Il lavoro nobilita (solo) gli anziani


Apprendiamo da Repubblica, che l’ha letto su Bloomberg, che negli Stati Uniti si registra un boom di assunzioni di lavoratori anziani nelle catene di fast-food. Ammettiamo che il colpo d’occhio è suggestivo: gli individui sopravvissuti alle malattie cardiovascolari provocate dalle abbuffate da McDonald’s hanno come premio un impiego presso gli stessi ristoranti, dove oggi servono schifezze a una nazione satolla.

Negli ultracapitalisti Stati Uniti il sistema performa il proprio collasso: 9 milioni di persone sopra i 65 anni, invece di crogiolarsi nel fine di ogni esistenza umana (oziare, riposarsi), lavorano indefesse a rendere l’America great again.

Con una disoccupazione al 3,7%, l’impero della Libertà ha realizzato il suo sogno (incidentalmente, è anche il sogno dei totalitarismi). Chi pensa che Trump faccia gli interessi dei dimenticati contro l’establishment farà bene a considerare a quale degenerazione ha condotto la sua narrazione anti-globalista. In un contesto di piena occupazione c’è carenza di manodopera; per sopravvivere, le aziende sono costrette ad aumentare i salari (lo ha fatto Amazon, e non per filantropia ma in base al principio della concorrenza) oppure a inventarsi metodi nuovi per risparmiare. Un metodo è licenziare personale per comprare macchine, almeno finché i robot non saranno tassati; un altro è assumere lavoratori che si possa pagare meno. Chiunque dotato di gambe e braccia può friggere patatine. Trasformare l’essere umano in un mero strumento di carne a basso sostentamento biologico è sempre stato il sogno dei capitalisti; se si possono sfruttare i giovani, o se non si possono più sfruttare, perché non sfruttare i vecchi?
(Da noi il governo Renzi ha invertito il trend, mandando gli studenti minorenni a lavorare gratis nei fast-food e chiamando questa ingegnosa forma di schiavismo “alternanza scuola-lavoro” ).

Il denaro, nel sistema capitalistico, spinge la natura ad andare contro se stessa: oggi gli adulti delle democrazie liberali, invece di prendersi cura dei figli e assistere gli anziani, ciondolano nei fast-food serviti dai loro padri sottopagati.

Ma c’è un passaggio che ci ha colpito nell’articolo di Repubblica: posto che “per catene come McDonald’s assumere personale over 50 o meglio ancora pensionato è più che conveniente”, i vecchi piacciono ai padroni perché hanno altri skill: “non hanno ambizioni di carriera e spesso nemmeno la necessità di uno stipendio pieno, visto che percepiscono già l’assegno dallo stato. In sostanza: costano meno, hanno meno pretese e si divertono di più”.
Al diavolo l’artrosi, il lavoro nobilita l’anziano. Ecco il ricatto, sotto una filigrana di ottuso ottimismo, che il capitalismo neo-liberale ha fatto a milioni di suoi figli-vittime: il lavoro, anche il peggio retribuito e il più alienante, è l’unica sfera di realizzazione dell’essere umano, che in essa si sente motivato e felice. A questo dogma hanno lavorato anni di lavaggio del cervello a colpi di elogi del “merito”: meritevole è chi è conforme ai principi dell’aziendalismo, chi ne sposa la indiscutibile, ontologica necessità, chi è tanto fortunato da percorrere una carriera scolastica senza freni o malattie, chi coglie al volo ogni lavoretto in attesa d’inventarsi start-upper.

Ora pare che i giovani iperformati non si bevano più la frescaccia della “flessibilità” e pretendano salari più alti. Da noi, con la disoccupazione giovanile al 32,7% (dati Istat), le aziende dovranno accontentarsi di spremere sangue giovane ancora per un po’, e i padroni trovarsi di fronte, invece che vecchi gagliardi contenti di questa sbarazzina alternativa all’eugenetica, i visi lunghi di viziati bamboccioni che non raccolgono pomodori come i loro coetanei neri (che anche perciò abbiamo tutto l’interesse a mantenere privi di diritti) e non si divertono più nemmeno a grigliare hamburger.

 

Articolo di Daniela Ranieri pubblicato su “Il Fatto Quotidiano” dell’8/11/2018

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