Il 15 giugno all’Aquila e Termoli scendiamo in piazza per difendere il diritto alla salute

Die manifestazioni ci vedranno scendere in piazza, all’Aquila e a Termoli, per difendere il diritto alla salute. Invitiamo tutti e tutte a sostenere insieme a noi la nostra protesta.

Questo il comunicato stampa della Cgil L’Aquila


 


E’ indetta per il giorno 15 giugno 2023, alle ore 10,30, presso il Piazzale antistante la Direzione Generale ASL1 Avezzano-Sulmona-L’Aquila, la Manifestazione promossa dalle scriventi associazioni a difesa del Servizio Sanitario Pubblico Provinciale denominata:

LA SANITÀ PUBBLICA SI DIFENDE

Non possiamo assistere inermi allo sfaldamento e depauperamento dell’enorme valore collettivo rappresentato dall’universalità del diritto alla salute, cosi come nei fatti si profila, vista l’inerzia della Direzione Strategica della ASL Avezzano-Sulmona-L’Aquila, della Giunta della Regione Abruzzo e di tutti gli organi istituzionali deputati a garantire l’esigibilità del fondamentale diritto alla prevenzione ed alla cura.

Carenze di personale e mancati investimenti in tecnologia; liste di attesa per l’accesso alle prestazioni specialistiche, ospedaliere o dei poliambulatori distrettuali; personale medico, infermieristico, amministrativo e tecnico stremato; precariato come forma ordinaria di reclutamento del personale; esternalizzazioni dei servizi; marginalizzazione dei Consultori familiari, sono alcuni dei fattori principali che limitano ed, a volte, impediscono l’esercizio del fondamentale diritto alla salute.

I problemi si sommano e stratificano: Case di comunità pensate al di là di ogni ragionevolezza all’interno dei nosocomi del territorio, che rischiano di divenire scatole vuote di personale e della necessaria programmazione delle risorse; Nuclei di Cure Primarie destinati alla chiusura vista la mancata sostituzione dei Medici di Famiglia andati in pensione; allarme sociale non raccolto e quindi non programmati e non potenziati i Dipartimenti di Salute mentale ed i servizi sociosanitari e non prevista la dovuta sinergia con le associazioni che a tali attività si dedicano.
Nel frattempo, mentre si disperdono professionalità di cui tanta necessità si sente , non si supera la criticità rispetto al modello di accesso alla facoltà di medicina della città dell’Aquila.

Una visione di sistema della Sanità pubblica deve tenere in considerazione diverse questioni essenziali, come la tutela dei diritti delle Lavoratrici e dei Lavoratori , una vera integrazione tra ospedale e territorio, l’aumento della spesa per il personale e per gli investimenti in tecnologia, la garanzia di un servizio sanitario universale, uguale e diffuso per tutte e tutti, inclusivo che guardi alla persona nella sua specificità con un approccio attento al genere capace di tener conto delle differenze nella prevenzione diagnosi e cura.

E’ necessario far sentire la voce del territorio, delle lavoratrici dei lavoratori e delle pensionate e dei pensionati che lo abitano e lo rendono collettività.

Cgil L’Aquila, Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale, Sindacato Dei Medici Italiani, Sindacato Nazionale Autonomo Medici Italiani, 180 Amici L’Aquila, Unasam, Cittadinanzattiva L’Aquila, Tribunale per i diritti del malato Abruzzo, Anpi, Arci, Auser, Udu, Associazione Donatella Tellini-Centro Antiviolenza e Biblioteca delle Donne, Associazione Donne TerreMutate, Comitato promotore “ Salviamo i Nuclei di Cure Primarie”


 

Questo invece il volantino relativo alla manifestazione di Termoli

 




Risparmiatrice aquilana frodata da pirati informatici. L’ABF: “La Bper risarcisca”

Una correntista  aquilana della Bper ha vinto un ricorso  contro la sua banca, che non voleva risarcirla, dopo essere stata vittima di  una truffa da smishing/phishing  con una perdita di quasi 3 mila euro. La sentenza è stata pronunciata dall’Arbitro bancario finanziario, organismo indipendente e autorevole, che  opera sotto l’egida di Bankitalia, e risolve in modo stragiudiziale le cause tra clienti e banche in tempi rapidi e costi limitati.

Si tratta della punta d’iceberg di un fenomeno truffaldino sterminato  ai danni dei risparmiatori  e banche da parte di organizzazioni criminali spesso con base all’estero.

Secondo la sentenza Bper non avrebbe garantito la sicurezza del canale utilizzato per le comunicazioni e  la gestione dei movimenti, canale nel quale si sono inseriti i truffatori.  La Bper aveva negato il rimborso attribuendo la colpa al correntista che da 30 anni aveva scelto quell’istituto di credito.

Si tratta, va ricordato, di un  tranello molto frequente ai danni di correntisti di molti istituti di credito. Le indagini della polizia postale sono difficili visto che spesso i malviventi operano da fuori Europa.  I casi di truffa on line sono stati quasi centomila nel 2020 tanto per dare la dimensione del fenomeno e in tempi più recenti  hanno riguardato  addirittura un utente su tre.

Questa la trappola. La correntista aveva  ricevuto un sms sul cellulare  sulla messaggistica “Gruppo Bper” e, visto chi  sembrava essere  il mittente, ha aperto il messaggio nel quale veniva chiesto il telefono e il numero di carta prepagata. Si era sentita rassicurata.

Poi è  stata contattata da un  falso operatore di sicurezza Bper  che la informava, ad arte, di un tentativo di truffa sulla sua carta. Il sedicente operatore, nell’ambito della sua strategia del raggiro,  ha riferito che la carta era stata clonata  e che vi fossero 3 disposizioni di pagamento in corso.

Secondo quel falso operatore per revocare quelle disposizioni la correntista avrebbe dovuto solo  ricaricare la carta prepagata ricevendo, però, un rifiuto.

L’interlocutore le ha detto che faceva bene a non fidarsi e che, per dimostrare la liceità della procedura, le avrebbe inviato un sms  sul gruppo Bper. A quel punto la persona raggirata si è convinta che  si trattasse di un vero operatore Bper dando seguito alle indicazioni fornite: fare tre ricariche in tutto per quasi 3mila euro. C’è stata poi una telefonata in cui il truffatore ha invitato la correntista a verificare lo storno e il successivo riaccredito della somma. Ma  tutto è stato inutile visto che i soldi erano stati trasferiti in Lituania senza nessun nuovo accredito.

Resasi conto della  frode conclamata la donna ha presentato denuncia alla polizia postale rivolgendosi all’ufficio reclami di Bper chiedendo il risarcimento visto che gli sms provenienti dai recapiti Bper sono stati inviati da malviventi in grado di falsificare il mittente del messaggio.

Secondo quanto si dice nel ricorso (poi accolto ottenendo il diritto al rimborso) Bper e Bibanca (struttura di supporto) avrebbero ammesso di non aver garantito la sicurezza nel succitato canale usato per le comunicazioni. La banca, in teoria, potrebbe ora incardinare un  nuovo ricorso davanti al tribunale. Ma per ora ha avuto torto. La Bper è forse la banca più forte e presente nel territorio aquilano e regionale avendo acquisito nei decenni scorsi la Cassa di risparmio della provincia dell’Aquila.

 

Fonte: AbruzzoWeb




Abruzzo: insieme alle banche diminuisce il credito a piccole e medie imprese

Prendiamo spunto dall’ottimo studio pubblicato dal prof. Aldo Ronci, dal titolo Il credito bancario in Abruzzo nel 2022.

Il dato relativo al credito vivo (quindi depurato dalle sofferenze) ad imprese e famiglie, relativamente all’anno 2022, è apparentemente positivo, con un incremento di 484 milioni, pari al 2,55%, nettamente migliore al dato nazionale che fa registrare un incremento dello 0,90%.

Andando ad esaminare in modo analitico il dato, scopriamo che non è così confortante.

Fonte: Il Credito Bancario in Abruzzo nel 2022 – Aldo Ronci

 

Notiamo che esiste un unico dato in controtendenza, cioè quello relativo al credito alle imprese medio grandi, mentre i finanziamenti alle piccole imprese scendono in misura superiore alla media nazionale. Questa crescita non avviene in modo omogeneo su tutto il territorio abruzzese, come evidenzia il grafico che riportiamo di seguito.

Fonte: Il Credito Bancario in Abruzzo nel 2022 – Aldo Ronci

 

In sostanza ci troviamo di fronte ad una crescita dei finanziamenti relativi a due sole provincie, quella di Teramo e quella di Chieti, concentrata nelle grandi imprese operanti nel settore industriale, mentre le provincie dell’Aquila e Pescara sono ferme o addirittura in calo.

Fonte: Il Credito Bancario in Abruzzo nel 2022 – Aldo Ronci

 

Ulteriore dato da tenere in considerazione, l’incidenza dei prestiti garantiti sul totale impeghi. In Abruzzo questa percentuale è del 9,47%, mentre la media nazionale è del 5,96%.

Fonte: Il Credito Bancario in Abruzzo nel 2022 – Aldo Ronci

 

COSA CI DICONO QUESTI NUMERI?

I numeri rappresentano la concretizzazione dei i timori che da anni stiamo esprimendo, evidenziando a posteriori le conseguenze che avevamo paventato in merito all’abbandono dei territori da parte delle banche.

Quando le banche vanno via, piccole e medie imprese trovano enormi difficoltà a finanziare le loro esigenze, e questo rappresenta un danno irreparabile per il territorio. Aspetto che alle azienda bancarie, che ragionano spesso solo in termini di profitto a breve termine, non interessa. Per le grandi aziende, che hanno invece contatti diretti con le Direzioni Crediti dei grandi istituti, i canali restano aperti.

Il professor Ronci esprime in modo chiaro una preoccupazione: non trovando finanziamenti attraverso i canali ufficiali, le aziende alle prese con problemi di liquidità potrebbero cadere vittime della criminalità organizzata, “grazie alla sua capacità di offrire soluzioni rapide, servizi a basso costo e soprattutto prestiti in denaro, creando pericolosi legami di dipendenza, da parte delle aziende, alle attività di estorsione e usura. In questa maniera si stravolgerebbero e corromperebbero imprese, mercato ed economia”

Parliamo di una questione che dovrebbe suscitare un forte allarme sociale, ma che evidentemente viene – in modo molto colpevole – sottovalutata.

Lo stesso studio del Professor Ronci, nell’evidenziare come l’incremento complessivo del credito in regione risenta dell’ammontare dei finanziamenti garantiti, sembra suggerire implicitamente una possibile strategia per fronteggiare la perdita d’interesse delle banche verso le aziende del nostro territorio.

Una percentuale di finanziamenti garantiti significativamente maggiore rispetto al dato nazionale, può aver reso meno evidente il calo di finanziamenti alle piccole e medie imprese. Quindi potrebbe essere utile creare fondi di garanzia, anche per assicurare il microcredito alle famiglie rendendole meno esposte al rischio di cadere vittime dell’usura.

Tuttavia, anche questo dato è in realtà meno buono di quanto appaia. Sappiamo da un precedente studio dello stesso dr. Ronci che in occasione della pandemia gran parte dei finanziamenti garantiti dallo Stato, finalizzati ad aiutare le aziende a risollevarsi dopo il difficilissimo periodo del lockdown, sono in realtà andati a sostituire finanziamenti preesistenti, con il risultato pratico di scaricare sui contribuenti il rischio di insolvenza, invece di fornire un concreto sostegno all’economia.

Anche provvedimenti in apparenza giusti rischiano, in assenza di adeguati controlli, di rivelarsi inadatti rispetto allo scopo per cui erano stati pensati.

Un’ultima annotazione riguarda l’andamento del credito alle famiglie, apparentemente positivo (+2,81%). In realtà questo dato è nettamente inferiore alla media nazionale (+3,90%) e risente, più che di una maggior attenzione verso le esigenze dei privati, delle opportunità di guadagno rappresentate dai tassi incrementati, che hanno portato le banche a guardare con maggior attenzione la concessione di credito dopo anni in cui l’interesse era stato rivolto verso prodotti capaci di generare commissioni.

Scarica lo studio Il Credito Bancario in Abruzzo nel 2022

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Banche: continua la grande fuga dai nostri territori

 




Rinnovo CCNL ABI: il calendario completo delle assemblee in Abruzzo e Molise

E’ stato completato il calendario delle assemblee di piazza unitarie convocate per la discussione e la votazione della piattaforma per il rinnovo del CCNL ABI.
In alcune banche cercheremo di convocare assemblee aziendali. Le date saranno comunicate agli interessati appena stabilite.
Il calendario è soggetto a variazioni in seguito ad eventuali indisponibilità impreviste delle sedi; provvederemo ad informarvi tempestivamente in caso di modifiche.
ABRUZZO
  • 19/5  Sulmona – Sede UIL
  • 22/5  Pineto – Sala Polifunzionale Largo Fava
  • 23/5  Chieti Scalo – Sala Parrocchiale del SS Crocifisso
  • 6/6    Lanciano – Hotel Villa Medici
  • 7/6    Vasto – Sala Parrocchiale Santa Maria del Sabato Santo
  • 20/6  Pescara – Teatro Giovanni Paolo II
  • 21/6  Teramo – Sala Polifunzionale della Provincia
  • 22/6  Avezzano – Sede Cgil
  • 26/6  L’Aquila – Università Ex San Salvatore
MOLISE
  • 1/6   Campobasso – Sala Parrocchia San Pietro
  • 8/6   Termoli – Sala Curia Vescovile
  • 9/6   Isernia – Parrocchia del Sacro Cuore



Banche: continua la grande fuga dai nostri territori

Puntuale, come tutti gli anni, è arrivata la pubblicazione dei dati della Banca d’Italia relativi alla presenza degli sportelli bancari nei vari territori. E come tutti gli anni lo scenario che ne esce fuori è impietoso per quanto riguarda Abruzzo e Molise. Impietoso e in costante peggioramento.

Il dato che più di tutti dimostra l’abbandono dei nostri territori è quello relativo al numero di Comuni serviti da almeno uno sportello bancario.

NUMERO COMUNI CON ALMENO UNO SPORTELLO BANCARIO 
Tot. 2021 % su tot comuni Tot. 2022 % su tot comuni Differenza % diff.
ITALIA 4.902 62,0% 4.785 60,6% -117 -2,4%
ABRUZZO 132 43,3% 126 41,3% -6 -4,5%
Provincia
AQ 33 30,6% 31 28,7% -2 -6,1%
CH 42 40,4% 38 36,5 -4 -9,5%
PE 25 54,4% 25 54,4 = =
TE 32 68,1% 32 68,1 = =
 
MOLISE 28 20,6% 24 17,6% 4 -14,3%
Provincia  
CB 22 26,2% 18 21,4% 4 -18,2%
IS 6 11,5% 6 11,5% = =
 
dati Banca d’Italia

In Abruzzo in circa 6 comuni su 10 non si trova più una filiale di banca, con punta in Provincia dell’Aquila dove le banche sono assenti in oltre 7 comuni su 10.
Drammatici i numeri del Molise: non esistono banche in oltre 8 comuni su 10, arrivando al dato di Isernia che vede gli abitanti di quasi il 90% dei comuni costretti a spostarsi se vogliono effettuare operazioni bancarie in presenza.

Esaminando l’andamento del fenomeno si scopre che peggiora soprattutto dove era già allarmante: cioè nelle aree interne, in modo particolare nelle provincie di Chieti, L’Aquila e Campobasso. Resta stabile il dato di Isernia in quanto la presenza era comunque già ridotta all’osso.

La chiusura di sportelli nelle aree interne va a colpire soprattutto le fasce più fragili, meno pronte all’utilizzo della tecnologia, come anziani e stranieri, senza contare che in diversi comuni montani la connessione alla rete rappresenta un grosso problema.
Si può pertanto affermare che le scelte delle banche stanno contribuendo in modo concreto allo svuotamento delle aree più economicamente fragili dei nostri territori.

Vediamo nel dettaglio l’andamento delle chiusure di sportelli nelle nostra regioni, suddiviso per provincie.

NUMERO SPORTELLI BANCARI PER PROVINCIA
Totale 2021 Totale 2022 Differenza % diff. Var. a 5 anni
ITALIA 21.650 20.986 -664 -3,1% -23,3
ABRUZZO 444 429 -15 -3,4% -26,9
Provincia
AQ 98 93 -5 -5,1% -29,0%
CH 126 117 -9 -7,1% -27,3%
PE 107 105 -2 -1,9% -25,5%
TE 113 114 +1 +0,9% -26,0%
 
MOLISE 86 81 -5 -5,8% -31,9%
Provincia
CB 67 62 -5 -7,4% -33,3%
IS 19 19 = = -26,9%
dati Banca d’Italia

 

La tabella successiva riguarda l’andamento dell’occupazione nel settore bancario nei nostri territori.

NUMERO DIPENDENTI SETTORE BANCARIO PER PROVINCIA
Totale 2021 Totale 2022 Differenza % diff. Var. a 5 anni
ITALIA 269.779 264.132 -5.647 -2,1% -7,7
ABRUZZO 2.987 2.870 -117 -3,9% -22,1
Provincia
AQ 669 626 -43 -6,4% -19,4%
CH 808 763 -45 -5,6% -29,4%
PE 751 780 +29 3,7% -7,7%
TE 759 702 -57 -7,5% -28,8%
 
MOLISE 518 533 +15 +2,9% -16,2%%
Provincia
CB 412 446 +34 +8,3% -18,6%
IS 106 87 -19 -17,9% -33,1%
dati Banca d’Italia

Leggiamo insieme le due tabelle. La prima ci dice che la percentuale di filiali chiuse in Abruzzo negli ultimi 5 anni è di poco superiore alla media nazionale. La seconda invece rivela che il calo di dipendenti ha una percentuale tripla rispetto al dato nazionale. Come possiamo interpretare questi numeri?

Sono due le motivazioni di questo dato. La prima è il definitivo smantellamento di quello che resta delle vecchie Direzioni Generali delle storiche banche che avevano sede in Abruzzo. La seconda, e più rilevante, è legata al fatto che nel resto d’Italia si chiudono prevalentemente le piccole filiali, quasi sempre poste in centri meno popolosi. In Abruzzo gran parte delle filiali di piccole dimensioni sono state chiuse negli anni scorsi, quindi adesso le chiusure interessano filiali più importanti e con organico più numeroso. E questo rende il dato ancor più preoccupante, soprattutto considerando che l’andamento delle chiusure non accenna a diminuire: nei primi 3 mesi del 2023 (quindi successivamente ai dati che riportiamo) sono state chiuse già 12 filiali in Abruzzo.

In Molise è particolarmente rilevante il dato relativo alle chiusure di sportelli: la percentuale di chiusure ne fa la regione peggiore d’Italia nel quinquennio. Riguardo al calo degli addetti, la percentuale è comunque più che doppia rispetto alla media nazionale, seppur meno pesante rispetto all’Abruzzo.

 

L’ultima tabella che pubblichiamo riguarda l’andamento dei prestiti suddiviso per regioni:

AMMONTARE COMPLESSIVO PRESTITI (DATI IN MILIONI DI €)
Totale 2021 Totale 2022 Differenza % diff. Var. a 5 anni
ITALIA 1.764.668 1.770.873 +6.205 +0,35% -3,6%
ABRUZZO 21.038 21.316 +278 +1,30% -10,1%
 
MOLISE 3.307 3.429 +123 +3,59% -0,46%%
dati Ufficio Studi e Ricerche Fisac Cgil

Complessivamente si rivela un calo a 5 anni dell’ammontare complessivo degli affidamenti concessi, concentrato nel periodo 2019-20 a causa della pandemia, nonostante un recupero nello scorso anno.
In Molise il calo non è eclatante, ma questo dipende dall’ammontare ridotto degli affidamenti, che aveva pochi margini per calare ancora.
Il dato abruzzese fornisce invece la risposta concreta alle affermazioni delle banche, secondo le quali la concessione di credito non è in alcun modo legata alla presenza fisica sul territorio. I numeri dicono il contrario, e cioè che il calo percentuale degli affidamenti concessi in Abruzzo è triplo rispetto al dato nazionale. Andamento che coincide esattamente con il calo degli impiegati nel settore bancario in Abruzzo e che conferma quanto da noi più volte sostenuto: l’abbandono dei territori da parte delle banche contribuisce in modo pesante all’impoverimento delle zone interessate. Oltre ad escludere dai servizi una importante quota della popolazione, comporta anche difficoltà di accesso al credito per famiglie e piccole imprese. Un vuoto nel quale riesce facilmente ad inserirsi l’usura.

Le banche stanno contribuendo a creare un paese spaccato, in cui la differenza tra regioni ricche e povere si allarga a dismisura. Un dato basta a rappresentare questa differenza: al 31/12/22 oltre il 40% di tutte le filiali bancarie è compreso in tre sole regioni: Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Ed è una percentuale destinata a crescere.

Colpisce il fatto che la politica contini ad ignorare totalmente la questione, mostrandosi prontissima ad intervenire quando le banche vanno in affanno, immettendo soldi pubblici per salvarle, ma assai distratta quando si tratta di pretendere il rispetto della Costituzione in materia di tutela del risparmio e controllo del credito.

Ancor più grave l’indifferenza della politica locale. Come Fisac abbiamo più volte provato a sollevare il tema:

Nel convegno del 2022 è stata lanciata la proposta di istituire un Osservatorio Regionale sul Credito, che potesse quantomeno monitorare le chiusure degli sportelli e provare, contando su un congruo preavviso da parte degli Istituti bancari, a pianificare il possibile subentro di altri istituti nei comuni destinati ad essere abbandonati. Per quanto ci riguarda, porteremo avanti questa proposta in collaborazione con l’ANCI Abruzzo.

Purtroppo in queste occasioni abbiamo rilevato la difficoltà di coinvolgere i sindaci che, seppur invitati, sono stati spesso poco presenti, come se battersi per mantenere la presenza delle banche nei singoli Comuni fosse un’attività disdicevole. Salvo poi chiedere la mobilitazione quando i tagli riguardano direttamente i Centri che amministrano, scoprendo che a quel punto non c’è più nulla da fare.

 

Fisac/Cgil Abruzzo Molise




Le parole del Primo Maggio

Vorrei riflettere assieme a voi sul significato di alcune parole.

E la prima parola è “merito”.
Se dico “Bisogna mandare avanti le persone che se lo meritano”, credo che tutti siano d’accordo con me. Attenzione però, perché frasi apparentemente indiscutibili come questa possono nascondere delle trappole. Perché è così che funziona la comunicazione: quando qualcuno cerca di farci digerire qualcosa di inaccettabile, ce la infiocchetta in modo da farla sembrare altro, da farla apparire buona e giusta.
Qual è il significato che molti politici attribuiscono alla parola merito? E attenzione, perché questo non riguarda solo l’attuale maggioranza di governo, ma anche personaggi come Renzi e Calenda.
Se io sono nato in una famiglia ricca, che mi ha fatto studiare nelle scuole migliori, mi ha sostenuto per laurearmi negli Stati Uniti e appena finito gli studi mi ha dato un posto di amministratore delegato nell’azienda di famiglia, vuol dire che me lo merito. Nel nostro paese essere ricchi è un merito; dire che bisogna mandare avanti chi se lo merita diventa quindi un modo per affermare che i posti di potere sono destinati ai ricchi.

All’opposto c’è la parola “colpa”. Se sei povero è colpa tua: non hai voluto impegnarti, non hai voluto “metterti in gioco”. Qual è stato il primo provvedimento del Governo Meloni? L’abolizione del Reddito di Cittadinanza. La guerra ai poveri. E ancora una volta presentandola come un atto giusto, doveroso: la collettività non può farsi carico di chi ha scelto di non lavorare, restando sul divano alla faccia di chi gli paga il sussidio. Peccato che ascoltando le storie delle persone di chi sta ricevendo il sussidio si apprendano storie molto diverse, storie di disperazione.
Torniamo al modo in cui si usano le parole. Come chiamiamo chi non lavora? Prima erano “disoccupati”. Una parola che fa pensare a persone che non lavorano, ma vorrebbero farlo. Ora sono “occupabili”, cioè persone che non lavorano, ma potrebbero farlo. E quindi, in definitiva è colpa loro.
Questo meccanismo della colpa serve a distruggere ogni idea di solidarietà: se sei colpevole della tua situazione, perché dovrei preoccupamene? Ed è un meccanismo che funziona, quindi da utilizzare in altre situazioni. Affoghi cercando di arrivare in Italia? Colpa tua! Come ti è venuto in mente di andartene in crociera quando potevi startene tranquillo a casa tua? Ci sono guerra, fame è siccità? Colpa tua anche per quelle.
Detto per inciso, l’abolizione del reddito di cittadinanza risponde ad un’esigenza pratica: serve a creare schiere di disperati disposti a lavorare per una paga inferiore al sussidio di povertà. Sarà questo che intendono per “mettersi in gioco”?

E continuando a ragionare sulle parole, la prossima è “cultura”. Sapete che cosa ha permesso ai ai figli degli operai di non fossero costretti a fare gli operai? La possibilità di accedere ad una scuola pubblica valida, che consentisse loro di non limitarsi.  
Come spiega Alessandro Barbero, la scuola pubblica aperta a tutti fu un cambiamento davvero rivoluzionario. La possibilità per tutti di accedere al sapere, di crearsi le basi per il pensiero critico, oltre che poter ambire ad incarichi dirigenziali, non è mai stata scontata. Fino all’inizio del secolo scorso si imparava magari a leggere e scrivere, ma poi i bambini si mettevano subito al lavoro in campagna, nelle fabbriche o nelle botteghe artigianali. Quelli che andavano al liceo, o magari all’università, erano una ristretta élite, destinata ovviamente a restare tale. L’idea che una persona potesse dedicarsi esclusivamente allo studio per una parte sua vita, durante la  quale si fa carico di lui la società e la famiglia, ha prodotto un cambiamento radicale della società. Un cambiamento che, ovviamente, le élite non hanno gradito. L’attacco alla scuola, alla cultura, non sono fatti nuovi, e sono abbastanza trasversali. Ricordo, oltre 20 anni fa, la “Scuola delle tre i” di Berlusconi: informatica, inglese impresa”. Una scuola pensata per produrre venditori. Poi è arrivata l’alternanza scuola-lavoro di Renzi, e anche quella è stata accettata per il modo in cui ce l’hanno presentata: in fondo cosa c’è di male nel cominciare ad inserire i ragazzi nel mondo del lavoro? C’è di male la visione che quella scelta nasconde. La visione di una scuola in cui il tempo speso sui libri è tempo sottratto alla produzione, vero dovere di ogni cittadino. All’alternanza scuola lavoro devo riconoscere almeno una certa coerenza: i ragazzi capiscono da subito cosa significa lavorare senza essere pagati, sperimentando tutti i problemi del mondo del lavoro. Compreso quello, drammatico, delle morti causate da inosservanza delle norme sulla sicurezza.
Poi è arrivato il governo in carica, che dichiara di disprezzare i licei ed invita i ragazzi a riscoprire il piacere di lavorare la campagna, di imparare un mestiere, di frequentare le scuole professionali. Sarebbe interessante sapere quanti parlamentari mandano i figli a lavorare in campagna.
È arrivata la proposta del ”Liceo del Made in Italy”. Provo a immaginare cosa dovrebbe insegnare: “Come lavorare sottopagati e vivere felici”.
L’attacco alla cultura, allo studio, è l’arma più subdola e pericolosa di un conflitto di classe nella quale chi ha il potere vuole mantenerlo, impedendo gli altri di insidiarglielo.
Quanto al senso delle parole, la parola “cultura” assume un significato negativo se riferita a persone che puntano a studiare per migliorare la loro condizione sociale, ma diventa un valore, inteso come valore commerciale quando si trasforma in una merce, un qualcosa da vendere da parte di chi non ha neanche gli strumenti per capirla. Tanto da trasformare la Venere del Botticelli in un’influencer, e farci ridere dietro da tutto il mondo. Anzi, da tutto il globo terracqueo.

Altra parola di cui si fa un uso distorto è la parola “pace”. Anche qui, tutti vogliamo la pace, chi si dichiara a favore della guerra? E tutti pensiamo che chi è più debole debba essere aiutato a difendersi dai forti, dai prepotenti. Quindi difendere l’aggressore contro l’aggredito. Certo, questa distinzione non è sempre così netta, anche se chi ci racconta queste cose fa una differenza netta tra buoni e cattivi, che esiste solo nelle favole e mai nella realtà. E comunque non siamo stati così attenti a distinguere tra aggressore e aggredito quando siamo stati noi ad ad aggredire la Libia, la Serbia, l’Iraq…. Potremmo essere portati a pensare male, che anche in questo caso la storia di aggressore e aggredito sia il racconto di una bella storia che nasconde altri interessi, ma non divaghiamo.
Tutti vogliamo la pace, anche se personalmente faccio fatica a capire come si possa ottenere la pace che si dovrebbe ottenere esportando carri armati e missili in uno scenario guerra.
Per fortuna è una guerra che non stiamo vivendo in modo diretto, ma anche in Italia esistono persone che la combattono, e subiscono perdite. Mi riferisco alle lavoratrici e ai lavoratori.
Se ci pensate, la guerra ha fruttato grosse occasioni di guadagno ad alcune grandi aziende. Pensiamo ai rincari stratosferici di gas e petrolio, che poi si sono rivelati più speculativi che dovuti ad una reale carenza. Pensiamo al rialzo improvviso dei tassi, che ha permesso alle banche di ottenere utili a 9 zeri. Pensiamo a tutte le attività che hanno gonfiato prezzi ed incassi, spesso in modo non giustificato. E poi pensiamo agli stipendi che sono rimasti uguali.
Solita frase ad effetto del Governo: “bisogna arrestare la spirale inflazionistica”. Bravi, giusto. E come si fa? Si cerca di arginare gli aumenti speculativi? No: bisogna fare in modo che gli stipendi non crescano. Cioè, alla fine della storia la colpa dell’aumento dell’inflazione è di quegli avidi dei lavoratori, che pretendono di continuare a mangiare tutti i giorni, e magari di scaldarsi pure.

Sono tutti fatti dei quali non abbiamo forse percepito appieno la gravità. Ce li hanno fatti digerire come giusti, inevitabili, e intanto la differenza tra i pochi che hanno tanto e i tanti che hanno poco aumenta.

Perché l’Italia è una Repubblica Democratica fondata sul lavoro? Perché per parlare di democrazia, di diritti, bisogna prima di tutto essere liberi. Come può considerarsi libera una persona che lavora tutto il giorno per percepire uno stipendio inadeguato, e se si ammala deve scegliere tra fare la spesa e curarsi? Come si può definire libero chi non può comprarsi una casa, perché oggi lavora e tra tre mesi chissà? Per questo il lavoro è un valore fondante: perché è il mezzo che permette di essere liberi, di realizzarsi come persona. E questa è l’ultima delle parole che voglio analizzare con voi. La parola “Lavoro”.  Alla quale evidentemente la Costituzione attribuiva un valore estremamente diverso da quello che in tanti vivono sulla loro pelle ogni giorno.

Intervento di Luca Copersini, Segretario Generale Fisac Abruzzo Molise alla celebrazione del Primo Maggio a Paganica (AQ)



Bper Centro Est. FOL, ovvero come sguarnire i territori e vivere infelici

Nei giorni scorsi numerosi colleghi sono stati chiamati per notificargli il trasferimento nelle nascenti Filiali On Line (FOL) dell’Aquila, di Ancona e nella già esistente Filiale di Chieti.

Sono molteplici i motivi di preoccupazione legati a quest’operazione.

I trasferimenti sono stati disposti senza tener conto delle preferenze, delle esperienze, delle esigenze familiari e personali delle persone coinvolte.
Perché non è stato aperto un job posting?
E’ forte la sensazione di una totale discrezionalità degli Area Manager, i quali notoriamente non hanno tra le priorità quella di ascoltare e motivare i lavoratori.

Nonostante proprio in questi giorni stia avvenendo la chiusura di diversi sportelli, si è deciso di sguarnire le filiali che restano, suscitando non pochi dubbi sull’affidabilità della Bper quando sciorina i suoi dati. Fino al 31/12/22 gli organici (da noi ritenuti quantomeno risicati) venivano considerati adeguati dagli infallibili algoritmi aziendali. Oggi scopriamo che avanzavano decine di persone…
Cos’è cambiato in questi tre mesi?

Conseguenza immediata di questo svuotamento al quale – possiamo scommetterci – non seguirà un ridimensionamento degli obiettivi commerciali delle filiali sguarnite, sarà un netto peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro di chi dovrà sopperire ai tagli, e che si troverà a subire pressioni anche maggiori da parte di chi, posto di fronte alle accresciute difficoltà, non troverà niente di meglio che rispondere: “Non voglio sentire scuse.”
Conseguenza differita sarà, prevedibilmente, un’ulteriore serie di chiusure di filiali nelle nostre Regioni. Sono eclatanti i casi dell’Abruzzo e del Molise nelle quali, è bene ricordarlo, a fronte di una cinquantina di colleghi usciti dal lavoro per effetto del piano industriale ancora in corso, si contano sulle dita di una sola mano gli assunti che effettivamente operano nei territori che si stanno svuotando.

Non possiamo sottovalutare il fenomeno a cui stiamo assistendo: in diversi casi, i colleghi individuati per popolare le FOL sembrerebbero quelli considerati, a torto o a ragione, come meno performanti dal punto di vista commerciale. Questo ha fatto sì che, per molti di loro, il trasferimento sia stato vissuto in modo estremamente negativo, con buona pace di quanto previsto dall’accordo nazionale sulle politiche commerciali: ”il mancato raggiungimento degli obiettivi quantitativi commerciali non costituisce motivazione per l’assegnazione a ruoli differenti o trasferimenti”.
Ogni lavoro ha una sua dignità e merita il massimo rispetto; appare tuttavia innegabile che lavorare all’interno di un contact center, se da un lato consentirà di acquisire nuove competenze, per i colleghi interessati significherà comunque disperdere il patrimonio di conoscenze ed esperienza accumulato in tanti anni di filiale.

Ricapitolando: si riduce drasticamente la presenza della Bper in Abruzzo, Marche e Molise, e nel frattempo si dequalifica il lavoro di chi resta, affidandogli mansioni meno stimolanti o gratificanti.

Si dirà che questo è il futuro del lavoro di bancario, ma non possiamo fare a meno di notare che è un futuro basato solo sul desiderio di accrescere a dismisura il guadagno del management aziendale e degli azionisti – che nel 2023 vedranno raddoppiare il loro dividendo – senza riconoscere nulla alle persone che quei guadagni li hanno prodotti, che anzi vengono sminuite, e magari vendute al miglior offerente (come la banca sembra intenzionata a fare per i colleghi di BCM e del Credito Anomalo).

Possiamo assicurare ai colleghi che faremo fino in fondo il nostro dovere, chiedendo con forza quanto segue:

  • Rispetto degli accordi in materia di part-time per i colleghi trasferiti nelle FOL e nelle filiali con organici ridimensionati. Gli accordi individuali dovranno essere rinnovati alla scadenza e i turni di lavoro predisposti nel pieno rispetto delle esigenze personali e familiari degli interessati.
  • Possibilità, per coloro che ne faranno richiesta, di accedere allo smart working, che dovrà essere svolto nel rispetto di tutte le previsioni del CCNL.
  • Rispetto tassativo delle normative in materia di controllo a distanza e di pressioni commerciali, sia nelle FOL che nelle filiali tradizionali.

Ai colleghi interessati diciamo: coinvolgeteci! Ragioneremo insieme sulle esigenze personali e professionali, vi assisteremo nel percorso formativo, vi accompagneremo nel nuovo lavoro che ha vantaggi e svantaggi, fino all’eventuale richiesta di uscire dalle FOL.

Dalla Bper gradiremmo un minimo di coerenza: viste le logiche che animano le scelte aziendali, sarebbe il caso che i suoi rappresentanti nelle nostre Regioni evitassero di parlare di banca vicina al territorio.
Se davvero Bper è una banca vicina al territorio, lo è per territori diversi dai nostri.

22 marzo 2023

 

Le RSA della Fisac CGIL del Comitato Territoriale Centro Est




Intesa Sanpaolo: il calendario delle assemblee

Nei prossimi giorni si svolgeranno in tutto il territorio nazionale le assemblee dei dipendenti del Gruppo Intesa. Oggetto delle assemblee sarà l’illustrazione delle situazione politico sindacale del Gruppo ISP.

Di seguito riportiamo le date delle assemblee programmate, tutte previste durante l’orario di lavoro pomeridiano (dalle ore 14.40 alle 16.55). Le date potrebbero essere soggette a variazioni in caso di improvvisa indisponibilità delle sedi previste. Nell’elenco riportiamo le location già stabilite, riservandoci di aggiornarlo progressivamente.

  • 2/3    Pescara e provincia  (Montesilvano – Grand Hotel Adriatico)
  • 6/3    Chieti e provincia  (Brecciarola – Ristorante New Gilda)
  • 7/3    Teramo e provincia (Teramo – Auditorium IIS Alessandrini Marino, Via Marino 12)
  • 10/3  L’Aquila (San Vittorino – Albergo La Compagnia del Viaggiatore – Spapizar
  • 13/3  Lanciano e limitrofe  (Rocca San Giovanni – Hotel Villa Medici)
  • 14/3  Avezzano e Carsoli (Avezzano – Filiale Via Nazario Sauro 58)
  • 14/3  Isernia
  • 20/3  Vasto e limitrofe
  • 20/3  Campobasso
  • 21/3  Sulmona e Popoli (Sulmona – Filiale Piazza XX Settembre 6)
  • 22/3  Castel di Sangro (Filiale Piazza Teofilo Patini 1/3)

 




Banca Popolare di Bari: il calendario delle assemblee

Nei prossimi giorni si svolgerà una tornata di assemblee unitarie rivolte ai lavoratori di PBP finalizzate ad illustrare ai Lavoratori la situazione aziendale e le connesse iniziative sindacali.

Questo il calendario delle assemblee programmate, che avranno luogo durante l’orario pomeridiano (dalle 14.30 alle 16.45:

  • 2 marzo Province di Ascoli Piceno e Teramo (Val Vibrata) c/o Filiale di Garrufo di Sant’Omero
  • 3 marzo Provincia di Teramo (Costa Sud) c/o Filiale di Giulianova Paese
  • 8 marzo Provincia dell’Aquila, Regioni Marche Molise, Emilia Romagna in videoconferenza
  • 9 marzo Province di Chieti e Pescara c/o Filiale di Pescara Sede
  • 10 marzo Provincia di Teramo (Direzione generale e Filiali) presso Direzione di Teramo – Sala Rossa

Per ulteriori informazioni vi invitiamo a rivolgervi ai vostri rappresentanti Fisac Cgil.




La guerra Russia-Ucraina spiegata semplice. Il 24 e il 25 anche in Abruzzo in piazza per dire basta!

ll 24 febbraio ricorre il primo anno dall’attacco russo all’Ucraina. Dire che la guerra sia iniziata allora sarebbe un falso storico: in effetti la guerra del Donbass , che ha opposto il Governo Ucraino alle regioni separatiste russofone, ha avuto inizio nel 2014, fornendo a Putin il pretesto per il successivo attacco all’Ucraina.

Fino a un anno fa non ci siamo interessati più di tanto al conflitto, considerandolo come una delle tante guerre regionali di cui parlano ogni tanto i TG. Quando la Russia ha attaccato, tutta la Nato si è mobilitata a difesa dell’Ucraina. In realtà la guerra è stata sfruttata dagli Stati Uniti come un modo per indebolire la Russia (e la stessa Unione Europea), facendo combattere – e soprattutto morire – altri, sacrificandoli per raggiungere i propri scopi. Il fatto che la Russia sia alleata con la Cina, e che i Russi dispongano di armi atomiche che probabilmente userebbero se messi alle strette, dà a questo conflitto una luce a dir poco inquietante.

L’atteggiamento dei nostri governi, Draghi prima e Meloni poi, è stato a dir poco ipocrita e reticente.

Da subito sulla qualità e quantità delle armi inviate in Ucraina è stato posto il segreto di Stato. All’inizio si parlo di inviare soltanto armi non letali (già da allora era evidente che non ce la stessero contando giusta). Dopo solo una settimana Draghi ci ripensò, decidendo di inviare mitragliatrici e missili, comunque a corto raggio e da usare solo a scopi difensivi. Progressivamente si è passati all’invio di mezzi pesanti, di missili a lungo raggio (perché non basta difendersi, bisogna contrattaccare) ed ora, con il governo Meloni, abbiamo condiviso la scelta di inviare carri armati di ultima generazione, pur non potendo partecipare direttamente perché, per fortuna, non ne abbiamo.

Ogni volta che abbiamo contribuito ad incrementare la qualità e la quantità di armi inviate, la Russia si è adeguata potenziando gli armamenti e le truppe utilizzati sul campo di battaglia. Ogni nuovo invio di armi ha comportato un aumento di morti nella popolazione civile Ucraina, senza incidere sulle sorti del conflitto, che resta in una situazione di sostanziale stallo. A guadagnarci sono stati solo i fabbricanti e i venditori di armi.

Cosa succederà adesso? Zelensky continua a chiedere armi sempre più potenti, non accontentandosi dei carri armati ma chiedendo l’invio di aerei da guerra. Giorgia Meloni ha già dato segnali di disponibilità in tal senso, segnando un ulteriore salto di qualità nel conflitto e spingendo i Russi ad aumentare a loro volta il volume di fuoco, causando la morte di altri innocenti.

E dopo? Il nostro governo, i governi europei, la NATO, si sono posti un limite da non oltrepassare? Cosa succederà se Zelensky chiederà l’invio di truppe?

Una simile richiesta, se accolta, sarebbe a tutti gli effetti l’inizio della terza guerra mondiale. Ed è uno scenario da evitare a tutti i costi.

Ma se – come tutti speriamo – si ritenga questo limite come il punto da non superare, e quindi una eventuale richiesta di truppe sarebbe destinata ad essere ignorata, allora che senso ha avuto tutto questo? Che senso ha avuto la morte di migliaia di Ucraini in più se arrivati ad un certo punto si dirà loro: “Da ora in poi arrangiatevi, noi non andiamo oltre”?
Non sarebbe stato più sensato percorrere da subito la via del negoziato, che resta l’unica alternativa ad un conflitto che altrimenti si allargherà sempre di più?

Questa follia va fermata. E possiamo farlo facendo crescere l’ostilità degli Italiani verso la guerra, facendo sentire con forza la nostra voce. E ognuno di noi ha il dovere di fare la sua parte.

Per questo motivo è importante esserci il 24 e il 25 febbraio, partecipando alle manifestazioni che si svolgeranno in tutta Italia. Insieme, per far sentire con forza la nostra voce.

Per l’Abruzzo gli appuntamenti sono:

  • Pescara, 24 febbraio ore 18.00 Piazza Sacro Cuore (e non alle 17.30 come inizialmente previsto)
  • L’Aquila, 24 febbraio ore 18.30 Piazza Regina Margherita
  • Sulmona, 25 febbraio ore 11.00 Fontana Del Vecchio – Corso Ovidio