Sedici morti e almeno mille contagiati: il tributo pagato dai bancari al coronavirus


Riportiamo l’articolo pubblicato da AGI – Agenzia Giornalistica Italia lo scorso 4 maggio. Possiamo lecitamente supporre che i numeri riportati siano sottodimensionati rispetto alla realtà.
In questi giorni abbiamo ricevuto notevoli apprezzamenti per i protocolli firmati con le banche, che hanno consentito di ridurre la presenza in filiale di addetti e clienti in modo da contenere il rischio. Tuttavia, da qualche parte si sono levate anche voci contrarie da parte di chi ha maledetto i sindacati, colpevoli del mancato raggiungimento degli obiettivi di budget.
Pur nel rispetto di tutte le opinioni, possiamo tranquillamente affermare che il bilancio sarebbe stato ben più pesante senza misure di prevenzione, e quindi il contenimento degli accessi ha sicuramente salvato delle vite. Magari, chissà, anche quella di qualcuno che adesso si lamenta perché rischia di perdere il suo bonus.
Per quanto ci riguarda, se gli accordi sono serviti a salvare delle vite siamo orgogliosi del lavoro svolto. Non esiste nulla di più prezioso di una vita umana; anche quella di chi forse tutto questo non sembra averlo capito.

 

Anche i bancari hanno affrontato lavorando il coronavirus. Come gli operatori sanitari, gli addetti alla grande distribuzione e le altre categorie che forniscono servizi pubblici essenziali non hanno mai smesso di accogliere i clienti anche nei giorni più cruenti quando scarseggiavano i dispositivi di protezione e le modalità di trasmissione dell’infezione non erano chiare. Stando a quanto ricostruito dall’AGI, interpellando più fonti, le persone decedute sono 16 e i contagiati, parte dei quali finiti in ospedale, ammontano ad almeno un migliaio. 

I dati si riferiscono ai principali quindici gruppi italiani e, come per il triste conteggio generale, vanno considerati ‘al ribasso’ per la mancanza di tamponi che ha segnato la prima fase della pandemia.  “Grazie al protocollo siglato il 16 marzo – dice  Massimo Masi, segretario di Uilca – siamo riusciti a evitare centinaia di contagi tra lavoratori e clienti, riuscendo a tenere le filiali aperte e assicurando i servizi nella zona rossa, con l’aiuto della tecnologia”. Tra le misure prese, gli appuntamenti coi clienti “che hanno consentito di instaurare dei turni del personale “ e “percentuali di telelavoro di circa il 60%”.

I problemi maggiori si sono verificati nelle province lombarde più colpite. Luca Ravaglia responsabile per sigla Unisin/Falcri di Intesa Sanpaolo, racconta la sua prospettiva dalle province di Bergamo e Brescia. “In questi territori la mia banca non ha avuto la forza e la capacità di adottare strumenti specifici per zone così peculiari dove era evidente che ci volesse un intervento diverso rispetto al resto del Paese. Almeno il 10-15% dei miei colleghi che, dopo i turni, tornava tra i propri affetti, ha perso un genitore nelle due province. A livello nazionale, i presidi medici – aggiunge – sono stati annunciati ai primi marzo, ma sono arrivati a metà aprile. Comprensibile che mancassero nelle prime fasi, ma è passato molto tempo e  per  giorni siamo stati esposti senza avere nulla con tutto il peso psicologico anche nel rapporto coi clienti. Sarebbe stato utile che almeno nelle province più colpite arrivassero prima, invece i primi presidi sono arrivati a Napoli”.

Il dato nazionale, riferisce il sindacalista, è di 5 deceduti e 160 infettati su un totale di 95mila dipendenti, “tenendo presente che la maggior parte dei contagiati lavora allo sportello, a stretto contatto col pubblico”. “Ho perso un carissimo amico e collega, dializzato per tanti anni, e da poco trapiantato – testimonia Danilo Piccioni, responsabile Fabi di Cremona – Nella mia provincia, la forza lavoro si è dimezzata. I dispositivi sono arrivati ma non dall’oggi al domani, e in quella settimana che passava ovviamente il contagio andava avanti. Le mascherine sono arrivate col contagocce e in alcuni casi abbiamo dovuto minacciare lo sciopero per avere delle protezioni. I momenti di tensione ci sono stati”. A Crèdite Agricole, riferisce Piccioni, sono stati due i decessi, uno in una filiale di Crema, l’altro a Milano.  Sempre restando in una delle zone dove il virus ha imperversato,   a Banco Bpm sono due i dipendenti mancati.

Per Guido Diecidue, rappresentante della sigla Uilca di Unicredit, il comportamento della sua banca “è stampo tempestivo ed efficace”. Tra i lavoratori c’è stata una vittima, i contagiati sono 86 di cui 23 ricoverati in Italia, 50 in Germania con 35 ricoverati, 19 in Austria e nei Paesi dell’Est Europa, 7 in Russia. “La nostra priorità – spiegano all’AGI dal quartier generale della banca – è prima di tutto garantire la salute e la sicurezza delle nostre persone e dei nostri clienti. Abbiamo rafforzato la consulenza a distanza, sia in termini di persone abilitate alla consulenza sia in termini di prodotti e servizi attivabili a distanza – anche per i clienti meno digitalizzati. Adesso che le misure di lockdown stanno gradualmente cominciando ad allentarsi nei nostri diversi Paesi, stiamo facendo leva su quanto fatto e imparato finora per essere sicuri di fare i giusti passi in avanti. Le nostre decisioni saranno basate su dati, non su date”.

Claudia Dabbene (Uilca) di Ubi comunica che nel suo istituto di credito si conta un decesso in una filiale di Sondrio e si concentra su un’altra angolatura, all’alba della Fase 2: “Da noi i presidi sono arrivati in fretta. A uccidere più del Covid è la disperazione dei clienti che confonde i bancari coi banchieri. I decreti del governo partono con le migliori intenzioni ma poi noi ci confrontiamo ogni giorno con questa sofferenza. Siamo meglio di quello che pensano le persone. In questo periodo, alcuni di noi hanno fatto delle collette per i clienti indigenti”.  Secondo Luigi Pizzuto, rappresentante della sicurezza della Fisac in Mps, i danni sono stati ‘limitati’ nel contesto bancario anche “grazie all’elevatissimo livello di sindacalizzazione che porta con sé la capacità di incidere in maniera forte sulle decisioni dell’azienda”. Nell’istituto senese, dove una donna è rimasta vittima del virus in Brianza, “è da subito ha prevalso il ‘modello’ smart workig, anche nella rete delle filiali”.

 

Fonte: AGI

 

 

 

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