Responsabili e irresponsabili


C’è un aspetto nell’organizzazione delle banche che in pochi hanno colto, ma del quale è fondamentale prendere coscienza per capire ciò che succede nella quotidianità di chi lavora nelle filiali.


La nostra vita è governata da regole che ne disciplinano ogni singolo aspetto. Questo è ancor più vero per il lavoro in banca: contratti, normative interne, antiriciclaggio, antiterrorismo, antiusura. Codice civile, codice penale, trasparenza, contrasto all’evasione fiscale. E poi circolari, ordini di servizio, email… un numero enorme di disposizioni da seguire, sostanzialmente impossibili da conoscere nel loro complesso ma la cui inosservanza può comportare conseguenze che vanno dal provvedimento disciplinare, al risarcimento del danno, al licenziamento, alla denuncia alla Magistratura.

Eppure, pare che ci siano persone per le quali le norme sembrano non valere.

Molti di noi avranno probabilmente avuto a che fare con dei capi che si comportano in palese violazione di norme e contratti, e che sembrano volerci spingere più o meno apertamente ad aggirare leggi o disposizioni di varia natura. Com’è possibile tutto ciò?

C’è un aspetto nell’organizzazione delle banche che in pochi hanno colto, ma del quale è fondamentale prendere coscienza per capire ciò che succede nella quotidianità di chi lavora nelle filiali.

Esiste una divisione netta che differenzia i dipendenti bancari in due gruppi: quello dei responsabili (cioè coloro che pagano per ogni singolo errore) e quello degli irresponsabili (cioè quelli che, qualunque cosa facciano, non pagano mai).
E’ una divisione che opera in senso verticale.
La responsabilità è piena per chi opera in filiale, dall’operatore di sportello fino al Titolare, la figura più esposta in assoluto. Si azzera magicamente appena si passa al gradino superiore, occupato di norma da Quadri Direttivi con ruolo chiave o da Dirigenti.

E qui possiamo cogliere un primo paradosso: la responsabilità è inversamente proporzionale alla retribuzione. Il cassiere che sbaglia e a fine serata si vede mancare una banconota non può far altro che mettersi le mani in tasca e reintegrare la differenza. Il Dirigente che prende decisioni sbagliate, arrecando anche danni alla sua Banca, si ritroverà, nella peggiore delle ipotesi, assegnato ad altro incarico.

Perché questa differenza incide in modo così forte sulla vita dei bancari?

Riflettiamo su quelli che sono i ruoli all’interno dell’organizzazione aziendale. La corsa forsennata al raggiungimento degli obiettivi ha fatto sì che, nel corso degli anni, le Banche si dotassero di strutture sempre più articolate aventi una sola funzione: pressare, pressare, pressare.
E allora, ecco che le Direzioni Generali pressano i Responsabili Territoriali, che pressano gli Area Manager, che pressano gli Assistenti commerciali, che pressano i Titolari di fIliale, che pressano i referenti, che pressano i singoli operatori. Un sistema che, non senza una certa dose di umorismo, viene definito come “supporto alla vendita”. In realtà non esiste alcun supporto: solo pressioni.

E qui diventa fondamentale la differenza tra “responsabili” e “irresponsabili”. Molti Dirigenti hanno come unico compito quello di non dare pace a chi opera in prima linea; in cambio, le Aziende prevedono premi che non sono neanche lontanamente paragonabili a quelli dei comuni Lavoratori. Per questo diventa concreto il rischio che, di fronte alla prospettiva di perdere incentivi che possono raggiungere o superare il reddito annuale di un impiegato, qualcuno finisca col cedere alla tentazione di ignorare le regole, viste solo come un fastidio che rischia di non far percepire le ricche prebende.

Questo spiega perché, seppur in modo ovviamente non ufficiale e mai per iscritto, alle filiali arrivino indicazioni più o meno palesi che le spingono a violare le norme.
Molti di noi hanno sentito indicazioni del tipo: “Va bene l’adeguatezza, va bene Mifid, ma il budget lo devi fare, quindi chissenefrega se vendi la polizza decennale ad un’ottantenne?
O magari “Può darsi che questo prodotto non sia adatto per tutti, ma tu mica devi spiegarlo fino in fondo! Basta che ti fai firmare i contratti”.
Oppure “OK, dovete fare l’adeguata verifica, ma intanto pensate ad aprire i conti, poi i documenti li porteranno“.
O, peggio ancora “Le commissioni addebitatele, poi se il cliente dovesse lamentarsi potete sempre dirgli che c’è stato un errore e rimborsargliele“.

L’elenco potrebbe proseguire all’infinito; a rendere particolarmente grave ognuna di queste affermazioni c’è la certezza pressoché assoluta, da parte di chi le fa, di non pagare conseguenze grazie alla loro “irresponsabilità”, sapendo che eventuali sanzioni, anche di natura penale, saranno esclusivamente in carico a chi ha effettuato l’operazione.

Facciamo un esempio concreto. Può capitare di sentire un nostro superiore affermare che: “Se il cliente non fa la polizza dovete rifiutargli il prestito“. In effetti lo abbiamo sentito dire tante volte, al punto che qualche Lavoratore potrebbe finire per considerarla quasi una regola non scritta: eppure, chi si prestasse a quello che è a tutti gli effetti un ricatto, senza forse neanche rendersene conto starebbe commettendo un reato, una forma di estorsione. Eppure c’è chi lo fa lo stesso, senza neanche chiedersi: “Cosa potrà mai succedere?”

Per esempio questo, come avevamo già riportato in un precedente articolo:

https://www.fisaccgilaq.it/banche/associazione-a-delinquere-bancari-denunciati-per-aver-costretto-i-clienti-a-sottoscrivere-polizze.html

Quando succedono fatti del genere, la prima reazione dei vertici dell’Istituto (cioè degli “Irresponsabili”) è scaricare ogni colpa sui dipendenti. Per questo dobbiamo ricordarci sempre che ogni operazione fatta in modo scorretto è come un passo su un campo minato: può darsi che ci vada bene e non incontriamo nessuna mina, ma prima o poi salteremo in aria e nessuno verrà a soccorrerci.

 

Gli “irresponsabili” sanno di non rischiare. E se ne vantano

L’aspetto più grave della differenziazione tra “responsabili” e “irresponsabili” sta nel senso di onnipotenza che finisce per pervadere questi ultimi. Per alcuni di loro, moderni “Marchesi del Grillo”, il rispetto delle norme è roba da sfigati, da incapaci, da nemici del progresso e dei budget. Il Direttore di FIliale che obietta il timore di rilievi da parte dell’Ispettorato diventa un pavido, uno che non merita il ruolo che ricopre.
Sembra una logica folle, assurda, da rifiutare senza riserve: e invece è un modo di pensare che si sta diffondendo sempre più nelle filiali degli Istituti di Credito.

Diciamocelo con chiarezza: quando un nostro collega afferma di non poter porre in essere un’operazione perché ritiene che non sia in linea con le regole, capita che in filiale non trovi solidarietà, ma finisca con l’essere isolato. Lui è il piantagrane, quello che vuole impedire ai colleghi di prendere il premio di risultato (come già detto, briciole rispetto alle somme percepite dagli “Irresponsabili”). E quel che è peggio, questo modo di pensare è più diffuso tra i colleghi giovani. Come dire che il futuro della banche rischia di essere popolato da soldatini autolesionisti, carne da macello da sacrificare a piacimento da parte di chi li ha plasmati come voleva: esattamente ciò gli serve per mantenere i propri ricchi emolumenti.

Come ci si difende?

I Sindacati hanno ottenuto un primo, importantissimo passo avanti con la sottoscrizione dell’ Accordo sulle Politiche Commerciali, stipulato nel 2017 e trasportato integralmente nel CCNL 2019. La novità dell’accordo consiste nell’amissione, anche da parte delle Banche, che determinati comportamenti sono sbagliati, con il conseguente divieto di porli in essere. Il grosso limite dell’accordo è che non prevede sanzioni, quindi si è rivelato di difficile applicazione.

L’accordo prevede tra l’altro il divieto di richiedere report “fai da te” e il divieto di comunicazioni commerciali fuori orario o nei weekend: norme che vengono quotidianamente disattese. Prevede inoltre il divieto di pubblicare classifiche: eppure abbiamo visto dirigenti particolarmente spregiudicati (o totalmente ignoranti delle normative) arrivare a pubblicare classifiche con i nomi dei singoli referenti, comportamenti sanzionabili anche in sede penale.
Perché continuano a succedere fatti del genere se sono espressamente vietati?

Ancora una volta la risposta è semplice: molti Dirigenti fanno queste cose perché sanno di poterle fare, perché sanno di essere “Irresponsabili”. Perché sanno di poter contare sull’atteggiamento ambiguo delle Banche, che se pubblicamente annunciano la lotta alle pratiche commerciali scorrette, in realtà finiscono con il premiare e gratificare proprio i Dirigenti più spavaldi e vessatori, a scapito dei loro colleghi più corretti: una vera selezione naturale al contrario.
Alla fine l’accordo ha causato un altro paradosso: segnalare la scorrettezza di un Dirigente o di un Referente Commerciale lo porterà, in qualche caso, a ricevere un buffetto dall’Azienda, ma molte volte significherà attribuirgli una nota di merito agli occhi dei vertici aziendali.

Il più importante strumento di difesa che abbiamo è la consapevolezza. Per questo ognuno di noi ha il dovere di conoscere le norme, di sapere ciò che è giusto o sbagliato, e semplicemente non fare tutto ciò che può metterlo nei guai.

Ognuno di noi può farsi un’idea dei suoi superiori dal modo in cui si comportano: quelli che continuano a chiedere report manuali, che si ostinano ad inviare comunicazioni fuori orario, che chiedono di ricattare i clienti o chiudere un occhio davanti alle normative sono personaggi che disprezzano le regole e dei quali dobbiamo diffidare.

Un ottimo test sull’etica dei nostri Capi abbiamo potuto farlo durante il periodo di lockdown per il coronavirus. E’ evidente che la limitazione dell’operatività e delle presenze abbia rappresentato un danno per le Aziende. Ma è altrettanto evidente che questi provvedimenti abbiano evitato dei contagi, e in ultima analisi salvato delle vite. E questa non poteva che essere la priorità: le operazioni che non abbiamo posto in essere nei mesi scorsi potranno essere recuperate in futuro, la perdita di una sola vita umana in più sarebbe irrecuperabile. In questa ottica s’inquadrava il sacrosanto stop alle campagne commerciali: non si poteva pensare di contattare i clienti e chiedergli di venire in banca, se si è convinti che la priorità sia salvaguardare la salute e la vita di lavoratori e clienti.

Eppure tanti lavoratori hanno riferito di segnali d’insofferenza arrivati da vari capi e capetti, evidentemente preoccupati di veder sfumare i loro ricchi premi annuali. Personaggi che, in sfregio agli accordi ed alle “disposizioni ufficiali” delle Aziende, hanno inviato solleciti per portare avanti le campagne commerciali, anche in piena quarantena.
Se qualcuno si è comportato in questo modo, adesso sappiamo che si tratta di persone per le quali noi, il nostro lavoro, la nostra salute, contiamo molto meno di un budget da raggiungere. Ricordiamocelo, perché in futuro dovremo diffidare di tutto ciò che ci diranno.

In chiusura del discorso, la cosa più importante da fare è segnalare tutto ciò che accade ai propri Rappresentanti Sindacali. Perché possono far arrivare all’Azienda le nostra segnalazioni in modo del tutto anonimo. Perché è vero che non ci sono sanzioni per gli “Irresponsabili”, ma l’esperienza insegna che continuare a segnalare ripetutamente i medesimi comportamenti scorretti posti in essere sempre dagli stessi soggetti, alla fine costringe l’Azienda a intervenire.
Ancora l’esperienza insegna che il senso di onnipotenza che deriva dalla consapevolezza di essere “irresponsabili” porta prima o poi i Dirigenti più spregiudicati a farla più grossa del solito, finendo col mettere per iscritto disposizioni palesemente illecite o a violare in modo troppo spudorato le norme. E allora la possibilità d’intervento diventa concreta, ricorrendo a tutti gli strumenti che le leggi ci mettono a disposizione.

Per questo diventa essenziale lo scambio d’informazioni tra lavoratori e Rappresentanti sindacail.
Ricordandoci sempre che prestarci a lavorare in modo scorretto ci espone a rischi enormi. E ricordando anche che, quando si viene a conoscenza di comportamenti illeciti, la scelta di girarsi dall’altra parte e fare finta di niente ci rende automaticamente complici.

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