Banche: Report Fisac Cgil, utili e dividendi record, calano occupazione e sportelli

Banche con utili record a 22,2 miliardi per effetto della crescita del margine di interesse e dividendi riconosciuti agli azionisti ai massimi storici per 10,5 miliardi. Eppure continua inesorabile la riduzione di dipendenti (-4.300) e sportelli (-1.000), come leva per la gestione di costi operativi in leggero aumento, mentre continuano a calare i finanziamenti alla clientela (-3,8%).


È un bilancio a luci e ombre quello che fornisce un report dell’Ufficio Studi & Ricerche della Fisac Cgil relativo ai risultati dei primi 7 gruppi bancari tra il 2022 e il 2023 dal titolo ‘Bilanci bancari: il biennio d’oro’. Luci per pochi, ovvero banche e azionisti che registrano risultati e incassi in forte aumento, ombre per tanti, tra dipendenti e filiali che “spariscono”, lasciando cittadini e imprese sprovvisti di presidi fisici del credito

Gli straordinari risultati raggiunti dai gruppi bancari, osserva la segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito, “non hanno avuto un pari riflesso sul fronte dell’occupazione, dell’insediamento sui territori e sui finanziamenti, che continuano a calare generando una forte preoccupazione. È un grave limite, specie per il bisogno, nonché la funzione stessa delle banche, di sostenere un’economia che fatica e arranca. C’è bisogno di una visione per il sistema bancario che da una parte valorizzi e incrementi la forza lavoro, sulla quale impatterà il processo di digitalizzazione, e dall’altra sostenga la transizione ecologica del sistema industriale”.

Utili record – Il 2023 è un anno di risultati record per i grandi gruppi bancari. I primi sette gruppi bancari (Intesa, Unicredit, Bpm, Bper, Mps, Credem e Popolare di Sondrio) con sede legale nel nostro paese hanno chiuso lo scorso anno con un utile netto di 22,2 miliardi di euro, in aumento del 77,4% rispetto al 2022. Il dato, si osserva nel report della Fisac Cgil, è spinto in alto dalla crescita del margine d’interesse, che ritorna dopo un decennio a rappresentare quasi il 60% del totale dei ricavi a quota 39,5 miliardi. Tengono le commissioni e i ricavi da attività assicurativa, mentre il risultato netto delle attività finanziarie proprie si riduce di circa un terzo. L’utile per addetto medio sfiora i 92 mila euro/addetto, in aumento dell’83,5% rispetto ai 50 mila euro/addetto del 2022.

Costi operativi in lieve aumento – I costi operativi sono in leggero aumento a quota 29,6 miliardi di euro (+1,4% sul 2022). L’impatto della prima tranche del rinnovo del contratto nazionale di settore, fa sapere il rapporto della Fisac Cgil, ha determinato un aumento medio del costo del personale impiegato in Italia pari al 5,2%, per un costo medio per dipendente che si attesta a quota 83 mila euro. Tuttavia, i grandi gruppi sono stati in grado di contenere l’aumento del costo del personale complessivo intorno all’1,5%.

Dipendenti in calo – Per la Fisac Cgil la principale leva utilizzata in questa strategia di gestione dei costi continua a essere la riduzione del personale. A livello globale, il calo dei dipendenti nel 2023 è pari a 7.327 unità (-3% annuo); di questi, 4.292 unità (-2,4% annuo) riguardano il nostro paese. Alla fine dello scorso anno i dipendenti dei primi sette gruppi bancari in Italia ammontano a 171 mila unità; tuttavia, stima la Fisac, a fine 2026 si prevede un dato inferiore alle 170 mila unità, attorno a quota 168 mila dipendenti.

Sportelli che diminuiscono – Anche le filiali continuano a diminuire. Lo scorso anno, sottolinea la Fisac Cgil, i primi sette gruppi bancari hanno chiuso quasi 1.000 filiali, una riduzione pari all’8,3%. In due anni sono ‘scomparsi’ 1.385 sportelli, pari a una banca delle dimensioni di Mps o Banco Bpm. Va inoltre segnalato che la quota percentuale degli sportelli di proprietà dei primi sette gruppi bancari italiani sul totale delle rete bancaria in Italia continua a diminuire: in due anni è scesa dal 55,2% al 52,4%. La strategia ‘digital first’ operata dai grandi gruppi negli ultimi anni sta determinando una riconfigurazione spaziale della presenza delle banche sui territori. Vuoto che viene colmato, anche se in modo parziale, dai gruppi emergenti di medie dimensioni (Credem e Bp Sondrio nel nostro campione) e dalle banche di Credito Cooperativo.

Dividendi in aumento – Il 2023 sorride agli azionisti, si legge nel report Fisac. I primi sette gruppi bancari distribuiranno a breve 10,5 miliardi di dividendi, un aumento dell’83,6% rispetto ai 5,7 del 2022. Inoltre, i due gruppi più importanti del nostro paese, Intesa e Unicredit, offriranno una ulteriore remunerazione agli azionisti sotto forma di buyback, portando la remunerazione complessiva degli azionisti dei primi 7 gruppi bancari a quota 18 miliardi di euro, in aumento di 7,5 miliardi (+71,5%) rispetto al 2022.

Stato patrimoniale, sempre meno credito – L’ottimo stato di salute dei grandi gruppi bancari si conferma anche osservando le metriche relative allo stato patrimoniale. L’attivo, fa sapere la Fisac Cgil, si riduce del 9% in un anno per effetto soprattutto della riduzione degli accantonamenti legati alle normative sugli RWA (Risk Weighted Assets). In sostanza migliora la qualità del credito, come confermato anche dal dato sulle rettifiche, in riduzione del 45,1% rispetto al 2022 a quota 3,8 miliardi di euro.

I grandi gruppi bancari continuano l’opera di riduzione lenta dello stock creditizio, con i finanziamenti alla clientela che scendono sotto quota 1.200 miliardi di euro, pari ad un -3,8% anno su anno. Aumenta il peso della raccolta diretta, che supera quota 1.485 miliardi di euro, determinando un Loan to Deposit Ratio pari all,80,8%. Ciò significa che per ogni euro depositato presso i grandi gruppi bancari italiani, solo 0,8 euro vengono effettivamente impiegati sotto forma di credito a famiglie e imprese.

Produttività ai massimi livelli –  Il 2023 è anche l’anno dell’incremento record della produttività per i grandi gruppi bancari. Tra il 2021 e il 2023, sottolinea il rapporto della Fisac Cgil, la produttività per addetto è raddoppiata: il Valore aggiunto rettificato per addetto (Var/d) nel 2023 è pari a 147.600 euro, un dato superiore a quelli medi di tutti gli altri settori e che addirittura supera il dato da record del settore farmaceutico italiano nel biennio del Covid (145.000 euro per addetto). Al momento, non c’è settore in Italia che raggiunga livelli di produttività così alti come quello bancario.

Il commento di Susy Esposito (segretaria generale Fisac Cgil) – “I dati del nostro report – commenta la segretaria generale della Fisac Cgil – ci indicano una strada da perseguire: nella contrattazione di secondo livello i risultati straordinari messi a segno dal sistema bancario dovranno essere redistribuiti anche alle lavoratrici e ai lavoratori. Non solo, in linea con quanto previsto dal contratto nazionale, dovremmo sempre al secondo livello procedere nei gruppi e nelle aziende anche sul fronte della riduzione dell’orario di lavoro. Così come per quanto riguarda il tasso di sostituzione ci dovrà essere una correlazione alla pari tra entrate ed uscite”, conclude Esposito.

⇒ Scarica il report dell’Ufficio Studi & Ricerche della Fisac Cgil

Leggi anche

Banche: continua la fuga dall’Abruzzo e dal Molise. Ed è sempre più veloce




Report Fisac Cgil, inflazione cala ma redditi da lavoro non recuperano

Susy Esposito: “Il mondo del lavoro fatica sotto il peso di un fisco ingiusto, 11 aprile sciopero”

Inflazione in calo, grazie alla flessione dei prezzi energetici, ma che tende a mantenersi alta nel carrello della spesa. Salari in recupero per effetto della contrattazione ma ancora abbondantemente lontani dal compensare il divario inflattivo. È il quadro delineato dalla nota congiunturale di marzo dell’Ufficio Studi  & Ricerche della Fisac Cgil che si inserisce in un quadro macroeconomico definito “high for longer“, ovvero fatto di tassi di interesse elevati per molto tempo.

In generale, osserva la segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito, “l’ipotizzato rischio di forte recessione non si è, al momento, palesato nonostante una inflazione in lenta diminuzione e una politica monetaria che continua a essere restrittiva. Ma il mondo del lavoro fatica sotto il peso di un fisco ingiusto, che grava su dipendenti e pensionati e che incentiva l’evasione mentre intere categorie economiche continuano a non pagare le imposte dovute. Ed è anche per questo che sciopereremo l’11 aprile insieme alla Uil, perché ‘Adesso Basta!’, è ora di una giusta riforma fiscale”.

Inflazione e salari

L’incremento dei salari, spiega la nota congiunturale della Fisac Cgil, “seppur in recupero grazie alla contrattazione, è ancora abbondantemente lontano dal compensare pienamente il divario inflattivo: la decisa decelerazione dell’inflazione nel corso del 2023 ha ridotto la distanza tra la dinamica dei prezzi (Ipca) e le retribuzioni contrattuali a circa tre punti percentuali, meno della metà di quella osservata nel 2022”. Importante rilevare come questo dato, si legge, “sia fortemente influenzato dai rinnovi contrattuali dei settori pubblici, meno da quelli dei settori privati”.

Inoltre, prosegue la nota dell’Ufficio Studi & Ricerche Fisac Cgil, “alla fine del 2023, nei 44 contratti in vigore per la parte economica solo il 47,6% dei dipendenti totali (48% del monte retributivo) risultava coperto mentre ben 6,5 milioni di lavoratori (il 52,6%) attendono il rinnovo dei loro 29 contratti nazionali. Altro dato allarmante, rilevato sempre dall’Istat, è quello per cui il tempo medio di attesa di rinnovo, per i lavoratori con contratto scaduto, è aumentato dai 20,5 mesi di gennaio 2023 ai 32,2 mesi del dicembre 2023, in sintesi è andato perduto un ulteriore anno”.

Tassi bancari, depositi e prestiti

Tassi in calo, riporta la Fisac Cgil. L’Euribor a 3 mesi, che a novembre registrava una media del 3,98%, con un picco del 4% di metà mese, si attesta a un livello del 3,90%. Il tasso EurIRS a 10 anni, più sensibile alle dinamiche di lungo periodo, è collocato al 2,63% in discesa rispetto ai livelli di novembre 2023 (pari ad una media superiore al 3%). L’intera curva per durata di questi indicatori si trova oggi abbondantemente sotto la soglia del 3%; l’indicatore trentennale registra, a marzo 2024, valori intorno al 2,3%.

Il calo dei tassi di riferimento però, si rileva nella nota, “non ha ancora determinato una inversione di tendenza: il credito alle famiglie e alle società non finanziarie risulta, a febbraio 2024, ancora in contrazione del 2,7%. Secondo dati rilevati da Crif per il 2023 la domanda di mutui delle famiglie si è ridotta del 17,2% rispetto al 2022 mentre a settembre dello stesso anno i nuovi mutui erogati segnavano il -24% (-5,2% le surroghe)”. Interessante notare “come il 38,8% dei mutui richiesti sia di durata tra i 25/30 anni e che l’età dei richiedenti sia attestata tra i 45 ed i 75 anni per più di un terzo (35,4%) mentre i più giovani ne rappresentino meno del 30%”.

Qualità del credito e sofferenze

Nel primo mese del 2024 risultano in aumento le sofferenze bancarie al netto delle svalutazioni, come rilevato da Abi. L’incremento, pari a 2,2 miliardi di euro (+14,2% rispetto a dicembre 2023) è certamente collegato alle crescenti difficoltà del comparto piccole imprese nel far fronte al costo del credito. “Tuttavia, in termini assoluti, siamo ancora molto lontani – spiega la nota della Fisac Cgil – rispetto al picco di 88,8 miliardi di euro di sofferenze nette raggiunto dal sistema bancario italiano nell’ultimo trimestre 2015”.

Considerazioni

“Viviamo un momento di grandi contraddizioni – osserva la segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito -. Alti tassi di interesse fanno aumentare il rischio di un ‘hard landing’, di un atterraggio critico, che presuppone recessione, perdita di posti di lavoro e impoverimento delle famiglie. Eppure queste conseguenze non si sono determinate: siamo in una dimensione di ‘soft landing’ dove però aumentano diseguaglianze e povertà e dove la ricchezza è sempre più polarizzata”.

Il nostro Paese, spiega Esposito, “è completamente immerso in queste contraddizioni, acuite dalle storiche carenze strutturali. Dopo alcuni ed eccezionali anni di crescita, frutto di politiche post pandemia, siamo tornati a valori poco superiori allo zero mentre viene consegnata agli effetti del Pnrr (e dei suoi ritardi ed incognite) una qualche risposta. Le politiche del Governo, che celebra apparenti tassi di occupazione e reddito più elevati, mentre la disoccupazione giovanile continua ad essere la seconda più elevata d’Europa e la precarietà imperversa, ignorano i bisogni della maggioranza di lavoratrici, *lavoratori e *pensionate/i, favorendo viceversa, attraverso il fisco, le fasce più benestanti della popolazione.

Adesso Basta: l’11 aprile sarà sciopero generale, conclude Esposito.

 

Scarica la nota congiunturale a cura dell’Ufficio Studi & Ricerche della Fisac Cgil




Accordo OOSS – Banca Fucino: credito alle imprese edili solo se in regola con la sicurezza

L’accordo

Concedere credito allo sole imprese edili, che siano in appalto o subappalto, che abbiano presentato la documentazione comprovante il pieno rispetto della normativa in materia di sicurezza sul lavoro e delle norme di salute e sicurezza nei cantieri e che applichino il contratto nazionale Edili. È il punto al centro del protocollo tra le rappresentanze sindacali della Cgil e della Uil, le categoria Fisac Cgil e Uilca, con le confederazioni del Lazio di Cgil e Uil, e la Banca del Fucino.

Accordo firmato oggi presso la sede della Banca in via Tomacelli a Roma, alla presenza, tra gli altri, dell’amministratore delegato della Banca del Fucino, Francesco Maiolini, e delle delegazioni sindacali di Uil e Cgil, quest’ultima rappresentata da Susy Esposito, segretaria generale della Fisac Cgil; Natale Di Cola, segretario generale Cgil Roma e Lazio; e Daniele Canti, segretario generale Fisac Cgil Roma e Lazio. Nel merito l’accordo prevede che la Banca richiederà alle imprese interessate al credito la documentazione atta a comportare il rispetto delle norme su salute e sicurezza: dall’applicazione del contratto edilizia stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, al Dvr e al Durc di congruità, fino all’obbligo formativo. Un accordo unico nel settore, che verrà riverificato entro la fine dell’anno per valutarne gli effetti e per individuarne eventuali miglioramenti.

I commenti

 

Si tratta, ha spiegato Susy Esposito, segretaria generale della Fisac Cgil, “di un accordo innovativo perché chiede al sistema del credito di svolgere appieno un ruolo di responsabilità sociale nei confronti del paese. Vincola l’erogazione del credito al rispetto delle norme, premiando quindi quelle oneste. Ed è particolarmente innovativo anche perché cade nei giorni delle recenti stragi sul lavoro, ricordiamo su tutte Firenze, e di una risposta non all’altezza ma, al contrario, regressiva del governo sul tema della salute e della sicurezza”. Un primo punto che per la Cgil dovrà fare da apripista ad altri accordi: “Con oggi lanciamo anche un segnale all’intero settore bancario, ovvero richiedere requisiti di tutela delle lavoratrici e dei lavoratori a quelle aziende, in questo caso edili, che chiedono credito”, conclude Esposito.

Anche il segretario della Fisac Roma e Lazio, Daniele Canti, ha sottolineato il valore innovativo dell’accordo sottoscritto con la Banca del Fucino: “La banca dimostra, sottoscrivendo questo accordo, di voler legare l’erogazione del credito ad un piano non solo meramente economico ma anche etico, liberandosi di fatto, togliendo loro ossigeno, di tutte quelle aziende edili che pensano di operare in un Far West”.

Secondo Natale Di Cola, segretario generale della Cgil Roma e Lazio, “la firma di oggi segna che Roma sta diventando un simbolo. Questo accordo viene, infatti, dopo l’accordo sul Giubileo, firmato dalle categorie degli edili, dalle controparti e dal commissario straordinario sulle questioni di salute e sicurezza, e il protocollo di legalità sottoscritto col prefetto di Roma. Oggi riusciamo a qualificare anche i soggetti che grazie al credito aprono i cantieri. Come Cgil e Uil dimostriamo di essere portatori di un’idea di paese dove si possono fare accordi con la contrattazione di anticipo per garantire legalità, sicurezza ed efficienza. Un’idea diversa da quella del governo che pratica la disintermediazione e che dopo la strage di Firenze fa un decreto che peggiora le condizioni dei lavoratori”, conclude Di Cola.

Per il segretario generale della Fillea Cgil Nazionale, Alessandro Genovesi, infine, “l’accordo, che si inserisce in una positiva tradizione della Banca e in un sistema di relazioni industriali di qualità, è importante per i contenuti concreti, in particolare per la centralità che riconosce al rispetto dei contratti collettivi edili, alla salute e sicurezza e a strumenti di contrasto al lavoro irregolare come il Durc di Congruità. Ci auguriamo che anche altre Banche seguano questa buona pratica, a favore delle imprese edili serie e contro i troppi furbetti del cantierino”, conclude Genovesi.

Scarica il testo dell’accordo




Dl Anticipi: Fisac, risolta ingiustizia su fringe benefit

Risultato importante per bancari da noi fortemente voluto


 

Questione Fringe benefit risolta, cambia la norma sulla tassazione che colpiva i redditi delle lavoratrici e dei lavoratori. Grazie all’impegno e alle pressioni che abbiamo esercitato, con l’approvazione definitiva in legge del decreto anticipi si risolve in via strutturale la vicenda dei mutui agevolati concessi ai dipendenti bancari dagli istituti di credito, prima penalizzati dal rialzo dei tassi di interesse operato dalla Bce e da una ingiusta norma fiscale”. Ad affermarlo è la segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito, dopo il via libera definitivo da parte della Camera al decreto anticipi che diventa così legge.

Nel dettaglio

L’emendamento che abbiamo sostenuto, assieme alla Cgil, chiarisce, infatti, – prosegue – quella che è l’applicazione delle norme fiscali sui Fringe benefit: per i mutui a tasso fisso il riferimento del tasso base diventa quello dell’anno di concessione del prestito, prossimo allo zero per i vecchi mutui, abbattendo se non esaurendo l’aggravio fiscale; mentre per i mutui a tasso variabile, per una quota minoritaria del tasso, diventa quello vigente alla data di scadenza di ciascuna rata”.

Un risultato importante

Queste nuove disposizioni – aggiunge la segretaria generale della Fisac Cgil –saranno applicabili per il periodo di imposta corrente, la legge prevede infatti che siano efficaci dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto, ovvero compreso il 2023. Un risultato importante, che abbiamo fortemente voluto e raggiunto, insieme alle altre organizzazioni sindacali e datoriali, a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori che, come abbiamo denunciato in queste settimane, subivano un duro colpo frutto in termini di tassazione in ragione di una norma fiscale ingiusta”, conclude Esposito.


Per approfondimenti sulle nuove modalità di calcolo, leggi

Fisac: emendamento su fringe benefit risolve ingiustizia. Ecco cosa cambia




Banche, report Fisac Cgil: contratto ABI batte inflazione

Con riduzione orario lavoro settore bancario italiano in Ue solo dietro Francia


Un contratto che batte l’inflazione di 8 punti percentuali, con aumenti retributivi che rilanciano il potere d’acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori, e che allo stesso tempo riduce l’orario di lavoro a parità di salario: nel confronto europeo solo nel settore bancario francese si lavora meno ore. È in estrema sintesi il quadro che emerge da una elaborazione dell’Ufficio Studi e Ricerche della Fisac Cgil sui due elementi che qualificano il nuovo contratto nazionale del settore del creditizio e finanziario, siglato a Roma lo scorso 24 novembre, tra organizzazioni sindacali, Abi e Intesa Sanpaolo, ovvero aumento retributivo e riduzione dell’orario di lavoro.

Due grandi obiettivi centrati, afferma la segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito, “la crescita delle retribuzioni e la riduzione dell’orario di lavoro. I salari in Italia devono assolutamente crescere. È la sola via per combattere l’inflazione, ridando alle lavoratrici e ai lavoratori potere d’acquisto, rilanciare la domanda interna, e con essa la crescita, e la produttività stessa. In più abbiamo dato un concreto segnale sul fronte dell’orario di lavoro, riducendolo a parità di salario”.

RETRIBUZIONI

Il rinnovo che interessa i circa 270 mila bancari del settore Abi, sostiene lo studio della Fisac Cgil, batte l’inflazione acquisita nel 2023 e prevista fino a fine 2025. Il portato complessivo, infatti, tra dinamica della crescita salariale da previsioni del contratto (+3,5%) e gli aumenti a regime (+15%), determina un totale di incremento del 18,5%, ovvero un +7,9% rispetto all’inflazione cumulata acquisita e prevista (+10,6%). Il rinnovo di questo contratto, infatti, si innesta in una dinamica di crescita salariale legata a doppio filo con la contrattazione stratificata nel tempo, fatta di scatti di anzianità, regole sugli inquadramenti e ultima tranche del contratto del 2019.

ORARIO DI LAVORO

La riduzione dell’orario di lavoro settimanale, sancita nel rinnovo del contratto, che passa a 37 ore di lavoro, colloca in ambito europeo il settore bancario del nostro paese subito dopo la Francia, dove l’orario di lavoro settimanale è pari a 35,2 ore, e prima di Spagna (37,5) e Germania (38,6). Più in generale l’orario di lavoro del contratto bancario Abi dal primo luglio del prossimo anno, entrata in vigore delle 37 ore, così come previsto dal rinnovo del 23 novembre, sarà del 2% inferiore rispetto alla media di settore. Anche il raffronto con le ore di lavoro settimanali concordate collettivamente in cinque settori selezionati in Europa vede il settore bancario nelle prime posizioni. Il settore della chimica nella media Ue registra 37,8 ore di lavoro settimanali, la Metallurgia 38, la Pa 37,7, il commercio al dettaglio 38,5 e il bancario 37,7.

CONCLUSIONI

Un rinnovo che arriva, riporta lo studio della Fisac Cgil, in uno scenario ancora estremamente positivo per il settore bancario. Nei primi 9 mesi del 2023 i maggiori istituti bancari hanno registrato un incremento degli utili costante, trainati dai ricavi di interessi, pari a circa 16 miliardi, mentre gli utili stimati a fine anno, in assenza di una dinamica delle sofferenze tale da comprometterne il risultati, può attestarsi ad oltre 30 miliardi. “Abbiamo ridato centralità al contratto nazionale, in una fase di grandi cambiamenti ma anche di forte remunerazione del settore – commenta la segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito -. Ma è anche un risultato che dimostra quanto sia necessario, a dispetto delle scelte fatte da questo governo, che ci sia una legge sul salario minimo e sulla rappresentanza per ridare centralità al lavoro, riconoscendo il valore delle lavoratrici e dei lavoratori”.

Scarica il report




Fisac: emendamento su fringe benefit risolve ingiustizia. Ecco cosa cambia

Risultato importante, ora approvare velocemente decreto


Dopo le pressioni che abbiamo esercitato in questi mesi finalmente è stata individuata una soluzione sulla questione dei mutui agevolati concessi ai dipendenti bancari dagli istituti di credito, penalizzati dall’aumento repentino dei tassi di interesse e da una ingiusta norma fiscale. Individuata una soluzione equa e giusta a una distorsione che ha pesantemente penalizzato le lavoratrici e i lavoratori del settore”. Ad affermarlo è la segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito.

“Con un emendamento da noi sostenuto, insieme alle altre organizzazioni sindacali, al decreto Anticipi approvato in commissione Bilancio del Senato, con il via libera da parte della Ragioneria generale dello Stato, si chiarisce l’applicazione delle norme fiscali sui fringe benefit, ovvero che per i mutui a tasso fisso il riferimento del tasso base diventa quello dell’anno di concessione del prestito, mentre per i mutui a tasso variabile diventa quello vigente alla data di scadenza di ciascuna rata”.

“Un risultato importante, a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori ingiustamente colpiti da una norma fiscale ingiusta. Continueremo a seguire l’iter del decreto: la norma infatti si applica a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data in vigore della legge. Spingeremo perché la sua definitiva conversione in legge arrivi nel più breve tempo possibile”, conclude Esposito.


 

Cosa cambia in pratica?

La nuova formulazione prevede che per i mutui a tasso fisso l’eventuale beneficio si calcoli al momento della concessione e resti invariato per tutta la durata del finanziamento.

Esempio

Ipotizziamo che la banca accordi ad un suo dipendente un mutuo agevolato ad un tasso fisso dell’1% in un momento in cui il tasso di riferimento BCE è pari al 2%. Il benefit  su quel mutuo sarà pari alla metà della differenza tra i due tassi.
Quindi:

(2% – 1%) / 2 = 0,50%

Questa sarà per tutta la durata del mutuo la percentuale sulla quota interessi in base alla quale calcolare il beneficio accordato al dipendente fino alla scadenza, indipendentemente da future variazioni del tasso BCE.
La quota di fringe benefit, nel caso in esame, verrebbe mese per mese con la seguente formula:

Capitale residuo    x    0 ,50 /1.200 

 


 

Per i mutui a tasso variabile si analizzerà la differenza tra il tasso effettivamente pagato e quello in vigore nel mese di scadenza della rata. Fino ad ora si prendeva come riferimento il tasso al 31 dicembre e si confrontava con quelli pagati nelle rate scadute nell’arco dei 12 mesi. Questo comportava la possibilità di venire tassati per un beneficio del quale in realtà non si era goduto.

Esempio

Supponiamo per semplicità che un mutuo accordato dalla banca ad un suo dipendente sia regolato a tasso variabile uguale al tasso BCE. I tassi applicati nel 2023 sarebbero stati:

  •  gennaio 2,50%
  • da febbraio ad aprile 3,00%
  • maggio 3,75%
  • giugno e luglio 4,00%
  • agosto 4,25%
  • da settembre a dicembre 4,50%

Con le norme fin qui applicate il beneficio sulla quota interessi veniva calcolato come metà della differenza tra il tasso BCE al 31/12 e quelli effettivamente pagati alle varie scadenze.
Questo vuol dire che al nostro eventuale dipendente sarebbe stato attribuito un benefit percentuale così quantificato:

  •  gennaio  (4,50% – 2,50%) / 2 = 1,00%
  • da febbraio ad aprile  (4,50 – 3,00%) /2 = 0,75%
  • maggio  (4,50 – 3,75%) / 2 = 0,375%
  • giugno e luglio  (4,50 – 4,00%) / 2 = 0,25%
  • agosto  (4,50 – 4,25%) / 2 = 0,125%
  • da settembre a dicembre: nessun beneficio in quanto il tasso coincide con il tasso Bce al 31/12.

Per ognuno di questi mesi il benefit si calcola con la formula già vista in precedenza:

Capitale residuo   x    beneficio percentuale sugli interessi  /  1.200

Nell’esempio risulta evidente il paradosso; pur avendo un tasso che coincide tempo per tempo con il tasso Bce, con l’attuale formulazione il nostro bancario si vedrebbe calcolare un beneficio in realtà inesistente.

La nuova formulazione prevede che il tasso pagato venga confrontato mese per mese con il tasso BCE vigente tempo per tempo (e non con quello al 31/12) andando ad eliminare questa distorsione

Quando verranno restituite eventuali imposte già addebitate?

Ci vorrà ancora un po’ di pazienza. L’emendamento dovrà essere approvato anche alla Camera, poi il DL Anticipi dovrà essere convertito in legge. Insomma, la vicenda si avvia verso la soluzione ma c’è ancora un pezzo di strada da percorrere per arrivare alla meta.

 




Bancari, firmato il contratto: 435 euro di aumento e arretrati per 1.250 euro. Ecco cosa prevede

I sindacati (Fabi, First, Fisac, Uilca e Unisin) hanno firmato con Abi e con Intesa Sanpaolo l’ipotesi di accordo per il rinnovo del contratto dei 270mila bancari. Dall’aumento medio mensile di 435 euro al riconoscimento degli arretrati, come dice il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, si tratta «di uno dei più importanti rinnovi contrattuali della storia del settore bancario del nostro Paese.

È stato il negoziato probabilmente più difficile e più incerto per quanto riguarda l’esito finale: è stato necessario un percorso tutt’altro che in discesa, fatto di scontri, a volte aspri, al termine del quale, però, abbiamo raggiunto un accordo politicamente rilevante per la tenuta del settore e per il futuro della nostra categoria. Abbiamo restituito lustro e importanza a una categoria che qualcuno voleva a tutti i costi appiattire». Alle assemblee adesso spetterà il compito di dare il via libera all’ipotesi di accordo che per la prima volta vede la firma di un presidente del Comitato affari sindacali e del lavoro donna, Ilaria Maria Dalla Riva e di un segretario generale donna, Susy Esposito della Fisac Cgil. La presenza femminile al tavolo – dove Sileoni per la prima volta è stato affiancato dal segretario nazionale Elisabetta Mercaldo – ha contribuito anche alla decisione di prevedere misure contro la violenza di genere e per accrescere la tutela della maternità, proprio a partire dal contratto nazionale.

Le 4 tranche di aumento

L’ipotesi di accordo prevede 435 euro di aumento medio mensile della retribuzione, a partire da dicembre, pagamento degli arretrati per il periodo luglio-novembre di quest’anno con una media di 1.250 euro, ripristino pieno della base di calcolo del trattamento di fine rapporto a partire dall’1 luglio 2023. L’aumento contrattuale verrà pagato in quattro tranche, ma l’80% sarà riconosciuto nei primi 9 mesi di vigenza del contratto. La prima tranche sarà di 250 euro (57,5% del totale dei 435 euro) e arriverà in dicembre, la seconda sarà di 100 euro (23% del totale) e arriverà a settembre del 2024. Infine ci sono 50 euro (11,5%) a giugno del 2025 e 35 euro (8%) a marzo del 2026. L’aumento concordato produce effetti positivi anche sulla tredicesima mensilità.

 

Le nuove buste paga

Il quadro direttivo di quarto livello (QD4) passerà dagli attuali 4.575,56 euro ai 5.160,06 euro a regime (marzo 2026); il QD3 andrà da 3.899,01 euro a 4.396,88 euro; il QD2 da 3.483,38 a 3.965,48 euro a euro; il QD1 da 3.283,73 euro a 3.743,21 euro. Nella terza area professionale: al quarto livello si passerà da 2.906,90 euro a 3.341,90 euro; al terzo livello da 2.684,20 euro a 3.059,49 euro; al secondo livello da 2.535,88 euro a 2.890,41 euro; al primo livello da 2.405,97 euro a 2.742,34 euro. Chi, infine, inquadrato nell’area unificata (ex 1a e 2a area professionale) salirà da 2.175,31 euro a 2.479,45 euro.

 

Il recupero della produttività

L’incremento concordato ingloba sia il recupero dell’inflazione sia il riconoscimento della produttività delle banche che, a partire dallo scorso anno, hanno raggiunto importanti risultati con gli utili in costante crescita. Il primo aumento mensile verrà riconosciuto con la “busta paga” di dicembre, ma decorre da luglio scorso: verranno riconosciuti arretrati per cinque mesi, fino a novembre. In media 1.250 euro per ciascun lavoratore. Quanto, poi, al tfr, viene ripristinata, con decorrenza 1 luglio 2023, la base di calcolo e vengono cancellate, così, le previsioni di riduzione della base di calcolo introdotte nel 2012. Si tratta di un aumento significativo della cosiddetta retribuzione differita che porta a incrementare la “liquidazione” o i versamenti per la previdenza complementare.

Gli arretrati per inquadramento

Se in media gli arretrati saranno 1.250 euro (3a area professionale 4° livello retributivo), prendendo i quadri direttivi, le “una tantum” saranno 1.679,60 euro per i QD4, 1.459 euro, per i QD3, 1.385,35 euro per i QD2, 1.320,35 euro per i QD1. Nella 3a area professionale si passa a: 1.250 euro per il 4° livello, 1.078,40 euro per il 3° livello, 1.018,75 euro per il 2° livello, 966,60 euro per il 1° livello. Chi si trova nell’area unificata (ex 1a e 2a area professionale), invece, percepirà arretrati pari a 873,95 euro.

La piena fungibilità dei quadri direttivi e i trasferimenti

Abi e i sindacati hanno concordato la piena fungibilità dei quattro livelli dei quadri direttivi. È stato inoltre dato il via libera ad attività lavorative extra, con la cancellazione dell’autorizzazione che la banca doveva concedere ai dipendenti. Sui trasferimenti restano invece a 52 anni e a 50 chilometri i limiti oltre i quali l’azienda deve ottenere il consenso del dipendente. Per i quadri direttivi vengono mantenute tutte le tutele in vigore.

La riduzione dell’orario a 37 ore e la formazione

Se nella piattaforma i sindacati avevano chiesto una riduzione dell’orario a 35 ore settimanali, il negoziato ha deciso che l’orario di lavoro dei bancari verrà ridotto dalle attuali 37,5 ore a 37, con una diminuzione di 30 minuti complessivi, a partire da luglio 2024. Sale inoltre da 8 a 13 il numero delle ore per la formazione retribuita, con l’obiettivo di arricchire e promuovere l’evoluzione delle competenze dei lavoratori affinché siano un elemento fondamentale per la tutela dell’occupazione in banca. Sono state inoltre migliorare e integrate le procedure che consentono alle banche di accedere ai finanziamenti di fondi, enti bilaterali e Unione europea per la formazione del personale.

La nuova veste del Foc

Il contratto definisce una nuova veste per il Fondo per l’occupazione (Foc) che lavorerà in sinergia con il Fondo di solidarietà per favorire ancora di più la staffetta generazionale nel settore e far crescere l’occupazione al Sud. Vengono infatti ampliate le possibilità di ricorso al Foc, da parte delle banche, con l’obiettivo di favorire ancora di più nuovo lavoro nel settore e di far crescere l’occupazione al Sud. In generale, passa da 2.500 euro a 3.500 euro annui l’importo che il Foc riconosce alle banche che assumono: giovani fino a 36 anni (il limite era 32 anni), persone con disabilità, disoccupati di lungo periodo, lavoratori in mobilità, cassaintegrati. Inoltre, a chi è vicino al prepensionamento e sceglierà di passare al part time verrà pagato, per un massimo di 36 mesi, un importo pari al 25% della differenza di retribuzione. Il Foc, inoltre, agevolerà ulteriormente le assunzioni nelle regioni del Mezzogiorno grazie a un aumento dell’importo annuo, erogato in favore delle banche, che sale da 3.500 euro a 4.500 euro più ulteriori 1.000 euro se la sede di lavoro coincide con la provincia di residenza. L’attuale dotazione del Foc che è alimentato con versamenti di tutti i dipendenti bancari e ha consentito l’assunzione di quasi 40mila giovani, è di 145 milioni di euro.

La banca digitale

Il nuovo contratto si adegua ai cambiamenti del settore bancari e la cabina di regia nazionale, creata nel 2019, estenderà il suo raggio d’azione alla banca digitale: sarà questo il luogo di confronto permanente fra Abi e sindacati su innovazione tecnologica, digitalizzazione, nuove mansioni e figure professionali. Sulle pressioni commerciali ci saranno più garanzie e più tutele per i bancari in relazione alle indebite pressioni commerciali esercitate dai vertici delle banche per “spingere” la vendita di prodotti finanziari e assicurativi: l’accordo sulle politiche commerciali del 2017 diventa parte integrante del contratto collettivo.

Tutela della maternità e dichiarazione su violenza di genere

Con l’accordo raggiunto da Abi e dai sindacati vengono aggiunte tutele alla maternità. Viene infatti riconosciuto il pieno trattamento economico alle lavoratrici in stato di gravidanza “a rischio” che finora era “pagato” per soli cinque mesi. Il nuovo contratto dei bancari recepirà la dichiarazione congiunta Abi e sindacati su molestie e violenze di genere sui luoghi di lavoro del 12 febbraio 2019. La dichiarazione è nata per rafforzare e diffondere la consapevolezza nelle aziende, nelle lavoratrici e nei lavoratori oltre che nei loro rappresentanti sull’importanza di prevenire, contrastare e non tollerare ogni forma di comportamento che abbia come risultato un’intimidazione, un danno o una sofferenza fisica, sessuale, psicologica.

La partecipazione

Abi e i sindacati hanno inoltre condiviso che la partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori alla vita delle aziende contribuirà alla produttività del lavoro, al miglioramento dell’ambiente lavorativo, allo sviluppo sociale delle persone. Ciascuna banca o gruppo, pertanto, potrà quindi valutare iniziative per adottare forme di partecipazione dei propri dipendenti anche per governare la gestione dei cambiamenti.

Il ruolo di Intesa Sanpaolo

A questo punto, dice Sileoni, «sarà determinante capire come evolverà la situazione dell’Abi e in Abi, alla luce della posizione assunta dal gruppo Intesa Sanpaolo negli scorsi mesi che comunque, firmando lo stesso documento dell’associazione di categoria, ha confermato, assieme a tutte le altre banche, l’importanza e la centralità della contrattazione nazionale».

 

Fonte: Il Sole 24 Ore




Fisac: possibile la chiusura del CCNL ABI

Si avvicina la stretta finale. Riteniamo positivo che il Comitato di presidenza abbia dato pieno mandato per la chiusura della trattativa per il rinnovo del contratto in tempi brevi alla presidente del Casl e al direttore generale di Abi. I prossimi incontri in plenaria, previsti per il 23 e il 24 novembre, potrebbero essere decisivi”.

Così la segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito, sull’esito della riunione di oggi sulla trattativa per il rinnovo del contratto Abi, aggiungendo che: “Si conferma al tavolo la richiesta di un aumento salariale per la figura media pari a 435 euro, così come il ripristino pieno del calcolo del Tfr. Due elementi che danno risposta all’esigenza di tutelare il potere di acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori, redistribuendo a tutte e a tutti la produttività di un settore che ha generato risultati record, come confermato dalle trimestrali di tutti i gruppi bancari”.

Nel merito della trattativa, tra le rivendicazioni, osserva la Segretaria Generale della Fisac Cgil, “abbiamo posto la richiesta della riduzione dell’orario di lavoro settimanale, così come il tema di costruire norme più cogenti su temi che riteniamo essere fondamentali, quali la formazione che rappresenta oggi la leva sulla quale incidere per governare i processi di digitalizzazione mettendo al centro le persone. È nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori che bisogna prestare attenzione puntando, tra le altre cose, sul benessere lavorativo e sul contrasto alla violenza e alle molestie sui luoghi di lavoro”.

Infine, prosegue Esposito, “ma non per ultimo, abbiamo ribadito che sono già previsti dal Ccnl strumenti che è il momento di utilizzare: cabina di regia, commissione sulle politiche commerciali (che deve finalmente realizzare l’indagine di clima di settore in cui sarà fondamentale misurare lo stress da lavoro correlato),osservatorio produttività, commissione salute e sicurezza e commissione formazione. Una vasta gamma di strumenti che devono camminare per accompagnare la trasformazione del settore a difesa e a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori”, conclude.




Gruppo Bper. Welfare, tassazione mutui, fringe benefits: a che punto siamo?


 

È stata appena pubblicata la circolare numero 279 che prevede la mappatura dei familiari ai fini della determinazione dei benefici complessivi da computare tra i benefits aziendali.

A partire dallo scorso anno diversi colleghi si sono trovate addebitate in busta paga delle trattenute fiscali e previdenziali che in precedenza non gli erano state applicate. Questo a causa di una normativa, quella relativa al trattamento fiscale dei fringe benefits, che esisteva da anni ma , in una situazione in cui per oltre 10 anni il tasso BCE era rimasto vicino allo zero, non aveva prodotto gli effetti dannosi che abbiamo purtroppo toccato con mano.
Avevamo spiegato cosa stava succedendo in questo articolo.

Prima di aggiornarvi sugli sviluppi della questione, riteniamo opportuno ricordare gli aspetti salienti della normativa, ed il motivo per cui avviene questa tassazione.

COSA SONO I FRINGE BENEFITS?

Nella categoria dei fringe benefits rientrano le erogazioni in natura, cioè non monetarie, che il datore di lavoro concede ai dipendenti. Nel nostro caso specifico rientrano in questa categoria:

  • Buoni Cadhoc:  110 annui  (erogazione ancora sospesa ma in procinto di sbloccarsi)
  • Polizza infortuni: € 38,40 annui per il 2023
  • Buoni acquisto o buoni benzina: acquistabili tramite il portale welfare, utilizzando il credito accantonato. Bper aveva  inibito la possibilità di acquistare i buoni. Ci è stato preannunciato l’imminente sblocco della procedura.
  • Mutui e prestiti a tasso agevolato: argomento che approfondiremo tra poco.

Come vengono considerate queste erogazioni dal punto di vista fiscale? Lo Stato non le equipara alle retribuzioni e non le assoggetta a tasse e contributi, a patto che non superino un determinato limite.
Di norma tale limite ammonta ad € 258,23; per il 2023, tramite il D.L. 4 maggio 2023 n. 48, il Governo ha elevato la soglia ad € 3.000 solo per i genitori con figli a carico. Norma che la Fisac ha contestato fin dal primo momento, bollandola come discriminatoria e propagandistica.
Al momento il limite oltre il quale scatta la tassazione resta ad € 258,23 per chi non ha figli a carico.

Attenzione: se si sforano anche di un solo centesimo le soglie di € 3.000 o di € 258,23, verrà tassata e assoggettata a contribuzione non soltanto l’eccedenza ma l’intera somma.
Questo significa che sull’intero ammontare verranno effettuate le trattenute IRPEF (35% o 43% a seconda del reddito complessivo), quelle relative ai contributi previdenziali ed alle addizionali regionali e comunali.

COME FUNZIONA IL MECCANISMO DEI FRINGE BENEFITS PER I MUTUI E PRESTITI?

Se un’azienda che vende scarpe e decide di regalare un paio di scarpe ai dipendenti, quella rappresenta un’erogazione in natura. Un’azienda che vende soldi, quando concede ai suoi dipendenti un prestito a tasso agevolato rispetto alla clientela ordinaria sta effettuando un’erogazione in natura. Per questo i finanziamenti ai dipendenti sono soggetti alla normativa sui fringe benefits.

Come si fa a quantificare l’ammontare del beneficio?

L’importo da considerare come benefit si determina partendo dalla differenza tra il Tasso di Riferimento BCE e il tasso pagato sul mutuo o sul prestito.
Al momento il tasso BCE ammonta al 4,5% dopo una vorticosa risalita che nel giro di 14 mesi lo ha portato da zero al livello attuale

Non tutta la differenza rappresenta un benefit: l’importo preso in considerazione è pari al 50% di tale differenza.

Spieghiamoci con un esempio. Se un mutuo al tasso del personale, con debito residuo pari a 100/mila euro, è regolato ad un tasso fisso dello 0,50%, considerando il tasso BCE del 4,50% l’ammontare del benefit è pari a:

4,5 – 0,50 = 4,00%
4,00 : 2 = 2,00%

Ribaltata sul debito residuo, questa percentuale equivale a:

100.000 x 2 : 1200 = 166,67€

che rappresentano il benefit generato dal prestito in un mese.

Purtroppo la normativa fiscale, in vigore ormai da diversi anni, prevede un meccanismo perverso che stabilisce che si faccia il confronto tra il tasso BCE vigente alla fine dell’anno e quello pagato mese per mese. Questo fa sì che il conteggio della differenza finisca con l’essere retroattivo, ed essere esteso anche ai mesi precedenti all’aumento del tasso. Per anni il problema non si era posto perché il tasso BCE è stato per anni molto basso o in discesa, arrivando ad essere addirittura negativo.

Il rischio di vedersi tassati riguarda in primis i mutui e i prestiti a tasso fisso, che non risentono degli incrementi del tasso BCE. Tuttavia, il meccanismo appena illustrato non consente di escludere che anche i finanziamenti a tasso variabile possano generare tassazioni supplementari, soprattutto in caso di forti aumenti del tasso BCE in corso d’anno.

Torniamo al nostro esempio. L’ammontare del benefit mensile, a causa del modo in cui la norma è scritta, va moltiplicato per i 12 mesi dell’anno. Quindi (ipotizzando per semplicità che l’importo sia uguale per tutti i mesi, anche se in effetti varia al variare del debito residuo):

166,67 x 12 = 2.000,00€ Minori interessi su finanziamento
+ 38,40 € Polizza infortuni (quota annua per il 2023)
TOTALE BENEFITS 2.038,40€

N.B. non abbiamo per ora considerato l’ammontare dei Cadhoc. Ci torneremo in seguito


Sommando tutte le voci, un ipotetico collega senza figli a carico si trova ad aver ampiamente sforato la soglia dei 258,23€. Per questo si vedrà le trattenute fiscali e previdenziali sull’intera somma.
Una lavoratrice o un lavoratore con figli a carico riuscirà invece ad evitare la tassazione per il 2023, (ma non ci riuscirebbe nel 2024 come vedremo in seguito).

A differenza di altri istituti, che hanno scelto di effettuare l’addebito in unica soluzione a fine anno, nel 2022 Bper ha deciso di effettuare il controllo mensilmente, provvedendo ad effettuare gli addebiti non appena la soglia viene superata. Questo ha il vantaggio di rateizzare l’esborso, evitando di effettuare un’unica stangata a fine anno; d’altro conto, tale scelta può comportare la necessità di conguagli qualora si verifichino aumenti del tasso BCE successivi all’effettuazione delle trattenute (come abbiamo visto la variazione del tasso ha effetti retroattivi, dovendo calcolare la differenza tra il tasso al 31/12 e quello applicato nel corso dei mesi precedenti).

Nel 2023, tuttavia, l’Azienda ha congelato gli addebiti al mese di marzo, visti gli annunci e i successivi interventi che hanno modificato le soglie d’imponibilità, in attesa di una chiara definizione della materia.

Ricordiamo che, con l’eccezione dell’acquisto di buoni spesa o carburante (al momento inibito), il welfare aziendale non rientra tra i fringe benefits, quindi si può tranquillamente continuare ad utilizzare per tutte le altre voci come zainetto sanitario, spese scolastiche, ecc…

NOVITA’ 2023

 

Con la risoluzione 44/E del 25/7/2023, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti interpretativi riguardo alle modalità di calcolo dei benefici tassabili. E’ stato così chiarito che tra le agevolazioni da computare nell’imponibile complessivo vadano aggiunti anche gli interessi sui fidi di conto e quelli sui finanziamenti concessi ai familiari elencati nell’art. 12 del TUIR:

– Coniuge (o unito civilmente)
– Figli e loro discendenti
– Coniuge legalmente ed effettivamente separato
– Genitori (anche adottivi)
– Generi e nuore
– Suocero e suocera
– Fratelli e sorelle
– Nonni e nonne

Fra le conseguenze di questa nuova interpretazione c’è il fatto che gli interessi su un mutuo cointestato con il coniuge, che nel 2022 erano stati computati tra i benefits della lavoratrice o del lavoratore per il 50%, quest’anno contribuiranno per il 100% a determinare la base imponibile.

 

COSA SUCCEDE IN BPER?

Nelle scorse settimane ci è stato richiesto di autocertificare la presenza di figli a carico attraverso la procedura “HR Comunicazioni“. Tale adempimento è apparso a molti come una duplicazione, visto che i dati relativi alle detrazioni per figli a carico sono già presenti nelle procedure Bper: in realtà l’autocertificazione si è resa necessaria in quanto espressamente richiesta dal Decreto Legge.
Ai fini dell’applicazione del limite di esenzione a 3.000 € per lavoratrici e lavoratori con figli a carico, raccomandiamo a chi ancora non lo avesse fatto di aggiornare le informazioni in procedura “HR Comunicazioni” entro il prossimo 10 novembre.

La nuova circolare ci richiede adesso di inserire in procedura le informazioni relative ai propri familiari destinatari di prestiti e finanziamenti agevolati. Per le modalità operative si rimanda alla citata circolare.

A partire dal prossimo mese di novembre la voce TOTBEN, presente sulla busta paga, sarà aggiornata con il totale dei benefit calcolati secondo le modalità indicate, e saranno effettuati gli addebiti delle ritenute relative ai primi 11 mesi dell’anno

A gennaio sarà effettuato l’eventuale conguaglio.

 

Per quanto riguarda i buoni Cadhoc, la cui erogazione è rimasta in sospeso fino ad ora, stiamo lavorando ad un accordo che permetterà di optare per la corresponsione dell’importo corrispondente in busta paga, in modo da evitare di andare ad aumentare l’importo soggetto a tassazione. Torneremo sul tema una volta sottoscritto l’accordo per fornire indicazioni che possano aiutare a scegliere la soluzione migliore per ognuno.

Nel mese di novembre sarà sbloccato l’acquisto di buoni spesa o buoni benzina e la possibilità di utilizzare il credito welfare per il rimborso delle bollette, sia pure con limitazioni che terranno conto delle soglie di tassabilità. 

COME SI STA MUOVENDO LA FISAC?

E’ importante fare una premessa: la tassazione dei fringe benefits non dipende da contratti aziendali o di settore, ma è disciplinata da norme di legge. Questo significa che cercare di ottenere delle modifiche significa andare oltre il normale campo d’azione delle Organizzazioni Sindacali.

Nonostante le difficoltà, la Fisac si è fatta parte attiva nel promuovere diverse iniziative volte a rettificare una norma oggettivamente iniqua; ne ricordiamo solo alcune:

  • Interrogazione Parlamentare a firma del Senatore PD Carlo Cottarelli in data 22/03/2023
  • Lettera congiunta dei Segretari Generali ed ABI alla Presidenza del Consiglio
  • Emendamenti al DL Lavoro presentati dalla Cgil in data 21 giugno 2023
  • Nuova lettera congiunta dei Segretari Generali ed ABI alla Presidente del Consiglio ed ai Ministri dell’Economia e del Lavoro.

 

QUALI RISPOSTE HA DATO IL GOVERNO?

Ad oggi non c’è stato nessun provvedimento relativo alla specifica questione delle tassazione dei finanziamenti agevolati accordati ai dipendenti bancari.

Nel corso dell’anno è stata elevata la soglia di non tassabilità a 3.000€ solo per lavoratrici e lavoratori con figli a carico, norma che la Cgil ha contestato come già specificato.

Nell’ultima manovra finanziaria il Governo ha previsto per il 2024 l’innalzamento della soglia di non tassabilità a 1.000€ per tutti, ed a 2.000€ per chi ha figli a carico. Tale provvedimento è stato subito attaccato dalla Fisac: la Segretaria Generale Susy Esposito ha infatti dichiarato che la nuova norma “rischia addirittura di peggiorare la situazione: per la stragrande maggioranza non cambierà nulla, pagheranno tutti“.

In effetti, per chi avesse ottenuto mutui negli anni scorsi con tassi molto inferiori all’attuale tasso BCE, la soglia di 1.000€ molto probabilmente non risolverà il problema (ricordiamo che al superamento della soglia è l’intero ammontare del benefit ad essere tassato e non la quota eccedente); per contro, l’abbassamento da 3.000 a 2.000€ della soglia per chi ha figli a carico porterà presumibilmente diverse persone che nel 2023 non avevano subito tassazioni a vedersi applicate pesanti ritenute in busta paga.

Cosa dobbiamo aspettarci nell’immediato futuro? La risposta sta ancora nelle parole della Segretaria Nazionale Susy Esposito: “Continueremo la nostra azione, aspettandoci al più presto un confronto sul tema che sia veloce e risolutivo, a partire dal 2023 per il quale non è stato previsto un intervento risolutivo per coloro che non hanno carichi familiari e sui quali si abbatterà la scure fiscale” 

 

 

 

 

 

 




CCNL ABI: nuovi spiragli per chiusura entro l’anno

Per chiudere serve mandato pieno al Presidente del Casl di Abi, Ilaria Dalla Riva. L’8 novembre il Comitato di Presidenza sceglierà se accelerare il negoziato.


La mobilitazione dei bancari – che nessuna banca vuole – per ora non ci sarà. Per ora, però.

I Sindacati si sono presi del tempo dopo che bell’incontro in ristretta di ieri tra il Presidente del Casl di Abi, Ilaria Maria Dalla Riva, e i Segretari Generali di Fabi Lando Maria Sileoni, First Riccardo Colombani, Fisac Susy Esposito, Uilca Fulvio Furlan e Unisin Emilio Contrasto, è stato fatto il “punto nave” e si sono aperti spiragli sui temi più cari al lavoratori in questa fase di altra inflazione. E cioè quelli economici.

Il contratto è scaduto alla fine del 2022 e nei 270mila bancari si sono create molte aspettative, tant’è che nel fine settimana i Sindacati hanno scelto di alzare i toni, in attesa delle risposte sulle questioni economiche. L’8 novembre ci sarà un comitato di Presidenza di Abi in cui Dalla Riva chiederà un mandato forte per avviare il percorso di convergenza sui singoli punti e costruire la cornice del contratto. Ieri sono stati definiti percorso, metodo e punti da chiarire.

Sicuramente il negoziato parte da richieste impattanti non solo sul fronte economico, con costi diretti e indiretti, ma anche su quello dell’aumento delle procedure sindacali. Con il risultato di aumentare i lacci e lacciuoli del contratto, quando per le Banche serve semplificare. Rimangono centrali fattori come la formazione, un vero e proprio strumento per garantire l’occupabilità delle persone proprio adesso che ci sono migliaia di bancari che devono affrontare percorsi di upskilling e deskilling. Di qui l’ipotesi di valutare nuove sinergie tra il Fondo per l’occupazione e il Fondo di solidarietà.
La fungibilità è un altro tema molto caro alle Banche, come anche la mobilità e le trasferte.

Ieri Abi ha ribadito anche la volontà di arrivare a una soluzione entro quest’anno, emersa chiaramente durante l’ultimo esecutivo. Del resto con i conti che si prevedono per il 2023, la voce aumenti del contratto potrebbe essere spesata proprio entro quest’anno.
Una voce di grande peso. Un calcolo molto rudimentale e al ribasso, considerando solo l’aumento di 435 euro del livello medio di riferimento – quindi senza tenere conto che i bancari hanno mediamente inquadramenti molto alti – per il sistema bancario significherebbe, a regime (quindi alla fine della durata del contratto), un aumento del costo del lavoro di un miliardo e mezzo l’anno. A cui andrebbe aggiunto il ripristino della base completa per il ricalcolo del Tfr.  Alcuni istituti hanno già iniziato a fare alcune proiezioni anche su questo tema, segno che comunque dei ragionamenti si stanno facendo.

A questo punto se il Comitato di Presidenza dovesse dare un mandato pieno al Presidente del Casl Dalla Riva, si potrebbe anche immaginare che il contratto si chiuda con tempistiche più veloci del passato. un’idea che non dispiace a nessuno, soprattutto perché gli istituti hanno l’esigenza di vedere i bancari lavorare con serenità e concentrarsi sui progetti strategici, a partire dalla banca digitale.

 

Sintesi dell’articolo di Cristina Casadei su “Il Sole 24 Ore” del 24/10/2023