ISP, l’Antitrust blocca il passaggio a Isybank senza consenso

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha adottato un provvedimento cautelare nei confronti di Intesa Sanpaolo e di Isybank per impedire il passaggio alla banca digitale dei correntisti che non forniscano il proprio consenso espresso. Questa operazione – si legge in una nota dell’Authority – al momento ha riguardato circa 300 mila clienti su un totale di 2,4 milioni che Intesa Sanpaolo intenderebbe trasferire a Isybank. Sono stati oltre 5.000 i consumatori (di cui più di 3.000 dopo l’avvio dell’istruttoria) che hanno chiesto l’intervento dell’Autorità. Per l’Autorità il trasferimento è stato previsto con modalità non conformi alle disposizioni del Codice del Consumo. Entro 10 giorni Intesa Sanpaolo e Isybank dovranno comunicare all’Autorità le misure adottate per ottemperare al provvedimento cautelare.

Per effetto del trasferimento – prosegue la nota dell’Antitrust – i correntisti interessati non avrebbero potuto più accedere in filiale né all’internet banking tramite personal computer e avrebbero dovuto svolgere le operazioni bancarie solo tramite App. Inoltre, i nuovi conti correnti prevedono condizioni economiche differenti e la perdita di servizi prima disponibili (ad esempio: carte virtuali per effettuare acquisti online in sicurezza, assegni bancari, accesso ai contratti di mutuo). Tali essenziali modifiche dei contratti in precedenza stipulati sono state unilateralmente imposte senza che fosse stato richiesto il previo consenso dei clienti al trasferimento.

Inoltre, le comunicazioni relative al passaggio ad Isybank sono state trasmesse ai clienti nella sezione archivio dell’App di Intesa Sanpaolo senza adottare accorgimenti che ne sollecitassero la lettura (ad esempio, notifiche push e pop-up) e non lasciavano capire che in tal modo i clienti si sarebbero potuti opporre al passaggio. Infine, nelle comunicazioni non erano state adeguatamente indicate le modifiche relative alle condizioni economiche previste dal nuovo conto corrente e ai servizi non più inclusi.

Pertanto, l’Autorità ha previsto che le due banche, previa informativa chiara ed esaustiva sulle caratteristiche del nuovo conto Isybank , assegnino ai correntisti un congruo termine per fornire il proprio consenso espresso al trasferimento. In tal modo, coloro che si dichiareranno contrari avranno la facoltà di mantenere il precedente conto corrente alle stesse condizioni.

Messina: soddisferemo i clienti sulle procedure

«Tutte le autorità vanno rispettate. È chiaro che noi riteniamo di aver operato in conformità a quelle che sono le leggi di questo Paese e di aver ricevuto le autorizzazioni da parte della Banca d’Italia e della Bce. Ma è anche vero che, se anche un numero limitato di clienti, e parliamo di circa 2.000, non ha trovato le nostre procedure come quelle migliori da poter usare, faremo in modo che questo possa accadere». Così il consigliere delegato e ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, a margine di un convegno sull’eredità del banchiere Raffaele Mattioli.

 

Fonte: Il Sole 24 Ore




ISP festeggia i migliori 9 mesi di sempre. Ma neanche un euro allo Stato per gli extraprofitti

Intesa Sanpaolo ha chiuso i primi 9 mesi del 2023 con il miglior risultato della sua storia, profitti per 6,1 miliardi. La prima banca italiana si attende di chiudere l’anno con utili per almeno 7,5 miliardi, eppure dalla tassa sugli extraprofitti non arriverà allo Stato neppure un euro.

Come Unicredit, anche Intesa Sanpaolo ha deciso di destinare la somma al rafforzamento del suo stesso patrimonio, un’opzione prevista dall’ultima versione dell’imposta che, di fatto, la cancella. In compenso la banca distribuirà ai suoi azionisti 2,6 miliardi di euro sotto forma di dividendi. Cosa ha consentito al gruppo guidato da Carlo Messina di conseguire risultati così brillanti? Una cosa sola: i maggiori introiti garantiti dall’aumento dei tassi decisi dalla Banca Centrale Europea.

La voce di bilancio “interessi netti” sale infatti del 65% rispetto ai primi nove mesi del 2022 superando i 10,6 miliardi di euro. Si tratta della differenza tra i soldi che la banca incassa dagli interessi sui prestiti erogati a famiglie ed imprese e quelli che paga ai depositanti. I primi sono saliti per effetto delle decisioni della Bce, i secondi sono rimasti pressoché al palo. L’altra grande voce del conto economico, ossia le commissioni, registra un calo del 3,7% a 6,4 miliardi. I proventi dall’attività di negoziazione titoli crollano del 72% a 382 milioni. Nel complesso i proventi operativi salgono così del 19% a 18,7 miliardi. Lieve aumento (+ 0,7%) per i costi che superano i 7,8 miliardi.

“Abbiamo ottenuto dei risultati di altissima qualità. Abbiamo conseguito i migliori nove mesi di sempre, con 6,1 miliardi di risultato netto. Questo ci consente di migliorare la nostra guidance”, ha detto l’amministratore delegato Carlo Messina. Il manager ha aggiunto che la banca ha “chiaramente capitale in eccesso e distribuzioni addizionali agli azionisti saranno valutate anno per anno. È chiaro – ha aggiunto – che siamo nella posizione di distribuire parte del capitale in eccesso. Ho detto al consiglio di amministrazione che la mia intenzione è di procedere con buyback e che quindi questa è la proposta che proporrò quando approveremo i conti di fine anno”. Musica per le orecchie degli investitori che stanno premiando gli annunci con un rialzo del titolo in borsa dell’1,6%.

 

Fonte: Il Fatto Quotidiano

 

Leggi anche

Tassa sugli extraprofitti, alle banche la scelta se pagarla oppure no




Carlo Messina: Intesa darà aumento stipendio già entro il 2023

Intesa Sanpaolo riconoscerà ai propri dipendenti gli aumenti di stipendio, oggetto di trattative tra Abi e sindacati, gia entro il corrente trimestre. Lo ha affermato l’a.d. Carlo Messina, oggi durante il convegno “Nessuno escluso” in cui la banca ha presentato le proprie iniziative nel sociale.

La gran parte delle persone che lavorano in banca hanno uno stipendio dignitoso che viene toccato dall’inflazione – ha spiegato – io sono totalmente a favore degli aumenti di stipendio delle persone che lavorano in banca. C’e’ una trattativa in corso, spero che venga accelerata, ma per quanto ci riguarda le persone della banca possono essere certe di contare sia sull’aumento di stipendio, sia sul ripristino di calcolo del Tfr, che noi garantiremo alle nostre persone gia’ in questo trimestre”.

Con il massimo rispetto per i processi negoziali in corso e per le altre banche – ha aggiunto – noi siamo il primo datore di lavoro in Italia e penso che sia una nostra responsabilità aver chiaro che nelle fasi di complessità è necessario agire subito con rapidità. In una condizione di forte redditività per l’azienda, io mi vergogno di guardare le mie persone, se non garantisco loro di avere aumenti di stipendio. E questo farò già a partire da questo trimestre. Quando si parla di tematiche sociali, credo che sia una priorità assoluta partire dalla propria comunita‘”.

Fonte: AGI




Bancari, su aumento e Tfr sindacati pronti a mobilitarsi

Alcuni sì, ma anche diversi no e qualche silenzio che i sindacati dei Bancari, dopo l’ultimo incontro con Abi per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro, non sono ancora riusciti a metabolizzare. Al punto da iniziare a sventolare con forza la parola mobilitazione.

Sulla ripresa della trattativa – domani è previsto un incontro in ristretta tra Abi e i segretari generali – pesano molto la mancata risposta delle banche sul ripristino della base completa per il calcolo del Tfr, così come l’apertura delle banche sul recupero dell’inflazione e del potere d’acquisto dei lavoratori, senza però entrare nel merito delle cifre. L’aumento medio che il Sindacato chiede, 435 euro, e che ha avuto l’avallo del Ceo di Intesa, Carlo Messina, non mette d’accordo tutti. Così come non mette d’accordo i lavoratori l’esigenza delle banche di blindare la parte normativa del contratto e di avere garanzie sulla loro disponibilità a trattare veramente su fungibilità, mobilità e inquadramenti.

 

Da “Il Sole 24 Ore” del 22/10/2023




Intesa Sanpaolo, Carlo Messina: giusti gli aumenti di stipendio nel nuovo contratto dei bancari

Per il banchiere gli istituti di credito devono riconoscere ai lavoratori incrementi salariali consistenti


Le banche italiane hanno fatto molti profitti negli ultimi trimestri grazie al rialzo dei tassi. Per questo i dipendenti hanno diritto a consistenti aumenti di stipendio. Ne è convinto il ceo di Intesa Sanpaolo Carlo Messina, intervenuto lunedì 12 giugno al 22esimo congresso della Fabi.

Intesa Sanpaolo, ha spiegato Messina, accetterà la richiesta economica fatta dai sindacati nella piattaforma per il rinnovo del contratto di lavoro: 435 euro. La banca «non farà nessun tipo di approccio negoziale sulle richieste economiche» dei sindacati. Secondo il ceo inoltre in un momento in cui la redditività delle banche torna a crescere «non è accettabile non dare ai lavoratori un incremento consistente».

Per Messina, viste le attuali condizioni difficili, «400 euro» fanno la differenza per un dipendente bancario. Il banchiere ha ricordato inoltre di aver fatto tutta la sua carriera in banca dove ha iniziato da «impiegato di prima» con una retribuzione che oggi sarebbe di 500 euro.

 

Le scelte in Abi

Messina ha commentato anche la scelta di uscire dal comitato sindacale dell’Abi, annunciata nei mesi scorsi. «Siamo il più grande datore di lavoro privato in Italia. Abbiamo come priorità quella di tutelare le 70 mila persone che lavorano nella nostra banca per realizzare un contratto che possa essere considerato il migliore che possa essere firmato. È una scelta che deriva dalla nostra dimensione aziendale», ha spiegato il ceo, aggiugendo che «ci siano percorsi di convergenza da realizzare in futuro è ragionevole che possa accadere».

Fonte: Milano Finanza

 




Mr. Orcel e i suoi fratelli: il banchiere non va in crisi

La parte fissa del salario dell’AD di Unicredit è 7,5 mln, la più alta in Italia: ora vuole un aumento del 40%. Da Nagel in giù: nessuno fa la fame


 

Questa è la storia di Andrea e dei suoi stipendi. Andrea di cognome fa Orcel e di mestiere fa il banchiere. Da quasi due anni è amministratore delegato di Unicredit, dopo una carriera di 20 anni negli Stati Uniti a Merrill Lynch, poi in Svizzera al vertice dell’Ubs, troncata dopo quattro anni nel settembre 2018 con l’annuncio del passaggio alla guida del colosso spagnolo Banco de Santander. Il fidanzamento è stato rotto prima del matrimonio e ne è sorto uno strascico giudiziario nel quale è stato finora riconosciuto a Orcel un risarcimento di decine di milioni di euro.

Orcel è stato ingaggiato da Unicredit il 15 aprile 2021 con l’indicazione di uno stipendio “ordinario” di 7,5 milioni di euro lordi, il più alto tra i banchieri italiani. Ma già nel 2021 ha guadagnato di più, in totale 8,38 milioni lordi tra stipendio monetario e controvalore delle azioni gratuite. Sull’onda del miglioramento dei risultati finanziari della banca, adesso Unicredit sta esaminando la proposta di dare al banchiere romano un significativo aumento della busta paga.
Ne aveva parlato per primo il Financial Times all’inizio di dicembre. Il Sole 24 Ore ieri ha scritto che “l’istituto di piazza Gae Aulenti sta ragionando su una ‘forchetta’ di remunerazione che implica un incremento compreso tra il 20 e il 40% rispetto allo stipendio attuale: la paga annua di Orcel passerebbe infatti dagli attuali 7,5 milioni a una cifra compresa tra i 9 e i 10,5 milioni”. La decisione sarà presa dal cda entro fine mese e sarà portata al voto degli azionisti nell’assemblea di fine marzo.

Il tema dello stipendio di Orcel da tempo fa discutere. Lui rivendica i risultati della banca, migliorati da quando ha preso le redini (ovviamente ci si basa sulle cifre che lo stesso banchiere porta al cda). Secondo i numeri pubblicati da Unicredit, il 2022 si è chiuso con un utile netto di 5,2 miliardi (6,5 miliardi a livello contabile), +47,7% rispetto al 2021. Risultati che escludono la Russia. C’è stata tensione con la Bce, che ritiene lenta l’uscita dal rischio russo. Il titolo ha raddoppiato il valore negli ultimi sei mesi (+93%), dai 9 euro di agosto ai 18,3 euro di oggi.

La storia del banchiere, nato nel 1963, è scandita dai turbostipendi. Clamoroso il precedente della rottura con la presidente del Santander, Ana Botin, che nel 2019 ritirò l’offerta che gli aveva fatto per lasciare Ubs prima che si insediasse a Madrid. Orcel ha chiesto un risarcimento di 76 milioni. Un giudice spagnolo il 9 dicembre 2021 ha dichiarato valido il contratto del 24 settembre 2018 tra il Santander e Orcel, condannando l’istituto a pagare un risarcimento di 68 milioni. Nel gennaio 2022 la magistratura ha fissato il risarcimento a 51,4 milioni. Il 6 febbraio scorso un tribunale di Madrid ha di nuovo dato ragione a Orcel, ma l’importo del risarcimento è stato ridotto a 43,4 milioni. Santander ha annunciato ricorso alla Corte Suprema.

La crisi non intacca gli stipendi dei banchieri. Nel 2021, secondo l’Autorità bancaria europea (Eba), 351 manager e dipendenti di banche italiane hanno guadagnato oltre un milione di euro lordi, su un totale di 1.957 banchieri in Europa (1.383 nel 2020). E il 2022 andrà sicuramente meglio per la gran parte di loro.

Il Financial Times ha riferito che i “sostenitori” di Orcel dicono che dovrebbe essere pagato come l’ad di Jp Morgan, Jamie Dimon, il quale l’anno scorso ha ricevuto 34,5 milioni di dollari lordi, cifra invariata rispetto al 2021. L’anno scorso gli azionisti della banca hanno respinto la proposta di pagare a Dimon un incentivo straordinario futuro di 50 milioni.
L’ad di Goldman Sachs, David Solomon, è stato pagato 25 milioni di dollari, il 30% in meno rispetto al 2021. I risultati della banca sono peggiorati e la banca ha lanciato un piano di 3.200 licenziamenti. Morgan Stanley ha tagliato del 10% la paga dell’ad, James Gorman, al quale è andata comunque una somma stellare, 31,5 milioni.

Gli stipendi 2022 dei banchieri italiani non sono ancora stati pubblicati. Mediobanca, che conclude l’esercizio di bilancio al 30 giugno, nell’ultimo anno ha aumentato del 31% la remunerazione complessiva dell’amministratore delegato Alberto Nagel a 4,96 milioni lordi e quella del dg Francesco Saverio Vinci a 3,95 milioni.

Dietro Orcel, nella classifica dei banchieri italiani nel 2021, c’è Carlo Messina, numero uno di Intesa Sanpaolo, con 6,12 milioni tra stipendio, bonus e azioni gratuite. Quindi Nagel (3,79 milioni), Massimo Bellingheri (ad di Bff, 3,66 milioni), poi Vinci (3,01 milioni) e Giuseppe Castagna, ad di Banco Bpm, 2,606 milioni, che ha superato di un soffio Fabio Paratici, l’ex capo della Football area della Juventus, con 2,6 milioni.

 

Articolo di Giulio Da Silva sul Fatto Quotidiano del 26 febbraio 2023




ISP: contro il carovita bonus di € 500 per ogni dipendente

“Il quadro economico è segnato dal notevole incremento dell’inflazione che già a inizio anno mostrava le prime evidenze – e dal conseguente aumento delle difficoltà sociali”.

Lo afferma il ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, commentando i risultati del primo semestre del 2022. “Per questa ragione – aggiunge – abbiamo deciso di destinare a tutte le nostre persone in Italia e all’estero – eccetto chi ha funzione di dirigente o equivalente – un contributo economico straordinario di circa 500 euro, per un ammontare complessivo di circa 50 milioni di euro a favore di 82.000 persone del nostro Gruppo”.

“Al contempo – prosegue Messina – proseguiamo nel sostegno a favore della popolazione ucraina, grazie alla donazione di 10 milioni di euro decisa all’indomani dello scoppiare del conflitto, con iniziative significative di carattere umanitario”. “La nostra vicinanza – conclude – alle persone della Pravex Bank è stata resa possibile dai numerosi colleghi che hanno attivato delle iniziative di accoglienza in Italia e nei Paesi confinanti dove siamo presenti”.

fonte: www.ansa.it




Banche: la ripresa giova ai bilanci semestrali

Ben 5 miliardi e 958 milioni, il triplo del 2020. È questa la somma degli utili netti semestrali dei sei grandi gruppi bancari nazionali Intesa Sanpaolo, UniCredit, Mps, Banco Bpm, Bper e Carige. A soffiare nelle vele delle banche è soprattutto il rimbalzo rispetto al disastro del periodo gennaio-giugno dello scorso anno, flagellato dalla recessione innescata dalla prima ondata della pandemia. Ma dietro i numeri positivi ci sono anche fattori non meramente congiunturali.

Buone notizie da Mps che ha chiuso il primo semestre con un utile di 202 milioni che batte le attese e torna in “nero” dopo la perdita di 1,09 miliardi dello stesso periodo del 2020. Al 30 giugno i ricavi assommano a 1,56 miliardi (+7,7% su base annua), mentre le rettifiche nette calano a 89 milioni (-14,8%). I crediti deteriorati lordi sono pari a 4,2 miliardi, in lieve aumento rispetto ai 4 di dicembre.

Anche Carige va meno male di quanto si temesse e perde solo 49,9 milioni rispetto ai 97,8 milioni dello stesso periodo del 2020. Secondo l’ad Francesco Guido i ricavi sono cresciuti a 203,2 milioni dai 148,2 milioni del periodo febbraio-giugno 2020, con l’aumento della raccolta diretta (+0,4 miliardi).

A brindare più di tutti è Intesa Sanpaolo: l’istituto mette a segno un balzo dell’utile netto semestrale a 3,023 miliardi ( +17,8%), con il risultato del periodo aprile-giugno pari a 1.507 milioni, il miglior trimestre di sempre. Tra le altre voci del conto economico, il risultato della gestione operativa è in aumento del 5,9% e il rapporto costi-ricavi è al 49,2%, tra i migliori delle maggiori banche europee. L’ad Carlo Messina annuncia il nuovo piano di impresa e “un livello minimo di utile netto 2002 sicuramente a 5 miliardi”.

UniCredit archivia il primo semestre dell’era Orcel con un utile netto di 1,92 miliardi grazie al balzo delle commissioni (+21,4% su base annua a 1,7 miliardi) e al calo dei costi operativi a 4,9 miliardi (-1,2%).

Al 30 giugno Bpm ha registrato un utile netto di 361,3 milioni e Bper chiude il primo semestre, in cui dal 22 febbraio ha consolidato le filiali di Ubi Banca, con un utile netto di 502 milioni.

 

Da Il Fatto Quotidiano del 6/8/2021

 




I manager bancari: strapagati a prescindere dai risultati

Le critiche al mega stipendio del futuro Ad di UniCredit non sono un caso. Dall’Italia alla Svizzera, le paghe dei manager ormai slegate dai risultati


Deve ancora entrare in ca­rica, ma il nuovo ammini­stratore delegato di Uni­Credit Andrea Orcel ha già scatenato un putiferio. Le so­cietà di consulenza Glass Lewis e Iss consigliano agli azionisti della banca milanese di bocciare la po­litica di remunerazione nell’as­semblea del 15 aprile per protesta­re contro i 7,5 milioni di paga del nuovo capo azienda. La banca chiede però di modificare anche le politiche sulle liquidazioni, au­mentandone il tetto da 7,2 a 15 mi­lioni (sei volte lo stipendio annua­le).

Dunque il “Ronaldo dei ban­chieri” già prima di scendere in campo s’è accaparrato almeno 22,5 milioni. Il suo predecessore Jean Pierre Mustier nel 2020 ha ricevuto “solo” 900 mila euro più stock option per altri 4,4. Molto meno della mega-liquidazione da 40 milioni pagata nel 2010 ad A­lessandro Profumo. A far discu­tere è il fatto che nel primo anno Orcel sarà pagato senza alcun col­legamento coi risultati aziendali.

Prima dell’arrivo di Orcel, in Italia divario tra stipendi dei vertici e quelli dei dipendenti delle banche era in calo. Secondo la Uilca, il sin­dacato dei bancari della Uil, nel 2007 i ceo delle banche quotate guadagnavano in media 139 volte lo stipendio medio dei dipendenti (28mila euro lordi l’anno), nel 2019 “appena” 44 volte. C’è chi, come Carlo Messina di Intesa San­paolo, dall’entrata in carica a set­tembre 2013 a oggi ha ricevuto ol­tre 23,5 milioni ottenendo però u­tili netti per 21,4 miliardi. Il ceo di Unipol Carlo Cimbri nel 2019 è stato pagato 5,6 milioni, il 26% in più dei 4,47 del 2018, ma a fronte di utili netti cresciuti del 73% da 0,63 a 1,09 miliardi.

Tuttavia non sono mancati manager la cui retribuzio­ne è stata una “variabile indipen­dente” rispetto ai risultati. Victor Massiah, Ad di Ubi dal primo di­cembre 2008 al 3 agosto scorso, ha ricevuto oltre 19,2 milioni mentre la banca nello stesso periodo ne perdeva 952. Nonostante la perdi­ta netta di 57 milioni, nel 2018 la paga di Giuseppe Castagna, ceo di Banco Bpm dal primo gen­naio 2017, è aumentata di 124mila euro a 1,63 milioni.

Marco Morelli, ad di Mps da settembre 2 016 a maggio 2020, per volere della Bce dovette ridursi lo stipendio da ol­tre un milione a 488mila euro ma dal 2017 al 2019 perse 4,2 miliardi. Quisquilie rispetto a quanto avviene nella finanza all’estero. Charles Lowrey, presidente e AD Prudential, nel 2019 è stato pagato circa 16 milioni. Larry Fink, ceo di Blackrock il maggior gestore di fondi mondia­le, nel 2020 di milioni ne ha otte­nuti 25 e 7,9 Mario Greco, ceo del­le assicurazioni Zurich. Il numero uno di Allianz Oliver Bate ha gua­dagnato 5,35 milioni, il ceo di Axa Thomas Buberl e quello di Gene­rali, Philippe Donnet, 3,1 più a­zioni per 2,3. Il capo azienda di Credit Suisse Thomas Gottstein nel 2020 ha ottenuto 7,6 milioni. Il fenomeno parte da lontano.

A Wall Street nel 1965 un ammini­stratore delegato riceveva 20 volte la paga media dei suoi dipendenti. Nel 2000 era a 344 volte, scese a 188 con la crisi finanziaria del 2009 per tornare a 312 nel 2017, quando la retribuzione dei ceo del­le 350 maggiori aziende era in me­dia di 18,9 milioni di dollari. Ma le prime cinque banche Usa (Gol­dman Sachs, Citigroup, JP Mor­gan Chase, Bank of America e Morgan Stanley) pagavano i loro ceo in media 25,3 milioni. Secondo un report della società di head hunting Willis Towers Watson su­gli stipendi dei ceo di 429 società quotate, nel 2019 negli Stati Uniti i capi azienda guadagnavano in me­dia 11,88 milioni, nel Regno Unito 5, in Germania 5,7, in Francia 4,1 e in Giappone appena 1,55. Ma a fare la differenza sono i bonus: nel 2019 negli Usa gli incentivi variabili valevano il 72% della paga totale dei ceo. Quest’anno però Bank of A­merica (Bofa) e Citigroup hanno ridotto i compensi degli ad per il 2020 a causa della pandemia e di errori di gestione. Bofa ha ridotto la paga di Brian Moynihan del 7,5% a 24,5 milioni; Citigroup quella dell’uscente Michael Cor­bat del 21% a 19 milioni.

LA FISAC, il sindacato dei bancari Cgil, ha calcolato che tra il 2008 e il 2019 il personale dell’intero siste­ma bancario italiano è costato 292,2 miliardi, in media 25,1 l’anno, dai 26,6 del 2008 ai 23,5 del 2019. Il da­to comprende stipendi e al­tri costi come oneri di ri­strutturazione e incentivi all’esodo. Nello stesso pe­riodo infatti i bancari sono calati di 46 mila unità, uno su sette, da 328 a 282mila.

Nell’ultimo decennio non è che le azioni delle banche abbiano brillato: l’indice settoriale a Milano è passa­to dai 19mila punti dell’a­prile 2011 agli attuali 8.745. Una frenata analoga ha ri­guardato anche le banche svizzere e quelle di altri Pae­si. Le elvetiche Credit Suisse e Ubs hanno pagato i dipen­denti oltre 297miliardi, più di tutte le banche italiane. A fare la differenza è il peso della finanza: Cs e Ubs pa­gano mega-bonus legati ai risultati, mentre le banche italiane restano dipendenti dalle vendite allo sportello. Quand’era capo del Corporate and Investment ban­king di Ubs, Orcel otteneva premi annuali per decine di milioni, più dello stesso AD Ermotti. Ora in U­niCredit nessuno prenderà più di lui, ma molti temono la sua scure sui costi del personale.

Articolo di Nicola Borzi sul Fatto Quotidiano del 3/4/2021




Intesa Sanpaolo assume 3.500 persone a fronte di 7.200 uscite volontarie

Centrati i target dell’accordo sindacale, il gruppo recluta ulteriori mille persone rispetto alle previsioni iniziali. Messina: «Ricambio generazionale decisivo»



Intesa Sanpaolo procederà a ulteriori mille assunzioni, in aggiunta alle 2.500 già previste dall’accordo sindacale del 29 settembre 2020 sottoscritto con Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca Uil e Unisin, finalizzato a un ricambio generazionale senza impatti sociali e alla valorizzazione delle persone del Gruppo Intesa Sanpaolo risultante dall’acquisizione di Ubi Banca, con il quale si è data la possibilità ad almeno 5mila persone di richiedere l’uscita volontaria per pensionamento o Fondo di Solidarietà.

Il progetto di ricambio generazionale

Il gruppo bancario, facendo seguito alla verifica svolta con le organizzazioni sindacali in merito al raggiungimento delle almeno 5milauscite volontarie, intende infatti accogliere tutte le oltre 7.200 adesioni volontarie validamente pervenute e procedere di conseguenza, come chiesto dai sindacati, a 3.500 assunzioni complessive che saranno perfezionate entro il primo semestre 2024. Il tutto sulla base dell’accordo sindacale sottoscritto il 30 dicembre 2020 in merito ai trattamenti riguardanti le 5.107 persone incluse nel ramo d’azienda da cedere a Bper Banca. Nelle prossime settimane sarà avviata la procedura sindacale in relazione alla fusione per incorporazione di Ubi Banca nella capogruppo Intesa Sanpaolo.

La soddisfazione di Messina

«Con l’assunzione di mille persone che si aggiungono alle 2.500 già programmate – commenta Carlo Messina, ceo del gruppo bancario – diamo ulteriore impulso al ricambio generazionale e al sostegno dell’occupazione. Intesa Sanpaolo continua a investire sui giovani, punto di forza del Paese. In un contesto di notevole complessità vogliamo dare un segnale concreto improntato all’ottimismo verso il futuro. Le persone di Intesa Sanpaolo sono il nostro asset principale, saremo più forti grazie a questi giovani. Ringrazio le sigle sindacali con cui i rapporti continuano a essere di stima, rispetto e proficua collaborazione, sempre a servizio della crescita di Intesa Sanpaolo. Continuiamo – aggiunge Messina – ad assumere a dimostrazione della solidità di un gruppo che, con un’accresciuta attrattività per nuovi talenti e maggiori opportunità di crescita professionale e di carriera, conferma il suo ruolo di leadership a livello italiano ed europeo».

 

Fonte: Il Sole 24 Ore