Cosa vuol dire “Resistenza”?


Quelle che seguono sono alcune pagine del diario segreto scritto da Peter Moen, eroe della resistenza norvegese morto nel 1944 a soli 43 anni durante il viaggio verso il campo di concentramento al quale era stato destinato.

Le memorie furono scritte di nascosto nel carcere nazista di  Oslo, sfidando i divieti (era vietatissimo leggere o scrivere) e l’oscurità della cella. Moen riuscì ad incidere le sue memorie su rotoli di carta igienica utilizzando un ferretto della tenda; i suoi “diari” furono nascosti in una griglia dell’areazione e ritrovati solo dopo la guerra. In tutto oltre mille pagine, scritte tra il 10 febbraio e il 4 settembre 1944, che in questi giorni vengono pubblicati per la prima volta in Italia con il titolo: “Møellergata 19” (il nome del carcere nazista)

Peter Moen aveva studiato matematica e di professione faceva l’impiegato assicurativo: una persona comune, uguale a tante altre, certo non una specie di supereroe. Peter era stato arrestato in quanto redattore di un giornale clandestino. Agli occhi degli oppressori nazisti, si era reso colpevole del più temuto dei crimini: raccontare i fatti. Allora, come oggi, nulla fa più paura della verità a a chi vuole controllare il popolo.

Quello riportato è un breve estratto, ma basta a capire quali pensieri potessero affollare la testa di chi si batteva per la libertà: nelle sue parole troviamo la paura, gli sforzi della mente per restare attiva e non crollare, i dubbi (ne vale la pena?), il dolore e il dispiacere per non essere abbastanza forte. E nonostante tutto c’è l’orgoglio, la convinzione di aver fatto la scelta giusta e anzi il rammarico per non aver fatto di più. La consapevolezza della morte, conseguenza inevitabile della lotta contro un nemico che in quel momento è troppo più forte.

L’Europa di oggi, il nostro Paese, esistono grazie alla generosità e alla forza d’animo di migliaia di persone come Peter, capaci di affrontare la paura, il dolore, nella certezza che fosse l’unica strada possibile. Capaci di battersi per noi, per darci una libertà che non avrebbero mai più conosciuto perché sapevano che la loro vita sarebbe finita a breve.

Come utilizziamo questa libertà?  Per esempio insultando o dimenticando chi si è sacrificato per regalarcela, come nel nostro Paese si permettono di fare alcuni ministri, indegni della Repubblica alla quale hanno giurato di essere fedeli.

Festeggiare il 25 aprile significa ricordare Peter, ma anche i tanti detenuti nelle prigioni naziste italiane (come quella di Via Tasso a Roma)  che seppero affrontare le loro peggiori paure per regalarci un futuro che a volte dimostriamo di non meritare.
Il minimo che possiamo fare è ricordarli e ringraziarli.

 

Giovedì 4 febbraio – 21° giorno

Stamattina andrò probabilmente alla V.T. (Victoria Terrasse, un edificio nel centro di Oslo, dal 1940 utilizzato dalla Gestapo come luogo di interrogatori, tortura e detenzione, ndr). È qualcosa di assolutamente mostruoso. Ho paura dei maltrattamenti. Prego Dio di aiutarmi. Lui ora è il mio unico sostegno.

Donnerwetter ha fatto una perquisizione! Non ha trovato il mio diario. Sta ordinatamente attaccato sul chiodo della carta igienica. Non ha trovato la mia penna. È un perno della tenda da oscuramento. I miei “scacchi” erano nel calzino sul gancio proprio davanti al suo naso. Perquisizione nella nuda cella di un prigioniero – anche questo è Gestapo… Ho sete e faccio pipì. Angoscia e tensione. Signore mio! Presto sarà un’abitudine avere paura. Facciamo una dura lotta. Forse me la caverò.

Un nuovo esempio della pressione psicologica qui: il postino mi mostra dallo sportello il mucchio di lettere – mi porge una lettera e dice: È per te? Naturalmente c’era un altro nome. Bisogna essere idioti per non capire lo scopo di certe cose. Spero che i miei compagni comprendano questi piccoli trucchi. Se compresi sono innocui. I piccoli uomini che hanno inventato certe cose vogliono dominare il mondo. Nonostante tutte le loro chiacchiere su Gross e Reich i tedeschi sono limitati. Per non parlare della Gestapo. Non c’è accenno a una “morale del dominatore”… Che Dio mi aiuti – e aiuti tutti gli altri. È terribile.

4 marzo – 30° giorno

“La tirannia nazista” è una realtà per noi “delinquenti” politici. Sappiamo cosa significa e proprio per questo siamo disposti a sacrificare molto nella lotta contro di essa. Io sono preparato a morire per questa causa. La morte è una conseguenza amara ma “pulita”. Quelli che io e probabilmente tutti i prigionieri dei nazisti temiamo più della morte sono i maltrattamenti. Non ci sono parole capaci di esprimere i miei sentimenti nei confronti della tortura di massa che qui viene esercitata. Mi priva di ogni fede. Io dico: come può Dio lasciare che questo accada? Il pensiero si ferma di fronte a questo problema. Alcuni forse vengono condotti sulla via della riflessione tramite la sofferenza ma i più? Si può finire rapidamente nella disperazione e nel rinnegamento. Due dei boia sono stati qui oggi.

15 marzo – 41° giorno

Il giorno della morte del tiranno (Giulio Cesare, ndr)! Ma il mondo partorisce sempre nuovi tiranni. Nelle prigioni ci sono sempre uomini che hanno alzato la voce o la mano contro ingiustizia e violenza. Vale la pena allora di fare questa lotta? Sì e ancora sì. Ogni libertà sarebbe presto soffocata senza di essa e senza le vittime che richiede. La lotta norvegese per la resistenza ha portato noi 300 qui al numero 19. Non mi pento di niente di ciò che ho fatto o scritto e mi dispiace solo di ciò che non ho fatto. Nelle prigioni dei nazisti devono esserci degli uomini. Se io non fossi qui ci saresti tu – tu che ancora sei libero. Ansimo sotto il giogo – ma non vorrei non aver fatto ciò che ho fatto… C’è quasi sempre semioscurità… La gente sta in cella di punizione. È un po’ più duro di come sto io – giaciglio più scomodo e mai una passeggiata nel cortile per l’aria. Sì – è dura – ma non ci spezzeranno…

Voglio scrivere ancora qualche parola oggi – solo per consolarmi un po’. La solitudine consuma le forze per pensare – perché il pensiero è abituato a stimoli esterni. Ora per esempio ho faticato per giorni con un integrale trigonometrico… Inoltre ho il cuore pesante. “Non si trova pace”. È difficile in queste condizioni non cedere al bisogno di pigrizia o sogni a occhi aperti. Devo impegnarmi molto per evitarlo. Non capisco bene il mio carattere. Sono debole e sentimentale – ma riesco a superare queste avversità… per ora.

19 marzo – 45° giorno

Anche io avrei voluto essere un uomo coraggioso. Non lo sono. Avrei potuto lasciare che le bestie della V.T. mi facessero a pezzi e tacere – tacere. Non ce l’ho fatta. L’angoscia e il dolore mi hanno spezzato. Nel corso di una serie di interrogatori i segreti mi sono stati tirati fuori. Mi vergogno a tal punto di questo che non ho voglia di incontrare nessuno dopo la guerra. Spesso penso: la cosa migliore sarebbe una condanna a morte. Questo contiene i miei tre desideri: il mio desiderio da Amleto viene esaudito – Ammenda per la viltà e forse avrò la fama postuma… Se questo dovesse finire con la morte vorrei che il mio diario fosse salvato… Ho cercato di essere sincero – di non abbellire per guadagnarmi una lettera dorata nella fama postuma e non diffamarmi per avere la lode della vergogna. Scrivo sotto la minaccia di un pericolo che è più grande di quanto possa permettermi di dire. Alcuni forse avranno difficoltà a capire la mia angoscia per la sofferenza e il dolore se apparentemente sono preparato a morire. Il dolore è cosciente. E la morte – Già che cos’è la morte?

 

Graffito inciso in una cella del carcere nazista di Via Tasso a Roma

 

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