Banche: Report Fisac Cgil, in 5 anni -20% filiali e -6% dipendenti

Oltre 5 mila sportelli bancari definitivamente chiusi in 5 anni, pari a più del 20% del totale, passati da 25 mila a 20 mila, e con essi una riduzione di dipendenti di quasi il 6%, pari a poco più di 16 mila unità, da 278 mila a 262 mila. È il bilancio del cosiddetto processo di desertificazione bancaria nel quinquennio passato come emerge da un report dell’Ufficio Studi & Ricerche della Fisac Cgil, contrazione che si è confermata anche per il 2023, con sportelli diminuiti sul 2022 del -3,9% per una perdita di 825 unità e dipendenti calati del -0,8% per 2.156 unità.

Benché in maniera meno marcata rispetto agli anni passati, osserva la segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito, “anche nel corso del 2023 abbiamo registrato una diminuzione dell’occupazione e delle filiali bancarie, specie nelle aree più fragili del paese. Questo processo deve avere una fine, il sistema bancario deve ritrovare e perseguire la sua funzione a sostegno dell’economia”. Per farlo, aggiunge, “e per accompagnare e gestire i processi di trasformazione tecnologica, che investono il sistema del credito come l’utenza, pronta a rivolgersi a canali di finanziamento non bancari, l’insediamento fisico e le competenze concrete, non ‘algoritmiche’, delle lavoratrici e dei lavoratori diventano ogni giorno più cruciali”.

Sportelli

A fine 2023 le banche italiane e le filiali in Italia di banche estere, si legge nel report Fisac condotto su dati Bankitalia, disponevano di 20.161 sportelli operativi. Sotto il profilo dimensionale, il 54% (10.787) appartenevano a banche di maggiori dimensioni. Considerando, invece, il gruppo istituzionale, le banche Spa possedevano il 76% (15.294) degli sportelli rilevati al 31 dicembre dello scorso anno. Le quote riconducibili alle banche di credito cooperativo e alle banche popolari erano pari, rispettivamente, al 20% (4.091) e al 3% (653). La distribuzione sul territorio degli sportelli bancari operativi alla fine dello scorso anno evidenzia una maggiore presenza nelle regioni del Nord, che rappresentano il 57% del totale nazionale (40% in Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto). Il numero di sportelli nelle regioni del Sud e nelle Isole ammonta al 22% del totale nazionale.

Lo scorso anno gli sportelli bancari, sottolinea la Fisac Cgil, sono diminuiti di 825 unità rispetto ai 20.986 rilevati a fine 2022 (-3,9%). La riduzione è stata generalizzata in tutte le regioni. Considerando gli ultimi cinque anni il numero di sportelli in Italia è diminuito di 5.248 unità, quasi il 21% delle 25.409 unità rilevate a fine 2018: in sintesi, negli anni 2019-2023 il numero di sportelli bancari in Italia si è contratto di quasi 1/5 rispetto al dato di partenza. In questo periodo tutte le regioni italiane hanno visto diminuire il numero di agenzie con tassi di contrazione più accentuati in Abruzzo, Molise, Marche e in Basilicata, con tassi di contrazione pari o superiori al 25%, e e più attenuati per Trentino-Alto Adige e Sardegna.

Occupazione

Alla contrazione del numero di sportelli in Italia è corrisposta, si rileva nello studio della Fisac Cgil, la contrazione degli organici bancari in tutto il periodo osservato. A fine 2023 i dipendenti bancari italiani erano 261.976 in flessione rispetto ai 264.132 rilevati a fine 2022 (-0,8%) per -2.156 unità. Le regioni con i maggiori decrementi nell’ultimo anno sono state Liguria, Toscana, Umbria, Marche, Puglia e Sardegna, tutte con tassi di contrazione pari o superiori al 3%. All’opposto Piemonte e Trentino-Alto Adige hanno registrato aumenti. Circa il Piemonte il dato permane ‘inquinato’ dalle politiche di attribuzione delle risorse dei gruppi con sede in regione.

Si accentua ulteriormente la tendenza alla concentrazione dei dipendenti nei territori dove insistono le direzioni generali dei gruppi più grandi. Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna, luoghi dove hanno sede principale cinque dei sei maggiori gruppi bancari, sono le prime tre regioni per numero di addetti: nei loro territori lavora il 52% di tutti i dipendenti bancari a fronte di una popolazione residente di poco superiore al 30%. La Liguria è la regione che ha perso più dipendenti negli ultimi 5 anni: -36% circa tra il 2018 ed il 2023. In generale, le regioni che hanno perso più dipendenti in percentuale appartengono al Mezzogiorno, al Centro Italia Appenninico (Umbria e Marche) e alle aree più vicine ai confini nazionali (Liguria, Val D’Aosta e Friuli Venezia Giulia).

Tendenze

Gli sportelli continuano a diminuire (-3,9% nel 2023), anche se in misura lievemente minore rispetto alla media 2018/2021 (-4,2% annuo). Tuttavia, stima la Fisac Cgil, ciò non implica ancora il raggiungimento di un nuovo equilibrio: possiamo al contrario prevedere che, nonostante la diminuzione probabile dei tassi di chiusura degli sportelli, al 2027 possa esserci una ulteriore riduzione di filiali in futuro quantificata in una forbice di 600/1.000 sportelli circa. Per quanto riguarda i dipendenti, la diminuzione anno su anno (-0,8%) è lievemente minore rispetto alla riduzione media del quinquennio precedente (-1,16% annuo). Anche in questo caso, è prevedibile una ulteriore riduzione del numero dei dipendenti in una forbice compresa tra le 2,5/3,5 mila unità al 2027.

Considerazioni

“Leggiamo delle interessanti linee di tendenza in questi dati – osserva Susy Esposito -, che confermano quanto da tempo sosteniamo: L’innovazione tecnologica, la digitalizzazione, l’intelligenza artificiale, devono fondarsi sul lavoro. Presenza sul territorio, prossimità alla clientela, competenze specifiche e non standardizzate, sono punti insostituibili. Lo dimostrano anche le strategie di alcuni colossi bancari americani, che si reinsediano nei territori per sostenere l’economia. Il contratto nazionale ci dà uno strumento unico per accompagnare il settore bancario nel futuro, nella consapevolezza che la sua forza è nel lavoro e nel presidio fisico del territorio. È ora di agire perché il futuro sia fondato nel lavoro”, conclude Esposito.

Scarica lo studio

 

La situazione in Abruzzo e Molise

Banche: continua la fuga dall’Abruzzo e dal Molise. Ed è sempre più veloce




La desertificazione bancaria in Abruzzo su Rai3

Di seguito pubblichiamo il link al servizio andato in onda su Rai3 lo scorso 22 aprile,  basato sullo studio redatto dalla Fisac Abruzzo Molise in collaborazione con l’Ufficio Studi e Ricerche Fisac.




Banche: continua la fuga dall’Abruzzo e dal Molise. Ed è sempre più veloce

A primavera, come ogni anno, arrivano i dati di Bankitalia relativi all’occupazione bancaria ed alla presenza degli istituti nei territori. E ogni anno, per quanto riguarda Abruzzo e Molise, la situazione appare peggiorata rispetto a quello precedente.

Detto in estrema sintesi: le banche non solo abbandonano i nostri territori, ma sembrano avere una gran fretta di farlo, con chiusure che procedono una velocità maggiore rispetto a quanto avviene nelle altre regioni.

Vediamo nel dettaglio l’andamento delle chiusure di sportelli nelle nostra regioni, suddiviso per provincia.

NUMERO SPORTELLI BANCARI PER PROVINCIA
Totale 2022 Totale 2023 Differenza % diff. Var. a 5 anni
ITALIA 20.985 20.161 -824 -3,9% -20,6%
ABRUZZO 429 407 -22 -5,1% – 25,9%
Provincia
AQ 93 84 -4 -4,3% – 29,4%
CH 117 111 -6 -5,1% – 23,5%
PE 105 100 -5 -4,8% – 24,3%
TE 114 107 -7 +6,1% – 26,7%
 
MOLISE 81 78 -3 -3,7% – 28,4%
Provincia
CB 62 59 -3 -4,8% – 32,2%
IS 19 19 = = – 13,6%
dati Banca d’Italia

Molise e Abruzzo sono rispettivamente la peggiore e la seconda peggior regione d’Italia per quanto riguarda la percentuale di sportelli chiusi negli ultimi 5 anni. Non inganni il dato del Molise relativo all’ultimo anno, leggermente migliore rispetto alla media nazionale: con 78 filiali residue c’è rimasto ben poco da chiudere.


 

La seconda tabella evidenzia l’effetto di queste chiusure sulle singole province

NUMERO COMUNI CON ALMENO UNO SPORTELLO BANCARIO 
Tot. 2022 % su tot comuni Tot. 2023 % su tot comuni Differenza % diff.
ITALIA 4.785 60,6% 4.651 58,9% -134 -2,8%
ABRUZZO 126 41,3% 119 39,0% -7 -5,6%
Provincia
AQ 31 28,7% 29 26,9% -2 -6,5%
CH 38 36,5% 36 34,6% -2 -5,3%
PE 25 54,4% 24 52,2% -1 -4,0%
TE 32 68,1% 30 63,8% -2 -6,3%
 
MOLISE 24 17,6% 24 17,6% = =
Provincia  
CB 18 21,4% 18 21,4% = =
IS 6 11,5% 6 11,5% = =
 
dati Banca d’Italia

In Abruzzo in oltre 6 comuni su 10 non si trova più una filiale di banca. La provincia peggiore è quella dell’Aquila, priva di sportelli bancari in quasi 3 comuni su 4.
A dir poco sconfortanti i numeri del Molise: non esistono banche in oltre 8 comuni su 10, arrivando al dato di Isernia che vede gli abitanti di quasi il 90% dei comuni costretti a spostarsi se vogliono effettuare operazioni bancarie.

La tabella evidenzia due situazioni ben distinte: ad una situazione tutto sommato accettabile nelle province di Pescara e Teramo fa da contraltare il dato relativo alle province di Chieti e L’Aquila, caratterizzate da tanti comuni ubicati nelle aree interne.
Purtroppo il Molise fa storia a sé: i dati sono impietosi per la provincia di Campobasso, e ancor di più per quella di Isernia.
Lo ribadiamo per l’ennesima volta: la chiusura degli sportelli bancari nei piccoli comuni non sarà probabilmente la causa principale dello spopolamento, ma è sicuramene un fattore che lo accelera. Non è azzardato affermare che il subentro dei grandi gruppi nazionali, al posto dalle banche locali che fino a qualche anno fa erano al servizio del territorio, abbia contribuito in modo tangibile alla fuga dalle aree più problematiche delle due regioni.

La lettura dei dati complessivi ci dice che oltre il 40% delle filiali bancarie è concentrato in sole 3 regioni: Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Nel Nord si concentra il 57% delle filiali, nel Sud e Isole (area nella quale Abruzzo e Molise sono ricompresi) appena il 22%. Il tutto è ben rappresentato da questa immagine:

 

Fonte: Banca d’Italia – Banche e Articolazione territoriale

 

Si parla tanto, e con legittima preoccupazione, dell’autonomia differenziata. In realtà le banche hanno già realizzato una secessione di fatto tra le regioni ricche e quelle povere.


 

La tabella che segue indica l’andamento degli occupati nel settore bancario in Abruzzo e Molise, suddiviso per provincia.

NUMERO DIPENDENTI SETTORE BANCARIO PER PROVINCIA
Totale 2022 Totale 2023 Differenza % diff. Var. a 5 anni
ITALIA 264.288 261.976 -2.312 -0,9% – 5,8%
ABRUZZO 2.870 2.797 -73 -2,5% – 19,5%
Provincia
AQ 626 603 -23 -3,7%  – 19,5%
CH 763 763 = = – 22,1%
PE 780 752 -28 -3,6% – 9,2%
TE 702 679 -23 -3,3% – 26,0%
 
MOLISE 533 505 -28 -5,3% – 14,7%
Provincia
CB 446 412 -34 -7,6% – 13,5%
IS 87 93 +6 +6,9% – 19,8%
dati Banca d’Italia

Questi dati, se possibile, sono ancor più preoccupanti rispetto a quelli relativi alle chiusure. Perché evidenziano uno scostamento, rispetto alla media nazionale, molto più significativo. In Abruzzo il calo di addetti procede ad una velocità più che tripla rispetto al resto del paese; in Molise lo scostamento è di 2,5 volte.

Il dato relativo alle chiusure di filiali ci dice invece che la percentuale di sportelli chiusi in Abruzzo è sì superiore alla media, ma solo di un terzo, mentre quella del Molise è pari all’incirca ad 1,4 volte la media nazionale.

Come si spiega il diverso andamento di questi numeri?

Le ragioni sono diverse. La prima è di carattere storico. Nel nostro territorio avevano sede due banche locali fortemente radicate, che oltre alla rete di filiali avevano tutti i centri direzionali ubicati prevalentemente in Abruzzo. L’acquisizione da parte di banche di dimensione nazionale ha portato allo svuotamento di queste strutture ed al trasferimento delle lavorazioni presso le sedi delle aziende subentrate. A riprova di questo fenomeno – che ovviamente ha riguardato non solo Abruzzo e Molise ma tutte le regioni nelle quali avevano sede istituti locali – ci sono i dati in controtendenza delle regioni nella quali i grandi istituti hanno le loro sedi operative: l’occupazione risulta in aumento in Piemonte e in Emilia Romagna.

La seconda è da ricercarsi nel fatto che le nostre due regioni siano più “avanti” delle altre nel processo di abbandono da parte dei grandi istituti. Quindi, mentre in altre regioni le chiusure riguardano prevalentemente agenzie piccole, in Abruzzo e Molise gli sportelli di dimensioni minori sono stati già chiusi, ed ora le chiusure  riguardano le filiali più grandi.

La terza è che nei centri più importanti, dove restano aperte filiali storiche, il loro organico viene ridimensionato. Così, capita di vedere grandi filiali, un tempo affollate di lavoratori e lavoratrici, nelle quali oggi si trovano pochi colleghi a presidiare una distesa di scrivanie vuote o di stanze chiuse.

 

QUALI SONO LE CONSEGUENZE DELL’ABBANDONO BANCARIO?

Le banche sostengono che la chiusura delle filiali non abbia alcun impatto sull’economia locale in quanto l’avvento del digitale rende superflua la presenza fisica sul territorio. I dati relativi all’andamento dei crediti dimostrano una realtà ben diversa: dove chiudono le filiali cala anche il credito alle piccole imprese (non a quelle di dimensioni più grandi, che le banche assistono tramite strutture dedicate).

La tabella che segue è tratta da un’approfondita analisi dell‘Uffici Studi & Ricerche Fisac Cgil che pubblicheremo integralmente nei prossimi giorni.

 

Osservando l’andamento dei prestiti erogati ai singoli settori della clientela, ed indicizzati con base 100 nel 2017,  si rileva che ad eccezione dei prestiti alle famiglie consumatrici (sostanzialmente mutui), aumentati nel periodo 2017-2022 salvo poi ridursi nell’ultimo anno per effetto dei rialzi dei tassi, tutte le categorie mostrano una riduzione degli affidamenti rispetto al 2017, ad eccezione dei prestiti bancari alle imprese medio-grandi nel Molise che sono aumentati di oltre il 28% negli ultimi sei anni.

Cosa ci dicono questi numeri? Che quando non trovano filiali bancarie sul territorio le piccole imprese non riescono più a finanziarsi. Il calo è consistente in entrambe le regioni (-19,7% in Abruzzo e – 12,4%) in Molise. E questo nonostante il periodo di interruzione del trend decrescente 2020-2021 sostenuto, nel periodo Covid, dalle misure eccezionali di sostegno al credito.

Diversa la situazione delle imprese di dimensioni maggiori, che le banche seguono con strutture dedicate e non risentono della minor presenza sul territorio: in Abruzzo la riduzione è limitata al 5,7%, nel Molise come abbiamo visto risultano in consistente aumento, a dimostrazione di come l’effetto delle chiusure sia molto diverso a seconda delle dimensioni delle aziende

Cosa fa una piccola azienda quando non riesce più ad ottenere credito? O chiude, oppure cerca altri canali di finanziamento, finendo in mano agli usurai. Come sono messi i piccoli imprenditori di Abruzzo e Molise?

Esaminiamo la prossima tabella, tratta dalla classifica delle province italiane in base all’incidenza dei reati, redatta annualmente dal Sole 24 Ore

CLASSIFICA DELLE POVINCE IN BASE ALL’INCIDENZA DEI REATI
Provincia
Posizione Complessiva Posizione per reati d’usura
 
AQ 100 32
CH 77 41
PE 33 9
TE 45 7
CB 90 4
IS 67 1
dati Lab24 – Il Sole 24 Ore

La tabella ci dice che anche province che presentano un indice di criminalità molto basso, come L’Aquila e Chieti, si collocano nella prima metà della classifica relativamente all’incidenza dei reati d’usura.
Ma soprattutto ci dice che nei primi 9 posti, sempre concentrandosi su questo tipo di reati, figurano due province molisane e due abruzzesi, con Isernia che conquista la poco invidiabile vetta della classifica.
Dato purtroppo coerente in una provincia quasi completamente priva di banche.

 

Esaminiamo infine questo grafico. Riporta la variazione delle imprese artigiane nel 2023, differenziata per regione. L’illustrazione è tratta dallo studio del prof. Aldo Ronci Le imprese artigiane negli ultimi 5 anni e nel 2023.

Ancora una volta, il dato che esce fuori è inequivocabile: a fronte di una crescita dello 0,35% del numero di imprese artigiane in Italia, Molise e Abruzzo sono tra le poche regioni nelle quali le cessazioni sono superiori alle nuove attività. Non solo: il Molise risulta, ancora una volta, la regione con il peggior dato in Italia, e l’Abruzzo viene quasi subito dopo, conquistando un poco invidiabile terzo posto.

 

COSA SI PUO’ FARE?

Il tema dell’abbandono bancario ha visto la Fisac impegnarsi a fondo, per denunciarlo ma anche per cercare di proporre soluzioni alle aziende bancarie. Un possibile provvedimento potrebbe consistere nello spostare i centri direzionali dalle regioni del Nord a quelle del Centro Sud, riuscendo così a tamponare almeno l’emorragia occupazionale, senza peraltro arrecare disagio alle Aziende.

A livello regionale la Fisac Abruzzo Molise si farà promotrice, cercando la collaborazione della nuova giunta, della costituzione di un Osservatorio Regionale sul Credito che possa provare a governare il fenomeno. Non si può impedire ad una banca di chiudere una filiale, ma con una tempestiva pianificazione si può provare a cercare ipotesi alternative, mettendo in condizione i Comuni di proporre soluzioni gradite alle Banche o magari di provare a rimpiazzare l’Istituto uscente, ad esempio proponendo l’apertura ad una BCC locale.

 

Fisac/Cgil Abruzzo Molise in collaborazione con
Ufficio Studi & Ricerche Fisac Cgil




BPER L’Aquila e Provincia: noi l’avevamo detto…

Prendete una cartina politica dell’Africa. Noterete che in molti casi i confini degli stati sono costituiti da linee rette. Questo perché non seguono fiumi o montagne, che di solito fungono da naturale separazione fra i vari Paesi, ma rispecchiano una divisione fatta a tavolino, una spartizione dei territori tra le nazioni che avevano colonizzato  quelle zone.

Facendo le debite proporzioni, nella provincia dell’Aquila avverrà qualcosa di paragonabile.
La nuova divisione in Aree, infatti, ripartirà la Provincia secondo una linea che non ha alcuna logica di carattere geografico, storico o economico, ma risponde solo all’esigenza di assegnare ad ognuna delle nuove Aree un certo numero di filiali. Quindi le filiali dell’Aquila e dell’immediato circondario saranno accorpate con il Teramano e parte delle Marche, mentre la Marsica e la Valle Peligna saranno accorpate con le Province di Pescara e Chieti.

A scanso di equivoci precisiamo subito che la Banca non ha fatto nulla che non fosse nelle sue facoltà: è legittimo che un’azienda decida in modo autonomo quale assetto organizzativo intenda darsi. D’altro canto, non si può negare che questo sia l’ennesima dimostrazione di scarso interesse per una Provincia che la banca considera niente di più che “un’espressione geografica” (concedeteci la citazione storica). E non è di nessuna consolazione poter dire che la Fisac aveva in qualche modo predetto che questo sarebbe accaduto.

Volendo scegliere un simbolo del disinteresse della Bper verso la Provincia dell’Aquila, adotteremmo l’Auditorium a suo tempo realizzato dalla Cassa di Risparmio. Un centro di aggregazione che per anni ha rappresentato un punto di riferimento per la città, nel quale sono passati nomi illustri del giornalismo, della cultura, della scienza. Un segnale tangibile di vicinanza della banca verso il territorio oggi in stato di abbandono, triste e silenzioso testimone di un tempo che fu.

A voler essere sinceri, è l’intero territorio regionale ad essere da tempo oggetto di un evidente disimpegno da parte dell’Azienda. Non è un caso che Abruzzo e Molise siano le regioni nelle quali la Bper è più indietro rispetto alle assunzioni alle quali si era impegnata con l’accordo del 28/12/2021, e che il più delle volte gli assunti vengano destinati in altre regioni nonostante l’Art.9 del citato accordo preveda che:

” in DR Calabria-Sicilia, Puglia-Basilicata, Abruzzo-Molise, Campania, Toscana-Umbria e in Regione Sardegna l’Azienda si impegna a destinare una quota di assunzioni/stabilizzazioni pari al 50% delle uscite (pensionamenti e adesioni al Fondo di Solidarietà – 1.100), avvenute nei rispettivi territori che si realizzeranno nel periodo 2022/2024 a partire dal 1° gennaio 2022″

La Fisac si è prontamente attivata per ottenere il rispetto letterale dell’accordo, senza escludere nessuna iniziativa che possa rivelarsi utile in tal senso.

Tornando alla riorganizzazione appena annunciata, il nostro timore è che a pagarne il costo siano lavoratrici e lavoratori che, oltre a subire il disagio di non lavorare nel Comune di residenza, vedranno complicarsi la prospettiva di riavvicinarsi, perché aldilà delle rassicurazioni che immancabilmente arriveranno non si può negare che un trasferimento tra diverse Aree comporti maggiori difficoltà rispetto a spostamenti infra Area.
Per questo auspichiamo che l’Azienda voglia guardare con un occhio di riguardo le richieste delle persone che dovessero manifestare l’esigenza di riavvicinarsi: un comportamento che indubbiamente ci si aspetta da chi da anni si fregia della certificazione di Top Employer.

Lo ribadiamo, l’Azienda è libera di organizzarsi come meglio crede. Però vorremmo rivolgerle una preghiera: in futuro si potrebbe per favore evitare di continuare a raccontare che la Bper è vicina a questo territorio? Ve ne saremmo grati.

 

Fisac Cgil 
Segreteria Provinciale L’Aquila

 

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Santander Consumer Bank annuncia chiusura di tutte le filiali in Italia

Santander Consumer Bank (Scb), parte del gruppo bancario nato in Spagna e presente in tutta Europa, specializzato in Italia nel credito al consumo, ha comunicato la chiusura di tutte le sue filiali sul territorio nazionale insieme a una drastica riduzione di organico. L’azienda presieduta da Ettore Gotti Tedeschi e guidata da Alberto Merchiori, fa sapere la Fisac Cgil, insieme alla Fabi, di Scb, “ha consegnato alle organizzazioni sindacali una comunicazione inerente un piano di ristrutturazione relativo a Santander Consumer Bank, ai sensi dell’articolo 22 del vigente contratto collettivo nazionale di lavoro, i cui punti essenziali sono una riduzione di organico e la chiusura di tutte le Filiali sul territorio”.

Nella comunicazione, fanno sapere Fisac Cgil e Fabi, “viene stimato in eccedenza circa il 14% della forza lavoro della Banca, la riduzione di organico riguarda sia il personale delle unità locali sia della sede“. Le rappresentanze sindacali aziendali dichiarano “preoccupazione e contrarietà per un piano che impatta nuovamente sul personale, aggrava la desertificazione bancaria del territorio e mette in difficoltà molte aree disagiate. Sono state prontamente informate le Segreterie Nazionali, il livello di attenzione da parte del Sindacato sarà massimo”.

Il primo incontro tra sindacati e gruppo, proseguono Fisac Cgil e Fabi, “è già stato calendarizzato con l’azienda per giovedì 14 settembre e sarà improntato alla disamina e alla discussione del piano per consentire poi di porre in essere tutte le procedure e le azioni atte a scongiurare ricadute pesanti sulle lavoratrici e i lavoratori di Santander Consumer Bank”, concludono.


 

Giorgio Saccoia
Ufficio Stampa Fisac Cgil Nazionale
335.63.88.949




La chiusura delle filiali danneggia i territori: ecco le prove

Nel corso degli anni abbiamo ripetutamente evidenziato l’andamento sconfortante della chiusura delle filiali e del taglio dei posti di lavoro nelle banche di Abruzzo e Molise.

Le due regioni hanno pagato un prezzo pesante ai piani industriali dei grandi istituti di credito. Il Molise, in particolare, è la regione italiana che negli ultimi 5 anni ha perso più filiali: più o meno un terzo. Oggi in provincia di Isernia quasi il 90% dei comuni non ha sportelli bancari. In Abruzzo la maglia nera spetta alla provincia dell’Aquila, con circa 3 comuni su 4 privi di banche.

Gli istituti di credito ci hanno sempre raccontato che la chiusura delle filiali non incide sulla qualità di servizi offerti al territorio, visto che ormai gran parte dell’operatività si svolge online, e che gli stessi clienti non avvertono più l’esigenza di sedi fisiche.

Esiste però un dato, riferito all’Abruzzo, che smentisce in modo evidente questa affermazione. Il dato è tratto dall’ottimo studio “Il Credito Bancario in Abruzzo nel 2022” al quale avevamo dato ampio risalto in questo articolo.

Nello scorso anno il credito alle imprese medio-grandi in regione è cresciuto del 4,4%, mentre quello alle piccole imprese è diminuito del 4,6%. Le grandi imprese non hanno bisogno del contatto con la filiale, potendo beneficiare dell’assistenza di strutture accentrate dedicate a loro. Le piccole imprese, non trovando più riferimenti sul territorio, faticano ad ottenere finanziamenti. E’ evidente che, in un territorio nel quale le imprese sono quasi tutte di dimensioni piccole, questo dato può rappresentare un enorme ostacolo non solo per lo sviluppo economico, ma anche per il mantenimento delle condizioni in essere.

Tutto questo pareva un discorso puramente accademico, del quale si faticava a cogliere gli effetti pratici. Ora possiamo toccare con mano le conseguenze dell’abbandono bancario basandoci su alcuni dati.

Nel primo trimestre del 2023 il Molise e l’Abruzzo sono rispettivamente la peggiore e la seconda peggior regione d’Italia rispetto al decremento di imprese artigiane attive, come testimonia uno studio commissionato dalla CNA Abruzzo. Non si tratta di un dato isolato: in 10 anni sono state circa 9mila le imprese artigiane che hanno abbassato la saracinesca in Abruzzo. Difficile non mettere in relazione questo dato con l’oggettiva difficoltà delle piccole imprese nel trovare finanziamenti. 

Altro importante elemento di riflessione è rappresentato dal dato relativo all’usura. Abbiamo più volte espresso il timore che in assenza di finanziatori istituzionali i piccoli imprenditori potessero essere tentati di rivolgersi altrove, finendo in mano agli usurai.
Vediamo come si posizionano le province Abruzzesi nella classifica delle province per incidenza dei reati d’usura nel 2022 redatta dal Sole 24 Ore. Dobbiamo fare una premessa: il dato si basa sulle denunce, e sappiamo che le denunce per usura sono in numero molto ridotto rispetto alla reale incidenza del fenomeno. Esistono comunque dei numeri ufficiali, e su quelli basiamo le nostre considerazioni.
Tre delle quattro province abruzzesi si collocano nella parte alte della classifica: su un totale di 106 province Pescara si posiziona 34ma, L’Aquila 31ma, Chieti addirittura al secondo posto. Solo Teramo non figura, risultando una provincia nella quale non esistono denunce per usura.
Guarda caso, quella di Teramo è la provincia abruzzese con la maggiore percentuale di comuni serviti da filiali (oltre il 68%) ed è anche l’unica provincia in Regione nella quale il fenomeno usura è apparentemente irrilevante.
Chieti è la provincia che ha perso più filiali nel 2022 (oltre il 7%) oltre ad essere quella che ha perso più addetti  negli ultimi 5 anni (-29,4%), ed è anche è la provincia che nel 2022 è risultata la seconda in Italia per incidenza dei reati d’usura.
Non si può evidentemente stabilire in modo indiscutibile un nesso tra tra questi dati: tuttavia il tentativo di mettere in relazione tra loro i numeri numeri produce un effetto indubbiamente impressionante, tanto più considerando che parliamo di province nelle quali l’incidenza dei reati in genere è molto più bassa, con la sola eccezione della Provincia di Pescara che anche nella classifica complessiva dei reati si piazza al 34mo posto.
Si può ovviamente obiettare sulle nostre considerazioni, che non hanno la pretesa di rappresentare uno studio effettuato con metodo scientifico. Tuttavia, c’è un fatto che comincia ad emergere in un modo chiaro: puntando a massimizzare  i loro profitti le banche tagliano le spese ritenute “meno produttive”, ma in questo modo fanno del male a territori come Abruzzo e Molise, colpevoli di essere considerati “meno profittevoli”.
E tutto questo nella totale indifferenza della politica locale e regionale.

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Abruzzo: insieme alle banche diminuisce il credito a piccole e medie imprese

Prendiamo spunto dall’ottimo studio pubblicato dal prof. Aldo Ronci, dal titolo Il credito bancario in Abruzzo nel 2022.

Il dato relativo al credito vivo (quindi depurato dalle sofferenze) ad imprese e famiglie, relativamente all’anno 2022, è apparentemente positivo, con un incremento di 484 milioni, pari al 2,55%, nettamente migliore al dato nazionale che fa registrare un incremento dello 0,90%.

Andando ad esaminare in modo analitico il dato, scopriamo che non è così confortante.

Fonte: Il Credito Bancario in Abruzzo nel 2022 – Aldo Ronci

 

Notiamo che esiste un unico dato in controtendenza, cioè quello relativo al credito alle imprese medio grandi, mentre i finanziamenti alle piccole imprese scendono in misura superiore alla media nazionale. Questa crescita non avviene in modo omogeneo su tutto il territorio abruzzese, come evidenzia il grafico che riportiamo di seguito.

Fonte: Il Credito Bancario in Abruzzo nel 2022 – Aldo Ronci

 

In sostanza ci troviamo di fronte ad una crescita dei finanziamenti relativi a due sole provincie, quella di Teramo e quella di Chieti, concentrata nelle grandi imprese operanti nel settore industriale, mentre le provincie dell’Aquila e Pescara sono ferme o addirittura in calo.

Fonte: Il Credito Bancario in Abruzzo nel 2022 – Aldo Ronci

 

Ulteriore dato da tenere in considerazione, l’incidenza dei prestiti garantiti sul totale impeghi. In Abruzzo questa percentuale è del 9,47%, mentre la media nazionale è del 5,96%.

Fonte: Il Credito Bancario in Abruzzo nel 2022 – Aldo Ronci

 

COSA CI DICONO QUESTI NUMERI?

I numeri rappresentano la concretizzazione dei i timori che da anni stiamo esprimendo, evidenziando a posteriori le conseguenze che avevamo paventato in merito all’abbandono dei territori da parte delle banche.

Quando le banche vanno via, piccole e medie imprese trovano enormi difficoltà a finanziare le loro esigenze, e questo rappresenta un danno irreparabile per il territorio. Aspetto che alle azienda bancarie, che ragionano spesso solo in termini di profitto a breve termine, non interessa. Per le grandi aziende, che hanno invece contatti diretti con le Direzioni Crediti dei grandi istituti, i canali restano aperti.

Il professor Ronci esprime in modo chiaro una preoccupazione: non trovando finanziamenti attraverso i canali ufficiali, le aziende alle prese con problemi di liquidità potrebbero cadere vittime della criminalità organizzata, “grazie alla sua capacità di offrire soluzioni rapide, servizi a basso costo e soprattutto prestiti in denaro, creando pericolosi legami di dipendenza, da parte delle aziende, alle attività di estorsione e usura. In questa maniera si stravolgerebbero e corromperebbero imprese, mercato ed economia”

Parliamo di una questione che dovrebbe suscitare un forte allarme sociale, ma che evidentemente viene – in modo molto colpevole – sottovalutata.

Lo stesso studio del Professor Ronci, nell’evidenziare come l’incremento complessivo del credito in regione risenta dell’ammontare dei finanziamenti garantiti, sembra suggerire implicitamente una possibile strategia per fronteggiare la perdita d’interesse delle banche verso le aziende del nostro territorio.

Una percentuale di finanziamenti garantiti significativamente maggiore rispetto al dato nazionale, può aver reso meno evidente il calo di finanziamenti alle piccole e medie imprese. Quindi potrebbe essere utile creare fondi di garanzia, anche per assicurare il microcredito alle famiglie rendendole meno esposte al rischio di cadere vittime dell’usura.

Tuttavia, anche questo dato è in realtà meno buono di quanto appaia. Sappiamo da un precedente studio dello stesso dr. Ronci che in occasione della pandemia gran parte dei finanziamenti garantiti dallo Stato, finalizzati ad aiutare le aziende a risollevarsi dopo il difficilissimo periodo del lockdown, sono in realtà andati a sostituire finanziamenti preesistenti, con il risultato pratico di scaricare sui contribuenti il rischio di insolvenza, invece di fornire un concreto sostegno all’economia.

Anche provvedimenti in apparenza giusti rischiano, in assenza di adeguati controlli, di rivelarsi inadatti rispetto allo scopo per cui erano stati pensati.

Un’ultima annotazione riguarda l’andamento del credito alle famiglie, apparentemente positivo (+2,81%). In realtà questo dato è nettamente inferiore alla media nazionale (+3,90%) e risente, più che di una maggior attenzione verso le esigenze dei privati, delle opportunità di guadagno rappresentate dai tassi incrementati, che hanno portato le banche a guardare con maggior attenzione la concessione di credito dopo anni in cui l’interesse era stato rivolto verso prodotti capaci di generare commissioni.

Scarica lo studio Il Credito Bancario in Abruzzo nel 2022

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Banche: continua la grande fuga dai nostri territori

 




Banche: continua la grande fuga dai nostri territori

Puntuale, come tutti gli anni, è arrivata la pubblicazione dei dati della Banca d’Italia relativi alla presenza degli sportelli bancari nei vari territori. E come tutti gli anni lo scenario che ne esce fuori è impietoso per quanto riguarda Abruzzo e Molise. Impietoso e in costante peggioramento.

Il dato che più di tutti dimostra l’abbandono dei nostri territori è quello relativo al numero di Comuni serviti da almeno uno sportello bancario.

NUMERO COMUNI CON ALMENO UNO SPORTELLO BANCARIO 
Tot. 2021 % su tot comuni Tot. 2022 % su tot comuni Differenza % diff.
ITALIA 4.902 62,0% 4.785 60,6% -117 -2,4%
ABRUZZO 132 43,3% 126 41,3% -6 -4,5%
Provincia
AQ 33 30,6% 31 28,7% -2 -6,1%
CH 42 40,4% 38 36,5 -4 -9,5%
PE 25 54,4% 25 54,4 = =
TE 32 68,1% 32 68,1 = =
 
MOLISE 28 20,6% 24 17,6% 4 -14,3%
Provincia  
CB 22 26,2% 18 21,4% 4 -18,2%
IS 6 11,5% 6 11,5% = =
 
dati Banca d’Italia

In Abruzzo in circa 6 comuni su 10 non si trova più una filiale di banca, con punta in Provincia dell’Aquila dove le banche sono assenti in oltre 7 comuni su 10.
Drammatici i numeri del Molise: non esistono banche in oltre 8 comuni su 10, arrivando al dato di Isernia che vede gli abitanti di quasi il 90% dei comuni costretti a spostarsi se vogliono effettuare operazioni bancarie in presenza.

Esaminando l’andamento del fenomeno si scopre che peggiora soprattutto dove era già allarmante: cioè nelle aree interne, in modo particolare nelle provincie di Chieti, L’Aquila e Campobasso. Resta stabile il dato di Isernia in quanto la presenza era comunque già ridotta all’osso.

La chiusura di sportelli nelle aree interne va a colpire soprattutto le fasce più fragili, meno pronte all’utilizzo della tecnologia, come anziani e stranieri, senza contare che in diversi comuni montani la connessione alla rete rappresenta un grosso problema.
Si può pertanto affermare che le scelte delle banche stanno contribuendo in modo concreto allo svuotamento delle aree più economicamente fragili dei nostri territori.

Vediamo nel dettaglio l’andamento delle chiusure di sportelli nelle nostra regioni, suddiviso per provincie.

NUMERO SPORTELLI BANCARI PER PROVINCIA
Totale 2021 Totale 2022 Differenza % diff. Var. a 5 anni
ITALIA 21.650 20.986 -664 -3,1% -23,3
ABRUZZO 444 429 -15 -3,4% -26,9
Provincia
AQ 98 93 -5 -5,1% -29,0%
CH 126 117 -9 -7,1% -27,3%
PE 107 105 -2 -1,9% -25,5%
TE 113 114 +1 +0,9% -26,0%
 
MOLISE 86 81 -5 -5,8% -31,9%
Provincia
CB 67 62 -5 -7,4% -33,3%
IS 19 19 = = -26,9%
dati Banca d’Italia

 

La tabella successiva riguarda l’andamento dell’occupazione nel settore bancario nei nostri territori.

NUMERO DIPENDENTI SETTORE BANCARIO PER PROVINCIA
Totale 2021 Totale 2022 Differenza % diff. Var. a 5 anni
ITALIA 269.779 264.132 -5.647 -2,1% -7,7
ABRUZZO 2.987 2.870 -117 -3,9% -22,1
Provincia
AQ 669 626 -43 -6,4% -19,4%
CH 808 763 -45 -5,6% -29,4%
PE 751 780 +29 3,7% -7,7%
TE 759 702 -57 -7,5% -28,8%
 
MOLISE 518 533 +15 +2,9% -16,2%%
Provincia
CB 412 446 +34 +8,3% -18,6%
IS 106 87 -19 -17,9% -33,1%
dati Banca d’Italia

Leggiamo insieme le due tabelle. La prima ci dice che la percentuale di filiali chiuse in Abruzzo negli ultimi 5 anni è di poco superiore alla media nazionale. La seconda invece rivela che il calo di dipendenti ha una percentuale tripla rispetto al dato nazionale. Come possiamo interpretare questi numeri?

Sono due le motivazioni di questo dato. La prima è il definitivo smantellamento di quello che resta delle vecchie Direzioni Generali delle storiche banche che avevano sede in Abruzzo. La seconda, e più rilevante, è legata al fatto che nel resto d’Italia si chiudono prevalentemente le piccole filiali, quasi sempre poste in centri meno popolosi. In Abruzzo gran parte delle filiali di piccole dimensioni sono state chiuse negli anni scorsi, quindi adesso le chiusure interessano filiali più importanti e con organico più numeroso. E questo rende il dato ancor più preoccupante, soprattutto considerando che l’andamento delle chiusure non accenna a diminuire: nei primi 3 mesi del 2023 (quindi successivamente ai dati che riportiamo) sono state chiuse già 12 filiali in Abruzzo.

In Molise è particolarmente rilevante il dato relativo alle chiusure di sportelli: la percentuale di chiusure ne fa la regione peggiore d’Italia nel quinquennio. Riguardo al calo degli addetti, la percentuale è comunque più che doppia rispetto alla media nazionale, seppur meno pesante rispetto all’Abruzzo.

 

L’ultima tabella che pubblichiamo riguarda l’andamento dei prestiti suddiviso per regioni:

AMMONTARE COMPLESSIVO PRESTITI (DATI IN MILIONI DI €)
Totale 2021 Totale 2022 Differenza % diff. Var. a 5 anni
ITALIA 1.764.668 1.770.873 +6.205 +0,35% -3,6%
ABRUZZO 21.038 21.316 +278 +1,30% -10,1%
 
MOLISE 3.307 3.429 +123 +3,59% -0,46%%
dati Ufficio Studi e Ricerche Fisac Cgil

Complessivamente si rivela un calo a 5 anni dell’ammontare complessivo degli affidamenti concessi, concentrato nel periodo 2019-20 a causa della pandemia, nonostante un recupero nello scorso anno.
In Molise il calo non è eclatante, ma questo dipende dall’ammontare ridotto degli affidamenti, che aveva pochi margini per calare ancora.
Il dato abruzzese fornisce invece la risposta concreta alle affermazioni delle banche, secondo le quali la concessione di credito non è in alcun modo legata alla presenza fisica sul territorio. I numeri dicono il contrario, e cioè che il calo percentuale degli affidamenti concessi in Abruzzo è triplo rispetto al dato nazionale. Andamento che coincide esattamente con il calo degli impiegati nel settore bancario in Abruzzo e che conferma quanto da noi più volte sostenuto: l’abbandono dei territori da parte delle banche contribuisce in modo pesante all’impoverimento delle zone interessate. Oltre ad escludere dai servizi una importante quota della popolazione, comporta anche difficoltà di accesso al credito per famiglie e piccole imprese. Un vuoto nel quale riesce facilmente ad inserirsi l’usura.

Le banche stanno contribuendo a creare un paese spaccato, in cui la differenza tra regioni ricche e povere si allarga a dismisura. Un dato basta a rappresentare questa differenza: al 31/12/22 oltre il 40% di tutte le filiali bancarie è compreso in tre sole regioni: Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Ed è una percentuale destinata a crescere.

Colpisce il fatto che la politica contini ad ignorare totalmente la questione, mostrandosi prontissima ad intervenire quando le banche vanno in affanno, immettendo soldi pubblici per salvarle, ma assai distratta quando si tratta di pretendere il rispetto della Costituzione in materia di tutela del risparmio e controllo del credito.

Ancor più grave l’indifferenza della politica locale. Come Fisac abbiamo più volte provato a sollevare il tema:

Nel convegno del 2022 è stata lanciata la proposta di istituire un Osservatorio Regionale sul Credito, che potesse quantomeno monitorare le chiusure degli sportelli e provare, contando su un congruo preavviso da parte degli Istituti bancari, a pianificare il possibile subentro di altri istituti nei comuni destinati ad essere abbandonati. Per quanto ci riguarda, porteremo avanti questa proposta in collaborazione con l’ANCI Abruzzo.

Purtroppo in queste occasioni abbiamo rilevato la difficoltà di coinvolgere i sindaci che, seppur invitati, sono stati spesso poco presenti, come se battersi per mantenere la presenza delle banche nei singoli Comuni fosse un’attività disdicevole. Salvo poi chiedere la mobilitazione quando i tagli riguardano direttamente i Centri che amministrano, scoprendo che a quel punto non c’è più nulla da fare.

 

Fisac/Cgil Abruzzo Molise




TGR Molise: in regione i dati peggiori d’Italia per la scomparsa di banche

L’allarme Fisac Cgil


Avanza la spoliazione del territorio: Molise maglia nera d’Italia per la scomparsa di banche

In cinque anni il numero di sportelli è calato del 31,9%. Otto paesi su dieci sono sprovvisti di servizi. L’home banking fa cilecca per la scarsa copertura di Internet



Il Molise aggiunge un altro record negativo a quelli legati allo spopolamento: è la regione d’Italia che negli ultimi 5 anni ha perso più sportelli bancari.  Erano 119 alla fine del 2017, sono scesi a 81 a dicembre: 62 in provincia di Campobasso e appena 19 in quella di Isernia. In cinque anni il calo è stato del 31,9%.

Un dato che va di pari passo con la contrazione del numero di lavoratori del settore, passati dai 636 del 2017 a 533.  

A fare questi conti è l’ufficio studi del sindacato Fisac Cgil, su dati della Banca d’Italia.

Fonte: Rai News
Guarda il servizio andato in onda sul TG Regionale




In Italia spariscono ogni giorno 2 filiali e 15 dipendenti bancari

Interrompere desertificazione, in un anno 664 filiali e 5.647 lavoratori in meno. Esposito: ‘Inversione trend negativo e rinnovo contratto Abi nostre priorità’


Ogni giorno in Italia poco meno di due sportelli bancari chiudono definitivamente i battenti e con essi oltre 15 dipendenti che giorno per giorno spariscono.

Un trend negativo che registra meno sportelli, meno servizi per famiglie e imprese, meno dipendenti: lo scorso anno, infatti, le filiali sono diminuite di 664 unità, passando da 21.650 nel 2021 a 20.986, e di circa un quarto negli ultimi cinque anni, quando nel 2017 erano 27.374.

Una desertificazione che trascina con sé anche una diminuzione del personale bancario, pari lo scorso anno a 264.132 in flessione del -2,1% rispetto all’anno precedente per -5.647 dipendenti. Sono alcuni numeri contenuti in un report prodotto dall’Ufficio studi della Fisac Cgil Nazionale su dati di Bankitalia e dal quale emerge, osserva la segretaria generale della categoria, Susy Esposito, “una dinamica di settore estremamente preoccupante che disegna una desertificazione, bancaria e occupazionale, al momento inarrestabile: serve con urgenza invertire questa tendenza”.

Sportelli e Occupazione

Dai dati del report della Fisac Cgil, elaborazione di uno studio di Banca d’Italia del 31 marzo scorso, si rileva che a fine 2022 gli sportelli operativi in Italia ammontavano a 20.986, diminuiti di -664 unità rispetto ai 21.650 rilevati nel 2021 (-3,1%). Considerando gli ultimi cinque anni il numero di sportelli è diminuito di -6.388 unità, quasi il -24% delle 27.374 unità rilevate a fine 2017 rispetto alle 20.986 del 2022: in sintesi nel periodo 2017-2022 il numero di sportelli bancari in Italia si è contratto di quasi un quarto (23,3%) rispetto al dato di partenza. Alla contrazione del numero di sportelli è corrisposta quella degli organici bancari. A fine 2022 i dipendenti bancari italiani erano 264.132, in calo rispetto ai 269.779 rilevati a fine 2021 (-5.647 unità per un -2,1%). Sugli ultimi cinque anni la flessione registrata è del -7,7%, quando nel 2017 i dipendenti bancari erano 286.222.

“Il settore bancario – afferma la segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito – sta vivendo una situazione estremamente preoccupante. I maggiori gruppi proseguono, tra digitalizzazione e piani industriali, nell’operazione di desertificazione e sparizione bancaria e occupazionale. Una tendenza ancora più grave perché incide in aree del paese caratterizzate da comuni di minori dimensioni e dove un tessuto finanziario solido è funzionale allo sviluppo economico e al contrasto all’illegalità”. Per Esposito, inoltre, “l’espulsione di forza lavoro sui territori non sufficientemente reintegrata, la concentrazione sulle sedi centrali del nord del personale a maggior qualificazione e la rarefazione di punti di riferimento per l’erogazione del credito rischiano anche di incidere sull’esito dei progetti legati al Pnrr. Per queste ragioni, insieme al rinnovo del contratto Abi, sosteniamo occorra dare attenzione a queste criticità e invertire la tendenza”.

Territori

La riduzione degli sportelli bancari è generalizzata in tutte le regioni e ha inciso percentualmente in misura maggiore, nel dato anno su anno, in Molise (-5,8%), nelle Marche (-4,9%) e in Sardegna (-4,1%). Rispetto agli ultimi 5 anni le flessioni maggiori si riscontrano sempre in Molise (-31,9%), in Abruzzo e in Valle d’Aosta (-26,9%). Per quanto riguarda i dipendenti le flessioni maggiori in percentuale, tra il 2022 e il 2021, si sono registrate in Liguria (-19,9%), in Toscana (-9,7%) e in Campania (-7,6%). Sul raffronto 2017-2022 emergono in negativo ancora una volta la Liguria (-38,7%), seguita dalla Valle d’Aosta (-28,2%) e dall’Umbria (-26%).

Tendenze

Dal Report dell’Ufficio studi della Fisac Cgil emerge come si accentui ulteriormente la tendenza alla concentrazione dei dipendenti nei territori dove insistono le direzioni generali dei gruppi più grandi. Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna, luoghi dove hanno sede principale cinque dei sei maggiori gruppi bancari, sono le prime tre regioni per numero di addetti: nei loro territori lavora il 52% di tutti i dipendenti bancari (135.167 su 264.132) a fronte di una popolazione residente di poco superiore al 30%. In generale, inoltre, le regioni che hanno perso più dipendenti in percentuale appartengono al Mezzogiorno, al Centro Italia Appenninico (Umbria e Marche) e alle aree più vicine ai confini nazionali (Liguria, Val D’Aosta, Friuli Venezia Giulia). Alla luce del trend negativo lo studio della Fisac Cgil prevede, senza interventi, una ulteriore diminuzione del numero di filiali al 2027 pari a circa 2.500 unità, così come sul fronte lavoro una ulteriore riduzione del numero dei dipendenti in una forbice compresa tra le 12 e le 14 mila unità al 2027.

Scarica il report