Azioni ex Tercas, risarcimento per altri 8 risparmiatori


Ribaltato un pronunciamento di primo grado che aveva respinto il ricorso di ex clienti della banca. I giudici dell’Aquila: “Per informare non è sufficiente la sottoscrizione di una dichiarazione”


C’è una nuova sentenza a raccontare la vicenda delle azioni ex Tercas sempre più declinata dalla cronaca giudiziaria.

Dopo gli svariati pronunciamenti di primo grado a favore di decine di risparmiatori, ora c’è una seconda sentenza della Corte d’Appello a stabilire che da parte dell’Istituto bancario non ci sia stata un’adeguata informazione di quei clienti che da un momento all’altro si sono ritrovati con dei titoli senza valore.
Si tratta di un verdetto che, in questo caso, assume una doppia valenza visto che, nell’accogliere in toto le istanze dei ricorrenti, i magistrati hanno ribaltato un giudizio di primo grado che aveva dato torto ai risparmiatori sostenendo l’adeguatezza di tutte le informazioni sui rischi delle operazioni date all’epoca dall’istituto di credito e quindi respingendo le richieste di risarcimento, Richieste che sono state accolte dai giudici di secondo grado e che complessivamente sfiorano i 250mila euro.

La sentenza impugnata in appello è quella emessa dall’allora giudice civile di Teramo Angela Maria Imbesi (ora in servizio al Tribunale dei Minori di Bologna. A presentare il ricorso la Federconsumatori che in questi anni ha assistito più di trecento risparmiatori affidandosi agli avvocati Renzo Di Sabatino e Massimo Cerniglia. Anche in questo caso i fatti contestati risalgono al 2006, prima del commissariamento Tercas del 2012 e prima dell’ingresso della Banca Popolare di Bari.

I giudici di secondo grado (collegio presieduto da Barbara Del Bono, a latere Mariangela Fuina e Ciro Marbella) nel ricostruire in modo certosino la vicenda hanno stabilito che per una corretta e adeguata informazione dei rischi “non è sufficiente la sottoscrizione di una dichiarazione”.
Un pronunciamento che segue l’orientamento della Cassazione che ormai da tempo, anche a Sezioni Unite, ha stabilito questo principio.
Appare chiaro che non possono ritenersi correttamente adempiuti, da parte della banca, gli obblighi informativi”, scrivono, “l’istituto di credito ha dedotto di avere adempiuto a tali obblighi mediante la consegna al cliente di quella documentazione che, in sostanza, la Cassazione ritiene espressamente non sufficiente, da sola, ad integrare l’adempimento degli organi informativi posti a suo carico.”

Va detto che l’anno scorso, dopo svariati pronunciamenti di primo grado a favore dei risparmiatori, c’è stata la prima sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila a confermare i risarcimenti di 260mila euro decisi dal tribunale Teramano per quattro ricorrenti, che anche per i giudici di secondo grado non sarebbero stati adeguatamente informati dalla banca sui rischi delle operazioni, e a stabilire che il termine per la prescrizione è di 10 anni. Aprendo così la strada a nuovi ricorsi.

 

Fonte: Il Centro


 

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