Bancario insulta e strattona i clienti, il tribunale annulla il licenziamento: «Ambiente di lavoro stressante»

Cremona: l’ordinanza stabilisce che il dipendente, con 28 anni di anzianità, sia risarcito con 16 mesi di stipendio, perché per anni è stato costretto a lavorare in condizioni di malessere


 

Non c’è dubbio, anche perché esistono i filmati delle telecamere e le testimonianze, che a dicembre 2021 il cassiere della banca abbia prima alzato la voce con un cliente (che gli chiedeva di verificare di nuovo se gli fosse stato accreditato lo stipendio), e che poi lo abbia strattonato per spingerlo verso l’uscita. E allo stesso modo non c’è dubbio sul fatto che lo stesso cassiere, un mese dopo, abbia di nuovo alzato parecchio i toni con un altro cliente, in una discussione che poi ha concluso con la frase: «Chiudi il becco».

Col richiamo a questi due fatti, che appaiono sicuramente come «giusta causa», e ad altre due contestazioni disciplinari minori (sempre rapporti sgarbati con due clienti nel maggio 2021), nel marzo 2022 la banca ha licenziato il lavoratore, in servizio alla filiale di Cremona. Ma con una recente ordinanza il Tribunaledella stessa città ha stabilito che il licenziamento vada annullato, e che il lavoratore debba essere risarcito con 16 mesi di stipendio: perché s’era trovato a lavorare per anni in un ambiente «stressogeno», perché aveva sempre segnalato il proprio malessere e perché, in definitiva, il licenziamento per giusta causa è una sanzione non proporzionata.

La giustificazione

«Al lavoratore va sicuramente rimproverato — scrive il giudice — di non aver saputo esercitare il dovuto  manifestando all’esterno il proprio malessere in circostanze che richiedevano altro comportamento. Tale mancanza, però, si ritiene non possa integrare la giusta causa di licenziamento o il giustificato motivo soggettivo».

Il bancario, al momento del licenziamento, aveva28 anni di anzianità, per la maggior parte proprio al Credito Emiliano, e il legale che lo ha assistito, Domenico Tambasco, commenta: «Si tratta di un’ordinanza molto importante perché, sul solco tracciato dalla Cassazione in materia di stress lavorativo, per la prima volta riconosce che i comportamenti “reattivi” oggetto di contestazione disciplinare possono trovare spiegazione nelle condizioni stressogene a cui sono sottoposti i dipendenti. La disfunzione organizzativa può, in determinate situazioni, giustificare quindi la condotta individuale».

Ma in cosa consiste la definizione di ambiente «stressogeno»? Poco prima del licenziamento, il lavoratore aveva fatto causa per demansionamento. La storia viene ricostruita dai giudici con un iniziale trasferimento da un’altra Regione, chiesta dal lavoratore, e un finale impiego come cassiere semplice dopo aver avuto mansioni molto più elevate, a contatto con i clienti della fascia più alta. I documenti su cui il giudice si è però concentrato sono le schede di valutazione sul dipendente, fatte dalla stessa banca tra il 2014 e il 2020.

L’ambiente

In tutte queste relazioni, il cassiere ha avuto «risultati complessivamente adeguati», ma ha sempre manifestato il proprio malessere: «Non ha mai nascosto i suoi “mal di pancia” nello svolgimento del ruolo di cassiere commerciale, esprimendo più volte interesse di valutare esperienze professionali diverse»; «Nulla gli possiamo obiettare in termini di impegno… Di contro non ha mai negato di sentirsi fuori luogo nel ruolo»; «disagio, più volte manifestato, per un ruolo che ritiene non adatto al suo profilo professionale».

La banca dunque, sostiene il Tribunale, era consapevole del malessere e che questo provocasse in qualche caso «una modesta tolleranza allostress». In più il lavoratore aveva segnalato in una mail al suo direttore, durante la pandemia, «di essere costretto a contenere l’umore dei clienti della filiale e a subire qualsiasi tipo di insolenza e vessazione verbale, senza la possibilità… di fare alcuna pausa di recupero di energia psicofisica».

 

Fonte: milano.corriere.it




Generali: «Scarso rendimento», annullati i provvedimenti contro lavoratore

La compagnia corre ai ripari, ma il suo Codice disciplinare non è coerente con il contratto nazionale


Generali, no ai licenziamenti per scarso rendimento
Storica sentenza del Tribunale di Taranto

La Fisac di Lecce contesta i provvedimenti disciplinari, anche il giudice li ritiene illegittimi “Sentenza che dà ai lavoratori dignità professionale e garantisce trasparenza ai clienti

Con una sentenza storica, Il Tribunale di Taranto ha annullato i provvedimenti disciplinari irrogati da Generali ad un suo dipendente, per “scarso rendimento”.
E lo ha fatto entrando nel merito e stabilendo un principio a salvaguardia della dignità professionale e del benessere dei lavoratori, contro la tirannia delle pressioni commerciali: “Il mancato raggiungimento di un risultato prefissato non costituisce di per sé inadempimento. La condotta del lavoratore va valutata complessivamente e per un apprezzabile periodo di tempo” e prendendo come criterio fondamentale la “fattiva collaborazione” del dipendente per l’acquisizione degli affari. Un pronunciamento, arrivato grazie al lavoro della Fisac Cgil Lecce e del suo Dipartimento Giuridico che farà giurisprudenza e che è destinato a pesare sulla mole di provvedimenti disciplinari che la compagnia di assicurazioni ha comminato al personale. Sanzioni che hanno spesso comportato l’abbandono volontario del posto di lavoro o il licenziamento.

“La sentenza è un passo fondamentale per affermare il diritto di lavoratrici e lavoratori a vivere il proprio lavoro con la giusta serenità ed in un contesto di benessere”, spiegano Maurizio Miggiano, segretario generale della Fisac Cgil Lecce, e Paola Boccardo, responsabile del Dipartimento Giuridico FISAC Lecce. “Le pressioni commerciali delle compagnie assicurative, ma anche di altre aziende di svariati settori, mettono a dura prova la tenuta psicofisica dei dipendenti, sempre più spinti ad ottenere risultati, a volte mettendo a rischio anche la tutela del cliente e il principio della trasparenza, pur di non incorrere in sanzioni disciplinari”.

Il riferimento dei sindacalisti va alle direttive ed ai regolamenti a garanzia del cliente, che impongono agli operatori di comportarsi con equità, onestà, professionalità, correttezza e trasparenza nel miglior interesse dei contraenti e degli assicurati. In Generali, però, gli obiettivi di produzione vengono stabiliti dall’azienda in modo discrezionale, in assenza di una negoziazione con i sindacati, e con un sistema sanzionatorio pressante: “Riteniamo che un’organizzazione di questo tipo abbia poco a che fare con le reali esigenze della clientela e con il rispetto della dignità delle lavoratrici e dei lavoratori, costretti in molti casi a rinunciare al lavoro pur di non subire pressioni e mortificazioni della loro professionalità”, dicono i sindacalisti.

Fino alla sentenza del Tribunale di Taranto, la Fisac Cgil Lecce aveva ottenuto giustizia presso gli Ispettorati territoriali del lavoro per un vizio di forma. L’Itl ha infatti accolto le tesi dei lavoratori, perché Generali non aveva affisso in un luogo visibile a tutti il Codice disciplinare (in base all’articolo 7 dello Statuto dei Lavoratori). Un principio ribadito dalla recente sentenza, che ha costretto Generali ad adeguarsi e ad affiggere il suo Codice, che però prevede ancora tra le condotte sanzionabili anche lo scarso rendimento. E ciò alla Fisac Lecce non va bene: “Il Codice disciplinare deve essere in ogni sua parte coerente con il contratto collettivo nazionale, così come stabilito dallo Statuto dei Lavoratori. Se la contrattazione stabilisce che il dovere del dipendente è adoperarsi per l’acquisizione degli affari, non può esistere un Codice disciplinare contrario al principio della fattiva collaborazione”, concludono i sindacalisti.


SEGRETERIA PROVINCIALE FISAC/CGIL – LECCE




Cassazione: lecito pedinare un dipendente solo se si sospetta che commetta reati

La Corte di Cassazione, con Ordinanza n. 25287 del 24 agosto 2022, ha annullato il licenziamento di un dipendente di un’Istituto di Credito, accusato di essersi in più occasioni allontanato dal proprio ufficio durante orario di lavoro per svolgere attività (fare la spesa e andare in palestra) estranee alla prestazione lavorativa.

Il comportamento contestato era stato rilevato a seguito del pedinamento disposto a carico di un’altra dipendente del medesimo istituto, sospettata di abusare dei permessi dei quali beneficiava per l’assistenza di un familiare disabile ai sensi della L.104/92. Il pedinamento, effettuato da un’agenzia investigativa privata, non era originariamente finalizzato a controllare il comportamento del ricorrente, ma solo quello della sua collega. Tuttavia, a seguito dell’attività investigativa erano emerse le assenze che poi hanno portato al licenziamento.

La Corte ha deciso di cassare il licenziamento, smentendo l’operato dei giudici di merito, e ribadendo che l’attività di controllo sui lavoratori per mezzo di soggetti esterni è consentita solo se volta ad accertare la commissione di atti illeciti, ma non può sconfinare nella vigilanza sull’attività lavorativa vera e propria, che l’art. 3 dello Statuto dei Lavoratori riserva al datore di lavoro e ai suoi collaboratori.

Tradotto in termini pratici: il pedinamento di un lavoratore sospettato di utilizzo improprio della Legge 104 è legittimo, perché tale comportamento può avere rilevanza penale. Il medesimo pedinamento, se finalizzato a controllare la correttezza dell’operato di un dipendente in assenza di ipotesi di reato, non è ammissibile.
Nel caso in esame il pedinamento da parte di un’agenzia investigativa, pur se giustificato da un controllo legittimo su un’altra dipendente, ha avuto per oggetto comportamenti che il ricorrente ha tenuto durante l’espletamento dell’attività lavorativa. Quindi, pur in presenza di comportamenti censurabili, il fatto che siano stati accertati in modo ritenuto non ammissibile rende illegittimo il licenziamento.

 

Ordinanza n. 25287 del 24 agosto 2022

 

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Cassazione: giusto licenziare chi usa legge 104 per fare la spesa e andare al mare

 

 




Gruppo Bper: attenti a ciò che andiamo a guardare

In questi giorni diverse filiali stanno ricevendo chiamate dall’Ufficio preposto ai controlli sulla Privacy nelle quali si chiede conto di interrogazioni effettuate su rapporti di clienti, apparentemente non giustificate dall’operatività ordinaria.

La questione è estremamente seria e non va assolutamente sottovalutata.

Le modalità di accesso ai dati personali furono disciplinate dall’accordo sottoscritto in data 29 settembre 2014 che prevede, in sostanza, che l’accesso ai dati della clientela non possa avvenire se non per finalità strettamente connesse all’attività lavorativa. In base all’accordo sono stati disposti controlli automatici volti all’individuazione di comportamenti anomali. In caso di anomalie viene informata la Direzione Risorse Umane di Gruppo, che provvede a contattare il dipendente al quale viene chiesto di fornire giustificazione, eventualmente assistito da un rappresentante sindacale. In questa fase l’Azienda non può avviare provvedimenti disciplinari.
La mancanza di adeguate giustificazioni, tuttavia, può comportare conseguenze potenzialmente non meno gravi: l’Azienda è tenuta ad informare il titolare del rapporto oggetto di interrogazioni anomale per comunicargli l’accesso illecito a i suoi dati, aprendo la strada a possibili segnalazioni al Garante per la Privacy dalle quali possono derivare pesanti sanzioni ed anche possibili richieste di risarcimento danni.
Un’eventuale sanzione comminata dal Garante per la Privacy legittimerebbe – a posteriori – un provvedimento disciplinare, che a quel punto potrebbe essere anche molto importante.

Le novità introdotte dall’accordo, resosi necessario a seguito di specifica prescrizione da parte del Garante per la Privacy, furono illustrate con Circolare 28 del 30/9/2014: si tratta pertanto di una norma piuttosto datata, che, ad onor del vero, fino ad oggi non aveva generato particolari problemi.

Nei mesi scorsi, tuttavia, si è verificata un’intensificazione dei controlli, preannunciata dalla notizia di gruppo “Accessi impropri a dati della clientela da parte dei dipendenti”, pubblicata lo scorso 30 novembre. Da allora abbiamo notizie di numerose richieste di chiarimenti arrivate alle filiali, anche a fronte di una singola interrogazione relativa ad un conto di altra dipendenza.
Come a volte accade, le disposizioni emanate da Bper si prestano ad interpretazioni a posteriori che potrebbero penalizzare i colleghi. In particolare, la disposizione dice che “le consultazioni di dati e stampe relative a posizioni di clienti devono sempre ed esclusivamente essere svolte in relazione alla cliente assegnata“.
Cosa s’intende per clientela assegnata? Solo i clienti della filiale (nonostante la circolarità prevista dalle procedure)? O i clienti appartenenti al proprio modello di servizio? O solo quelli ricompresi nel proprio portafoglio? (Esempio: se il direttore chiede al cassiere di predisporgli inquiry su una posizione su cui il direttore sta istruendo pratica di affidamento, che succede?)

E’ indispensabile che Bper faccia chiarezza su questo punto.

In attesa di chiarimenti, riteniamo opportuno fornire alcuni consigli volti ad evitare le gravi conseguenze che potrebbero derivare, anche in totale buona fede, da comportamenti poco attenti.

  • Non effettuare alcun tipo di interrogazione sui rapporti della clientela se non giustificata da finalità operative, o riferibile a motivazioni di servizio (come riporta la citata notizia del 30/11/22).
  • Se un cliente si reca allo sportello soltanto per richiedere un estratto conto, senza effettuare operazioni contabili dalle quali emergerebbe in modo indiscutibile la sua presenza in filiale, è opportuno farsi firmare una richiesta scritta (in modo particolare se si tratta di correntisti presso altre dipendenze o di clienti che non si recano spesso in banca) corredata da fotocopia di un documento. E’ indubbiamente un aggravio dell’operatività, ma sempre nella notizia del 30/11 si fa espresso riferimento alla necessità di acquisire richieste documentabili, preventivamente autorizzate dal cliente.
  • Non comunicare alcuna informazione per via telefonica né tramite email. Il divieto, già presente in diverse disposizioni aziendali, viene ribadito con forza nella Notizia di Gruppo del 21/10/2022 intitolata: “Bsecurity: chiamate di finti agenti delle forze dell’ordine”.
    Ricordiamo inoltre che è vietato effettuare disposizioni ricevute attraverso richieste telefoniche o per email, fatte salve le eccezioni previste dalla circolare n. 305 del 14/12/2015 (accettazione in via del tutto eccezionale, preventiva acquisizione lettera di manleva, invio disposizioni via PEC, richiesta conferma telefonica). Invitiamo i colleghi a leggere la circolare, insieme con la notizia di Gruppo “Regole per un corretto utilizzo della posta elettronica aziendale” pubblicata in data 23/12/2021.
  • Non dare inizio all’istruttoria di un finanziamento senza prima aver acquisito la firma del cliente sul modello di richiesta. In assenza di tale sottoscrizione, qualsiasi interrogazione sulle banche dati è illegittima e può giustificare contestazioni da parte del cliente.

In chiusura, riteniamo opportuno ricordare che la stessa legge sulla Privacy, che ci impone doveri ben precisi, ci offre anche alcune tutele e diritti non meno importanti.

L’Azienda è legittimata all’utilizzo dei nostri dati personali solo in relazione agli adempimenti connessi al rapporto di lavoro. In tutti gli altri casi, i nostri dati sensibili non possono essere diffusi.

A titolo di esempio, costituiscono dati sensibili il fatto di beneficiare di permessi ai sensi della L.104, le patologie da cui si è affetti, la stessa iscrizione ad un’Organizzazione Sindacale. L’eventuale diffusione di questi dati da parte di componenti aziendali costituirebbe una violazione della nostra privacy.
Sono dati sensibili, e in quanto tali assolutamente riservati, anche i nostri risultati individuali: nessuna normativa ne autorizza la diffusione. Esiste, in tal senso, un pronunciamento del Garante per la Privacy che vieta la condivisione di risultati individuali anche in presenza di consenso scritto da parte dei dipendenti, vista l’evidente difficoltà di opporre un rifiuto ad un’eventuale richiesta del genere.
Eppure, capita che vengano diffuse tra le filiali classifiche nominative con numeri o percentuali di raggiungimento degli obiettivi. Comportamenti del genere sono vietati, e devono essere immediatamente segnalati.
Tale divieto vale anche per citazioni pubbliche in positivo, del tipo: “Complimenti al collega John Smith per aver piazzato 5 polizze sanitarie nel mese appena trascorso!” Ignorare questo tipo di messaggi – comunque finalizzati ad alimentare invidie e competizioni malsane tra i colleghi – significherebbe preparare la strada a comunicazioni di ben diverso tenore.

Laddove abusi relativi alla comunicazione di risultati individuali ci siano stati comunicati, siamo spesso riusciti ad ottenere la tempestiva cessazione degli stessi. Per questo la raccomandazione che ribadiamo è sempre la stessa: consultatevi con il vostro rappresentante Fisac ogni volta che lo riteniate opportuno.

 

Coordinamento Fisac/Cgil Gruppo Bper




Generali: non si può essere puniti per non aver raggiunto obiettivi

*Comunicato Stampa*
Generali Italia Spa soccombente a Taranto sullo scarso rendimento del lavoratore.


La Fisac Cgil Puglia e il Coordinamento regionale  Generali Fisac Cgil Puglia  esprimono soddisfazione per la pronuncia del Tribunale di Taranto che ha dichiarato l’illegittimità della sanzione disciplinare di biasimo scritto irrogata ad un lavoratore di Generali Italia Spa per scarso rendimento.

Si tratta di una sentenza  che finalmente interviene nel merito e che oltre a ribadire  che il codice disciplinare va pubblicato secondo i modi e le forme previste dall’ art. 7 dello Statuto dei Lavoratori (non essendo sufficiente l’affissione nei locali della sede legale della società e la pubblicazione sul portale dell’intranet aziendale), sancisce un principio importantissimo anche nel merito e con riferimento al “contenuto del dovere di diligenza” del lavoratore stabilendo che “il mancato raggiungimento di un risultato prefissato non costituisce di per sé inadempimento” e che “la condotta del lavoratore va valutata complessivamente e per un apprezzabile periodo di tempo”.

Si tratta di una pronuncia che scrive una nuova pagina nella storia dei Lavoratori e delle Lavoratrici non solo di Generali, ma di tutto il settore (assicurativo e bancario) perché da oggi in poi le aziende dovranno sapere che “il raggiungimento di determinate soglie di produzione fissate dalla società in modo assolutamente discrezionale senza tener conto delle differenze esistenti tra i diversi contesti socio-economici del territorio e valorizzando solamente determinate tipologie di premi, peraltro computati in misura diversa a seconda della redditività per l’azienda, non può essere considerato unico elemento di valutazione della condotta del dipendente…” una bella conquista per un settore nell’ambito del quale si discute da anni sull’attuazione di indebite pressioni commerciali per il raggiungimento di obiettivi che poco hanno a che fare con l’attenzione verso i clienti e il rispetto della dignità e della professionalità delle Lavoratrici e dei Lavoratori.

Fisac Cgil Puglia
Coordinamento regionale Generali Fisac Cgil Puglia

 




Guide Fisac Cgil: Responsabilità disciplinari e patrimoniali

Pubblichiamo la versione 2022 della guida, aggiornata con molte sentenze. In caso di segnalazioni è possibile scrivere a: [email protected]

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ARTICOLI PUBBLICATI AD INTEGRAZIONE:

 

Ricordiamo che anche questa guida è disponibile nella nostra sezione Guide e manuali




Intesa Sanpaolo: gli errori effettuati o gli errori indotti?

Sempre più spesso ci chiediamo quali effetti possano produrre incaute pressioni commerciali sui colleghi e sui clienti. La storia insegna che oltre a infauste conseguenze sui clienti, motivo già di per se più che sufficiente per sospenderle, spesso le stesse sono in grado di produrre seri danni ai colleghi sia in termini di stress da lavoro correlato sia esponendo gli stessi a grandi rischi operativi.

Andiamo con ordine; dopo i nostri reiterati interventi, denunce e segnalazioni, recentemente constatiamo una strana metamorfosi nella modalità di attuazione delle pressioni, non tanto nell’intensità, ma soprattutto nelle modalità. Si sono attenuate le classifiche di fantozziana memoria, le email con sottili tratti minacciosi, le gogne pubbliche, ma nonostante tutto ciò il clima aziendale non è migliorato ed è rimasto teso quanto e più di prima.

La nuova frontiera ora è data dalla sistematica contrazione del tempo necessario per svolgere qualsiasi corretta attività di vendita. Vengono sempre più spesso richiesti risultati ancor prima di aver cominciato a vendere, si chiedono di fissare date per rogitare finanziamenti ancor prima di averne iniziata la lavorazione producendo, anche da parte di figure apicali dell’organizzazione, un’insostenibile pressione su tutti i colleghi. Pressioni costanti e difficili da sostenere con l’inevitabile conseguenza di cercare nella vendita o nel buon esito della pratica a tutti i costi, l’unica via d’uscita!

La cosa che più indigna è che “chi spinge, chi segnala” mai mette la faccia o la firma mentre gli stessi sono i primi a mettere la propria di faccia quando è tempo di premi o riconoscimenti tanto da domandarsi che fine abbia fatto il famoso senso di responsabilità sociale che i cosiddetti “Capi” dovrebbero avere.

Il risultato è che sempre più colleghi trascorrono notti insonni a pensare a quanto fatto in giornata, sperando che dal proprio operato non emergano difformità rispetto alla policy aziendale tali da esporli a rischi personali e diretti. Non è un caso che qualsiasi grande organizzazione poggi le proprie fondamenta sulla netta separazione delle diverse strutture che la compongono, beneficiando pertanto della contrapposizione e bilanciamento tra funzioni di controllo e funzioni operative.

I problemi nascono ogni qualvolta una struttura prevale sull’altra, svilendo il ruolo dell’una a favore delle ragioni dell’altra. Per intenderci il commerciale faccia il commerciale i crediti, nella loro accezione più ampia, facciano i crediti, i controlli facciano i controlli e così via……., senza che nessuna di queste importantissime funzioni abdichi il proprio ruolo in ragione delle altre.

Concludendo invitiamo i colleghi a porsi sempre questa domanda: è giusto o conveniente rischiare il proprio posto di lavoro e le proprie risorse economiche per un’eventuale lusinga telefonica da parte di qualcuno, che non esplicita in modo corretto e formalmente riscontrabile, quanto ci chiede di fare?

Mettiamo in guardia chiunque della Banca si sentisse “divinamente chiamato” a porre in essere maldestre pressioni di vendita che, in caso di infauste conseguenze, non faremo sconti a nessuno riservandoci sin d’ora ad utilizzare qualsiasi strumento a nostra disposizione nel far emergere le vere responsabilità di quanto eventualmente posto in essere.

Perugia, 30 maggio 2022


I COORDINATORI TERRITORIALI dell’UMBRIA

FABI FIRST FISAC UILCA UNISIN

 

dal sito fisacgruppointesasanpaolo.it




Unicredit: incontro sui provvedimenti disciplinari

 

3 - Fisac Cgil

Nel corso della trattativa sulle ricadute del Piano Industriale abbiamo fortemente voluto venisse discusso il tema dei Procedimenti disciplinari, argomento spinoso che ha un indubbio impatto sul clima aziendale.

Nella logica del doppio binario, ovvero possibilità di affrontare immediatamente alcuni argomenti e di programmare in tempi stretti il confronto su altri, al punto 9.4 dell’accordo avevamo previsto entro il mese di marzo un incontro in cui l’Azienda avrebbe dovuto illustrare “l’andamento dei procedimenti disciplinari e le modalità di gestione dell’azione disciplinare”. Questo incontro si è svolto ieri 30 marzo 2022. Abbiamo inoltre fissato nel mese di aprile le date degli ulteriori Incontri previsti dall’Accordo 27.01.2022 relativo al Piano Industriale Unicredit Unlocked.

Il nostro obiettivo era e resta quello di valorizzare l’aspetto formativo del procedimento disciplinare, evitando che ci si limiti ad intervenire in maniera punitiva, senza che dall’accaduto possano scaturire miglioramenti operativi, maggior precisione della normativa interna e diffusione di comportamenti più consoni.

L’Azienda ci ha fornito i seguenti dati, 361 casi di sanzioni disciplinari in tutto il perimetro Italia nel 2021 di cui:

  • 178 rimproveri
  • 161 sospensioni
  • 22 licenziamenti

Il trend secondo la Banca risulta in discesa, sul 2019, di circa il 30%

Estremamente importante l’illustrazione delle principali casistiche, che vi invitiamo non solo a leggere con attenzione, ma a memorizzare, affinché si attivi un più alto livello di attenzione ogni volta che ci accingiamo ad operare in tali ambiti:

PERSONAL DEALING: operazioni che il dipendente svolge su rapporti personali e/o come delegato: es. violazioni di normative di compravendita intraday. In casi non infrequenti si tratta anche di molte operazioni.

IRREGOLARITA’ NELLA VENDITA DI SERVIZI E PRODOTTI: operazioni che il dipendente compie per i clienti, in maniera non corretta o irregolare, es. mancanza di firme e/o autorizzazioni, irregolarità nei servizi e dei prodotti, utilizzo improprio Q48, compravendite non debitamente sostenute da richieste della clientela.

VIOLAZIONE DELLA PRIVACY: interrogazioni del tutto sconnesse da necessità operative, nella maggior parte dei casi oggetto di procedimento molteplici inquiry su vip, calciatori, politici, personaggio pubblici, colleghi, top manager, oltre che clienti al di fuori del raggio d’azione e senza motivazione.

Su quest’ultimo tema l’Azienda si è soffermata, avendo spesso rilevato una mancata o eccessivamente approssimativa conoscenza delle norme che impediscono tale attività che, come l’Azienda ha ribadito, costituisce una vera e propria violazione di legge rispetto alla quale è necessario, non solo opportuno, un intervento formale con l’apertura di un procedimento disciplinare. Ha sottolineato che in questi casi è necessario chiedere autorizzazione specifica alla struttura di Region a ciò incaricata.

Da parte nostra abbiamo ribadito che, l’eccessiva stratificazione della normativa non la rende immediatamente disponibile nel bagaglio professionale dei colleghi, quindi è necessario e doveroso un supporto operativo con l’introduzione di blocchi e alert in procedura che consentano di non effettuare o di motivare l’accesso.

L’ipotesi di un blocco generalizzato non è stata presa in considerazione dall’Azienda, in quanto potrebbe comportare eccessive limitazioni nella circolarità, ma ci hanno confermato che si sta lavorando sull’istituzione di alert specifici su PEP (persone esposte politicamente) e VIP.

Abbiamo poi dibattuto a lungo su tutti gli aspetti del “procedimento disciplinare”, in quando nell’iter procedurale riscontriamo numerose criticità. Proviamo ad elencarle con le specifiche repliche dell’Azienda che vi invitiamo a leggere con attenzione per la vostra massima tutela:

  1. ONDATE DI ATTENZIONE la nostra sensazione che i procedimenti arrivino ad ondate, ovvero che ci siano periodi in cui si fanno verifiche più serrate su alcuni comportamenti, NON è stata smentita, anzi, l’Azienda ritiene doveroso, laddove si rilevi una mancanza, valutare se e quanto questa sia diffusa ed intervenire prontamente per perseguirla;
  2. COINVOLGIMENTO DEGLI INTERESSATI IN FASE DI ISTRUTTORIA abbiamo più volte rilevato come le informazioni “carpite” agli interessati in fase di istruttoria o nella fase di raccolta informazioni che precede un procedimento sono usate contro di loro. L’Azienda ha richiamato il dovere di “collaborazione attiva ed intensa”, previsto dall’art. 41 del CCNL, da parte nostra abbiamo ribadito come questo non possa essere utilizzato per compromettere il diritto del lavoratore e della lavoratrice di essere consapevole che quanto si dichiara possa ritorcersi contro. Ricordiamo che seppur non formalmente previsto, il coinvolgimento del proprio rappresentante sindacale anche in questa fase è quantomai utile, se non altro per trovare formulazioni rispettose delle reciproche esigenze e per segnalarci prontamente ogni eventuale forzatura.
  3. CONSEGNA DELLE LETTERE L’Azienda ha confermato che è consapevole dell’impatto psicologico che la consegna delle lettere può avere sui colleghi e che si prodiga affinché tutto venga gestito nel miglior modo possibile, con il massimo rispetto della persona e della sua sensibilità. Anche su questo punto vi invitiamo a segnalarci eventuali casi dove questo proponimento non ha trovato concreta applicazione.
  4. ACCESSO ALLA DOCUMENTAZIONE Le norme del CCNL prevedono che chi viene interessato da un procedimento disciplinare possa chiedere di accedere alla documentazione relativa al procedimento. L’Azienda non nega questo, ma consente solo la consultazione dei documenti senza dare la possibilità di trarne copia, rendendo così più laboriosa la ricostruzione dei fatti per la redazione della lettera di risposta o per la predisposizione della linea di difesa. La nostra richiesta di poter trarre copia della documentazione non è stata accolta dall’Azienda.
  5. TEMPISTICHE Allorquando il procedimento scaturisca da iniziative giudiziarie esterne i tempi, a seguito delle indagini della Magistratura, possono prolungarsi di molto. Questo aspetto, tanto più pesante allorquando valutata la presunta gravità dei fatti contestati si sia proceduto ad una sospensione cautelativa, serve di fatto a tutelare i colleghi per evitare decisioni aziendali in contrasto con quelle che potrebbero essere assunte dalla stessa Magistratura. Abbiamo comunque fortemente sensibilizzato l’Azienda sull’argomento invitandola a velocizzare il più possibile l’iter di tutti i procedimenti ed essere più tempestiva nei provvedimenti, invocando (inascoltati) una sorta di prescrizione per i fatti di lieve entità commessi più di qualche anno fa.
  6. CONSEGNA DELL’ESITO DEL PROCEDIMENTO Anche di questa fase ne abbiamo sottolineato la criticità, soprattutto laddove la sanzione è di una certa gravità, tanto più se comporta il licenziamento. L’Azienda ha confermato che vengono messe in campo tutte le attenzioni del caso. Riteniamo inoltre che il rappresentante sindacale dovrebbe essere presente anche nel momento il cui il/la lavoratore/trice riceve la lettera con cui viene irrogata la sanzione e che la suddetta lettera dovrebbe contenere le motivazioni di dettaglio per cui è stata adottata la decisione (l’Azienda ha detto che le motivazioni vengono comunicate a voce al momento della consegna). Contestualmente dovrebbero concordarsi le iniziative formative da intraprendere per fornire al collega le competenze che gli necessitano per evitare di incorrere nuovamente in errore.
  7. GIORNATE DI SOSPENSIONE Riteniamo opinabile la scelta aziendale di posizionare, motivandola con il fatto che lo stipendio viene calcolato in trentesimi, le eventuali giornate di sospensione ricomprendendo i weekend. Abbiamo invitato l’Azienda a rivedere quest’approccio.
  8. RISERVA PATRIMONIALE abbiamo contestato all’Azienda l’indicazione, spesso presente in calce alla lettera di sanzione, di una riserva patrimoniale. L’Azienda ha precisato che è necessaria, soprattutto allorquando la contestazione scaturisce da atti esterni, di clienti o organismi.
  9. MANCATAPRESENTAZIONEALTENTATIVODICONCILIAZIONEabbiamofattopresenteall’Aziendachenon condividiamo assolutamente la scelta di non presentarsi in sede di conciliazione, la prima fase di un eventuale ricorso contro un provvedimento ritenuto ingiusto od incongruo. La conciliazione è, a dire il vero, facoltativa, ma riteniamo che non sia coerente con l’attenzione che il gruppo dice di riporre ai colleghi che gli stessi si trovino, come unica via di ricorso, quella di adire alle vie giudiziali. A sostegno della sua posizione l’Azienda pone l’esito delle vertenze giudiziali intentate, a loro avviso quasi sempre risolte a favore dell’azienda, anche se, come diffuso nel diritto del lavoro, nella maggior parte dei casi non si arriva a sentenza ma piuttosto a conciliazione stragiudiziale tra le parti.

In ogni caso, se passare in rassegna le criticità da noi riscontrate nelle varie fasi del procedimento ci ha consentito di entrare nel merito con puntualità su diversi aspetti, non possiamo ritenerci pienamente soddisfatti di quanto ha ribattuto l’Azienda, ottenendo comunque l’obiettivo di garantire una maggior attenzione sull’intero processo.

L’Azienda ci ha tenuto a rappresentare una importante modifica non tanto sull’iter e sulle figure coinvolte ma relativa all’introduzione di una fase di analisi collegiale dei casi più gravi, intendendo quelli che potrebbero portare a sanzioni superiori ai 3 gg di sospensione. E’ stato allo scopo istituito uno specifico Council disciplinare, operativo per la banca commerciale italiana, che copre oltre il 90% delle contestazioni.

L’organismo, di carattere appunto collegiale, coinvolge sia le funzioni HR, che quelle di business che quelle dei controlli, con i seguenti obiettivi:

  1. avere una totale e migliore condivisione del processo disciplinare che si sta portando avanti, avviando delle iniziative culturali per prevenire infrazioni;
  2. miglior oggettività e proporzionalità sui provvedimenti adottati;
  3. analisi ex post dei provvedimenti e comprensione delle “macrocause”;
  4. valutazione di eventuali sanzioni non formali, cd. consequence management, quali ad esempio corsi di formazione, alternativi a sanzioni più lievi.

Riteniamo positivo il fatto di avere aperto un confronto con l’Azienda su questo importante aspetto, confronto che dovrà proseguire nel futuro per intervenire anche su quegli aspetti per i quali non condividiamo l’atteggiamento di Unicredit.

Ribadiamo con l’occasione l’invito a tutti i colleghi ad operare con la massima diligenza. L’obiettivo comune, del Sindacato, che crediamo dovrebbe essere anche dell’Azienda, è che non ci siano contestazioni disciplinari. Questo può succedere quando non c’è un intento persecutorio, quando c’è una formazione e tempi di lavoro adeguati, mancanza di pressioni commerciali ma anche quando c’è la piena consapevolezza dell’inopportunità di attuare comportamenti che possano esporre il collega: su quest’ultimo punto è necessaria la massima attenzione di ciascuno dei lavoratori e delle lavoratrici del Gruppo!

Come OO.SS. auspichiamo che i procedimenti disciplinari in Unicredit abbiano non solo una funzione meramente punitiva e sanzionatoria, ma possano divenire uno strumento di crescita professionale dei lavoratori e delle lavoratrici. Se, infatti, le persone di Unicredit fossero messe in grado di imparare dai loro errori, piuttosto che essere soltanto mortificate e punite, ne avrebbe grande beneficio sia il singolo che tutta l’azienda.

Milano, 31 marzo 2022


SEGRETERIE DI GRUPPO UNICREDIT .

FABI – FIRST/CISL – FISAC/CGIL – UILCA – UNISIN




Cassazione: legittimo il licenziamento del bancario che spia i conti dei clienti Vip

La Suprema corte, sentenza n. 34717 depositata oggi, ha respinto il ricorso di un addetto al servizio clienti allontanato per “accesso abusivo al sistema informatico”


 

È legittimo il licenziamento del ‘bancario’ che si metta a curiosare tra i conti correnti dei Vip in assenza di qualsivoglia autorizzazione. Lo ha stabilito la Sezione Lavoro della Corte di cassazione, sentenza n. 34717 depositata oggi, rigettando il ricorso un addetto al servizio clienti della filiale Unicredit di Foggia.

A seguito di una segnalazione da parte della Outgoing Foreign Payments Office di UBIS (società del gruppo UniCredit), la banca, avuto contezza del comportamento scorretto e dell’assenza di alcuna autorizzazione, aveva contestato al dipendente “l’accesso abusivo o comunque non consentito, al sistema informatico della Banca per controllare decine di schede-cliente di personaggi dello spettacolo carpendone quindi i dati sensibili”. E poi lo aveva licenziato.

Il dipendente era stato poi reintegrato dal Tribunale di Foggia ma la Corte di appello di Bari, rovesciando il verdetto, aveva confermato il licenziamento, condannandolo anche alla restituzione delle eventuali somme percepite a titolo indennitario. Proposto ricorso in Cassazione, aveva sostenuto, tra l’altro, che siccome la banca non aveva in alcun modo protetto i dati contenuti nella “scheda cliente”, egli aveva ritenuto di “non violare i dati sensibili altrui”.

Per la Suprema corte però il motivo non convince: “Il potere di disporre di strumenti informatici volti al compimento delle operazioni finanziarie presso un istituto bancario – si legge nella sentenza – non è di certo sinonimo di accesso indiscriminato a banche dati. Né si può ritenere, nel caso di specie, che sussista un onere di impedire l’accesso a tali dati da parte della banca, che, stante il rapporto fiduciario tra datore e prestatore di lavoro, conceda l’utilizzo di tali strumenti informatici ai propri dipendenti affinché operino in maniera lecita durante la prestazione lavorativa”.

Bocciata dunque definitivamente la tesi del ricorrente che, scrive la Corte, “ancora una volta, tenta di invocare una sorta di esimente per elidere l’illiceità del suo comportamento, imputando paradossalmente alla banca la mancata predisposizione di adeguate protezioni dei dati dei clienti”.

 

Fonte: ntpulsdiritto.ilsole24ore.com




BCC: rinnovo del CCNL – Inizia il confronto

 

CONTRATTO COLLETTIVO NAZIONALE DI LAVORO PER I QUADRI DIRETTIVI
E PER IL PERSONALE DELLE AREE PROFESSIONALI
DIPENDENTI DELLE BANCHE DI CREDITO COOPERATIVO
– CASSE
RURALE ED ARTIGIANE

 

Si sono concluse le circa duecento assemblee sindacali, indette su tutto il territorio nazionale, per la presentazione ed approvazione della Piattaforma per il rinnovo del CCNL del Credito Cooperativo.

La partecipazione delle Lavoratrici e dei Lavoratori alle Assemblee è stata importante, nonostante la modalità “a distanza”, a dimostrazione del fatto che il rinnovo contrattuale rappresenta un tema centrale anche e soprattutto in questo momento storico segnato da incertezza e inquietudine.

I profili di intervento che riguardano l’attuale Contratto Nazionale scaduto sono molteplici e tutti davvero importanti:

  • Ampliamento e rafforzamento dell’area contrattuale, al fine di non disperdere il patrimonio umano e professionale del Personale del Credito Cooperativo.
  • Aggiornamento e completamento dell’assetto complessivo degli ammortizzatori sociali di sistema, anche in considerazione del fatto che le prospettive del Credito Cooperativo sono difficilmente prevedibili.
  • Rivedere in profondità e prospettiva il sistema di inquadramento del Personale, così da renderlo adeguato ai nuovi ruoli; nonché rendere efficace la formazione che dovrà essere qualificata, qualificante, certificata e identitaria.
  • Occorre una ricognizione a tutto campo sulle tematiche inerenti alla “conciliazione dei tempi vita/lavoro”.
  • Si rende necessario un rafforzamento delle norme riferite alle “Tutele e diritti delle Lavoratrici e dei Lavoratori”, con riferimento ai procedimenti penali, ai fatti connessi all’esercizio delle funzioni, alla responsabilità civile verso terzi ed ai procedimenti disciplinari.
  • Deve essere riconosciuto l’atteso adeguamento degli stipendi, anche considerato l’incremento della produttività del settore ed un conseguente aumento della contribuzione al Fondo Pensione Nazionale ed alla Cassa Mutua Nazionale
  • Sarà necessario, inoltre, intervenire su altri temi, quali: “mobilità territoriale e professionale” e “salute e sicurezza”.

La necessità di proseguire attivamente e celermente in questo rinnovo contrattuale è stata ribadita anche lo scorso 16 settembre 2021, durante l’incontro avvenuto tra le Segreterie Generali delle Organizzazioni Sindacali e Federcasse.

I contenuti presentati alle Lavoratrici ed ai Lavoratori sono stati accolti positivamente da oltre il 96% dei presenti alle Assemblee, ed ora le OO.SS. sono pronte ad iniziare il confronto con Federcasse.

Roma, 27 settembre 2021

 

Le Segreterie Nazionali
FABI – FIRST/CISL – FISAC/CGIL – UGL CREDITO – UILC