Il regalo del Governo alle banche azioniste di Bankitalia


A sette anni di distanza, la contestata rivalutazione delle quote del capitale della Banca d’Italia continua a premiare le banche azioniste. L’ultima toppa alla riforma del 2013 è stata messa lunedì notte con l’approvazione di un emendamento di Forza Italia alla manovra (ma ce n’erano uguali depositati dalla Lega) che ha alzato dal 3 a 5% il tetto alle quote oltre le quali non si ha diritto ai dividendi distribuiti dalla banca centrale. La mossa premia Intesa Sanpaolo e UniCredit che, oltre a ricevere più utili, potranno vendere più facilmente le loro azioni. Ci sarà un beneficio anche per lo Stato che tasserà quei dividendi con aliquota Ires raddoppiata per un solo anno.

Per capire di cosa parliamo occorre fare un passo indietro. Dal 2005 una legge (mai attuata) prevedeva il trasferimento allo Stato della proprietà della Banca d’Italia, il cui capitale era in mano soprattutto a banche italiane (ma senza potere sull’istituto). Invece di applicarla, nel 2013 il governo Letta, per fare cassa subito, ha deciso di rivalutare per legge il capitale di Bankitalia da 156mila euro a 7,5 miliardi, permettendo allo Stato di incassare oltre un miliardo tassando la plusvalenza fatta dalle banche azioniste. La stessa legge imponeva agli azionisti di cedere le quote oltre il 3%, livello oltre il quale non si possono ricevere dividendi, ma nello stesso tempo alzava il tetto ai dividendi che Bankitalia può distribuire ai suoi soci, passati da 50-70 milioni l’anno ai 340 milioni annui degli ultimi sette anni. Insomma, le banche hanno ottenuto un enorme beneficio patrimoniale e più dividendi.

Negli ultimi sette anni è passato di mano quasi il 20% del capitale di Via Nazionale. Ad aumentare la propria quota sono state soprattutto Casse di previdenza e Fondazioni. Intesa e UniCredit però sono ancora ben oltre il 3%: la prima ha il 16,8%, la seconda l’8,42%. La difficoltà a vendere le quote in eccesso si è sommata ai mancati dividendi sopra la soglia (dal 2016 solo Intesa ha visto sfumare 330 milioni). Portando al 5% la quota, le due banche potranno incassare più utili e vendere il resto più facilmente agli altri azionisti che vogliono salire. Lo Stato incassa più tasse, ma le banche ci guadagnano sempre più. Una gran bella riforma.

 

Articolo di Carlo di Foggia sul Fatto Quotidiano del 22/12/2021

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