Perché dobbiamo continuare a festeggiare il 25 aprile?


Anche quest’anno, com’è ormai tradizione, la ricorrenza del 25 aprile porta con sé il suo carico di polemiche: è una festa divisiva, è superata, è il ricordo di qualcosa – il fascismo – che non esiste più.

Questo è un fatto curioso. In nessun altro Paese del mondo ci si sognerebbe di discutere la festa nazionale: noi invece abbiamo imparato a considerare normale, nel corso degli anni, vedere personaggi politici che occupano ruoli istituzionali anche importanti ma che non essendo “esattamente antifascisti” hanno preferito trovarsi altri impegni per sottrarsi alle celebrazioni.

Questo non potrebbero farlo se non ci fosse stato il 25 aprile: la loro libertà di criticare questa ricorrenza è nata proprio grazie al 25 aprile.

Proviamo a riflettere sul vero significato di questa data.

Nessuno di noi esiterebbe nel condannare Hitler, il Nazismo, l’orrore dei campi di sterminio, i folli progetti di conquista dell’Europa. Ma ce lo ricordiamo che siamo entrati in guerra come alleati di Hitler?
Che il regime fascista è stato complice di questo orrore? E questo è già un valido motivo per non dimenticare: oggi i nostri sovranisti accusano il Governo di essere succube della Germania, rimpiangendo quello che per loro era un periodo di grande prestigio. Ma la realtà è un’altra: il fascismo, quello sì che è stato un periodo di totale sottomissione alla Germania. Sottomessi al punto da accettare i lager, le leggi razziali, una guerra folle, gli ordini impartiti dal regime più spietato della storia.

Il 25 aprile 1945 è il momento in cui davvero l’orgoglio di un popolo riesce ad affermarsi, in cui l’Italia recupera la sua dignità. E arriva a conclusione di un periodo terribile, di quella che prima ancora che una guerra contro l’invasore straniero è stata una guerra fratricida.

La mia è una generazione che ha avuto la possibilità di sentir parlare del fascismo e della guerra da testimoni diretti: genitori e nonni ci hanno raccontato le loro esperienze, permettendoci di vedere attraverso i loro occhi e capire quanto sia stata difficile e dura la lotta che ci ha portato a liberarci dal nazifascismo. Per i ragazzi di oggi questa possibilità sta venendo meno, e presto non ci sarà più del tutto.

A loro abbiamo il dovere di ricordare, di insegnare. Di farli riflettere su quello che hanno vissuto ragazzi come loro, che nel giro di poco tempo sono passati dai banchi di scuola a dover imbracciare le armi e combattere, magari proprio contro quello che era stato il loro compagno di banco. Di raccontargli il coraggio con cui ragazzi come loro hanno lottato, sognando una libertà che in tanti non hanno mai potuto conoscere, perché sono morti prima di conquistarla.

Si dice che il fascismo sia un ricordo del passato, qualcosa che non può tornare; eppure basta guardarsi intorno per capire che non è così. Basta sentire i proclami infarciti di odio, di egoismo, di nazionalismo, di presunta supremazia di una cultura sulle altre per capire che tutto questo non è mai finito. Basta guardare cos’è successo in Ungheria per capire che ancora oggi, nel 2020, può nascere una dittatura in Europa. Per capire come la dittatura nasca sempre fingendo di ammantarsi di ideali, illudendo la popolazione di inseguire il bene comune.

Tutto questo va spiegato soprattutto alle giovani generazioni. Per questo il ricordo di ciò che è stato è indispensabile. E’ indispensabile celebrare il 25 aprile, più che mai in un paese nel quale – ancora oggi – esistono politci che chiedono pieni poteri.

Luca Copersini
Segretario Provinciale Fisac/Cgil L’Aquila

 

image_pdfScarica PDF di questo articoloimage_printStampa articolo
,