Stangata su MPS: condannati Mussari e altri 12


Gli ex vertici erano a giudizio per le operazioni in derivati che occultarono le perdite del disastro Antonveneta. Condannate pure Deutsche Bank, Nomura e i loro dirigenti.

La stagione dei disastri bancari aperta nel 2012 dal terremoto del monte dei Paschi di Siena vede i primi banchieri condannati. E si parte proprio da Mps, dopo una sfilza di assoluzioni. Ieri i giudici di Milano hanno condannato gli ex vertici della banca senese per le irregolarità sulle operazioni finanziare messe in piedi dal dicembre 2008 al settembre 2012 per occultare le perdite causate dallo sciagurato acquisto di Antonveneta.

Nel 2008 Mussari decise di strapagare la malconcia banca padovana scucendo 9 miliardi di euro (più 8 di debiti) contro un valore reale di circa 3, sotto l’occhio vigile di Bankitalia, consapevole che Antonveneta se la passava male e che Mussari stava scassando il più antico istituto di credito del Paese. Per coprire le perdite dell’operazione, a Siena vennero messe in piedi operazioni in derivati, i cui effetti negativi si cercarono in seguito di occultare a bilancio.

In primo grado, ieri, sono stati condannati Mussari (7 anni e 6 mesi), l’ex dg Antonio Vigni (7 anni e 3 mesi) l’ex responsabile area finanza Gianluca Baldassarri (4 anni e 8 mesi) e 5 anni e 3 mesi sono stati dati a Daniele Pirondini (ex direttore finanziario). I reati vanno dal falso in bilancio all’aggiotaggio all’ostacolo alla vigilanza. Tra gli imputati – tutti condannati – c’erano anche sei ex dirigenti di Deutsche Bank e due ex manager di Nomura: entrambe le banche sono state condannate e per loro è stata ordinata la confisca di oltre 150 milioni di euro. Condannati gli ex manager di Deutsche Bank: Michele Faissola e Michele Foresti, per entrambi la pena è di 4 anni e 8 mesi, stessa pena per Ivor Scott Dunbar per il quale la Procura aveva chiesto l’assoluzione. Di 3 anni e sei mesi la pena inflitta a Dario Schiraldi, Matteo Angelo Vaghi (anche per lui la procura aveva chiesto l’assoluzione) e Marco Veroni. Condannati anche gli ex manager di Nomura Sadeq Sayeed (4 anni e 8 mesi), in qualità di ceo di Nomura international plc London, e Raffaele Ricci (3 anni e 5 mesi), all’epoca responsabile delle vendite per l’Europa e il Medio Oriente. La banca senese è uscita dal processo con un patteggiamento nel 2016. Gli istituti coinvolti e gli imputati hanno contestato la sentenza e annunciato il ricorso. Al centro del procedimento c’erano soprattutto le operazioni sui derivati Santorini e Alexandria, che secondo l’accusa sarebbero servite a nascondere perdite per oltre 2 miliardi.

La storia è nota. Dopo l’acquisto di Antonveneta, Mps deve chiudere in utile ed è a quel punto che arrivano Santorini (con Deutsche Bank) e Alexandria (Nomura) per rinviare in futuro perdite su operazioni pregresse. Due derivati, mascherati però a bilancio come operazioni scomposte, contabilizzate come un acquisto di titoli di Stato finanziato da “pronti contro termine” (in gergo Repo) e non come un Credit default swap (Cds), un derivato assicurativo sul rischio Italia venduto da Mps. Solo nel bilancio 2012, dopo l’esplosione dello scandalo e l’uscita dei vertici, emergeranno perdite per 700 milioni. E solo tre anni dopo i derivati sono stati contabilizzati come tali, un ritardo avallato dalle authority di vigilanza (per il quale sono a processo a Milano i successori di Mussari, Alessandro Profumo e Fabrizio Viola). Dal 2008 Mps ha varato sei aumenti di capitale, l’ultimo dei quali, nel 2017, ha visto l’ingresso dello Stato. In 11 anni sono stati bruciati 36 miliardi di valore.

La condanna di ieri apre un fronte imbarazzante per la Banca d’Italia. La vicenda deflagrò a fine 2011, quando il neo governatore Ignazio Visco allontanò i vertici di Mps, sostituiti da Profumo e Viola. A fine 2012 i due scoprirono in una cassaforte in uso a Vigni il famigerato mandate agreement, che dimostrava la natura di “derivato” di Alexandria. Per Mussari, Vigni e Baldassarri scattò la denuncia per ostacolo alla vigilanza.
Gli ispettori di Bankitalia hanno giurato di non aver mai potuto classificare Alexandria come derivato in mancanza del mandato.

Gli ex vertici di Mps sono però stati assolti in via definitiva a maggio scorso. Secondo la sentenza d’appello (confermata in Cassazione) gli ispettori avevano gli elementi per capire la natura delle due operazioni e non ci fu volontà di ostacolare la vigilanza. Insomma, secondo i giudici le operazioni per occultare le perdite, Mussari e compagnia le hanno commesse. E Bankitalia, almeno nel 2011, ne era a conoscenza.

 

Articolo di Carlo Di Foggia sul Fatto Quotidiano del 10/11/2019

 

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