I furbetti dell’inflazione: così le banche hanno quasi raddoppiato i profitti grazie ai nostri soldi

Liquidità a costo zero grazie ai nostri conti corrente e maggiori rendimenti dovuti a inflazione e aumento del costo del denaro: è boom di extraprofitti, nel settore bancario, non redistribuiti quasi mai tra i risparmiatori. 


Un incendio con un estintore sempre meno efficiente. Si può riassumere così l’aumento dei prezzi che la BCE prova ormai, da oltre un anno, ad attenuare tramite l’aumento dei tassi di interesse. E l’inflazione, parola che ormai avevamo relegato ai ricordi del secolo scorso, è ormai entrata a far parte prepotentemente delle nostre vite. Ce ne rendiamo conto quando andiamo al supermercato o proviamo a sottoscrivere un mutuo o un finanziamento. O quando sospiriamo davanti al conto di un ristorante o di una bolletta, magari arretrata.

Ma per qualcuno l’aumento dei prezzi è stato finora un affare. E se a lungo si è parlato degli extra-profitti dei colossi dell’energia, l’evidenza è che gli utili delle banche, l’anno scorso, sono letteralmente volati. Come? Facendo affari con i nostri risparmi e remunerandoci infinitamente meno di quanto incassato.

I mega-profitti delle banche italiane

A fare luce sui mega-profitti delle banche italiane ci ha pensato ultimamente uno studio della Fisac-Cgil che ha preso in considerazione i sette maggiori gruppi bancari italiani nel corso del 2022. Il loro utili si sono attestati su 13,3 miliardi di euro: l’aumento rispetto al 2021 è del +60,5%. Lo studio evidenzia come questa crescita sia trainata essenzialmente dall’aumento dei margini di interesse (che comprendono i nostri finanziamenti e i nostri mutui) e dai risultati finanziari degli investimenti effettuati. Il tutto mentre i costi rimangono tutto sommato stabili.

La congiuntura determinata da inflazione e costo del denaro ha generato per le banche forti utili. Abbiamo calcolato, solo guardando ai primi cinque grandi gruppi, che, considerando le operazioni di buyback (riacquisti di azioni proprie ndr), dopo il cambio di politica della Bce post pandemia, la remunerazione totale per gli azionisti, sia diretta che indiretta, è risulta essere pari ad oltre 10,5 miliardi di euro. Per l’intero settore parliamo di più del doppio. Si tratta di una ricchezza che va assolutamente redistribuita, a partire dalle lavoratrici e dai lavoratori del sistema bancario, e messa a disposizione per gli investimenti a sostegno del sistema paese” sottolinea Susy Esposito, segretaria di Fisac Cgil.

Come si vede gran parte degli utili (circa il 24,5%) sono stati divisi poi con gli azionisti in forma di dividendi: anche in questo caso la remunerazione è stata alta (+46,5%) rispetto al 2021. Quelli che non vedono un euro (o ne vedono molto pochi) sono ovviamente i correntisti e i dipendenti. Se infatti gli utili sono previsti in crescita anche nei prossimi anni, la stessa cosa non si può dire per quello che riguarda i lavoratori del settore.

Il settore bancario è infatti uno di quelli più sottoposto a dinamiche di automazione e digitalizzazione. Tradotto: i dipendenti si sono già ridotti e, tra prepensionamenti e piani di ristrutturazione, tenderanno a assottigliarsi sempre più. E  se gli utili non finiscono nelle tasche dei lavoratori e dei correntisti, finiscono indubbiamente nelle tasche dei manager: un CEO guadagna oggi in media come 86 lavoratori del settore. I due top manager di Intesa San Paolo e Unicredit guadagnano qualcosa come 7 milioni e mezzo di euro l’anno.

Ma al di là di tutto questo, la vera domanda è: perché l’inflazione ha favorito i profitti bancari? E cosa c’entrano i nostri risparmi?

Come nascono gli extraprofitti delle banche e cosa c’entra l’inflazione

Il presupposto è che la maggior parte della ricchezza degli italiani è ancora accumulata nel patrimonio immobiliare e nei conti correnti. Nei primi mesi del 2022, i soldi depositati dagli italiani nei conti correnti sfioravano i 1159 miliardi di euro. Parliamo di soldi raccolti dalle banche a costo zero che non fruttano praticamente nulla ai correntisti. E che, in un momento di rialzo dell’inflazione e dei tassi diventano uno strumento importantissimo di profitto.

“L’aumento degli utili delle banche è legato all’aumento dei tassi di interesse: da un lato i prestiti per le imprese e le famiglie sono diventati più onerosi, dall’altro lato una parte importante della raccolta bancaria non ha registrato aumenti significativi – osserva Paolo Canofari, professore Associato in Politica Economica presso il Dipartimento di Scienze Economiche e Sociali dell’Università Politecnica delle Marche – È inutile osservare che nessuno di fatto va a contrattare nuove condizioni sui conti deposito o conti corrente. Di fatto gran parte della raccolta è rimasta a costo zero a fronte di rendimenti crescenti. Le banche lucrerebbero di meno se gli aumenti andassero di pari passo al costo della raccolta, ma quest’ultimo è aumentato di pochissimo. Del resto i titoli bancari stanno andando da tempo molto bene: è un simbolo della loro attrattività dal punto di vista dei profitti”.

Per rendersi conto di cosa stiamo parlando è sufficiente dare uno sguardo al grafico sotto. Il tasso di interesse dei conti corrente nominali è praticamente negativo se si considerano le spese di gestione. La remunerazione dei conti deposito aumenta, ma si mantiene su cifre abbastanza basse rispetto a quelli applicati sui finanziamenti.

Come si vede chiaramente il tasso di interesse medio chiesto per i finanziamenti (come i mutui o l’acquisto di un’auto) è nettamente superiore a quello offerto come rendimento sui conti deposito. Parliamo di un prodotto finanziario dove mettere da parte somme di denaro (vincolate o meno) con margini di redditività superiore a un comune conto corrente, ma soggetto a un numero di operazioni molto più limitato. Del resto, se è evidente che le banche offrono una serie di prodotti finanziari a rendimenti maggiori, sono ancora oggi i conti correnti e i conti deposito le destinazioni principali dove gli italiani depositano i loro risparmi.

E, al di là degli investimenti più rischiosi e dei finanziamenti, le banche possono utilizzare i soldi dei correntisti in molte operazioni a rischio zero. Potrebbero, in casi limite ad esempio, depositare in maniera “safe” i propri depositi presso la banca centrale, senza rischiare nulla. Il deposit facility rate della BCE ha raggiunto, al momento, il 3,5% di interessi. Ma le opzioni sono molto variegate.

“Le banche possono acquisire anche titoli di stato, per esempio italiani, e avere nel decennale un business del 4/ 5%. Più la Bce alza i tassi più i nuovi titoli diventano redditizi. Parliamo sempre di operazioni a redditività non elevata, ma che possono comunque fruttare se lo confrontiamo con la raccolta a costo zero proveniente dai correntisti” osserva Paolo Canofari.

Il caso della Sylicon Valley Bank e chi prova a “rompere le righe”

Quindi l’inflazione e il rialzo dei tassi è sempre buono per il sistema bancario? Non sempre, come la vicenda della Silycon Valley Bank ci ha dimostrato. Una crisi legata essenzialmente al fatto che, oltre alle difficoltà di tutto il settore tecnologico del post-pandemia, la banca aveva investito in obbligazioni e titoli di stato che si sono svalutati con l’aumento dei tassi di interesse deciso dalla Fed.

Il punto è stato quello di non diversificare gli investimenti e in questo contesto, la consueta “prudenza”, attribuita al sistema bancario italiano potrebbe rivelarsi un punto di forza come osserva Paolo Canofari: “È sostanzialmente un problema di diversificazione degli investimenti, è chiaro che se nella ‘pancia’ hai solo titoli il rischio è più elevato. Le banche italiane non corrono, a mio avviso, questo rischio”. Ma la gallina dalle uova d’oro costituita dagli alti tassi non può durare all’infinito: “In generale l’aumento dei tassi può generare sul lungo periodo instabilità finanziaria. Non sappiamo per quanto la BCE aumenterà i tassi, ma non potrà certo all’infinito. Se un domani le imprese o i risparmiatori non riuscissero a pagare più i finanziamenti si innescherebbe una spirale recessiva che colpirebbe anche gli istituti di credito. Sul lungo termine, sia l’inflazione, sia l’aumento del costo del denaro, non conviene a nessuno” conclude Canofari.

Per il momento però conviene ancora, e come spesso accade, conviene alla fascia più ricca del Paese: “La remunerazione dei depositi non sta andando sicuramente di pari passo con l’andamento dell’inflazione – osserva Susy Esposito, segretaria generale di Fisac Cgil – d’altronde la stessa raccolta si sta restringendo, anche in ragione di questo disallineamento. La verità è che le persone stanno perdendo potere di acquisto, mentre le banche stanno generando attivi perché c’è quella parte di patrimonio di ricchezze concentrate che si difende dall’inflazione. Essendo il nostro un paese diseguale, i ricchi e i ricchissimi garantiscono utili alle banche attraverso la gestione del loro patrimonio”

E il punto è che sembra esserci una sorta di cartello tra le grandi banche italiane per la concessione di tassi di interesse, mutui e finanziamenti: una dinamica evidenziata da uno studio di Unimpresa. E a provare a sparigliare le carte ci sono le nuove banche on-line. Un segmento momentaneamente marginale, ma destinato a crescere rapidamente, anche grazie a una redistribuzione degli utili più equa e un rendimento maggiore dei tassi di interesse.

Del resto basta confrontare le migliori offerte sui conti deposito on-line per trovarci di fronte a una platea di istituti giovani che operano quasi esclusivamente nel digitale come: Illimity bank, Cherry Bank, Banca Progetto, Banca Aidexa e molti altri. In molti di questi casi i rendimenti si attestano sul 4% annuo con una remunerazione per i correntisti maggiormente adeguata ai profitti. Segno che il digitale potrebbe portare dei sostanziali cambiamenti anche in uno dei settori, da sempre, più restio alla concorrenza e al cambiamento.

 

Fonte: Today.it




Fringe Benefit e mutui, il “decreto lavoro” non risolve il problema, ma non è finita…

Fringe benefit: riassunto delle puntate precedenti

 

Come illustrato in precedenti note Fisac, il progressivo rialzo dei tassi BCE da un anno a questa parte sta procurando seri problemi a molte lavoratrici e molti lavoratori beneficiari di prestiti o mutui agevolati, erogati a tassi di interesse ridotti.

In estrema sintesi, la norma del Tuir prevede che, nel momento in cui l’ammontare di beni o servizi riconducibili a fringe benefit (buoni spesa, buoni benzina, fabbricati concessi in locazione, ecc. e, appunto, prestiti e mutui agevolati) superi la soglia di 258,23 euro (equivalenti a 500.000 lire), allora tutto il valore dei beni o servizi erogati dal datore di lavoro diviene imponibile IRPEF, senza applicazione di franchigia.

Non diventa, dunque, tassabile solo la quota eccedente i 258,23 euro, ma l’intero ammontare erogato: prestiti e mutui concessi a condizioni di favore, infatti, entrano nell’imponibile IRPEF su cui pagare le imposte azzerando i vantaggi generati dalla normativa vigente in tema di fringe benefit. Per tali compensi non in denaro, peraltro, per il solo 2022 (con specifica disposizione contenuta nel cd. Decreto ‘Aiuti-bis’) era stata innalzata la soglia di esenzione fiscale fino a 3.000 euro, evitando a tanti – ma non a tutti – il superamento della soglia e l’assoggettamento a IRPEF e contributi del benefit.

Ricordiamo che per calcolare il valore equivalente al benefit derivante dalla concessione di prestiti agevolati, è necessario prendere in considerazione il Tasso sulle operazioni di finanziamento principali vigente a fine anno che, come noto, rappresenta il tasso di interesse che la BCE applica per la concessione di prestiti agli operatori del sistema bancario: ferme restando le eccezioni previste dalla norma, l’importo del fringe benefit da calcolare ai fini IRPEF è pari al 50% della differenza tra il valore degli interessi effettivamente pagati in base al tasso applicato al mutuo/prestito agevolato e quelli calcolati prendendo a riferimento il tasso BCE a fine anno.

Non a caso la FISAC, assieme alla CGIL nazionale, aveva elaborato e avanzato emendamenti al Disegno di legge di Bilancio 2023 per correggere strutturalmente tale stortura fiscale. Purtroppo, senza successo.

Con il Decreto-legge n. 48 del 4 maggio 2023 (il cosiddetto ‘Decreto lavoro’) è stata reintrodotta dal Governo la soglia di detassazione a 3.000 euro dei fringe benefit, ma con la forte condizionalità che tale esenzione si applichi esclusivamente a lavoratrici e lavoratori con figli.

IL ‘DECRETO LAVORO’: SOGLIA A 3.000 EURO SOLO PER CHI HA FIGLI

Nella seduta di giovedì 29 giugno, la Camera dei Deputati ha approvato definitivamente – con 154 voti favorevoli e 82 contrari – il Disegno di legge S. 685 di “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48, recante misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro”. Tra le principali novità: cambiano alcune norme dell’assegno di inclusione; si prefigura il superamento del reddito di cittadinanza; peggiorano le regole dei contratti a termine e dei contratti in somministrazione; si proroga lo smart workingper categorie fragili e genitori, con ulteriori limiti per la P.A.; si prevedono bonus le imprese; si modifica temporaneamente la normativa fiscale per i fringe benefit.

Come sostenuto dalla CGIL – in una Nota dettagliata e anche in sede di Audizione Parlamentare – il provvedimento in questione, nonostante la presentazione mediatica che ha preceduto la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, non risponde alle esigenze che il mondo del lavoro ha espresso in questi mesi. Insieme a norme che peggioreranno le condizioni economiche e normative delle fasce più deboli, a partire da chi è in povertà assoluta, ritroviamo delle risposte parziali alle nostre piattaforme unitarie, a partire da quella sul fisco. Difatti, si reputa assolutamente insufficiente l’intervento una tantum sul taglio del cuneo, alla luce del forte impatto che l’inflazione sta provocando sul lavoro dipendente, soprattutto se lo si contrappone all’incremento dei salari. Anche dalla discussione parlamentare durante l’iter del disegno di legge emerge una evidente volontà della maggioranza di Governo di superare il reddito di cittadinanza come strumento universale, nonché di incremento delle misure di precarizzazione dei rapporti di lavoro.

Nello specifico, l’Articolo 40 della Legge di conversione del ‘Decreto lavoro’ ha previsto il finanziamento di 142 milioni di euro nel corso del 2023 per innalzare fino a 3.000 euro la soglia di esenzione fiscale dei fringe benefit aziendali per tutti i dipendenti (esclusi i pubblici) beneficiari, per contrattazione collettiva o per normative di aziende/gruppi, di prestiti o mutui agevolati, purché abbiamo uno o più figli, anche nati fuori dal matrimonio o adottivi.

Anche in questa circostanza, come anticipato con Nota alle strutture del 21 giugno 2023, in raccordo con la CGIL nazionale, sono stati presentati degli emendamenti al Ddl S. 685 relativi al tema dei fringe benefits per innalzare la soglia non tassabile, nonché per il mantenimento del tasso di riferimento all’anno della stipula o della rinegoziazione del prestito, così come richiesto anche da tutte le OO.SS. e ABI con Lettera del 27 aprile scorso.

EMENDAMENTI RESPINTI MA ORDINI DEL GIORNO ACCETTATI

Purtroppo, gli emendamenti proposti dalla FISAC e dalla CGIL sul tema sono stati respinti. L’assenza di dialogo da parte del Governo e della maggioranza parlamentare non hanno permesso di discutere dei possibili aggiustamenti e di introdurre, quindi, elementi di equità e sostenibilità della misura in questione.

Tuttavia, la nostra determinazione, unita alla ragionevolezza delle modifiche avanzate, ha portato ad accettare due Ordini del giorno al Senato (rispettivamente, n. G/685/5/10-t.2 e n. G40.100) che impegnano il Governo rispettivamente a:

  • “valutare la possibilità di adottare ogni intervento necessario volto ad estendere l’aumento della misura di cui all’articolo 40 del decreto-legge a tutti i dipendenti”.
  • “ad adottare ogni iniziativa necessaria ad interviene sull’articolo 51, comma 4, lettera b), del TUIR stabilendo che in caso di concessione di mutui a tasso fisso il criterio di valorizzazione del fringe benefit in capo ai dipendenti si assume pari al 50 per cento della differenza tra l’importo degli interessi calcolato al tasso ufficiale di riferimento vigente alla data di scadenza di ciascuna rata o, per i prestiti a tasso fisso, alla data di concessione del prestito e l’importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi”.

PROSSIME PUNTATE

Come detto, la nostra Organizzazione resterà impegnata a verificare e monitorare tutte le situazioni in cui si è determinato o possa determinarsi uno svantaggio per effetto dell’innalzamento dei tassi o di altre variabili legate ai fringe benefit che comportano un aggravio fiscale.

Ribadiremo e riproporremo nel confronto col Governo e con il Parlamento la modifica del Tuir per risolvere definitivamente il problema dell’aggravio fiscale sui mutui e i prestiti in fringe benefit.

Restiamo a disposizione per qualsiasi chiarimento e continueremo a presidiare il tema, anche in relazione al confronto con le associazioni datoriali.

Roma, 4 luglio 2023

 

La Segreteria Nazionale

Scarica la nota completa.

 

Leggi anche:

Fisac Cgil: intervenire su Fringe Benefit, salasso in busta paga per bancari

 




BCC: contratto integrativo di gruppo Cassa Centrale Banca

Nella tarda serata di giovedì 1 giugno u.s. è stato sottoscritto con Cassa Centrale Banca un accordo che rappresenta il primo, importante, passo per la complessiva definizione del contratto integrativo di gruppo.


Alle lavoratrici e ai lavoratori del Gruppo Bancario CCB


 

Nella tarda serata di ieri si è pervenuti alla sottoscrizione di quanto segue:

  1. Accordo per definizione del Valore di Produttività Aziendale per le CRA/BCC/RAIKA del Gruppo Bancario CCB e per le Società di Sistema del Gruppo Bancario Cooperativo, con riferimento all’esercizio 2023, da erogarsi nel 2024.
    Ricordiamo che, per le erogazioni a titolo Premio di Risultato relativi all’esercizio 2022 (da erogarsi nel 2023),si farà riferimento agli accordi già in essere.
    E’ previsto che Il premio sarà erogato entro il mese di settembre; in caso di conversione del premio in quote welfare o versamento al fondo pensione, verrà garantita una maggiorazione del 15%;
  2. Prima parte del Contratto Integrativo di Gruppo, avente ad oggetto i seguenti argomenti:a) PRESTAZIONI SANITARIE AGGIUNTIVE DI GRUPPO:
    Nel condividere la necessità di rafforzare gli strumenti di welfare sanitario a favore dei dipendenti, è stato introdotto un contributo aggiuntivo, rispetto a quanto già previsto dal CCNL, nella misura complessiva pari allo 0,65% della retribuzione imponibile, di cui lo 0,50% a carico azienda e lo 0,15% a carico del lavoratore, a partire dal 1° gennaio 2024;

    b) TICKET PASTO:
    La misura minima del tiket pasto, per tutti i dipendenti del Gruppo Bancario Cooperativo, è pari ad euro 8,00 con decorrenza 01.10.2023, fermi restando i maggiori importi già in essere per effetto della contrattazione collettiva vigente.
    Si è convenuto inoltre di riconoscere, sempre a decorrere dal 1 ottobre 2023, a favore di tutto il personale destinatario del Contratto Integrativo di Gruppo, una somma pari ad euro 225,00 annui, da destinare a forme di Welfare aziendale o, in alternativa, – a scelta del lavoratore e a pari costo azienda – in busta paga ovvero ad aumento del valore facciale del ticket pasto.
    Il medesimo importo sarà corrisposto annualmente a decorrere dal 1 gennaio 2024;

    c) ULTRATTIVITA’ DEI CONTRATTI DI SECONDO LIVELLO:
    E’ confermata la piena validità dei contratti di secondo livello già in essere, per quanto non previsto dall’accordo sottoscritto in data 01.06.2023;

    d) IMPEGNO ALLA PROSECUZIONE DEL CONFRONTO:
    Le parti si sono impegnate a continuare la trattativa per affrontare tutti gli altri temi presenti in piattaforma a cominciare, vista l’urgenza dettata dalle attuali situazioni di mercato, dalle condizioni applicate ai mutui prima casa dipendenti.
    Consapevoli che le intese sottoscritte costituiscono il primo passo di un importante lavoro di definizione organica della Contrattazione di Secondo Livello applicabile a tutti i dipendenti del Gruppo Bancario Cooperativo, che continua e che ci vedrà impegnati già a partire dal corrente mese di giugno, restiamo a disposizione per ogni necessità di chiarimenti e porgiamo cordiali saluti.

 

p. il Coordinamento FISAC CGIL Gruppo Bancario CCB
M. Rosaria Sarpedone




BCC: provvidenze per i disabili (Art. 88 del CCNL)

Così come prevede il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del Credito Cooperativo:

Art. 88
Provvidenze per i disabili

Per ciascun familiare fiscalmente a carico, che risulti portatore di handicap ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, viene corrisposto un contributo annuale di euro 1.500,00; tale contributo va corrisposto entro il mese di giugno di ciascun anno, su presentazione di certificazione medica attestante per l’anno in corso il sussistere delle anzidette condizioni; tale contributo assorbe fino a concorrenza, le analoghe provvidenze economiche correnti a livello regionale o aziendale.

entro il mese di giugno le Aziende, dietro apposita richiesta, corrispondono il contributo annuale per i familiari fiscalmente a carico portatori di handicap.

Poiché, come detto, l’erogazione di questa provvidenza avviene solo su apposita richiesta da parte della lavoratrice o del lavoratore, invitiamo tutti i colleghi interessati a produrre ed inoltrare alla propria Azienda tale domanda, corredata da tutta la relativa documentazione, in tempo utile affinché le Aziende possano provvedere alla erogazione entro il mese di giugno.

A tal fine si allega fac-simile della domanda, redatta sulla base delle previsioni del CCNL. Ti invitiamo comunque a verificare eventuali diverse previsioni della contrattazione integrativa regionale o aziendale.

 

SCARICA IL MODULO DI DOMANDA




Abruzzo: insieme alle banche diminuisce il credito a piccole e medie imprese

Prendiamo spunto dall’ottimo studio pubblicato dal prof. Aldo Ronci, dal titolo Il credito bancario in Abruzzo nel 2022.

Il dato relativo al credito vivo (quindi depurato dalle sofferenze) ad imprese e famiglie, relativamente all’anno 2022, è apparentemente positivo, con un incremento di 484 milioni, pari al 2,55%, nettamente migliore al dato nazionale che fa registrare un incremento dello 0,90%.

Andando ad esaminare in modo analitico il dato, scopriamo che non è così confortante.

Fonte: Il Credito Bancario in Abruzzo nel 2022 – Aldo Ronci

 

Notiamo che esiste un unico dato in controtendenza, cioè quello relativo al credito alle imprese medio grandi, mentre i finanziamenti alle piccole imprese scendono in misura superiore alla media nazionale. Questa crescita non avviene in modo omogeneo su tutto il territorio abruzzese, come evidenzia il grafico che riportiamo di seguito.

Fonte: Il Credito Bancario in Abruzzo nel 2022 – Aldo Ronci

 

In sostanza ci troviamo di fronte ad una crescita dei finanziamenti relativi a due sole provincie, quella di Teramo e quella di Chieti, concentrata nelle grandi imprese operanti nel settore industriale, mentre le provincie dell’Aquila e Pescara sono ferme o addirittura in calo.

Fonte: Il Credito Bancario in Abruzzo nel 2022 – Aldo Ronci

 

Ulteriore dato da tenere in considerazione, l’incidenza dei prestiti garantiti sul totale impeghi. In Abruzzo questa percentuale è del 9,47%, mentre la media nazionale è del 5,96%.

Fonte: Il Credito Bancario in Abruzzo nel 2022 – Aldo Ronci

 

COSA CI DICONO QUESTI NUMERI?

I numeri rappresentano la concretizzazione dei i timori che da anni stiamo esprimendo, evidenziando a posteriori le conseguenze che avevamo paventato in merito all’abbandono dei territori da parte delle banche.

Quando le banche vanno via, piccole e medie imprese trovano enormi difficoltà a finanziare le loro esigenze, e questo rappresenta un danno irreparabile per il territorio. Aspetto che alle azienda bancarie, che ragionano spesso solo in termini di profitto a breve termine, non interessa. Per le grandi aziende, che hanno invece contatti diretti con le Direzioni Crediti dei grandi istituti, i canali restano aperti.

Il professor Ronci esprime in modo chiaro una preoccupazione: non trovando finanziamenti attraverso i canali ufficiali, le aziende alle prese con problemi di liquidità potrebbero cadere vittime della criminalità organizzata, “grazie alla sua capacità di offrire soluzioni rapide, servizi a basso costo e soprattutto prestiti in denaro, creando pericolosi legami di dipendenza, da parte delle aziende, alle attività di estorsione e usura. In questa maniera si stravolgerebbero e corromperebbero imprese, mercato ed economia”

Parliamo di una questione che dovrebbe suscitare un forte allarme sociale, ma che evidentemente viene – in modo molto colpevole – sottovalutata.

Lo stesso studio del Professor Ronci, nell’evidenziare come l’incremento complessivo del credito in regione risenta dell’ammontare dei finanziamenti garantiti, sembra suggerire implicitamente una possibile strategia per fronteggiare la perdita d’interesse delle banche verso le aziende del nostro territorio.

Una percentuale di finanziamenti garantiti significativamente maggiore rispetto al dato nazionale, può aver reso meno evidente il calo di finanziamenti alle piccole e medie imprese. Quindi potrebbe essere utile creare fondi di garanzia, anche per assicurare il microcredito alle famiglie rendendole meno esposte al rischio di cadere vittime dell’usura.

Tuttavia, anche questo dato è in realtà meno buono di quanto appaia. Sappiamo da un precedente studio dello stesso dr. Ronci che in occasione della pandemia gran parte dei finanziamenti garantiti dallo Stato, finalizzati ad aiutare le aziende a risollevarsi dopo il difficilissimo periodo del lockdown, sono in realtà andati a sostituire finanziamenti preesistenti, con il risultato pratico di scaricare sui contribuenti il rischio di insolvenza, invece di fornire un concreto sostegno all’economia.

Anche provvedimenti in apparenza giusti rischiano, in assenza di adeguati controlli, di rivelarsi inadatti rispetto allo scopo per cui erano stati pensati.

Un’ultima annotazione riguarda l’andamento del credito alle famiglie, apparentemente positivo (+2,81%). In realtà questo dato è nettamente inferiore alla media nazionale (+3,90%) e risente, più che di una maggior attenzione verso le esigenze dei privati, delle opportunità di guadagno rappresentate dai tassi incrementati, che hanno portato le banche a guardare con maggior attenzione la concessione di credito dopo anni in cui l’interesse era stato rivolto verso prodotti capaci di generare commissioni.

Scarica lo studio Il Credito Bancario in Abruzzo nel 2022

Leggi anche

La garanzia statale aiuta le banche e non le imprese: in Abruzzo metà prestiti rispetto a media nazionale.

Banche: continua la grande fuga dai nostri territori

 




BCC: Approfondimenti sul Piano Industriale 2023- 2025 Gruppo BCC Iccrea


Facendo seguito all’impegno assunto con le Organizzazioni Sindacali lo scorso 3 Aprile 2023 in occasione della presentazione del Piano Industriale 2022-2025, il Direttore Generale della Capogruppo ICCREA, nella mattinata del 12 Maggio u.s.,  ha fornito alcune risposte e precisazioni richieste dalle stesse OOSS per avere una illustrazione più ampia riguardante diversi aspetti specifici del Nuovo Piano di Impresa.

I principali temi trattati sono i seguenti:

  • Cessioni NPL: l’obiettivo resta quello di abbassare ulteriormente il livello dei crediti anomali portandolo sotto la soglia del 4%; di conseguenza nel corso del 2023 (ma probabilmente anche nei successivi anni) saranno effettuate di massima altre cessioni; questo per ottenere un innalzamento del rating e, di conseguenza, vantaggi nell’emissione di obbligazioni finalizzate al soddisfacimento dei requisiti MREL;
  • BCC Sistemi Informatici: il futuro dell’ICT passa attraverso una evoluzione dei sistemi ovvero per l’inevitabile ma graduale passaggio in ambiente “cloud”; tale progetto non potrà prescindere dalla ricerca di una partnership (in corso). E’ stato confermato che non è allo stato prevista, ma non si può escludere in futuro, alcuna cessione né di ramo né societaria di BCC Sistemi Informatici;
  • Rete commerciale: la presenza di sportelli sul territorio rappresenta un valore per un Gruppo che, come il Gruppo BCC Iccrea, basa sulla relazione diretta la propria missione. Resta quindi la volontà di mantenere il numero di sportelli ed investire sulle filiali ma queste, per la stabilità del Gruppo stesso, devono in ogni caso risultare performanti o comunque in equilibrio economico. Il tema dimensionale della singola BCC non è rilevante ma è invece importante la qualità del servizio che rende al territorio di competenza;
  • Forte impegno nell’ESG con gli obiettivi di riduzione delle emissioni, finanziamenti ed investimenti orientati alla riduzione dell’impronta di carbonio, quindi a favore di energia green, poi particolare impegno ed attenzione al terzo settore, al PNRR, alla diversità ed inclusione sociale, alla educazione finanziaria, valorizzazione dei “talenti femminili”; tutti obiettivi, questi, presenti, anche quantitativamente, nei criteri del premio incentivante, con obbligo di misurazione dell’impatto su tutti i processi aziendali delle società del perimetro diretto. Così come nelle BCC aderenti dove l’impegno nell’ESG è anche rappresentato dalla proposta e assistenza a soci e clienti per la realizzazione della transizione ecologica (ad esempio comunità energetiche), accompagnate anche dall’offerta di prodotti assicurativi (rischio calamità naturali) e di risparmio gestito caratterizzati da criteri di sostenibilità.

L’ICT e la digitalizzazione, per quanto scontato, saranno determinanti per accompagnare tutti i processi ESG.

  • Inquadramenti / Redistribuzione della redditività / Valorizzazione del personale: tutti temi condivisi; si confida nell’individuazione, nelle sedi negoziali, delle giuste soluzioni;
  • Tassi, mutui, welfare e Job Posting per tutti i dipendenti delle BCC aderenti al Gruppo: pur volendo come Capogruppo esercitare il ruolo in tale ambito, in base al principio dell’autonomia delle singole BCC (patto di coesione), è possibile lavorare a delle proposte/iniziative che in ogni caso le BCC, se lo desiderano, potranno recepire in tutto o parte; a parere della Capo Gruppo, questo è un processo che va accompagnato con gradualità;
  • Retribuzione “fissa” (contrattata) e “variabile” (liberalità delle aziende): partendo dal presupposto che tendenzialmente l’andamento generale del mondo del lavoro sposta sempre più risorse dalla parte fissa a quella variabile, il Direttore dichiara che, ferme le autonomie aziendali riguardo la contrattazione individuale, le la materia sarà demandata alla contrattazione tra le Parti;
  • Esodi incentivati: non previsti dal Piano e comunque non per le Società del perimetro diretto;

Come Fisac-CGIL, insieme alle altre Organizzazioni Sindacali, abbiamo evidenziato quanto segue:

  • La centralità della persona è e resta per noi valore fondamentale e tale valore deve trovare concretizzazione nelle soluzioni contrattuali e nella organizzazione del lavoro; con particolare riferimento alle internalizzazioni/esternalizzazioni (nella fattispecie per l’ICT, il Back Office, le attività connesse alle cessioni NPL) esso è rappresentato dal mantenimento dell’area contrattuale, dall’omogeneizzazione dei trattamenti, dalla formazione/riqualificazione delle risorse e dalle garanzie occupazionali; così come è indispensabile realizzare politiche contrattate per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, e una corretta collocazione dei servizi e dei prodotti, con particolare attenzione al cliente, rifuggendo qualsivoglia prassi di pressioni commerciali;
  • Attenzione alle valutazioni rispetto all’ICT: questo è già oggi il futuro e, se per il Gruppo non è allo stato considerato “Core”, lo diventerà necessariamente presto. Con riferimento alle partnership, sono da approfondire, per tempo e con il necessario coinvolgimento, quali saranno le reali ricadute;
  • L’approccio della Capogruppo sui criteri ESG (Environmental, Social e Governance) trova la nostra massima convergenza ma Ambiente, Sociale e Governo si tengono insieme con il massimo coinvolgimento delle persone;
  • PNRR: apprezzamento per l’impegno rispetto al piano di ripresa e resilienza;
  • abbiamo sottolineato come per la realizzazione della effettiva Parità di Genere vanno adottate politiche che vadano ben oltre l’iniziativa della Capogruppo “Talenti Femminili”.
  • Come Fisac-CGIL, riprendendo il principio della centralità della persona e dei valori della cooperazione, abbiamo inoltre sottolineato che la “G” di Governance sta a significare un concreto e strutturato coinvolgimento dei portatori di interesse ed in particolare delle lavoratrici e dei lavoratori e delle loro rappresentanze, confermando, da subito, la nostra disponibilità a svolgere il ruolo;
  • Abbiamo poi ribadito che particolare cura va dedicata ai percorsi di qualificazione e riconversione, che devono essere inclusivi e rispettosi dei tempi dei colleghi coinvolti, da qui la nostra attenzione a tutti i programmi formativi.

In coerenza con la dichiarata attenzione alla centralità della persona, è fondamentale una reale attenzione per i dipendenti e per i loro bisogni e aspettative.

Nel corso della riunione le OOSS e l’Azienda hanno confermato la centralità della contrattazione collettiva e delle relazioni industriali nella Categoria e nel Gruppo necessarie per gestire le eventuali ricadute sulle lavoratrici e sui lavoratori in una fase di importanti mutazioni di assetto organizzativo, così come realizzare una efficace contrattazione su tutti i temi che riguardano le lavoratrici ed i lavoratori sia di tipo economico, professionale che legati alla qualità di vita e lavoro. Elementi questi qualificanti e necessari ovunque, che a nostro avviso sono ineludibili nella caratterizzazione sociale ed economica della cooperazione di credito.

Abbiamo, in fine, accolto con soddisfazione la dichiarazione di disponibilità della Capo Gruppo, da noi richiesta, a proseguire e sviluppare periodicamente il confronto su sostenibilità e governance partecipata, a partire dalla “Dichiarazione in bilancio delle informazioni sulla Sostenibilità”.

La Segreteria Nazionale FISAC  CGIL

Il Coordinamento FISAC CGIL Gruppo Bancario BCC ICCREA




Banche: continua la grande fuga dai nostri territori

Puntuale, come tutti gli anni, è arrivata la pubblicazione dei dati della Banca d’Italia relativi alla presenza degli sportelli bancari nei vari territori. E come tutti gli anni lo scenario che ne esce fuori è impietoso per quanto riguarda Abruzzo e Molise. Impietoso e in costante peggioramento.

Il dato che più di tutti dimostra l’abbandono dei nostri territori è quello relativo al numero di Comuni serviti da almeno uno sportello bancario.

NUMERO COMUNI CON ALMENO UNO SPORTELLO BANCARIO 
Tot. 2021 % su tot comuni Tot. 2022 % su tot comuni Differenza % diff.
ITALIA 4.902 62,0% 4.785 60,6% -117 -2,4%
ABRUZZO 132 43,3% 126 41,3% -6 -4,5%
Provincia
AQ 33 30,6% 31 28,7% -2 -6,1%
CH 42 40,4% 38 36,5 -4 -9,5%
PE 25 54,4% 25 54,4 = =
TE 32 68,1% 32 68,1 = =
 
MOLISE 28 20,6% 24 17,6% 4 -14,3%
Provincia  
CB 22 26,2% 18 21,4% 4 -18,2%
IS 6 11,5% 6 11,5% = =
 
dati Banca d’Italia

In Abruzzo in circa 6 comuni su 10 non si trova più una filiale di banca, con punta in Provincia dell’Aquila dove le banche sono assenti in oltre 7 comuni su 10.
Drammatici i numeri del Molise: non esistono banche in oltre 8 comuni su 10, arrivando al dato di Isernia che vede gli abitanti di quasi il 90% dei comuni costretti a spostarsi se vogliono effettuare operazioni bancarie in presenza.

Esaminando l’andamento del fenomeno si scopre che peggiora soprattutto dove era già allarmante: cioè nelle aree interne, in modo particolare nelle provincie di Chieti, L’Aquila e Campobasso. Resta stabile il dato di Isernia in quanto la presenza era comunque già ridotta all’osso.

La chiusura di sportelli nelle aree interne va a colpire soprattutto le fasce più fragili, meno pronte all’utilizzo della tecnologia, come anziani e stranieri, senza contare che in diversi comuni montani la connessione alla rete rappresenta un grosso problema.
Si può pertanto affermare che le scelte delle banche stanno contribuendo in modo concreto allo svuotamento delle aree più economicamente fragili dei nostri territori.

Vediamo nel dettaglio l’andamento delle chiusure di sportelli nelle nostra regioni, suddiviso per provincie.

NUMERO SPORTELLI BANCARI PER PROVINCIA
Totale 2021 Totale 2022 Differenza % diff. Var. a 5 anni
ITALIA 21.650 20.986 -664 -3,1% -23,3
ABRUZZO 444 429 -15 -3,4% -26,9
Provincia
AQ 98 93 -5 -5,1% -29,0%
CH 126 117 -9 -7,1% -27,3%
PE 107 105 -2 -1,9% -25,5%
TE 113 114 +1 +0,9% -26,0%
 
MOLISE 86 81 -5 -5,8% -31,9%
Provincia
CB 67 62 -5 -7,4% -33,3%
IS 19 19 = = -26,9%
dati Banca d’Italia

 

La tabella successiva riguarda l’andamento dell’occupazione nel settore bancario nei nostri territori.

NUMERO DIPENDENTI SETTORE BANCARIO PER PROVINCIA
Totale 2021 Totale 2022 Differenza % diff. Var. a 5 anni
ITALIA 269.779 264.132 -5.647 -2,1% -7,7
ABRUZZO 2.987 2.870 -117 -3,9% -22,1
Provincia
AQ 669 626 -43 -6,4% -19,4%
CH 808 763 -45 -5,6% -29,4%
PE 751 780 +29 3,7% -7,7%
TE 759 702 -57 -7,5% -28,8%
 
MOLISE 518 533 +15 +2,9% -16,2%%
Provincia
CB 412 446 +34 +8,3% -18,6%
IS 106 87 -19 -17,9% -33,1%
dati Banca d’Italia

Leggiamo insieme le due tabelle. La prima ci dice che la percentuale di filiali chiuse in Abruzzo negli ultimi 5 anni è di poco superiore alla media nazionale. La seconda invece rivela che il calo di dipendenti ha una percentuale tripla rispetto al dato nazionale. Come possiamo interpretare questi numeri?

Sono due le motivazioni di questo dato. La prima è il definitivo smantellamento di quello che resta delle vecchie Direzioni Generali delle storiche banche che avevano sede in Abruzzo. La seconda, e più rilevante, è legata al fatto che nel resto d’Italia si chiudono prevalentemente le piccole filiali, quasi sempre poste in centri meno popolosi. In Abruzzo gran parte delle filiali di piccole dimensioni sono state chiuse negli anni scorsi, quindi adesso le chiusure interessano filiali più importanti e con organico più numeroso. E questo rende il dato ancor più preoccupante, soprattutto considerando che l’andamento delle chiusure non accenna a diminuire: nei primi 3 mesi del 2023 (quindi successivamente ai dati che riportiamo) sono state chiuse già 12 filiali in Abruzzo.

In Molise è particolarmente rilevante il dato relativo alle chiusure di sportelli: la percentuale di chiusure ne fa la regione peggiore d’Italia nel quinquennio. Riguardo al calo degli addetti, la percentuale è comunque più che doppia rispetto alla media nazionale, seppur meno pesante rispetto all’Abruzzo.

 

L’ultima tabella che pubblichiamo riguarda l’andamento dei prestiti suddiviso per regioni:

AMMONTARE COMPLESSIVO PRESTITI (DATI IN MILIONI DI €)
Totale 2021 Totale 2022 Differenza % diff. Var. a 5 anni
ITALIA 1.764.668 1.770.873 +6.205 +0,35% -3,6%
ABRUZZO 21.038 21.316 +278 +1,30% -10,1%
 
MOLISE 3.307 3.429 +123 +3,59% -0,46%%
dati Ufficio Studi e Ricerche Fisac Cgil

Complessivamente si rivela un calo a 5 anni dell’ammontare complessivo degli affidamenti concessi, concentrato nel periodo 2019-20 a causa della pandemia, nonostante un recupero nello scorso anno.
In Molise il calo non è eclatante, ma questo dipende dall’ammontare ridotto degli affidamenti, che aveva pochi margini per calare ancora.
Il dato abruzzese fornisce invece la risposta concreta alle affermazioni delle banche, secondo le quali la concessione di credito non è in alcun modo legata alla presenza fisica sul territorio. I numeri dicono il contrario, e cioè che il calo percentuale degli affidamenti concessi in Abruzzo è triplo rispetto al dato nazionale. Andamento che coincide esattamente con il calo degli impiegati nel settore bancario in Abruzzo e che conferma quanto da noi più volte sostenuto: l’abbandono dei territori da parte delle banche contribuisce in modo pesante all’impoverimento delle zone interessate. Oltre ad escludere dai servizi una importante quota della popolazione, comporta anche difficoltà di accesso al credito per famiglie e piccole imprese. Un vuoto nel quale riesce facilmente ad inserirsi l’usura.

Le banche stanno contribuendo a creare un paese spaccato, in cui la differenza tra regioni ricche e povere si allarga a dismisura. Un dato basta a rappresentare questa differenza: al 31/12/22 oltre il 40% di tutte le filiali bancarie è compreso in tre sole regioni: Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Ed è una percentuale destinata a crescere.

Colpisce il fatto che la politica contini ad ignorare totalmente la questione, mostrandosi prontissima ad intervenire quando le banche vanno in affanno, immettendo soldi pubblici per salvarle, ma assai distratta quando si tratta di pretendere il rispetto della Costituzione in materia di tutela del risparmio e controllo del credito.

Ancor più grave l’indifferenza della politica locale. Come Fisac abbiamo più volte provato a sollevare il tema:

Nel convegno del 2022 è stata lanciata la proposta di istituire un Osservatorio Regionale sul Credito, che potesse quantomeno monitorare le chiusure degli sportelli e provare, contando su un congruo preavviso da parte degli Istituti bancari, a pianificare il possibile subentro di altri istituti nei comuni destinati ad essere abbandonati. Per quanto ci riguarda, porteremo avanti questa proposta in collaborazione con l’ANCI Abruzzo.

Purtroppo in queste occasioni abbiamo rilevato la difficoltà di coinvolgere i sindaci che, seppur invitati, sono stati spesso poco presenti, come se battersi per mantenere la presenza delle banche nei singoli Comuni fosse un’attività disdicevole. Salvo poi chiedere la mobilitazione quando i tagli riguardano direttamente i Centri che amministrano, scoprendo che a quel punto non c’è più nulla da fare.

 

Fisac/Cgil Abruzzo Molise




Federcasse: il giro della clessidra

3 - Fisac Cgil

Trattativa nazionale
Federcasse il giro della clessidra


 

Gli ultimi due rinnovi contrattuali del settore risalenti al 9 gennaio 2019 e all’11 giugno 2022 avevano dato il senso e la prospettiva di come buone e concrete relazioni sindacali producano risultati positivi per la categoria del Credito Cooperativo.

Non bastasse, a questi rinnovi dei CCNL si sono sommati plurimi accordi tra le Parti che hanno strutturato le buone prassi del settore su un terreno solido e di prospettiva.

Proprio per queste fondate ragioni e motivazioni ci interroghiamo sulla recente stasi e stallo delle trattative a livello nazionale che, su uno specifico impegno e assunto, derivato dalla stipula contrattuale con Federcasse, doveva sviluppare un percorso teso ad aggiornare, adeguare ed innovare il sistema della classificazione del personale ed i profili professionali fissati dalla precedente contrattazione nel lontano luglio del 2009.

Se da un lato l’ambito concernente la corretta e doverosa classificazione del personale è materia sicuramente complessa e articolata, dall’altro canto non può certamente essere rinviata “sine die” o ancor peggio diventare oggetto di dogma e non procedibilità finché Federcasse non riesca ad arrivare ad una coerente e corretta sintesi della propria volontà politica da esprimere nei fatti al tavolo negoziale.

Perché è fuor di dubbio che, dopo oltre cinque mesi di discussione tra le parti, Federcasse non possa né debba buttare la palla in tribuna e appellarsi alla facoltà di non rispondere alle imprescindibili esigenze, peraltro condivise con il sindacato, di affrontare i profili della classificazione del personale dando seguito alla loro necessità di contemporaneità e attualità nel profondo cambiamento intervenuto nel Credito Cooperativo.

Le Segreterie Nazionali hanno scritto pertanto alle Presidenze di Federcasse e della sua delegazione negoziale, lo scorso 3 aprile, perché riparta il confronto al fine di addivenire ad una sua conclusione positiva. In caso contrario le Segreterie Nazionali ed i Coordinamenti di Gruppo unitariamente valuteranno tutte le possibili iniziative a tutela delle legittime aspettative e degli interessi in materia di profili professionali.

Le Segreterie Nazionali svilupperanno un’agenda dei lavori su questi ulteriori ed altrettanto determinanti ambiti sindacali che riguardano la quotidianità di tutte le Lavoratrici ed i Lavoratori del Credito Cooperativi con l’attivazione delle Commissioni e degli Organismi nazionali bilaterali contrattuali riguardanti molteplici temi, quali la parità di genere e le politiche di inclusione, la sicurezza, le nuove tecnologie, il FOCC (Fondo occupazione) l’Osservatorio Nazionale, l’Osservatorio sul lavoro agile.

Inoltre, le Segreterie Nazionali insieme ai Coordinamenti di Gruppo e Ips avvieranno il percorso per la predisposizione della Piattaforma di rinnovo del CCNL Federcasse scaduto il 31/12/2022.

Entro il termine di presentazione a Federcasse della piattaforma, sarà compito dei Coordinamenti di Gruppo e Ips dare impulso e sviluppo alle trattative aperte sulle materie di rinnovo della contrattazione di secondo livello, anche in riferimento al nuovo calcolo del Valore di Produttività.

Questo per dare pieno ristoro all’impegno e alla professionalità di tutte le Lavoratrici e i Lavoratori che hanno determinato gli straordinari risultati rappresentati dai bilanci degli ultimi anni, nell’ottica di una reale e concreta partecipazione e redistribuzione della ricchezza prodotta.

Federcasse dovrà dare anche una risposta politica sul mancato rinnovo del CCNL per il personale dirigente del Credito Cooperativo.

Per quanto ovvio daremo seguito e doverosa informativa di ogni iniziativa sindacale fin qui riassunta, confidando di mantenere innanzitutto una prospettiva di concrete e adeguate relazioni sindacali con Federcasse, per dare risposte e tutele esigibili e tangibili alle necessità e alle prerogative di tutto il personale del settore.

 

Roma, 21 aprile 2023

 

LE SEGRETERIE NAZIONALI
I COORDINAMENTI DI GRUPPO E IPS
FABI FIRST/CISL FISAC/CGIL UGL CREDITO UILCA




MEF: in corso istruttoria su tassazione dei mutui per dipendenti banche

“Sono in corso attività istruttorie finalizzate a valutare l’opportunità di un intervento normativo volto a correggere il criterio di determinazione forfetaria del reddito in caso di concessione di finanziamenti a tasso fisso ai dipendenti, in conseguenza dell’aumento del tasso ufficiale di riferimento della Bce, fatta salva la necessità di quantificare gli effetti finanziari recati dalla disposizione da emanare al fine dell’individuazione dei necessari mezzi di copertura”.
Lo ha detto la sottosegretaria al Mef, Sandra Savino, rispondendo in commissione Finanze al Senato a un’interrogazione a firma Carlo Cottarelli (Pd). In particolare, l’interrogazione puntava a conoscere le iniziative del Governo per intervenire sulla penalizzazione fiscale subita dai dipendenti bancari per i mutui a tasso agevolato.

“Gli uffici dell’Amministrazione finanziaria fanno presente che dal comparto bancario sono già state segnalate le problematiche in merito alle modalità di determinazione del valore da assoggettare a tassazione in capo al dipendente, come fringe benefit, in caso di erogazione di mutui a tassi inferiori a quelli di mercato. Il comparto bancario ha, infatti, evidenziato che l’ancoraggio del beneficio al Tur-Tasso ufficiale di riferimento calcolato anno per anno in costanza di contratto introduce, nei mutui a tasso fisso, un elemento di non giustificata aleatorietà rispetto a detto calcolo che dovrebbe essere determinato, semplicemente, dallo spread tra il tasso agevolato e quello di mercato al momento della stipula del contratto. Le successive variazioni del Tur – ha aggiunto Savino – dovrebbero essere irrilevanti così come lo sono per il calcolo della rata per qualunque mutuo a tasso fisso. Secondo i rappresentanti del settore bancario si prefigurerebbe pertanto un’ipotesi di tassazione condizionata, nella quale la condizione è rappresentata da un evento incerto e privo di relazione con la sfera del contribuente tassato e la sua capacità contributiva”.

 

Fonte: Public Policy




TGR Molise: in regione i dati peggiori d’Italia per la scomparsa di banche

L’allarme Fisac Cgil


Avanza la spoliazione del territorio: Molise maglia nera d’Italia per la scomparsa di banche

In cinque anni il numero di sportelli è calato del 31,9%. Otto paesi su dieci sono sprovvisti di servizi. L’home banking fa cilecca per la scarsa copertura di Internet



Il Molise aggiunge un altro record negativo a quelli legati allo spopolamento: è la regione d’Italia che negli ultimi 5 anni ha perso più sportelli bancari.  Erano 119 alla fine del 2017, sono scesi a 81 a dicembre: 62 in provincia di Campobasso e appena 19 in quella di Isernia. In cinque anni il calo è stato del 31,9%.

Un dato che va di pari passo con la contrazione del numero di lavoratori del settore, passati dai 636 del 2017 a 533.  

A fare questi conti è l’ufficio studi del sindacato Fisac Cgil, su dati della Banca d’Italia.

Fonte: Rai News
Guarda il servizio andato in onda sul TG Regionale