Novità fondi pensione: si potrà versare solo una quota del TFR


Destinare il Tfr al fondo pensione, oppure mantenerlo in azienda?

Ora alle due alternative si aggiunge una terza opzione, che consente di percorrere entrambe le strade: destinarne una parte alla pensione integrativa e lasciarne una parte in azienda, così da poter contare su un discreto gruzzoletto a fine carriera.

LA NOVITÀ. È del 22 marzo, ed è stato appena pubblicato in Gazzetta Ufficiale, il decreto del Ministro del Lavoro che ha recepito le novità contenute nella legge sulla concorrenza. Un solo articolo, per modificare il modello “Tfr 2”, attraverso il quale il lavoratore ora può scegliere tra le tre possibilità.

  • IN AZIENDA. Chi ha deciso di lasciare il proprio Tfr in azienda lo ritirerà al momento della pensione. In caso di fallimento dell’azienda interviene l’Inps, attraverso il fondo di solidarietà, e provvede al versamento del Tfr.
  • AL FONDO. Per chi ha aderito al fondo, invece, ci sono diverse possibilità. Potrà, al momento di andare in pensione, scegliere la “rendita”, vale a dire una cifra mensile aggiuntiva alla pensione principale, variabile in funzione del capitale versato. Oppure, potrà chiedere di incassare il 50% in un’unica soluzione. Il restante 50% sarà invece percepito sotto forma di rendita. «Se trasformando in rendita almeno il 70% del capitale maturato», dice il Ministero del Lavoro, « si ottiene una rendita inferiore al 50% dell’assegno sociale si ha diritto a percepire la prestazione totalmente sotto forma di capitale». La pensione integrativa potrà essere “girata”, in caso di morte, al coniuge superstite o altri beneficiari indicati. «In mancanza di tali soggetti», spiega ancora il Ministero, «la posizione viene devoluta a finalità sociali se il lavoratore deceduto era iscritto ad una forma pensionistica individuale mentre, se era iscritto ad una forma pensionistica collettiva, resta acquisita al fondo pensione».
  • PARTE IN AZIENDA E PARTE AL FONDO. Possibilità introdotta dalla nuova norma.

IL MODULO. Decidere di aderire alla pensione integrativa, o lasciare il Tfr in azienda e ritirare la “buonuscita”, come si diceva una volta, al momento di andare in pensione, è una scelta che spetta a chi è stato assunto dopo il 31 dicembre del 2006. Il modulo va compilato entro sei mesi dall’assunzione.

LEGGE CONCORRENZA. È stata la legge 124 del 2017 a introdurre la novità che consente di suddividere il Tfr: «Gli accordi possono anche stabilire la percentuale minima di Tfr maturando da destinare a previdenza complementare. In assenza di tale indicazione il conferimento è totale». Nessuna modifica, invece, è stata apportata al meccanismo del cosiddetto “silenzio-assenso”. Vale a dire, che se il lavoratore non sceglie che destinazione dare al proprio Tfr, questo andrà versato automaticamente sul fondo pensionistico complementare.

LA TERZA OPZIONE. Con la legge sulla concorrenza, e il decreto dello scorso marzo, si può optare per una forma mista. La percentuale, dice la legge, viene stabilita negli accordi collettivi. Se non vi sono indicazioni in tal senso, tuttavia, il 100% del Tfr continuerà a essere versato nei fondi complementari. Se il contratto collettivo prevede il versamento in più fondi pensionistici, a prevalere sarà quello al quale è iscritta la maggior parte dei dipendenti.

L’ANTICIPAZIONE. Azienda o fondo, ci sono delle situazioni nelle quali è possibile chiedere l’anticipo di una quota del Tfr. Tra queste, l’acquisto di una casa per sé o per i figli. La richiesta va inoltrata in azienda, oppure alla forma pensionistica complementare alla quale il lavoratore ha aderito.

Dal quotidiano “Il Centro” del 30/4/2018

 

Decreto Ministero del Lavoro e Politiche Sociali 22 marzo 2018

 

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