È così che si difende la città?


Sulla pagina facebook del giornalista aquilano Gianfranco Cocciolone, noto volto delle reti televisive locali, è apparso ieri il post che riportiamo di seguito. Riteniamo opportuno parlarne, perché ci dà lo spunto per qualche importante riflessione di carattere generale.

Prima di tutto entriamo nel merito del post, che appare un attacco ai lavoratori totalmente privo di ragioni sensate. Esaminiamolo punto per punto.

  • Negli sportelli bancomat i soldi finiscono. E’ un dato di fatto. Finivano anche quando esistevano la Carispaq, la Tercas, la Banca Popolare della Marsica o tutte le altre banche che nel frattempo sono state incorporate. Trovare un bancomat vuoto è molto più probabile di lunedì mattina o nei periodi di festa (Ferragosto, tanto per fare un esempio).
  • Il caricamento del bancomat non può avvenire in orario di sportello, come può comprendere qualsiasi persona dotata di buon senso. Tenere aperte le casseforti, maneggiare decine di migliaia di euro durante il normale flusso di clientela sarebbe una follia, oltre ad essere severamente vietato dalle norme interne. L’alternativa sarebbe chiudere la filiale per una mezz’oretta per ricaricare il bancomat, ma in quel modo il disservizio creato sarebbe molto maggiore.
  • Esistono giorni in cui in banca c’è più fila. Il lunedì mattina, a esempio, oppure i giorni a ridosso di un ponte festivo. Si può trovare più fila nei periodi di ferie, visto che gli organici sono comprensibilmente ridotti. Lunedì 19 agosto è una data che presenta tutte le caratteristiche per giustificare un maggior affollamento: caratteristiche che accomunano tutte le banche, passate e presenti.
  • Alla Carispaq ci sarebbe stata meno fila? La filiale di cui si parla è preesistente all’arrivo di BPER. Quando era una filiale Carispaq aveva due casse; ora che è una filiale BPER ha due casse. Però alla Carispaq ci sarebbe stata probabilmente più fila per un motivo oggettivo: il numero di operazioni allo sportello nel corso degli anni si è notevolmente ridotto a seguito della crescente diffusione delle piattaforme home banking.

Un attacco del genere appare del tutto scollegato dalla realtà come ampiamente dimostrato: quindi perché farlo?
Per superficialità? Per guadagnare popolarità? Per la sindrome di “Sant’Agnese” che affligge in modo cronico la nostra città?

La BPER, aldilà delle comprensibili nostalgie per la Carispaq e per i bei tempi andati, resta una delle aziende private più grandi della nostra Provincia e della nostra Regione: una realtà occupazionale che dovrebbe essere tutelata. Attacchi del genere producono immancabilmente la stessa reazione: arriva qualcuno che dice“Allora chiudiamo tutto”.
Evidentemente anche un post su Facebook può contribuire alla perdita di posti di lavoro.

E da qui partiamo per una riflessione di portata più ampia, purtroppo molto amara.

Come FISAC L’Aquila stiamo denunciando da tempo il rischio di un abbandono della città da parte dei principali gruppi bancari, con conseguenze gravissime in termini di occupazione, ma soprattutto relativamente al sostegno alle imprese ed alle famiglie. Di seguito riportiamo i link ad alcuni degli articoli scritti riguardo a queste problematiche:

I grandi gruppi bancari se ne stanno andando via
Il ruolo delle banche nella Provincia dell’Aquila
Banche: in Abruzzo persi 736 posti in tre anni, male la Provincia dell’Aquila

La scomparsa delle piccole banche e il loro accorpamento da parte di Istituti di Credito di dimensioni medio-grandi rappresentano per il nostro settore una realtà alla quale non è possibile opporsi. Ciò per cui ci battiamo, giornalmente, è cercare di limitare le conseguenze di questi processi, impegnandoci a difesa di ogni singolo posto di lavoro, ogni singola filiale sul territorio.
Se le banche se ne vanno le conseguenze sono pesantissime: non solo dal punto di vista occupazionale, ma anche perché l’economia locale, privata di un adeguato sostegno, è destinata ad impoverirsi pesantemente.

Si tratta di una questione che dovrebbe essere al centro dell’agenda politica, al centro del dibattito sui mezzi d’informazione; invece notiamo la totale indifferenza da parte della città, della cosiddetta società civile, delle istituzioni.

In altri territori abbiamo visto come i politici si mobilitino, come tutti facciano quadrato per impedire la chiusura di sportelli. Da noi si chiudono filiali, si smantellano uffici, si “razionalizzano” strutture presenti da anni in città, nella più totale indifferenza delle istituzioni, seppur ripetutamente sollecitate da noi e dalle altre Organizzazioni Sindacali.
La politica locale non sa, non vede, non capisce. In questo rappresenta adeguatamente una comunità che non sa, non vede e non capisce, convinta magari che l’allontanamento delle banche sia un problema che riguarda solo chi ci lavora. Si coglie anzi un certo compiacimento di fronte alle difficoltà di una categoria che continua ad essere vista come privilegiata, anche questo in virtù di convinzioni ormai lontane dalla realtà: provate a chiedere ad un neo-assunto quanto prende di stipendio, e quali pressioni deve subire come contropartita.

Per questo, un post come quello di Gianfranco Cocciolone sconcerta: perché arriva da chi, per il mestiere che fa, avrebbe il dovere di sapere, di vedere, di capire. Non è la prima volta che qualcuno cerca facile consenso in città attaccando in modo strumentale l’istituto bancario maggiormente presente, e già in passato la FISAC dell’Aquila ha ritenuto suo dovere intervenire a tutela dei lavoratori.

Ovviamente il signor Cocciolone, al pari di chiunque altro, è libero di manifestare le sue opinioni e le sue critiche: deve però essere consapevole che esprimendosi in modo così superficiale appare poco credibile quando si erge a paladino del territorio, diventando egli stesso una parte del problema.

Come scrive lo stesso Cocciolone in un altro post: “Quindi quando si dice L’Aquila dimenticata da TUTTI è vero? Che tristezza…!”

 

image_pdfScarica PDF di questo articoloimage_printStampa articolo
, ,