Referendum popolari 2025: firma anche tu contro morti sul lavoro e precariato

Il lavoro in Italia è troppo precario e i salari sono troppo bassi. Tre persone al giorno muoiono lavorando. Per realizzare il massimo profitto possibile appalti, subappalti, finte cooperative, esternalizzazioni di attività sono diventati normali modelli organizzativi di ogni azienda privata e pubblica.

Il frutto di vent’anni di leggi sbagliate è un netto peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro delle persone che per vivere devono lavorare.

È il momento di ribellarci e di cambiare.

Il lavoro deve essere tutelato perché è un diritto costituzionale. Deve essere sicuro perché di lavoro si deve vivere e non morire. Deve essere dignitoso e perciò ben retribuito. Deve essere stabile perché la precarietà è una perdita di libertà. Per questo ti chiediamo di firmare per poter poi cancellare attraverso il referendum alcune di queste leggi sbagliate.


Quesito 1

Per dare a tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo.

Cosa vogliamo cancellare?

Le norme sui licenziamenti del Jobs Act che consentono alle imprese di non reintegrare una lavoratrice o un lavoratore licenziata/o in modo illegittimo nel caso in cui sia stato assunto dopo il 2015.


Quesito 2

Per innalzare le tutele contro i licenziamenti illegittimi per le lavoratrici e i lavoratori che operano nelle imprese con meno di quindici dipendenti

Cosa vogliamo cancellare?

Il tetto massimo all’indennizzo in caso di licenziamento ingiustificato nelle piccole aziende, affinché sia il giudice a determinare il giusto risarcimento senza alcun limite


Quesito 3

Per superare la precarietà dei contratti di lavoro

Cosa vogliamo cancellare?

La liberalizzazione dei contratti a termine per limitare l’utilizzo a causali specifiche e temporanee


Quesito 4

Per rendere il lavoro più sicuro nel sistema degli appalti

Cosa vogliamo cancellare?

La norma che esclude la responsabilità solidale delle aziende committenti nell’appalto e nel subappalto, in caso di infortunio e malattia professionale della lavoratrice o del lavoratore

 


 

COME FACCIO A FIRMARE?

 

Puoi recarti presso la Sede Cgil più vicina a te. Oppure puoi farlo online, accedendo con la tua identità Spid o tramite CIE (Carta d’Identità Elettronica) cliccando su questo link:

www.cgil.it/referendum




Banca Intesa fa il regalone ai deputati: interessi del 5,6 per cento

Avere liquidità sul conto della filiale di Montecitorio diventa molto più redditizio di qualsiasi investimento


Ci sono regali che non si possono descrivere. Quello fatto da Banca Intesa ai deputati della Repubblica non lo si riceve nemmeno a Natale. Un tasso di interesse del 5,625% sulla liquidità detenuta sul conto corrente aperto presso la filiale della banca interna alla Camera dei deputati. Non sappiamo se tale vantaggio esista anche al Senato, ma immaginiamo che i senatori, in caso contrario, reclameranno i propri diritti.

Un tasso di interesse così remunerativo spazza via qualsiasi investimento alternativo in titoli di Stato, obbligazioni, certificati di credito e, visto che il mercato sta iniziando a girare al contrario, anche in azioni. Secondo un recente rapporto della Fabi, la media dei tassi attivi per un conto corrente in Italia è dello 0,20%. Quello che offre la filiale di Banca Intesa della Camera dei deputati è 28 volte superiore.

Il privilegio, tipico da vecchia “casta” è il frutto di “Condizioni economiche agevolate” prevista nella “Convenzione Camera dei deputati”. La convenzione prevede che ai correntisti venga corrisposto un “tasso creditore annuo nominale” pari al tasso Euribor a un mese, fissato come valore di riferimento al 3,8550, maggiorato dell’1,77%. Questo determina la cifra astronomica del 5,60% (lordo).

Oggi un Buono del tesoro poliennale a dieci anni, quindi sul lungo periodo, rende intorno al 3,80%. Qui si realizza molto di più senza dover far nulla e senza rischiare alcunché. La convenzione della filiale di Banca Intesa data da anni. Prima, però, a gestire il conto di deputati, ex parlamentari, ma anche giornalisti parlamentari, assistenti e dipendenti, era il Banco di Napoli che nel 2018 si è fuso per incorporazione in Banca Intesa che oggi è a tutti gli effetti titolare della filiale.

La banca diretta da Carlo Messina si è aggiudicata la gestione dei servizi bancari interni alla Camera, che già gestiva, da pochi giorni. Il bando è stato chiuso il 5 aprile 2024 e recava la seguente descrizione: “Il concessionario ha il diritto di gestire, presso le sedi della Camera dei deputati, i servizi bancari destinati all’Amministrazione della Camera e alle altre categorie di utenti indicate nel capitolato d’oneri. Non formano oggetto della concessione i servizi di tesoreria”. Il valore dell’appalto è di 800 milioni di euro e i servizi bancari oggetto del bando di gara, sono suddivisi in: “a) condizioni di conto corrente; b) servizio titoli a custodia e amministrazione; c) mutui ipotecari e prestiti personali; d) virtual banking; e) cassette di sicurezza; f) gestione di portafogli”.

Si specifica poi che “le prestazioni principali sono quelle da rendere presso la succursale di cui al punto II.2.3 e cioè i “locali messi a disposizione dalla Camera dei deputati – Roma, centro storico”. I locali dentro Montecitorio dove in effetti è collocata la filiale bancaria a disposizione di deputati, ex parlamentari e loro congiunti.

Le condizioni della convenzione sono tutte estremamente vantaggiose. Dei conti correnti abbiamo detto: anche il tasso debitore “sulle somme utilizzate in assenza di fido” è abbastanza favorevole, fissato al 10,3550 sempre con il riferimento all’Euribor maggiorato del 6,5%. Simile il tasso di “sconfinamenti in assenza di fido”. C’è poi un sfilza di “zero costi” che è impossibile da riportare per intero e che riguardano le “spese fisse”, “la tenuta del conto”, i “bonifici”, anche quelli urgenti, la “domiciliazione delle utenze”, le “operazioni allo sportello”, “commissione di pagamento dei bollettini”, “ricarica della carta prepagata” e molto altro ancora.

A quanto risulta al Fatto la convenzione con i clienti risale al 2 aprile scorso, qualche giorno prima che chiudesse il bando. Un modo per ingraziarsi gli uffici della Camera. Sia il collegio dei Questori sia l’Ufficio di Presidenza rinviano ogni responsabilità agli uffici amministrativi. Ma non appena la convenzione è stata firmata, già dal 3 aprile frotte di deputati si sono recati presso gli sportelli a firmare le nuove condizioni contrattuali. Hanno saputo tutto subito.

Fonte: Il Fatto Quotidiano




Banche: Report Fisac Cgil, utili e dividendi record, calano occupazione e sportelli

Banche con utili record a 22,2 miliardi per effetto della crescita del margine di interesse e dividendi riconosciuti agli azionisti ai massimi storici per 10,5 miliardi. Eppure continua inesorabile la riduzione di dipendenti (-4.300) e sportelli (-1.000), come leva per la gestione di costi operativi in leggero aumento, mentre continuano a calare i finanziamenti alla clientela (-3,8%).


È un bilancio a luci e ombre quello che fornisce un report dell’Ufficio Studi & Ricerche della Fisac Cgil relativo ai risultati dei primi 7 gruppi bancari tra il 2022 e il 2023 dal titolo ‘Bilanci bancari: il biennio d’oro’. Luci per pochi, ovvero banche e azionisti che registrano risultati e incassi in forte aumento, ombre per tanti, tra dipendenti e filiali che “spariscono”, lasciando cittadini e imprese sprovvisti di presidi fisici del credito

Gli straordinari risultati raggiunti dai gruppi bancari, osserva la segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito, “non hanno avuto un pari riflesso sul fronte dell’occupazione, dell’insediamento sui territori e sui finanziamenti, che continuano a calare generando una forte preoccupazione. È un grave limite, specie per il bisogno, nonché la funzione stessa delle banche, di sostenere un’economia che fatica e arranca. C’è bisogno di una visione per il sistema bancario che da una parte valorizzi e incrementi la forza lavoro, sulla quale impatterà il processo di digitalizzazione, e dall’altra sostenga la transizione ecologica del sistema industriale”.

Utili record – Il 2023 è un anno di risultati record per i grandi gruppi bancari. I primi sette gruppi bancari (Intesa, Unicredit, Bpm, Bper, Mps, Credem e Popolare di Sondrio) con sede legale nel nostro paese hanno chiuso lo scorso anno con un utile netto di 22,2 miliardi di euro, in aumento del 77,4% rispetto al 2022. Il dato, si osserva nel report della Fisac Cgil, è spinto in alto dalla crescita del margine d’interesse, che ritorna dopo un decennio a rappresentare quasi il 60% del totale dei ricavi a quota 39,5 miliardi. Tengono le commissioni e i ricavi da attività assicurativa, mentre il risultato netto delle attività finanziarie proprie si riduce di circa un terzo. L’utile per addetto medio sfiora i 92 mila euro/addetto, in aumento dell’83,5% rispetto ai 50 mila euro/addetto del 2022.

Costi operativi in lieve aumento – I costi operativi sono in leggero aumento a quota 29,6 miliardi di euro (+1,4% sul 2022). L’impatto della prima tranche del rinnovo del contratto nazionale di settore, fa sapere il rapporto della Fisac Cgil, ha determinato un aumento medio del costo del personale impiegato in Italia pari al 5,2%, per un costo medio per dipendente che si attesta a quota 83 mila euro. Tuttavia, i grandi gruppi sono stati in grado di contenere l’aumento del costo del personale complessivo intorno all’1,5%.

Dipendenti in calo – Per la Fisac Cgil la principale leva utilizzata in questa strategia di gestione dei costi continua a essere la riduzione del personale. A livello globale, il calo dei dipendenti nel 2023 è pari a 7.327 unità (-3% annuo); di questi, 4.292 unità (-2,4% annuo) riguardano il nostro paese. Alla fine dello scorso anno i dipendenti dei primi sette gruppi bancari in Italia ammontano a 171 mila unità; tuttavia, stima la Fisac, a fine 2026 si prevede un dato inferiore alle 170 mila unità, attorno a quota 168 mila dipendenti.

Sportelli che diminuiscono – Anche le filiali continuano a diminuire. Lo scorso anno, sottolinea la Fisac Cgil, i primi sette gruppi bancari hanno chiuso quasi 1.000 filiali, una riduzione pari all’8,3%. In due anni sono ‘scomparsi’ 1.385 sportelli, pari a una banca delle dimensioni di Mps o Banco Bpm. Va inoltre segnalato che la quota percentuale degli sportelli di proprietà dei primi sette gruppi bancari italiani sul totale delle rete bancaria in Italia continua a diminuire: in due anni è scesa dal 55,2% al 52,4%. La strategia ‘digital first’ operata dai grandi gruppi negli ultimi anni sta determinando una riconfigurazione spaziale della presenza delle banche sui territori. Vuoto che viene colmato, anche se in modo parziale, dai gruppi emergenti di medie dimensioni (Credem e Bp Sondrio nel nostro campione) e dalle banche di Credito Cooperativo.

Dividendi in aumento – Il 2023 sorride agli azionisti, si legge nel report Fisac. I primi sette gruppi bancari distribuiranno a breve 10,5 miliardi di dividendi, un aumento dell’83,6% rispetto ai 5,7 del 2022. Inoltre, i due gruppi più importanti del nostro paese, Intesa e Unicredit, offriranno una ulteriore remunerazione agli azionisti sotto forma di buyback, portando la remunerazione complessiva degli azionisti dei primi 7 gruppi bancari a quota 18 miliardi di euro, in aumento di 7,5 miliardi (+71,5%) rispetto al 2022.

Stato patrimoniale, sempre meno credito – L’ottimo stato di salute dei grandi gruppi bancari si conferma anche osservando le metriche relative allo stato patrimoniale. L’attivo, fa sapere la Fisac Cgil, si riduce del 9% in un anno per effetto soprattutto della riduzione degli accantonamenti legati alle normative sugli RWA (Risk Weighted Assets). In sostanza migliora la qualità del credito, come confermato anche dal dato sulle rettifiche, in riduzione del 45,1% rispetto al 2022 a quota 3,8 miliardi di euro.

I grandi gruppi bancari continuano l’opera di riduzione lenta dello stock creditizio, con i finanziamenti alla clientela che scendono sotto quota 1.200 miliardi di euro, pari ad un -3,8% anno su anno. Aumenta il peso della raccolta diretta, che supera quota 1.485 miliardi di euro, determinando un Loan to Deposit Ratio pari all,80,8%. Ciò significa che per ogni euro depositato presso i grandi gruppi bancari italiani, solo 0,8 euro vengono effettivamente impiegati sotto forma di credito a famiglie e imprese.

Produttività ai massimi livelli –  Il 2023 è anche l’anno dell’incremento record della produttività per i grandi gruppi bancari. Tra il 2021 e il 2023, sottolinea il rapporto della Fisac Cgil, la produttività per addetto è raddoppiata: il Valore aggiunto rettificato per addetto (Var/d) nel 2023 è pari a 147.600 euro, un dato superiore a quelli medi di tutti gli altri settori e che addirittura supera il dato da record del settore farmaceutico italiano nel biennio del Covid (145.000 euro per addetto). Al momento, non c’è settore in Italia che raggiunga livelli di produttività così alti come quello bancario.

Il commento di Susy Esposito (segretaria generale Fisac Cgil) – “I dati del nostro report – commenta la segretaria generale della Fisac Cgil – ci indicano una strada da perseguire: nella contrattazione di secondo livello i risultati straordinari messi a segno dal sistema bancario dovranno essere redistribuiti anche alle lavoratrici e ai lavoratori. Non solo, in linea con quanto previsto dal contratto nazionale, dovremmo sempre al secondo livello procedere nei gruppi e nelle aziende anche sul fronte della riduzione dell’orario di lavoro. Così come per quanto riguarda il tasso di sostituzione ci dovrà essere una correlazione alla pari tra entrate ed uscite”, conclude Esposito.

⇒ Scarica il report dell’Ufficio Studi & Ricerche della Fisac Cgil

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Banche: continua la fuga dall’Abruzzo e dal Molise. Ed è sempre più veloce




La desertificazione bancaria in Abruzzo su Rai3

Di seguito pubblichiamo il link al servizio andato in onda su Rai3 lo scorso 22 aprile,  basato sullo studio redatto dalla Fisac Abruzzo Molise in collaborazione con l’Ufficio Studi e Ricerche Fisac.




Emanuela Marini è la nuova Segretaria Provinciale Fisac Cgil L’Aquila

Il 24 aprile si è svolta, presso la CdLT dell’Aquila, l’Assemblea Generale della Fisac Cgil della Provincia dell’Aquila, avente tra i punti all’OdG l’elezione del nuovo Segretario Territoriale.

Su proposta del Segretario Regionale, Luca Copersini, è stata eletta quale Segretaria Provinciale della Fisac Cgil L’Aquila Emanuela Marini. Emanuela è dipendente della Banca d’Italia ed è attualmente componente della Segreteria di coordinamento Fisac Bankitalia.

Successivamente, su proposta della neo Segretaria, si è provveduto all’elezione della nuova Segreteria Provinciale che comprenderà, oltre alla Segretaria, Antonella Barbone e Pierfrancesco Tatozzi.

Alla nuova Segretaria ed ai componenti la Segreteria Provinciale i migliori auguri di buon lavoro dalla Fisac Abruzzo Molise.




Rinnovo CCNL BCC: avvio al rallentatore

Si è concluso nel pomeriggio di lunedì 22 aprile il programmato incontro, tenutosi a Roma in presenza, tra le Organizzazioni Sindacali e la Delegazione di Federcasse al fine di dare concreto avvio alla trattativa di rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del Credito Cooperativo.

Dopo il precedente incontro del 21 marzo durante il quale le Organizzazioni Sindacali hanno illustrato a Federcasse la piattaforma approvata da oltre il 99% delle Lavoratrici e dei Lavoratori del Credito Cooperativo, il Presidente Matteo Spanò, coadiuvato dal Presidente Luca Occhialini e da Domenico Ruggeri, ha riportato una prima complessiva e “timida” posizione della parte datoriale sulle rivendicazioni avanzate.

La consultazione che Federcasse ha avviato sui territori non è ancora ultimata, pur tuttavia, ha permesso di delineare un primo perimetro esplorativo sui vari istituti ritenuto, dalle Organizzazioni Sindacali presenti al tavolo, del tutto inadeguato e insoddisfacente sia nel merito che nel metodo.

Seppur sollecitata più volte Federcasse non ha esplicitato chiaramente la propria posizione in primis sulla partita economica nella sua complessità ritenendo prematura qualsiasi presa di posizione politica sul tema.

Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro è, a nostro avviso, la cartina di tornasole di un intero sistema in piena evoluzione e innovazione che deve dare certezze ai principali attori del Credito Cooperativo: le Lavoratrici e i Lavoratori.

Tutti i temi presenti nella piattaforma devono trovare adeguata e dignitosa collocazione normativa indipendentemente dal tavolo negoziale.

È necessario metterci più cuore e anima “cooperativa” da parte di Federcasse per un rinnovo del CCNL all’altezza dei tempi e con una visione sul futuro della Categoria.

Il prossimo incontro si terrà il 7 maggio auspicando maggior coraggio e determinazione per proseguire un confronto che non deve scontare tempi lunghi e di poco costrutto.

Roma, 23 aprile 2024

 

LE SEGRETERIE NAZIONALI
FABI FIRST/CISL FISAC/CGIL UGL CREDITO UILCA




Banche: continua la fuga dall’Abruzzo e dal Molise. Ed è sempre più veloce

A primavera, come ogni anno, arrivano i dati di Bankitalia relativi all’occupazione bancaria ed alla presenza degli istituti nei territori. E ogni anno, per quanto riguarda Abruzzo e Molise, la situazione appare peggiorata rispetto a quello precedente.

Detto in estrema sintesi: le banche non solo abbandonano i nostri territori, ma sembrano avere una gran fretta di farlo, con chiusure che procedono una velocità maggiore rispetto a quanto avviene nelle altre regioni.

Vediamo nel dettaglio l’andamento delle chiusure di sportelli nelle nostra regioni, suddiviso per provincia.

NUMERO SPORTELLI BANCARI PER PROVINCIA
Totale 2022 Totale 2023 Differenza % diff. Var. a 5 anni
ITALIA 20.985 20.161 -824 -3,9% -20,6%
ABRUZZO 429 407 -22 -5,1% – 25,9%
Provincia
AQ 93 84 -4 -4,3% – 29,4%
CH 117 111 -6 -5,1% – 23,5%
PE 105 100 -5 -4,8% – 24,3%
TE 114 107 -7 +6,1% – 26,7%
 
MOLISE 81 78 -3 -3,7% – 28,4%
Provincia
CB 62 59 -3 -4,8% – 32,2%
IS 19 19 = = – 13,6%
dati Banca d’Italia

Molise e Abruzzo sono rispettivamente la peggiore e la seconda peggior regione d’Italia per quanto riguarda la percentuale di sportelli chiusi negli ultimi 5 anni. Non inganni il dato del Molise relativo all’ultimo anno, leggermente migliore rispetto alla media nazionale: con 78 filiali residue c’è rimasto ben poco da chiudere.


 

La seconda tabella evidenzia l’effetto di queste chiusure sulle singole province

NUMERO COMUNI CON ALMENO UNO SPORTELLO BANCARIO 
Tot. 2022 % su tot comuni Tot. 2023 % su tot comuni Differenza % diff.
ITALIA 4.785 60,6% 4.651 58,9% -134 -2,8%
ABRUZZO 126 41,3% 119 39,0% -7 -5,6%
Provincia
AQ 31 28,7% 29 26,9% -2 -6,5%
CH 38 36,5% 36 34,6% -2 -5,3%
PE 25 54,4% 24 52,2% -1 -4,0%
TE 32 68,1% 30 63,8% -2 -6,3%
 
MOLISE 24 17,6% 24 17,6% = =
Provincia  
CB 18 21,4% 18 21,4% = =
IS 6 11,5% 6 11,5% = =
 
dati Banca d’Italia

In Abruzzo in oltre 6 comuni su 10 non si trova più una filiale di banca. La provincia peggiore è quella dell’Aquila, priva di sportelli bancari in quasi 3 comuni su 4.
A dir poco sconfortanti i numeri del Molise: non esistono banche in oltre 8 comuni su 10, arrivando al dato di Isernia che vede gli abitanti di quasi il 90% dei comuni costretti a spostarsi se vogliono effettuare operazioni bancarie.

La tabella evidenzia due situazioni ben distinte: ad una situazione tutto sommato accettabile nelle province di Pescara e Teramo fa da contraltare il dato relativo alle province di Chieti e L’Aquila, caratterizzate da tanti comuni ubicati nelle aree interne.
Purtroppo il Molise fa storia a sé: i dati sono impietosi per la provincia di Campobasso, e ancor di più per quella di Isernia.
Lo ribadiamo per l’ennesima volta: la chiusura degli sportelli bancari nei piccoli comuni non sarà probabilmente la causa principale dello spopolamento, ma è sicuramene un fattore che lo accelera. Non è azzardato affermare che il subentro dei grandi gruppi nazionali, al posto dalle banche locali che fino a qualche anno fa erano al servizio del territorio, abbia contribuito in modo tangibile alla fuga dalle aree più problematiche delle due regioni.

La lettura dei dati complessivi ci dice che oltre il 40% delle filiali bancarie è concentrato in sole 3 regioni: Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Nel Nord si concentra il 57% delle filiali, nel Sud e Isole (area nella quale Abruzzo e Molise sono ricompresi) appena il 22%. Il tutto è ben rappresentato da questa immagine:

 

Fonte: Banca d’Italia – Banche e Articolazione territoriale

 

Si parla tanto, e con legittima preoccupazione, dell’autonomia differenziata. In realtà le banche hanno già realizzato una secessione di fatto tra le regioni ricche e quelle povere.


 

La tabella che segue indica l’andamento degli occupati nel settore bancario in Abruzzo e Molise, suddiviso per provincia.

NUMERO DIPENDENTI SETTORE BANCARIO PER PROVINCIA
Totale 2022 Totale 2023 Differenza % diff. Var. a 5 anni
ITALIA 264.288 261.976 -2.312 -0,9% – 5,8%
ABRUZZO 2.870 2.797 -73 -2,5% – 19,5%
Provincia
AQ 626 603 -23 -3,7%  – 19,5%
CH 763 763 = = – 22,1%
PE 780 752 -28 -3,6% – 9,2%
TE 702 679 -23 -3,3% – 26,0%
 
MOLISE 533 505 -28 -5,3% – 14,7%
Provincia
CB 446 412 -34 -7,6% – 13,5%
IS 87 93 +6 +6,9% – 19,8%
dati Banca d’Italia

Questi dati, se possibile, sono ancor più preoccupanti rispetto a quelli relativi alle chiusure. Perché evidenziano uno scostamento, rispetto alla media nazionale, molto più significativo. In Abruzzo il calo di addetti procede ad una velocità più che tripla rispetto al resto del paese; in Molise lo scostamento è di 2,5 volte.

Il dato relativo alle chiusure di filiali ci dice invece che la percentuale di sportelli chiusi in Abruzzo è sì superiore alla media, ma solo di un terzo, mentre quella del Molise è pari all’incirca ad 1,4 volte la media nazionale.

Come si spiega il diverso andamento di questi numeri?

Le ragioni sono diverse. La prima è di carattere storico. Nel nostro territorio avevano sede due banche locali fortemente radicate, che oltre alla rete di filiali avevano tutti i centri direzionali ubicati prevalentemente in Abruzzo. L’acquisizione da parte di banche di dimensione nazionale ha portato allo svuotamento di queste strutture ed al trasferimento delle lavorazioni presso le sedi delle aziende subentrate. A riprova di questo fenomeno – che ovviamente ha riguardato non solo Abruzzo e Molise ma tutte le regioni nelle quali avevano sede istituti locali – ci sono i dati in controtendenza delle regioni nella quali i grandi istituti hanno le loro sedi operative: l’occupazione risulta in aumento in Piemonte e in Emilia Romagna.

La seconda è da ricercarsi nel fatto che le nostre due regioni siano più “avanti” delle altre nel processo di abbandono da parte dei grandi istituti. Quindi, mentre in altre regioni le chiusure riguardano prevalentemente agenzie piccole, in Abruzzo e Molise gli sportelli di dimensioni minori sono stati già chiusi, ed ora le chiusure  riguardano le filiali più grandi.

La terza è che nei centri più importanti, dove restano aperte filiali storiche, il loro organico viene ridimensionato. Così, capita di vedere grandi filiali, un tempo affollate di lavoratori e lavoratrici, nelle quali oggi si trovano pochi colleghi a presidiare una distesa di scrivanie vuote o di stanze chiuse.

 

QUALI SONO LE CONSEGUENZE DELL’ABBANDONO BANCARIO?

Le banche sostengono che la chiusura delle filiali non abbia alcun impatto sull’economia locale in quanto l’avvento del digitale rende superflua la presenza fisica sul territorio. I dati relativi all’andamento dei crediti dimostrano una realtà ben diversa: dove chiudono le filiali cala anche il credito alle piccole imprese (non a quelle di dimensioni più grandi, che le banche assistono tramite strutture dedicate).

La tabella che segue è tratta da un’approfondita analisi dell‘Uffici Studi & Ricerche Fisac Cgil che pubblicheremo integralmente nei prossimi giorni.

 

Osservando l’andamento dei prestiti erogati ai singoli settori della clientela, ed indicizzati con base 100 nel 2017,  si rileva che ad eccezione dei prestiti alle famiglie consumatrici (sostanzialmente mutui), aumentati nel periodo 2017-2022 salvo poi ridursi nell’ultimo anno per effetto dei rialzi dei tassi, tutte le categorie mostrano una riduzione degli affidamenti rispetto al 2017, ad eccezione dei prestiti bancari alle imprese medio-grandi nel Molise che sono aumentati di oltre il 28% negli ultimi sei anni.

Cosa ci dicono questi numeri? Che quando non trovano filiali bancarie sul territorio le piccole imprese non riescono più a finanziarsi. Il calo è consistente in entrambe le regioni (-19,7% in Abruzzo e – 12,4%) in Molise. E questo nonostante il periodo di interruzione del trend decrescente 2020-2021 sostenuto, nel periodo Covid, dalle misure eccezionali di sostegno al credito.

Diversa la situazione delle imprese di dimensioni maggiori, che le banche seguono con strutture dedicate e non risentono della minor presenza sul territorio: in Abruzzo la riduzione è limitata al 5,7%, nel Molise come abbiamo visto risultano in consistente aumento, a dimostrazione di come l’effetto delle chiusure sia molto diverso a seconda delle dimensioni delle aziende

Cosa fa una piccola azienda quando non riesce più ad ottenere credito? O chiude, oppure cerca altri canali di finanziamento, finendo in mano agli usurai. Come sono messi i piccoli imprenditori di Abruzzo e Molise?

Esaminiamo la prossima tabella, tratta dalla classifica delle province italiane in base all’incidenza dei reati, redatta annualmente dal Sole 24 Ore

CLASSIFICA DELLE POVINCE IN BASE ALL’INCIDENZA DEI REATI
Provincia
Posizione Complessiva Posizione per reati d’usura
 
AQ 100 32
CH 77 41
PE 33 9
TE 45 7
CB 90 4
IS 67 1
dati Lab24 – Il Sole 24 Ore

La tabella ci dice che anche province che presentano un indice di criminalità molto basso, come L’Aquila e Chieti, si collocano nella prima metà della classifica relativamente all’incidenza dei reati d’usura.
Ma soprattutto ci dice che nei primi 9 posti, sempre concentrandosi su questo tipo di reati, figurano due province molisane e due abruzzesi, con Isernia che conquista la poco invidiabile vetta della classifica.
Dato purtroppo coerente in una provincia quasi completamente priva di banche.

 

Esaminiamo infine questo grafico. Riporta la variazione delle imprese artigiane nel 2023, differenziata per regione. L’illustrazione è tratta dallo studio del prof. Aldo Ronci Le imprese artigiane negli ultimi 5 anni e nel 2023.

Ancora una volta, il dato che esce fuori è inequivocabile: a fronte di una crescita dello 0,35% del numero di imprese artigiane in Italia, Molise e Abruzzo sono tra le poche regioni nelle quali le cessazioni sono superiori alle nuove attività. Non solo: il Molise risulta, ancora una volta, la regione con il peggior dato in Italia, e l’Abruzzo viene quasi subito dopo, conquistando un poco invidiabile terzo posto.

 

COSA SI PUO’ FARE?

Il tema dell’abbandono bancario ha visto la Fisac impegnarsi a fondo, per denunciarlo ma anche per cercare di proporre soluzioni alle aziende bancarie. Un possibile provvedimento potrebbe consistere nello spostare i centri direzionali dalle regioni del Nord a quelle del Centro Sud, riuscendo così a tamponare almeno l’emorragia occupazionale, senza peraltro arrecare disagio alle Aziende.

A livello regionale la Fisac Abruzzo Molise si farà promotrice, cercando la collaborazione della nuova giunta, della costituzione di un Osservatorio Regionale sul Credito che possa provare a governare il fenomeno. Non si può impedire ad una banca di chiudere una filiale, ma con una tempestiva pianificazione si può provare a cercare ipotesi alternative, mettendo in condizione i Comuni di proporre soluzioni gradite alle Banche o magari di provare a rimpiazzare l’Istituto uscente, ad esempio proponendo l’apertura ad una BCC locale.

 

Fisac/Cgil Abruzzo Molise in collaborazione con
Ufficio Studi & Ricerche Fisac Cgil




25 aprile: Resistenza è anche opporsi alla censura

Antonio Scurati è un giornalista, approdato al grande successo come scrittore grazie alla trilogia M. (con un quarto titolo in preparazione) nella quale racconta l’ascesa di Mussolini e le vita degli Italiani durante il periodo fascista.

Sabato scorso Antonio Scurati avrebbe dovuto leggere un suo monologo sul 25 aprile durante la trasmissione “Che sarà” in onda su rai 3, ma dalla dirigenza RAI è arrivato lo stop: il monologo non può andare in onda. Nell’immediato le ragioni non sono state rese note, ma è difficile non pensare che un testo nel quale si constatava la mancanza di antifascismo della Presidente del Consiglio e di molti dei membri del suo Governo non fosse gradito sulla TV di Stato.

Attenzione, perché i regimi giustificano sempre le loro azioni ammantandole di giustificazioni apparentemente logiche e di ideali a loro parere alti: difendiamo la nostra cultura, la nostra “razza”, le nostre tradizioni, il nostro stile di vita.
Di fronte all’ondata di polemiche la motivazione addotta è stata il compenso richiesto da Scurati per il suo intervento: 1.800 euro. Motivazione che evidentemente è apparsa più che adeguata a convincere “l’uomo della strada”: non si sprecano i soldi pubblici, perbacco! (A meno che non si tratti di bruciare miliardi per mandare armi in Ucraina e contribuire a causarne la totale distruzione).

Avete mai sentito parlare dell’effetto Streisand? E’ il fenomeno che si verifica quando il tentativo di nascondere una notizia la fa diventare virale e ne causa una diffusione enorme e incontrollata. Prende il nome da un episodio avvenuto nel 2003 quando un video pubblicato su Youtube per evidenziare l’erosione della costa californiana mostrò, tra le altre, la villa della cantante e attrice Barbra Streisand. In pochi se ne sarebbero accorti se la Streisand, ritenendo violata la sua privacy, non avesse chiesto la rimozione del video. Risultato: il video rimase online, e da quel momento ottenne centinaia di migliaia di visualizzazioni.

La Meloni afferma che il suo Governo sceglie i dirigenti in base alle loro capacità e non per “amichettismo”. Sarà anche vero, ma evidentemente la dirigenza RAI non conosce i meccanismi dell’informazione: la censura contro Scurati, oltre a costituire una chiara conferma delle sue accuse di vicinanza del Governo alle idee fasciste, ha causato la diffusione del testo del monologo su tutti i social, in tutta la rete, spingendo la conduttrice della trasmissione, Serena Bortone, a leggerlo in diretta sfidando la censura.
E a quel punto persino la Meloni, nel tentativo disperato di metterci una toppa, ha deciso di pubblicare il testo incriminato, provando a rimediare al disastro continuando però a sostenere l’assurda tesi del compenso eccessivo (pur affermando di non conoscere le vere ragioni veto alla messa in onda) e ricorrendo ai consueti toni vittimistici ed aggressivi,

In fondo all’articolo pubblichiamo anche noi il testo censurato, ritenendo la ribellione alla censura di Stato una doverosa forma di resistenza. Perché se è vero che c’è più il passo dell’oca e i balilla, è altrettanto vero che le idee fasciste sono assolutamente vive e si manifestano in modo più subdolo: magari facendo la faccetta buffa per mettere a tacere chi contesta, in modo da troncare sul nascere la discussione ed evitare di entrare nel merito.

Prima però pubblichiamo la replica di Scurati alla Meloni, che nel tentativo di mostrare la sua apertura al dialogo ha finito per aggredire ulteriormente lo scrittore.

Gentile Presidente, leggo sue affermazioni che mi riguardano. Lei stessa dice di non sapere quali siano le vere ragioni della cancellazione del mio intervento in Rai. Bene, la informo che quanto lei incautamente afferma – pur ignorando per sua stessa ammissione la verità – è totalmente falso, sia per ciò che concerne il compenso, che per che riguarda l’entità dell’impegno. Non credo di meritare questa ulteriore aggressione diffamatoria. Io non ho polemizzato con nessuno né prima né dopo. Sono stato trascinato per i capelli in questa vicenda. Ho solo accolto l’invito di un programma della tv pubblica a scrivere un monologo ad un prezzo consensualmente pattuito con la stessa azienda, dall’agenzia che mi rappresenta e perfettamente in linea con quello degli scrittori che mi hanno preceduto. La decisione di cancellare il mio intervento è evidentemente dovuta a motivazioni editoriali, così come dichiarato esplicitamente in un documento aziendale, adesso pubblico. Il mio pensiero su fascismo e post fascismo ben radicato nei fatti doveva essere silenziato, continua ad esserlo ora che si sposta la discussione sulla questione pretestuosa del compenso. Pur di confondere le acque, un capo di governo, usando tutto il suo potere non esista ad attaccare un cittadino e scrittore. Questa presidente è una violenza, non fisica certo, ma pur sempre una violenza. È questo il prezzo da pagare oggi nella sua Italia?”

La Resistenza continua. E l’errore più grande, il regalo più grande che potremmo fare ai fascisti del XXI secolo, è convincerci che non ce ne sia più bisogno.


 

Il testo del monologo censurato:

Giacomo Matteotti fu assassinato da sicari fascisti il 10 di giugno del 1924. Lo attesero sotto casa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini. L’onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista Unitario, l’ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce del sole. Si batté fino all’ultimo, come lottato aveva per tutta la vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo piegarono su se stesso per poterlo ficcare dentro una fossa scavata malamente con una lima da fabbro. Mussolini fu immediatamente informato.Oltre che del delitto, si macchiò dell’infamia di giurare alla vedova che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito. Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania.

In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l’omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944. Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto. Sono soltanto alcuni dei luoghi nei quali i demoniaci alleati di Mussolini massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra di essi centinaia di bambini e perfino di infanti. Molti furono addirittura arsi vivi, alcuni decapitati”

Queste due concomitanti ricorrenze luttuose – primavera del ’24, primavera del ’44 – proclamano che il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica – non soltanto alla fine o occasionalmente – un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista. Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia? Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così.

Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via. Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale la Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola “antifascismo” in occasione del 25 aprile 2023). Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra. Finché quella parola – antifascismo – non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana”.

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Banche: se Bankitalia entra in filiale in incognito

Rilievi tanti, gravi carenze poche. È questo in sintesi l’esito del primo giro di controlli che Banca d’Italia ha realizzato in incognito presso diversi sportelli bancari lungo la Penisola. Gli incaricati dell’Istituto di vigilanza nei mesi scorsi hanno svolto un’attività di mistery shopping presentandosi in filiale come potenziali clienti interessati all’apertura di un conto di pagamento. Sulla falsariga delle candid bank che i giornalisti di Plus24 realizzano per provare sul campo come le banche approcciano i clienti.

L’obiettivo di Banca d’Italia era quello di verificare la correttezza dell’intermediario nella fase di primo contatto e la capacità degli addetti allo sportello di indirizzare il cliente verso il conto più adatto alle sue esigenze. In linea generale, i prodotti offerti e le spiegazioni fornite sono risultati adeguati, tuttavia è emersa con forza una criticità: la difficoltà a consegnare fin dal primo contatto la prevista documentazione di trasparenza.

Il cliente ha diritto di avere i fogli informativi, con i dettagli dei servizi offerti e relative spese, portarseli a casa, leggerli, riflettere e poi magari decidere. E attenzione a non farsi consegnare depliant e brochure predisposti dall’ufficio marketing della banca, ma solo l’informativa pre-contrattuale prevista dalle norme.

Banca d’Italia segnala che i documenti ufficiali devono essere messi a disposizione del cliente in forma cartacea o su altro supporto durevole: l’invio all’indirizzo email comunicato dal cliente o tramite servizi di messaggistica elettronica per dispositivi mobili che ne consentono archiviazione (per esempio WhatsApp) può considerarsi conforme alla normativa, mentre non è sufficiente il mero rimando a consultare la documentazione pubblicata sul sito web dell’intermediario, come è emerso in qualche candid.

Tutti gli intermediari hanno ricevuto dei rilievi. Nessuno è stato promosso a pieni voti, ma non ci sono state neanche bocciature per gravi carenze. Per irrorare sanzioni Banca d’Italia ha in ogni caso bisogno del requisito della rilevanza, con comportamenti gravi, persistenti e diffusi ai danni dei clienti. Dal mistery shopping possono arrivare importanti evidenze con valore segnaletico per fare ulteriori approfondimenti e passare al gradino superiore delle ispezioni, con un’interlocuzione diretta con l’intermediario vigilato e a quel punto può scattare eventualmente una sanzione.

I risultati di queste indagini fanno quindi parte integrante delle evidenze che la Banca d’Italia utilizza nell’ambito dell’azione di vigilanza. Questo primo esperimento è stato una sorta di esercizio pilota, che sembra abbia funzionato ed è destinato quindi ad avere un seguito. Gli addetti allo sportello delle filiali di tutta Italia possono quindi attendersi visite degli incaricati di Banca d’Italia in incognito. E molto probabilmente la prossima indagine avrà come oggetto la ricerca e la stipula di un mutuo e le proposte in abbinata delle relative polizze.

Fonte: Il Sole 24 Ore




BCC: Raggiunto l’accordo per il primo Contratto Integrativo di Gruppo ICCREA

Dopo lunghe giornate non stop, a conclusione di 3 mesi di trattativa, nella notte tra giovedì 18/04  e venerdì 19 u.s. è stato raggiunto l’Accordo con la Capogruppo per l’Ipotesi di Contratto Integrativo di Gruppo che, oltre alle intese già sottoscritte relative al VPA (Valore di Produttività Aziendale) e al Lavoro Agile- l’accordo norma, armonizzando tutte le previsioni contrattuali territoriali e del cd Perimetro diretto vigenti, le seguenti materie:

  1. LAVORO AGILE
    Con accordo raggiunto il 10/12/2022 che termina la sua fase sperimentale a Giugno p.v.
  2. VPA (Valore Produttività Aziendale)
    Con accordo raggiunto il 20/05/2023
  3. TICKET PASTO
    Incremento del ticket ad € 9,40 per il personale in full time, compresi Lavoratrici e Lavoratori in Lavoro Agile e Telelavoro;
    Al personale che svolge la prestazione lavorativa in regime di part-time orizzontale e/o misto (con riferimento alle giornate di prestazione lavorativa ridotta) il ticket pasto compete per le giornate di effettiva presenza al lavoro in misura ridotta, pari ad euro 6,00 salvo che l’orario di lavoro sia pari o superiore a 5 ore giornaliere; in tale ultimo caso il ticket spetta in misura di 8,80.
  4. WELFARE
    Definito un piano welfare articolato come di seguito descritto:
    – Polizze assicurative: copertura contro i rischi di morte e invalidità permanente sia per infortuni sia da malattia ad € 92.176,19 per il rischio morte e 135.191,89 per il rischio di invalidità permanente
    – Stipula, a carico delle bcc, di una polizza Kasko per l’assicurazione dei danni subiti dall’autovettura privata del lavoratore/lavoratrice in caso di uso autorizzato dell’autovettura privata per ragioni di servizio o per la partecipazione ai corsi di formazione.
    Fondo Pensione Nazionale: A decorrere dal 1/05/2024 e per l’intera vigenza del CIG per i figli fiscalmente a carico e per i nuovi nati o adottati o affidati se fiscalmente a carico, iscritti dal genitore al Fondo Pensione Nazionale, le Bcc/Aziende sono tenute a versare un contributo pari ad € 50 una tantum sulla loro posizione previdenziale; nei successivi 2 anni tale contributo sarà di 25 € qualora la lavoratrice/lavoratore versi un contributo volontario del medesimo importo.
    – Prestazioni odontoiatriche: assistenza sanitaria integrativa per prestazioni odontoiatriche
    – Check up/Pacchetto prevenzione:
    o   un check up biennale oppure, in alternativa pacchetti biennali di prevenzione differenziati o prestazioni sanitarie aggiuntive rispetto a quelle già offerte in via ordinaria dalla Cassa Mutua Nazionale.
    Il dettaglio delle prestazioni sanitarie e di welfare e le modalità di fruizione delle stesse saranno definite in una apposita commissione tecnica.
    In generale l’ipotesi di accordo prevede inoltre l’istituzione di Commissioni paritetiche volte alla verifica ed alla valutazione delle singole previsioni sopra definite.
    Sono altresì demandate a specifiche Commissioni di Gruppo le tematiche relative alle misure di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, pari opportunità, inclusione, tematiche ESG, profili professionali derivanti da nuove attività o cambiamenti organizzativi.
    Ulteriori materie previste in piattaforma (tra cui relazioni industriali, sistemi di valutazione, formazione, verifica degli accordi sperimentali su  smart working e VPA) saranno oggetto di incontri  da pianificare entro il 31.12.24.
  5. MOBILITA
    Per la prima volta nel gruppo Iccrea sono stati ottenuti dei rimborsi kilometrici a fronte dei trasferimenti disposti dalle aziende. Inoltre viene istituita una apposita Commissione di gruppo che valuterà il sussistere delle condizioni previste per il trasferimento ai sensi dell’art.61 ccnl.
    Fermo restando quanto previsto dall’art. 61 del CCNL, si è convenuto che il personale trasferito ad iniziativa dell’Azienda ad altra unità produttiva, ubicata in altro Comune, distante oltre 50 chilometri dalla propria residenza/domicilio e faccia uso di autovettura privata per raggiungere il luogo di lavoro, verrà riconosciuta mensilmente una indennità di mobilità/disagio, calcolata giornalmente e pari a 0,40€ per ogni chilometro della sola tratta di andata fra residenza del lavoratore e sede di lavoro eccedente i 30 chilometri. Per i trasferimenti oltre i 120 km, fermo restano quanto previsto dall’art. 61 del CCNL, l’indennità è quantificata nella misura di € 770 mensili lordi.

Esprimiamo soddisfazione per il raggiungimento di questo primo risultato che va nella direzione di dotare di una contrattazione collettiva omogenea tutte le lavoratrici ed i lavoratori che ogni giorno concorrono al raggiungimento dei risultati di questo Gruppo.

Nei prossimi giorni vi gireremo il testo integrale dell’Accordo in modo che lo possiate valutare in attesa dell’Assemblea Generale ove sarete chiamati ad approvare l’Accordo raggiunto.

 

Coordinamento Fisac/Cgil Gruppo Bancario BCC Iccrea