Sofferenze, banche e profitti


Altro giro, altra corsa. L’Ue, con l’accordo raggiunto ieri tra Europarlamento e Consiglio, è a un passo dal dotarsi di un nuovo regolamento sugli Npl (non performing loan) – i crediti inesigibili delle banche, un problema che riguarda il Sud Europa – mentre continua a fischiettare sui titoli illiquidi e i derivati delle banche del Nord (per non parlare dell’assicurazione comune sui depositi: si farà, per carità, ma dopodomani).

Come che sia, le nuove norme stabiliscono che un prestito diventi “Npl” dopo 90 giorni dal mancato pagamento e che le banche accantonino soldi per coprire le perdite stimate: l’idea, all’ingrosso, è coprire al 100% quelli con garanzie in 8 anni e quelli “scoperti” in due. In sostanza, un invito agli istituti a un nuovo round – mentre il primo è ancora in corso – di svendite ai fondi specializzati (per non citare il rischio di dare meno credito e/o più caro). E che ci fanno i fondi con questi brutti Npl? Bei soldi col recupero crediti.

Un esempio tra i tanti era ieri a pagina 7 di MF. Titolo: “Serra (Algebris) fa rendere gli Npl”. In questo breve testo si racconta che i fondi lussemburghesi specializzati in crediti deteriorati del finanziere amico di Renzi hanno fatto discreti utili nel 2017: 49,7 milioni il fondo più antico (rendimento del 13,3%) e altri 41 milioni quello appena nato.

Nulla si crea e nulla si distrugge, ma i profitti si spostano (specie all’estero) grazie a una regolazione compiacente. Il mercato d’altronde, se è concesso parafrasare Gaber, è come la chitarra: ognuno suona come vuole e tutti suonano come vuole il mercato.

 

Articolo di Marco Palombi su “Il Fatto Quotidiano” del 19/12/2018

image_pdfScarica PDF di questo articoloimage_printStampa articolo
,