La desertificazione bancaria in Abruzzo su Rai3

Di seguito pubblichiamo il link al servizio andato in onda su Rai3 lo scorso 22 aprile,  basato sullo studio redatto dalla Fisac Abruzzo Molise in collaborazione con l’Ufficio Studi e Ricerche Fisac.




Emanuela Marini è la nuova Segretaria Provinciale Fisac Cgil L’Aquila

Il 24 aprile si è svolta, presso la CdLT dell’Aquila, l’Assemblea Generale della Fisac Cgil della Provincia dell’Aquila, avente tra i punti all’OdG l’elezione del nuovo Segretario Territoriale.

Su proposta del Segretario Regionale, Luca Copersini, è stata eletta quale Segretaria Provinciale della Fisac Cgil L’Aquila Emanuela Marini. Emanuela è dipendente della Banca d’Italia ed è attualmente componente della Segreteria di coordinamento Fisac Bankitalia.

Successivamente, su proposta della neo Segretaria, si è provveduto all’elezione della nuova Segreteria Provinciale che comprenderà, oltre alla Segretaria, Antonella Barbone e Pierfrancesco Tatozzi.

Alla nuova Segretaria ed ai componenti la Segreteria Provinciale i migliori auguri di buon lavoro dalla Fisac Abruzzo Molise.




Ex Tercas, nuovi rimborsi in arrivo

Continuano le sentenze favorevoli agli azionisti che hanno perso i loro risparmi a causa della vendita con modalità ingannevoli di azioni dell’ex Tercas. L’ultima decisione del Tribunale di Teramo estende anche agli eredi il diritto al risarcimento.

Se n’è occupato il TG3 Abruzzo in questo servizio andato in onda il 22/3/2024, nel quale interviene anche il Segretario Regionale Fisac Abruzzo Molise, Luca Copersini.

 




La Fisac Abruzzo Molise al convegno per i 20 anni della Federconsumatori Abruzzo

Giovedì 22 aprile, presso i locali dell’ex Aurum a Pescara, si svolgerà il convegno organizzato dalla Federconsumatori Abruzzo per celebrare i 20 anni di attività.

Tanti e prestigiosi gli ospiti: tra gli altri Carmine Ranieri, Segretario della Cgil Abruzzo Molise, e Luciano D’Amico, candidato alla Presidenza della Regione Abruzzo.
La Fisac Abruzzo Molise parteciperà al dibattito previsto per il pomeriggio, incentrato sulle vicende che hanno portato al dissesto delle banche locali Tercas e Carichieti. Al dibattito prenderanno parte Luca Copersini, Segretario Regionale Fisac, e Francesco Trivelli, nella doppia veste di Presidente Federconsumatori Abruzzo e Presidente dell’Assemblea Generale Fisac Abruzzo Molise.

Di seguito la locandina dell’evento; la partecipazione è libera.




Fisac e Cgil contro l’abbandono bancario in Abruzzo e Molise

 

ABRUZZO MOLISE

 

Negli ultimi 5 anni in Molise è stato chiuso più o meno un terzo delle filiali bancarie presenti: un dato che ne fa la regione italiana più penalizzata dalle politiche dei grandi gruppi bancari.
In Abruzzo le cose sono andate appena meno peggio: in un quinquennio oltre 1 sportello su 4 ha abbassato le saracinesche.

Quando si citano questi numeri sembra che si parli di questioni che non incidono sulla qualità di vita delle persone. Poi si scopre che in 8 comuni su 10 nel Molise, e in 6 comuni su 10 in Abruzzo, chi deve fare un’operazione bancaria è costretto a spostarsi, perché nella località in cui abita non ci sono più banche. Un dato che contribuisce pesantemente allo spopolamento delle aree interne e che ci impone di includere le nostre due regioni tra quelle del Meridione. 

La mancanza di filiali rende più difficile il finanziamento alle piccole e medie imprese, ed i dati Bankitalia lo dimostrano in modo chiaro: nel solo 2022 il taglio è stato del 4,6% in Abruzzo e del 3,2% in Molise. Sono dati che hanno conseguenze pesanti. Una piccola azienda che non riesce a trovare finanziamenti ha due possibilità, entrambe drammatiche: o ricorre agli usurai, o chiude 

Nella classifica dei reati pubblicata dal Sole24Ore e relativa al 2022, tre delle province abruzzesi figurino ai primi posti per quanto riguarda l’usura. Nella classifica manca solo la provincia di Teramo: guarda caso l’unica ad aver mantenuto una presenza di sportelli bancari in linea con la media nazionale. 

 Molto significativo anche il dato delle chiusure delle imprese artigiane: nei primi tre mesi del 2023 il Molise è stata la regione che ha fatto registrare il peggiore saldo tra cessazioni e nuove aperture, con l’Abruzzo al secondo posto. Nel secondo trimestre l’Abruzzo ha effettuato il “sorpasso”, conquistando il poco invidiabile primato. 

Quello della desertificazione bancaria dovrebbe essere un problema in cima all’azienda dei partiti politici, in particolare nelle regioni del centro sud: e invece sembra che la politica se ne disinteressi completamente.

Per sensibilizzare sulle tematiche del Credito nel Centro Sud, la Fisac Cgil ha organizzato per il 28 e 29 settembre l’evento “Sud in Credito – Un nuovo ruolo del sistema finanziario  per lo sviluppo del Mezzogiorno”. L’evento, che si svolgerà a Napoli alla presenza del Segretario Generale CGIL Maurizio Landini, vedrà tra gli ospiti Carlo Cimbri (presidente Unipol Gruppo), Antonio Decaro (presidente ANCI), Massimiliano Fedriga (presidente Conferenza delle Regioni), Antonio Patuelli (presidente ABI), Augusto Dell’Erba (Presidente Federcasse). In rappresentanza di Abruzzo e Molise interverranno Carmine Ranieri (Segretario Regionale CGIL) e Luca Copersini (Segretario Regionale Fisac). 

 Nel corso delle due giornate di lavori la Segretaria Nazionale Fisac, Susy Esposito, illustrerà le proposte del Sindacato  per un sistema bancario e finanziario più rispondente alle esigenze del Paese e delle Regioni Meridionali. 

 

Carmine Ranieri
Segretario Generale Cgil Abruzzo Molise 

Luca Copersini
Segretario Regionale Fisac Abruzzo Molise 

 

Il servizio mandato in onda dalla TGR Abruzzo

 

 

 

 




Cgil e Fisac, 28 e 29 settembre iniziativa a Napoli “Sud in Credito”

All’Hotel Ramada, tra gli ospiti: Cimbri, Decaro, Dell’Erba, Fedriga, Landini, Patuelli


 

Sud in Credito. Un nuovo ruolo del sistema finanziario per lo sviluppo del Mezzogiorno”.

È il titolo dell’iniziativa promossa dalla Fisac e dalla Cgil nazionale in programma a Napoli il 28 e il 29 settembre presso l’Hotel Ramada in via Galileo Ferraris 40. Una due giorni per riflettere e avanzare proposte concrete, in vista della manifestazione del 7 ottobre “La Via Maestra – Insieme per la Costituzione”, sulla necessità di insediare poli specialistici, da parte dei grandi gruppi del credito e delle assicurazioni, nelle regioni meridionali, all’interno di una strategia precisa di politica industriale.

Una proposta – “Un nuovo ruolo del sistema finanziario per lo sviluppo del Mezzogiorno”, che sarà avanzata dalla segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito – che pone particolare enfasi alle nuove professionalità del digitale, all’intelligenza artificiale e ai radicali cambiamenti che ancora ci attendono. Banche, Assicurazioni e Bcc devono essere protagoniste nel superamento delle disparità territoriali, mettendo al centro l’economia reale e sostenendo il sistema delle piccole e medie imprese del Mezzogiorno e le esigenze dei suoi cittadini.

Per farlo Fisac e Cgil organizzano questa iniziativa, lunga due giorni, che si articolerà in 4 tavole rotonde per riflettere su AutonomiaOccupazione e Infrastrutture e tirare poi le somme nel tavolo finale il 29 settembre che ragionerà sulla proposta di Fisac e Cgil alla presenza del presidente di Unipol, Carlo Cimbri; del presidente di Federcasse, Augusto Dell’Erba; del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini; e del presidente di Abi, Antonio Patuelli.

Tra gli ospiti, oltre a segretari generali della Cgil di categorie e territori, da segnalare: il 28 settembre saranno presenti Pier Paolo Baretta, assessore al Bilancio del Comune di Napoli; Antonio Decaro, presidente dell’Anci; e Massimiliano Fedriga, presidente della Conferenza delle Regioni. Il 29 settembre: Adriano Giannola, presidente di Svimez; Vito Grassi, vice presidente di Confindustria.

Nel dettaglio il programma prevede l’avvio dei lavori, giovedì 28 settembre all’Hotel Ramada di Napoli, alle ore 10 con i saluti di di Michele Cervone, segretario generale Fisac Cgil Campania, e l’intervento di Bruna Belmonte, segretaria nazionale Fisac Cgil, con delega al Mezzogiorno. A seguire la presentazione di una ricerca, a sostegno dei lavori della giornata, affidata a Roberto Errico, responsabile dipartimento Mezzogiorno Fisac Cgil Nazionale. Intorno alle ore 10.30 prevista la relazione introduttiva di Susy Esposito, segretaria generale Fisac Cgil Nazionale.

Subito dopo, intorno alle ore 11.30, anticipata dagli interventi video di Mimma Argurio e Laura Urgeghe, rispettivamente segretaria generale Fisac Cgil Sicilia e Sardegna, la prima tavola rotonda dal titolo: ‘AUTONOMIA – Dal Mezzogiorno al Paese, lo sviluppo tra autonomia e unità’. Previsti gli interventi di: Pier Paolo Baretta, assessore Bilancio Comune di Napoli; Michele De Palma, segretario generale Fiom Cgil Nazionale; Fausto Durante, segretario generale Cgil Sardegna; Massimiliano Fedriga, presidente Conferenza delle Regioni; Christian Ferrari, segretario confederale Cgil Nazionale; Alfio Mannino, segretario generale Cgil Sicilia; Mariella Volpe, economista e componente Forum Disuguaglianze Diversità. A moderare i lavori Roberta Lisi, giornalista Collettiva.it.

Nel pomeriggio, alle ore 15, dopo gli interventi video di Paolo Carravetta e Bruno Lorenzo, rispettivamente segretario generale Fisac Cgil Calabria e Basilicata, la seconda tavola rotonda dal titolo ‘OCCUPAZIONE – Il lavoro è sviluppo, occupazione stabile e di qualità nel Mezzogiorno’ con ospiti: Andrea Ciarini, professore associato Sociologia dei processi economici, organizzativi e del lavoro Università La Sapienza Roma; Antonio Decaro, presidente Anci; Maria Grazia Gabrielli, segretaria confederale Cgil Nazionale; Fernando Mega, segretario generale Cgil Basilicata; Nicola Ricci, segretario generale Cgil Campania; Serena Sorrentino, segretaria generale Fp Cgil Nazionale; Angelo Sposato, segretario generale Cgil Calabria. Modera Roberta Lisi di Collettiva.it.

La seconda giornata di ‘Sud in Credito’, venerdì 29 settembre, si aprirà con la seconda ricerca, centrata sul settore, a cura di Davide Riccardi, responsabile Ufficio Studi & Ricerche Fisac Cgil Nazionale. Seguiranno gli interventi video di Francesco Balducci e Luca Copersini, rispettivamente segretario generale Fisac Cgil Puglia e Abruzzo Molise. Sarà poi il momento della proposta di Fisac e Cgil ‘Un nuovo ruolo del sistema finanziario per lo sviluppo del Mezzogiorno’ nelle parole della segretaria generale Fisac Cgil Nazionale, Susy Esposito.

Per le ore 10.30 la terza tavola rotonda dal titolo ‘INFRASTRUTTURE – Il settore finanziario per lo sviluppo infrastrutturale del Mezzogiorno’ con: Gigia Bucci, segretaria generale Cgil Puglia; Pino Gesmundo, segretario confederale Cgil Nazionale; Adriano Giannola, presidente Svimez; Vito Grassi, vice presidente Confindustria e presidente Consiglio rappresentanze regionali e politiche di coesione territoriale; Stefano Malorgio, segretario generale Filt Cgil Nazionale; Ferdinando Natali, regional manager Sud UniCredit; Carmine Ranieri, segretario generale Cgil Abruzzo Molise; Roberto Torrini, capo Servizio struttura economica Banca d’Italia. Modera i lavori Nica Ruggiero, giornalista responsabile Comunicazione Cgil Puglia e Bari.

Alle 14, infine, sempre dalla giornata di venerdì 29 settembre, la quarta e ultima tavola rotonda dal titolo ‘AUTONOMIA. OCCUPAZIONE. INFRASTRUTTURE.- Un nuovo ruolo del sistema finanziario per lo sviluppo del Mezzogiorno’ con la partecipazione di Carlo Cimbri, presidente Unipol; Augusto Dell’Erba, presidente Federcasse; Maurizio Landini, segretario generale Cgil Nazionale; Antonio Patuelli, presidente Abi. Modera la discussione Janina Landau, Giornalista Class CNBC.

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Le parole del Primo Maggio

Vorrei riflettere assieme a voi sul significato di alcune parole.

E la prima parola è “merito”.
Se dico “Bisogna mandare avanti le persone che se lo meritano”, credo che tutti siano d’accordo con me. Attenzione però, perché frasi apparentemente indiscutibili come questa possono nascondere delle trappole. Perché è così che funziona la comunicazione: quando qualcuno cerca di farci digerire qualcosa di inaccettabile, ce la infiocchetta in modo da farla sembrare altro, da farla apparire buona e giusta.
Qual è il significato che molti politici attribuiscono alla parola merito? E attenzione, perché questo non riguarda solo l’attuale maggioranza di governo, ma anche personaggi come Renzi e Calenda.
Se io sono nato in una famiglia ricca, che mi ha fatto studiare nelle scuole migliori, mi ha sostenuto per laurearmi negli Stati Uniti e appena finito gli studi mi ha dato un posto di amministratore delegato nell’azienda di famiglia, vuol dire che me lo merito. Nel nostro paese essere ricchi è un merito; dire che bisogna mandare avanti chi se lo merita diventa quindi un modo per affermare che i posti di potere sono destinati ai ricchi.

All’opposto c’è la parola “colpa”. Se sei povero è colpa tua: non hai voluto impegnarti, non hai voluto “metterti in gioco”. Qual è stato il primo provvedimento del Governo Meloni? L’abolizione del Reddito di Cittadinanza. La guerra ai poveri. E ancora una volta presentandola come un atto giusto, doveroso: la collettività non può farsi carico di chi ha scelto di non lavorare, restando sul divano alla faccia di chi gli paga il sussidio. Peccato che ascoltando le storie delle persone di chi sta ricevendo il sussidio si apprendano storie molto diverse, storie di disperazione.
Torniamo al modo in cui si usano le parole. Come chiamiamo chi non lavora? Prima erano “disoccupati”. Una parola che fa pensare a persone che non lavorano, ma vorrebbero farlo. Ora sono “occupabili”, cioè persone che non lavorano, ma potrebbero farlo. E quindi, in definitiva è colpa loro.
Questo meccanismo della colpa serve a distruggere ogni idea di solidarietà: se sei colpevole della tua situazione, perché dovrei preoccupamene? Ed è un meccanismo che funziona, quindi da utilizzare in altre situazioni. Affoghi cercando di arrivare in Italia? Colpa tua! Come ti è venuto in mente di andartene in crociera quando potevi startene tranquillo a casa tua? Ci sono guerra, fame è siccità? Colpa tua anche per quelle.
Detto per inciso, l’abolizione del reddito di cittadinanza risponde ad un’esigenza pratica: serve a creare schiere di disperati disposti a lavorare per una paga inferiore al sussidio di povertà. Sarà questo che intendono per “mettersi in gioco”?

E continuando a ragionare sulle parole, la prossima è “cultura”. Sapete che cosa ha permesso ai ai figli degli operai di non fossero costretti a fare gli operai? La possibilità di accedere ad una scuola pubblica valida, che consentisse loro di non limitarsi.  
Come spiega Alessandro Barbero, la scuola pubblica aperta a tutti fu un cambiamento davvero rivoluzionario. La possibilità per tutti di accedere al sapere, di crearsi le basi per il pensiero critico, oltre che poter ambire ad incarichi dirigenziali, non è mai stata scontata. Fino all’inizio del secolo scorso si imparava magari a leggere e scrivere, ma poi i bambini si mettevano subito al lavoro in campagna, nelle fabbriche o nelle botteghe artigianali. Quelli che andavano al liceo, o magari all’università, erano una ristretta élite, destinata ovviamente a restare tale. L’idea che una persona potesse dedicarsi esclusivamente allo studio per una parte sua vita, durante la  quale si fa carico di lui la società e la famiglia, ha prodotto un cambiamento radicale della società. Un cambiamento che, ovviamente, le élite non hanno gradito. L’attacco alla scuola, alla cultura, non sono fatti nuovi, e sono abbastanza trasversali. Ricordo, oltre 20 anni fa, la “Scuola delle tre i” di Berlusconi: informatica, inglese impresa”. Una scuola pensata per produrre venditori. Poi è arrivata l’alternanza scuola-lavoro di Renzi, e anche quella è stata accettata per il modo in cui ce l’hanno presentata: in fondo cosa c’è di male nel cominciare ad inserire i ragazzi nel mondo del lavoro? C’è di male la visione che quella scelta nasconde. La visione di una scuola in cui il tempo speso sui libri è tempo sottratto alla produzione, vero dovere di ogni cittadino. All’alternanza scuola lavoro devo riconoscere almeno una certa coerenza: i ragazzi capiscono da subito cosa significa lavorare senza essere pagati, sperimentando tutti i problemi del mondo del lavoro. Compreso quello, drammatico, delle morti causate da inosservanza delle norme sulla sicurezza.
Poi è arrivato il governo in carica, che dichiara di disprezzare i licei ed invita i ragazzi a riscoprire il piacere di lavorare la campagna, di imparare un mestiere, di frequentare le scuole professionali. Sarebbe interessante sapere quanti parlamentari mandano i figli a lavorare in campagna.
È arrivata la proposta del ”Liceo del Made in Italy”. Provo a immaginare cosa dovrebbe insegnare: “Come lavorare sottopagati e vivere felici”.
L’attacco alla cultura, allo studio, è l’arma più subdola e pericolosa di un conflitto di classe nella quale chi ha il potere vuole mantenerlo, impedendo gli altri di insidiarglielo.
Quanto al senso delle parole, la parola “cultura” assume un significato negativo se riferita a persone che puntano a studiare per migliorare la loro condizione sociale, ma diventa un valore, inteso come valore commerciale quando si trasforma in una merce, un qualcosa da vendere da parte di chi non ha neanche gli strumenti per capirla. Tanto da trasformare la Venere del Botticelli in un’influencer, e farci ridere dietro da tutto il mondo. Anzi, da tutto il globo terracqueo.

Altra parola di cui si fa un uso distorto è la parola “pace”. Anche qui, tutti vogliamo la pace, chi si dichiara a favore della guerra? E tutti pensiamo che chi è più debole debba essere aiutato a difendersi dai forti, dai prepotenti. Quindi difendere l’aggressore contro l’aggredito. Certo, questa distinzione non è sempre così netta, anche se chi ci racconta queste cose fa una differenza netta tra buoni e cattivi, che esiste solo nelle favole e mai nella realtà. E comunque non siamo stati così attenti a distinguere tra aggressore e aggredito quando siamo stati noi ad ad aggredire la Libia, la Serbia, l’Iraq…. Potremmo essere portati a pensare male, che anche in questo caso la storia di aggressore e aggredito sia il racconto di una bella storia che nasconde altri interessi, ma non divaghiamo.
Tutti vogliamo la pace, anche se personalmente faccio fatica a capire come si possa ottenere la pace che si dovrebbe ottenere esportando carri armati e missili in uno scenario guerra.
Per fortuna è una guerra che non stiamo vivendo in modo diretto, ma anche in Italia esistono persone che la combattono, e subiscono perdite. Mi riferisco alle lavoratrici e ai lavoratori.
Se ci pensate, la guerra ha fruttato grosse occasioni di guadagno ad alcune grandi aziende. Pensiamo ai rincari stratosferici di gas e petrolio, che poi si sono rivelati più speculativi che dovuti ad una reale carenza. Pensiamo al rialzo improvviso dei tassi, che ha permesso alle banche di ottenere utili a 9 zeri. Pensiamo a tutte le attività che hanno gonfiato prezzi ed incassi, spesso in modo non giustificato. E poi pensiamo agli stipendi che sono rimasti uguali.
Solita frase ad effetto del Governo: “bisogna arrestare la spirale inflazionistica”. Bravi, giusto. E come si fa? Si cerca di arginare gli aumenti speculativi? No: bisogna fare in modo che gli stipendi non crescano. Cioè, alla fine della storia la colpa dell’aumento dell’inflazione è di quegli avidi dei lavoratori, che pretendono di continuare a mangiare tutti i giorni, e magari di scaldarsi pure.

Sono tutti fatti dei quali non abbiamo forse percepito appieno la gravità. Ce li hanno fatti digerire come giusti, inevitabili, e intanto la differenza tra i pochi che hanno tanto e i tanti che hanno poco aumenta.

Perché l’Italia è una Repubblica Democratica fondata sul lavoro? Perché per parlare di democrazia, di diritti, bisogna prima di tutto essere liberi. Come può considerarsi libera una persona che lavora tutto il giorno per percepire uno stipendio inadeguato, e se si ammala deve scegliere tra fare la spesa e curarsi? Come si può definire libero chi non può comprarsi una casa, perché oggi lavora e tra tre mesi chissà? Per questo il lavoro è un valore fondante: perché è il mezzo che permette di essere liberi, di realizzarsi come persona. E questa è l’ultima delle parole che voglio analizzare con voi. La parola “Lavoro”.  Alla quale evidentemente la Costituzione attribuiva un valore estremamente diverso da quello che in tanti vivono sulla loro pelle ogni giorno.

Intervento di Luca Copersini, Segretario Generale Fisac Abruzzo Molise alla celebrazione del Primo Maggio a Paganica (AQ)



TGR Abruzzo: sciopero alla Banca Popolare di Bari

Pubblichiamo il link al servizio della TGR Abruzzo in merito allo sciopero della Banca Popolare di Bari del 17 aprile ed al presidio di Teramo, con interviste al nostro RSA Massimiliano Di Carlo ed al Segretario Regionale Luca Copersini

 

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BPB: il 17 aprile sciopero e presidio a Teramo




Fisac Abruzzo Molise: eletta la nuova Segreteria Regionale

Si è svolta nella mattinata odierna, presso la Camera del Lavoro di Pescara, l’Assemblea Generale della Fisac/Cgil Abruzzo Molise.

La votazione, presieduta dal Presidente dell’Assemblea Francesco Trivelli, ha visto l’assemblea esprimersi all’unanimità, accogliendo la proposta del Segretario Generale Luca Copersini.

Al termine della votazione la nuova Segreteria Regionale risulta così composta:

  • Luca Copersini (Segretario Generale)
  • Silvia Biello
  • Stefano Carra
  • Gabriele D’Andrea
  • Adriana Malandra



Assicurazioni e banche: Orwell lo aveva previsto

Un libro che mi ha affascinato quando ero ragazzo è stato 1984 di Orwell. Io l’ho trovato geniale, perché trovavo geniale questa idea di un regime perfetto, capace di entrare nelle menti delle persone e convincerle che non esisteva un’alternativa, che quello era il miglior mondo possibile. Geniale però, insomma, mi sembrava anche poco realistico. Una situazione che non poteva esistere nella realtà.
Beh, mi sbagliavo.

Di recente mi sono ritornati in mente tre slogan che erano incisi sulla facciata del “Ministero Della Verità” in 1984. Gli slogan erano:

  • La guerra è pace

  • L’ignoranza è forza

  • La libertà è schiavitù

Ora, mi soffermerei a parlare di tutti e tre e non c’è tempo. In particolare mi piacerebbe parlare di “La guerra è pace”. Mi soffermo invece sullo slogan “La libertà è schiavitù”.

In effetti questa cosa di essere liberi… cos’è st’idea che magari pensate con la vostra testa, poi vi fate cattivi pensieri, non sapete come organizzarvi? No, è molto meglio che qualcun’altro vi dica quello che dovete fare, pensi al posto vostro e vi liberi dal pensiero di organizzarvi la giornata: ve lo diciamo noi quello che dovete fare!

Beh, se ci pensate il nostro mondo del lavoro è permeato da questa mentalità. Soprattutto si ribalta sulle nostre aziende, su banche e assicurazioni.
Il lavoratore, secondo la visione del nostro capitalismo, dev’essere a disposizione 24 ore al giorno, non deve distrarsi con pensieri inutili tipo la famiglia, i figli, le amicizie: tutto ciò che rende la vita degna di essere vissuta. No, lui deve produrre. Deve produrre, deve ringraziare il “donatore di lavoro” perché generosamente gli elargisce uno stipendio che potrebbe anche non dargli, perché è un privilegio lavorare per lui. Non dev’essere libero. Il lavoratore dev’essere infelice.

Ora, questa storia dell’infelicità, se voi ci pensate, non è così secondaria perché nelle nostra aziende – banche e assicurazioni – è diventato il carburante che le aziende usano per garantirsi la produzione.
Io non devo raccontarvi qual è la situazione di disagio in cui molti dei nostri lavoratori vivono le loro giornate. Ma questo disagio ormai è creato in modo scientifico. L’infelicità e il disagio servono per spingere i lavoratori a vendere. E la cosa più brutta, quando io parlo con i lavoratori è – intanto la paura (“oddio, che mi danno se non vendo?”) – ma la rassegnazione, e qui ci colleghiamo ad Orwell: non può esistere una realtà diversa da questa.

Ecco, allora io penso che una delle nostre priorità (ce ne abbiamo tante) è quella di ridare fiducia ai lavoratori, fargli capire che la loro vita non è questa, dev’essere degna di essere vissuta.
Ed è difficile, io lo so che è difficile. Io per primo ho giornate intere in cui mi sento sconfortato perché dico: “Sì ma non cambiamo mai niente, io da solo sono troppo piccolo”. Ma non dobbiamo arrenderci. Noi dobbiamo, intanto, parlare con i lavoratori. Le assemblee: ne facciamo troppo poche. La commissione sulle politiche commerciali è stata un passo avanti, ma noi dobbiamo renderla esigibile prevedendo delle sanzioni, rincuorando i lavoratori, spingendoli a far emergere tutte le violenze psicologiche che subiscono, ma dall’altro lato garantendogli la tutela.
Non è una cosa semplice ma dobbiamo farlo, anche perché io una cosa non riesco a capire: dove sta scritto che chi lavora debba essere infelice? Perché dobbiamo rassegnarci a questa narrazione?

E sempre nella logica del padrone che sa quello che fa e fa la cosa giusta, s’inquadra il fenomeno delle filiali che chiudono, specialmente nei territori meno floridi.
Anche qua non entro nel merito perché tanto conosciamo benissimo l’argomento. Dico che nei territori delle Regioni che io rappresento, Abruzzo e Molise, i dati sono drammatici: c’è una punta in Molise di 8 comuni su 10 – oltre 8 comuni su 10 – senza neanche una banca.
Ed è un fenomeno sul quale noi come Abruzzo e Molise abbiamo cercato in tutti i modi di attirare l’attenzione, di smuovere i politici locali, con scarsissimi risultati: i politici non pestano i piedi alle banche. E questo ha comportato che le banche siano diventate secondo me il perfetto simbolo dell’azienda nel nostro capitalismo. Quindi aziende che quando guadagnano sono private e quindi “non ci rompete le scatole, siamo privati, i soldi sono nostri”, quando perdono diventano servizio essenziali quindi la perdita non è più privata, è pubblica e quindi i soldi ce li rimettiamo noi.

Anche qui io faccio una domanda: ma con tutti i soldi che le banche hanno preso direttamente o indirettamente (perché quelle salvate e quelle che le hanno acquisite), ma perché la politica non può pretendere che in cambio delle decine di miliardi si impegnino a garantire un servizio minimo, soprattutto nei territori più disagiati?
E anche su questo noi dovremmo riuscire a fare una comunicazione soprattutto all’esterno, perché è un fenomeno che non viene percepito, spiegare che le banche che chiudono sono un impoverimento del territorio, spiegare che c’è una parte del nostro Paese che sta morendo, soprattutto le aree interne – e in Abruzzo e Molise ne sappiamo qualcosa – nel silenzio della politica e anche con un apporto fondamentale delle banche; è un lavoro che dobbiamo provare a fare.

Vado a concludere: due parole sulla Riscossione. Il totale delle cartelle che non si riescono a riscuotere, accumulate nella Riscossione, supera i 1.100 miliardi di euro, cioè la metà del debito pubblico italiano. Perché si accumulano? Si accumulano perché il personale non è sufficiente.
Allora, mai come in questo caso un problema sembra avere una soluzione a portata di mano: assumete!
Assumete, gli stipendi si ripagheranno ampiamente, si recuperano soldi ma ancora una volta il padrone, quello che sa quello che è giusto per noi non assume, perché in questo modo potrà dire che ci sono troppe cartelle che non si recuperano e la cosa migliore è azzerarle: così guadagnano credito elettorale e fanno un regalo agli evasori.

Ecco, diciamo che ce ne sono tante di “realtà” che noi dovremmo sovvertire, e dovremo essere bravi. Dobbiamo impegnarci a raccontare una storia che non è quella che viene raccontata abitualmente. Non siamo bravi come Orwell, ma dobbiamo provarci.

 

Intervento del Segretario Regionale Fisac Abruzzo Molise Luca Copersini al X Congresso Nazionale Fisac

 

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