribuzione.
Non raggiungere gli obiettivi comporta, nella peggiore delle ipotesi, perdere un extra (che per la grande maggioranza dei lavoratori consiste in poche centinaia di euro).

Ma CHI deve raggiungerli questi obiettivi? Il singolo lavoratore?

 

Il CCNL ABI non consente l’attribuzione di obiettivi individuali

Il nostro contratto parla di “specifici obiettivi da raggiungere” solo in materia di sistema incentivante (Art. 51). Lo stesso articolo prevede che gli obiettivi vengano assegnati “per gruppi omogenei di posizioni lavorative”: quindi non è consentita l’assegnazione di obiettivi commerciali a singoli lavoratori.

Purtroppo la formulazione della norma è tale da consentire in alcuni casi di aggirarla. Perché per gruppo omogeneo di posizioni lavorative può intendersi una filiale, ed in quel caso non ci sono problemi. Ma si può intendere anche un modello di servizio all’interno della filiale: e questo, in molte filiali piccole dove ad un modello di servizio è adibito un unico addetto, si trasforma effettivamente in un obiettivo individuale. Si tratta di un’obiezione che le OO.SS. hanno più volte posto alle Aziende, che però da un punto di vista puramente formale ritengono di essere in regola.
Vanno invece respinte interpretazioni più estreme, tipo l’attribuzione di budget “per singolo portafoglio” in filiali dove ad un unico modello di servizio sono adibiti più lavoratori, e questo perché, essendo il portafoglio assegnato ad uno specifico collega, viene meno l’esistenza di un “gruppo omogeneo di lavoratori”.

Ovviamente l’invito è segnalare tutte le situazioni anomale ai propri rappresentanti sindacali, in quanto il più delle volte ci si trova di fronte a violazioni contrattuali che possono essere fatte rientrare rapidamente.

In ogni caso ricordiamoci sempre che stiamo parlando di obiettivi legati esclusivamente al sistema incentivante, da perseguire sì con impegno ma senza permettergli di distruggerci la vita.

 

Se non raggiungo gli obiettivi non posso essere penalizzato 

Posso vedermi assegnare una valutazione insoddisfacente perché ho venduto meno polizze di quelle che mi erano state assegnate?
Premesso che l’assegnazione individuale di un certo numero polizze da stipulare è illegittima e quindi da contestare fin dall’inizio, questo è un tema su cui il CCNL non era sufficientemente chiaro. Da parte sindacale si faceva riferimento all’art. 74 che, elencando i criteri sui quali si doveva basare la valutazione (competenze, precedenti professionali, padronanza del ruolo, attitudini e potenzialità, prestazioni) sembrava escludere il raggiungimento degli obiettivi dagli elementi da considerare in tal senso. Tuttavia, la mancanza di un esplicito divieto rendeva la questione estremamente controversa.

A fare chiarezza ha provveduto l’Accordo sulle politiche commerciali sottoscritto in ABI l’8 febbraio 2017 e recepito nel CCNL – del quale quindi fa parte a tutti gli effetti – con l’accordo di rinnovo firmato lo scorso 19 dicembre.
L’articolo 7 prevede:

Le parti si danno atto che il mancato raggiungimento degli obiettivi quantitativi commerciali di per sé non determina una valutazione negativa e non costituisce inadempimento del dovere di collaborazione attiva ed intensa.

Quindi non solo è impossibile subire provvedimenti disciplinari per il mancato raggiungimento di obiettivi commerciali, ma la stessa valutazione professionale non può basarsi su dati numerici.

Purtroppo sappiamo bene che nel mondo reale quasi mai la valutazione professionale di chi lavora in filiale prescinde da questi dati. Per questo sarebbe opportuno che contro ogni giudizio assegnato con questi criteri venisse inoltrato un ricorso.
Questo avviene molto di rado, un po’ per quieto vivere, un po’ per scarsa conoscenza delle norme. In molti colleghi si percepisce un timore nell’inoltrare un ricorso, quasi fosse un modo per contestare l’autorità del datore di lavoro. In realtà, Il ricorso contro la valutazione professionale non rappresenta una sfida alla banca; può essere invece un’occasione per farsi conoscere, potendo parlare direttamente con i gestori, opportunità che molti lavoratori potrebbero non avere mai in tutto il loro percorso lavorativo.

Sarebbe molto importante far arrivare centinaia, migliaia di ricorsi alle aziende per costringerle ad ammettere che il processo valutativo avviene, in moltissimi casi, senza rispettare le norme.

 

Minacce, insulti, mortificazioni sono reati punibili penalmente

Veniamo all’aspetto più delicato della questione.

Sappiamo che il raggiungimento degli obiettivi dovrebbe incidere solo sul sistema incentivante. Quindi il mancato raggiungimento, a parte la perdita di bonus economici, non dovrebbe rappresentare un evento drammatico per i lavoratori. In realtà, nel mondo reale le cose vanno diversamente.

Il “budget” finisce per diventare l’incubo della maggior parte dei Lavoratori, perché esiste un’intero sistema gerarchico allestito con il solo scopo di vessarli, di intimorirli, dei rendere la loro vita impossibile. Il timore con cui quotidianamente ci si confronta è quello di subire ritorsioni in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi. Si ha paura di essere trasferiti, di essere demansionati, persino di poter perdere il posto di lavoro. Paura alimentata da continue minacce, che per fortuna nella quasi totalità dei casi si rivelano poi inconsistenti, visto che il porle in atto esporrebbe le Aziende a possibili cause con il rischio concreto di pesanti richieste di risarcimento.
A rincarare la dose un linguaggio che tende ad umiliare, a mortificare, a far sentire una nullità chi non ha prodotto abbastanza.

Tutti questi comportamenti sono forme di mobbing o straining, che possono sconfinare nel reato di lesioni personali qualora finiscano col produrre conseguenze sulla psiche delle vittime, come ha stabilito la Corte di Cassazione.
Agitare continuamento lo spettro di trasferimenti, di demansionamenti o di licenziamenti può costituire reati come minaccia o estorsione (anche su questo si è pronunciata la corte di Cassazione).
Pubblicare risultati individuali per esaltare chi si trova in cima alle classifiche o umiliare chi ha prodotto meno viola la normativa sulla privacy, e può rappresentare un trattamento illecito di dati personali.

Ma allora, se tutti questi comportamenti sono illegali, perché vengono posti in essere? E perché il più delle volte vengono subiti passivamente?

Le banche hanno creato un meccanismo micidiale, basato proprio sull’enorme squilibrio dei premi tra la “bassa manovalanza” e le funzioni apicali. Perché se è vero che per un addetto di sportello l’ammontare dei premi equivale spesso a poco più di una mancia, è altrettanto vero che per un dirigente i premi arrivano facilmente a somme con 5 zeri. E allora, mettendo insieme la voglia di guadagnare di più, il desiderio di mettersi in mostra con l’azienda, la spregiudicatezza che spesso caratterizza chi ricopre determinati ruoli e la convinzione (il più delle volte fondata) di poter fare qualsiasi cosa senza preoccuparsi delle conseguenze, ecco che l’attuale clima di persistente minaccia diventa inevitabile.

Perché accettiamo tutto questo? Perché abbiamo paura. Paura perché ci sentiamo piccoli e soli di fronte a un meccanismo troppo più grande e forte di noi. Paura che diventa rassegnazione.
Noi dobbiamo riuscire a combattere questo meccanismo.

La Fisac è in grado di fornire qualsiasi tipo di assistenza agli iscritti, compresa la tutela legale. Però ognuno deve capire che nessuno può tutelarlo se non comincia lui a farlo per primo, innanzitutto parlando con il proprio rappresentante sindacale per raccontargli quanto è costretto a subire e valutare insieme le contromisure di adottare.
E poi, di fronte a situazioni più gravi, non disdegnando di difendersi in tutti i modi possibili. Al limite anche registrando colloqui e telefonate.

A tal fine, segnaliamo come la Cassazione abbia chiarito che si può lecitamente registrare una telefonata all’insaputa dell’altro in quanto “chi parla accetta anche il rischio di essere registrato”.
Questo si può fare a due condizioni: chi registra deve partecipare alla conversazione intercettata, e non può diffondere a terzi il contenuto della registrazioni. Analoghe norme riguardano la registrazione di conversazioni effettuate di persona, con il limite che non si può registrare a propria insaputa chi si trova a casa propria o nel proprio ufficio personale.
Di fronte a ripetute minacce di trasferimento in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi, una registrazione potrebbe fornire la prova vincente per impugnare poi l’effettivo trasferimento e dimostrare che si tratta di un provvedimento vessatorio: le registrazioni sono infatti ammesse come prova.

 

Siamo obbligati per legge a lavorare con impegno 

Ma allora, se gli obiettivi commerciali sono legati solo all’ottenimento di premi extra, tutti quelli che sono soddisfatti del loro stipendio possono infischiarsene allegramente e tirare i remi in barca? Assolutamente no!
Una delle accuse rivolte spesso ai Sindacati quando si toccano queste tematiche è: “Voi fornite un’alibi ai fannulloni!”.
Anche questa è una bufala da smentire.

In quanto lavoratori dipendenti, abbiamo per legge l’obbligo di lavorare con impegno e diligenza. Questo è espressamente previsto nell’art. 2140 del Codice Civile:

Il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall’interesse dell’impresa e da quello superiore della produzione nazionale.
Deve inoltre osservare le disposizioni per l’esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall’imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende.

Questo vuol dire che comportamenti negligenti possono portare all’adozione di sanzioni assolutamente legittime da parte dell’azienda. Dipendenti che – a titolo esemplificativo – ritenessero di non rispettare gli orari di lavoro, che rifiutassero di svolgere campagne commerciali o le svolgessero con evidente superficialità, oppure avessero un atteggiamento irriguardoso verso colleghi e superiori, sarebbero pienamente meritevoli di provvedimenti disciplinari.

Un esempio aiuterà a chiarire come stanno le cose. Se io non svolgo una campagna commerciale, o dico di averlo fatto ma in realtà non ho avuto contatti con i clienti, sono passibile di sanzioni. Se invece ho svolto la campagna con le modalità che richiedeva, impegnandomi per la buona riuscita, ma alla fine i risultati si sono rivelati deludenti, non posso essere sanzionato ed anzi il mio comportamento nella specifica situazione dev’essere valutato in modo favorevole.

In definitiva, ognuno di noi ha l’obbligo di impegnarsi e guadagnare lo stipendio fino in fondo. Ma al tempo stesso, ha il diritto di essere trattato con rispetto, di dormire la notte con tranquillità e di vivere normalmente la propria esistenza, senza essere costretto a ricorrere ad ansiolitici, psicologi o avvocati divorzisti. 

 

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