Bollette, ora è ufficiale: l’addio alle tutele è una gran fregatura


Clienti divisi in 4 categorie, prezzi più alti, incertezza e il paradosso dei vulnerabili penalizzati: ecco com’è la “riforma”


Ora che il disastro è compiuto, i giornali parlano di “beffa bollette”, le associazioni dei consumatori s’infuriano e l’Autorità per l’energia (Arera) richiama gli operatori. In realtà era tutto già scritto. Forse solo gli storici potranno raccontare quale follia collettiva sia stata la fine del cosiddetto “mercato tutelato dell’energia” attuata dal governo Meloni e che oggi ha segmentato la clientela domestica in 4 categorie, consegnandoci un meccanismo che di mercato non ha nulla se non la certezza che milioni di clienti vedranno in futuro salire i costi in bolletta, anche chi era già penalizzato.

La fine del mercato tutelato è stata decisa nel 2017 (ministro Carlo Calenda) e poi sempre rinviata nella consapevolezza che fosse, appunto, una follia. È stato il governo Draghi a blindarla – inserendola come “riforma abilitante del Pnrr” – su spinta del consigliere economico Francesco Giavazzi e senza spiegare perché (le riforme sono così): il solco tracciato è stato infine difeso, nel governo Meloni, dal ministro del Pnrr Raffele Fitto, per evitare grane con l’Ue essendo stata inserita come obiettivo della terza rata del piano. A disastro compiuto, Meloni è riuscita solo a lamentarsi con le opposizioni per averle “legato le mani” votando il Pnrr al tempo di Draghi.

La decisione comporterà la deportazione forzata di 5 milioni di clienti dal cosiddetto “servizio a maggior tutela” verso il libero mercato, cioè in una giungla dove 700 e rotti operatori si contendono i clienti a suon di chiamate moleste e offerte incomprensibili. Il passaggio però non avverrà subito: i clienti finiranno prima, da luglio, nelle “tutele graduali”, cioè saranno serviti per tre anni da operatori che se li sono accaparrati con delle aste.

Il mercato tutelato era nato con la stessa liberalizzazione del settore decisa nel 1999 dal ministro Pier Luigi Bersani e prevede che la corrente la acquisti una società statale, l’Acquirente Unico, che poi la rivende agli operatori a prezzi stabiliti dall’Arera. L’AU non è sovvenzionato, funziona come un enorme gruppo d’acquisto collettivo che può (o meglio poteva) strappare i prezzi migliori. Si badi bene: ulteriore cifra della disonestà è data dal fatto che dalla deportazione nel libero mercato sono stati esentati quasi 5 milioni di clienti cosiddetti “vulnerabili”, cioè i malati, gli over 75, gli alluvionati e i terremotati. Gente a cui si vuole evitare di finire in pasto alle centinaia di operatori di mercato, ammettendo implicitamente che di giungla si tratta.

E veniamo all’oggi. Nei giorni scorsi il presidente di Arera, Stefano Besseghini, è andato in audizione alla Camera e, a domanda dei parlamentari, ha lanciato la bomba: i dieci milioni di clienti che oggi sono ancora nel mercato tutelato pagano molto meno in bolletta di quelli nel mercato libero. Da qui i titoli dei giornali sulla “beffa”. Il problema è che è sempre stato così. Dal 2012 al 2020 (dati Arera) il risparmio medio è variato da 0,8 a 4,39 centesimi per kilowattora (il 16% del prezzo totale); nel 2019, al netto delle imposte, i clienti del mercato tutelato hanno pagato in media il 13% in meno di quelli passati al libero, nel 2020 il 24% in meno (189 euro contro 234).

L’unica inversione di tendenza si è avuta nel 2021 (i prezzi si sono di fatto equivalsi) e nel 2022 quando l’esplosione dei prezzi energetici ha invertito il trend. Questo è avvenuto perché nel 2016 si è deciso di “azzoppare l’acquirente Unico”, per usare le parole di Bersani, costringendolo a comprare l’energia solo a prezzi “spot”, cioè sul mercato giornaliero, senza poter operare in quello “a termine” potendo valutare così i prezzi convenienti per il futuro. Da allora le tariffe del mercato tutelato sono decise da Arera sulla base dei prezzi spot trimestrali, che sono esplosi nel 2021-22 mentre sul libero sono stati bloccati dalla decisione del governo Draghi di non consentire agli operatori di rivedere i contratti (una decisione “anti-mercato”).

Besseghini ha spiegato che nella seconda metà del 2023 il trend è tornato quello storico e cioè “molto significativamente a favore del mercato tutelato”, dove il prezzo medio totale pagato dai clienti è stato di 28 centesimi il kilowattora contro i 39 del mercato libero (una differenza del 39%). La causa, secondo Arera, è dovuta alla “componente energia”, cioè alla materia prima, i cui prezzi nel mercato libero sono saliti del 4,5%, mentre nel tutelato sono crollati del 59% anche se nel primo gli operatori non hanno le mani legate come l’Acquirente unico. Non solo. Besseghini ha spiegato anche che, da luglio, i clienti che finiranno nelle “tutele graduali” pagheranno molto meno di quelli sul libero mercato, ma meno persino di quelli “vulnerabili” rimasti nella “maggior tutela”: in media 130 euro nel 2024. Un paradosso per cui, di nuovo, si è strillato alla “beffa”, ma che è scontato visto il meccanismo infernale voluto dal governo nel passaggio.

Semplificando molto, oggi il prezzo applicato ai clienti nel “mercato tutelato” è fatto dalla materia prima (l’energia) – che è quello che l’Acquirente Unico paga sul mercato giornaliero – più una voce stabilita da Arera che remunera l’operatore che vende l’energia. Le aste per accaparrarsi i 5 milioni di clienti “non vulnerabili” che finiranno nelle tutele graduali avevano di fatto come base la remunerazione del “mercato tutelato”: siccome gli operatori hanno fatto offerte a forte sconto per prendersi i clienti, è normale che i prezzi saranno più bassi di quelli applicati ai vulnerabili rimasti nel mercato tutelato.

Se vi sembra una follia, avete perfettamente ragione, ma non è finita qua visto che si è deciso che anche i vulnerabili andranno all’asta dal 2025.

La dozzina di operatori (Enel, Hera, A2a, Illumia, Edison, eccetera) che si sono accaparrati “gli ex tutelati” ha fatto offerte davvero scontate, addirittura negative per quasi tutti i lotti, in media -70euro l’anno a contatore. Qualcosa potranno recuperare sulla componente energia e, ovviamente, tra tre anni potranno alzare i prezzi.

Il senso comune e il parere degli operatori di settore, però, suggeriscono che difficilmente società di mercato decidono di lavorare sottocosto per un triennio. L’ipotesi più probabile – ma in realtà è una cosa che sta già avvenendo e su cui Arera ha promesso di vigilare – è che quei clienti “in perdita” vengano poi tempestati di proposte per farli passare subito al mercato libero. L’altra ipotesi è che le compagnie si rifaranno piazzandogli altri servizi – internet, abbonamenti a pay tv, etc – sempre a colpi di telefonate.

Resta un’ultima ipotesi, e cioè che parte delle perdite venga fatta pagare ai clienti già nel libero mercato attraverso un ulteriore aumento dei prezzi. Problema: fino a luglio chi è nel libero mercato può chiedere di rientrare nel tutelato e finire poi nelle “tutele graduali” per tre anni risparmiando così sulla bolletta. Sarebbe una scelta logica, che infatti secondo alcune sigle di consumatori avrebbe già compiuto un milione di clienti, numeri però non confermati da Arera.

Se succedesse, sarebbe una bizzarra eterogenesi dei fini per la riforma Calenda-Giavazzi-Meloni, ma in ogni caso resterebbe una follia.

 

Fonte: Il Fatto quotidiano dell’8/4/2024

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