Lettera di una bancaria al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte


“Signor Presidente Conte

Siamo “quelli della banca”, persone alle quali altre persone, ora più che mai nel momento del bisogno, si rivolgono: chi vorrebbe al più presto i 1400 euro della Cassa Integrazione, chi vorrebbe limitare le perdite sui risparmi di una vita, il piccolo imprenditore che senza una iniezione di liquidità chiuderà per sempre la propria attività e lascerà a casa i dipendenti.

Malgrado queste richieste siano quanto di più umano ci possa essere, noi “quelli della banca” non siamo visti, non siamo mai stati considerati come persone che aiutano altre persone.

Neppure ora, ora che Lei, Signor Presidente, ci ha messo sulle spalle il macigno di “salvare l’Italia”: pensa che noi, 280mila persone, possiamo essere in grado di assumerci questa responsabilità?

E “dare il massimo”? noi l’abbiamo dato sin dal 24 febbraio, anche quando lavoravamo senza nessun presidio anti contagio, sempre al lavoro; il massimo lo diamo ogni giorno contro le procedure zoppicanti, la burocrazia che non è solo quella bancari ma anche di enti esterni (INPS, SACE, Fondo di Garanzia), diamo il massimo anche quando i clienti si spazientiscono (ed è un eufemismo).

Abbiamo a che fare anche con la malavita, signor Presidente, lo sa questo? Eppure dove ci sono soldi c’è la mafia e i Direttori delle Filiale, Gestori, non sa quante volte sono stati minacciati anche fisicamente.

Facciamo il nostro dovere anche quando lavoriamo in lavoro forzato da casa, con i bimbi che ci richiamano a doveri importanti.

Facciamo il nostro dovere, giovani ragazze e ragazzi fuori sede, con fardelli di affitto da pagare che sgretolano le nostre retribuzioni.

E facciamo il nostro dovere anche se le Banche, comunque, ci chiedono di produrre redditività e ce lo chiedono anche al tempo del Covid 19, perché anche su quello si basa la certezza del nostro posto di lavoro.

E facciamo il nostro dovere sapendo che un giorno un giudice fallimentare, esaminando una bancarotta, vedrà che ai tempi del Covid 19 (il vile CAROGNA) abbiamo erogato dei soldi, sulla base del decreto firmato dal Lei, e ce ne chiederà conto: la responsabilità penale è personale e arriverà a qualcuno di noi un bell’avviso di garanzia. CI ha pensato a questo Signor Presidente, lei che è un Professore universitario e avvocato? Ha pensato che da sempre “quelli della banca” sono sottoposti anche a questo rischio?

Ora Lei ci chiede di fare il nostro dovere, ma è una richiesta pleonastica.

Lei chiede alle Banche un “atto d’amore “verso il nostro paese e questo è davvero irrituale.

Signor Presidente, le Banche sono come un frigorifero, non si fa l’amore con un frigorifero, non si chiede amore a un frigorifero.

Ma noi, “quelli della banca”, non ci tiriamo indietro. Solo, per favore, non ci chieda quello che non possiamo fare, vorremmo ma non potremo fare: perché siamo pochi, poche, pochissimi per lo sforzo titanico che Lei ci chiede. Pochissimi grazie alle politiche di riduzione del personale: e ora le braccia, i cervelli mancano.

Con Stima

P.S. e qualche volta citi anche noi nelle sue conferenze stampa. I Lavoratori le Lavoratrici del settore bancario. Questo siamo. Con la L maiuscola”

 

Dal sito Fisac Cgil Unicredit Group

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