Settant’anni anni portati male


Il 10 dicembre del 1948, 70 anni fa, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottò ufficialmente la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani: un documento che tutti i Paesi membri si impegnarono ad adottare, pur non avendo valore di legge.

Il documento nasceva, non a caso, al termine di uno dei periodi più sanguinari nella storia dell’umanità: un periodo che aveva visto due tremende guerre mondiali, lo sterminio degli Ebrei, prima ancora quello degli Armeni.

Il presupposto su cui si basa la dichiarazione poteva apparire, in quel periodo storico, rivoluzionario: un essere umano, per il solo fatto di esistere, ha dei diritti inviolabili.
Tra questi il diritto alla vita, alla libertà, alla sicurezza. E, fatto ancor più rivoluzionario, questi diritti spettano in egual misura a tutti gli uomini, a prescindere dal loro sesso, dal colore della loro pelle, del paese di nascita.

Ovviamente nessuno di noi obietterebbe su questi concetti, sui quali si è basato gran parte del progresso culturale del mondo civilizzato. D’altro canto, è fin troppo evidente che oggi l’elencazione di questi principi sia superflua in un Paese come il nostro, da sempre culla della cultura e del diritto, forte delle sue radici cristiane e romane. Semmai ce ne fosse bisogno, queste norme di buon senso servono per far evolvere altri Paesi, meno avanzati del nostro.

Ma siamo proprio sicuri che le cose stiano in questi termini?

Intanto una considerazione. Se accettiamo che i diritti nascono insieme alla persona, una società può scegliere due opzioni: o li riconosce, e quindi ne garantisce la fruizione, oppure li nega.

L’Italia riconosce davvero i diritti inviolabili degli esseri umani?

Andiamo a leggere qualche articolo della dichiarazione:

Articolo 5:
Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizione crudeli, inumani o degradanti
(L’Italia è una delle poche nazioni europee a non essersi dotata di una legge contro la tortura)

Articolo 9:
Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.
(
La vicenda della nave Diciotti, con 177 migranti tenuti reclusi per giorni, è un esempio che va in tutt’altra direzione)

Articolo 12:
Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza.
(Il nostro Paese continua a prevedere norme più penalizzanti per le coppie “colpevoli” di non essersi sposate, continua a vietare pratiche riproduttive se sgradite alla chiesa cattolica, discrimina in vari modi gli omosessuali ecc…)

Articolo 13:
Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese.
(Superfluo qualsiasi commento)

Articolo 23:
Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.
Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.
Ogni individuo che lavora ha diritto ad una rimunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale.
(Qui c’è solo da piangere)

L’elenco potrebbe continuare, ma è innegabile che la risposta alla precedente domanda non possa che essere negativa:
l‘Italia NON riconosce i diritti inviolabili degli esseri umani.

E questo è un fatto che deve preoccuparci, e molto.

 

Leggi il testo completo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani

 

 

 

 

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