Pensione anticipata di 5 anni grazie alla RITA


Nel 2018 ci sono diverse misure per andare in pensione in anticipo: una di queste è la RITA, la Rendita Integrativa Temporanea Agevolata con la quale si può anticipare la pensione di ben 5 anni.

La RITA è un anticipo pensionistico simile all’APe, dal quale si differenzia per determinati aspetti; infatti, mentre l’assegno dell’Ape Sociale e Volontaria è finanziato tramite un anticipo bancario, per la RITA si attinge dal fondo di previdenza complementare o eventualmente dal TFR (Trattamento di Fine Rapporto).

Quindi, coloro che negli anni scorsi hanno aperto un fondo di previdenza complementare con l’obiettivo di aumentare l’importo dell’assegno pensionistico futuro potrebbero decidere di utilizzarlo per un altro scopo, ossia per anticipare il ritiro dal lavoro.

Anche la RITA è stata introdotta con la Legge di Bilancio 2017 – così come l’APe – con l’obiettivo di rendere più flessibile la riforma Fornero; come anticipato, infatti, grazie alla rendita integrativa agevolata si può andare in pensione con 5 anni di anticipo rispetto all’attuale requisito anagrafico (66 e 7 mesi, 67 anni dal 2019). E in alcuni casi la pensione può essere goduta con ben 10 anni di anticipo.

Se siete iscritti ad un fondo di previdenza complementare – o anche se non lo avete – e siete interessati ad andare in pensione con largo anticipo vi consigliamo di informarvi in maniera approfondita su come utilizzare la RITA per le vostre esigenze; potete farlo di seguito, in questa guida dedicata alla rendita integrativa temporanea anticipata.
Requisiti

La RITA – acronimo di Rendita Integrativa Temporanea Anticipata – garantisce ai beneficiari di percepire un assegno ponte per smettere prima di lavorare. Il costo della pensione integrativa viene scaricato sui fondi di previdenza complementare, che possono essere sfruttati totalmente o in parte.

A chi si chiede come funziona la RITA è necessario indicare come esistano dei requisiti definiti per richiederla. Nel dettaglio, possono ricorrere alla RITA tutti i lavoratori dipendenti – sia pubblici che privati – che soddisfano i seguenti requisiti:

  • 61 anni e 7 mesi di età (5 anni al pensionamento) e 20 anni di contributi. Dal 2019 – qualora la RITA venisse confermata – vi si potrà ricorrere al compimento dei 62 anni, poiché a causa dell’adeguamento con le aspettative di vita l’età pensionabile è stata aumentata a 67 anni.
  • Se inoccupati da almeno 2 anni sono sufficienti 56 e 7 mesi di età (10 anni dalla pensione), più almeno 5 anni di partecipazione al fondo di previdenza complementare. Dal 2019 l’età anagrafica per gli inoccupati sarà aumentata a 57 anni.

Dai requisiti per RITA sono esclusi gli appartenenti alle casse professionali. A seconda della volontà del richiedente inoltre sarà data la possibilità di utilizzare i suddetti fondi pensione solo in parte o in misura integrale.

 

COME FUNZIONA?

L’assegno pensionistico percepito negli anni precedenti alla pensione grazie alla RITA è finanziato dal fondo di previdenza complementare al quale è iscritto il lavoratore. A differenza dell’Ape Volontario, quindi, andare in pensione con la RITA è più conveniente dal momento che non bisogna restituire il prestito ottenuto da un istituto di credito.
Inoltre la RITA gode di un regime fiscale agevolato; chi la richiede, infatti, subisce una ritenuta del 15% oltre alla riduzione dello 0,30% per ogni anno successivo al quindicesimo di partecipazione al fondo. L’aliquota minima comunque non può scendere al di sotto del 9%.

 

DA QUANTO BISOGNA ESSERE ISCRITTI AL FONDO PREVIDENZIALE COMPLEMENTARE?

Apparentemente quindi la RITA può sembrare una misura molto conveniente per anticipare l’accesso alla pensione di qualche anno, ed effettivamente lo è. Tuttavia questo strumento ha un limite: solo pochi lavoratori possono avere la possibilità di ricorrere al loro fondo previdenziale complementare per finanziare la rendita integrativa.

Secondo quanto stimato dalla fondazione dei consulenti del lavoro e dal MEFOP, infatti, per ricorrere alla RITA sarà necessario un montante contributivo di almeno 100mila euro. Quindi solamente chi per anni ha avuto un lavoro sicuro e ben pagato – così da avere abbastanza liquidità per iscriversi ad un fondo previdenziale integrativo – potrà ricorrere a questa misura.

Tuttavia c’è una possibilità anche per coloro che in questi anni hanno deciso di non iscriversi ad un fondo previdenziale per integrare il futuro assegno pensionistico; infatti non è mai troppo tardi dal momento che potete farlo anche oggi destinando al fondo l’intero importo del TFR accantonato in questi anni, aumentando così il montante contributivo ed utilizzando la cosiddetta liquidazione (trattamento di fine rapporto) per anticipare la vostra uscita dal lavoro.

Fonte: www.money.it

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