Dove vorrebbero portarci?

C’è un sogno (sempre meno) inconfessabile dei manager dei grandi gruppi bancari: stravolgere la natura stessa del rapporto di lavoro dipendente, per trasformarlo in qualcos’altro.

Il sogno non viene manifestato espressamente. Eppure sono sempre più chiari e numerosi gli indizi disseminati tra le varie comunicazioni aziendali, a tutti i livelli. E allora, proviamo a coglierli ed a metterli insieme per capire dove vorrebbero portarci.

Primo indizio

Nelle riunioni tenute dai vari responsabili commerciali, le indicazioni a colleghe e colleghi sono chiare: “Il vostro dovere è assicurare agli azionisti un dividendo elevato, e stabile nel tempo”.

Il concetto è stato ribadito nel comunicato stampa del Gruppo Bper datato 30 maggio , nel quale si preannunciava la chiusura anticipata del piano industriale 2022-25 e nelle slides pubblicate in data 10 giugno sul sito group.bper.it nelle quali, tra gli obiettivi che il Gruppo si è dato, c’è l’ “incremento rilevante della remunerazione degli azionisti” .

Tutto ciò sembra andare contro le più elementari leggi della finanza: l’investimento azionario è per sua natura un investimento in capitale di rischio. Quando le cose vanno bene, arriva il dividendo. Quando vanno meno bene, il dividendo non arriva. Se poi vanno proprio male, si può perdere anche il capitale investito. Pretendere di trasformare un investimento azionario in un’obbligazione con cedola garantita è un’aspirazione del tutto illogica: eppure questa pretesa è alla base di tutta una serie di comportamenti, ai quali finisce per dare una giustificazione.
Giustifica le pressioni commerciali, sempre più pesanti ed invasive, soprattutto nei confronti di chi non fa abbastanza per aumentare i dividendi.
Giustifica politiche aggressive volte a ottenere ricavi a breve termine così da soddisfare comunque il padrone azionista, a prescindere dall’economia reale.
Giustifica l’impoverimento di aree sempre più estese del territorio, abbandonate dalle banche non perché non producano utili, ma perché ne producono in percentuali non adeguate alle aspettative di guadagno degli azionisti. Il paradosso è che così facendo, impoverendo i territori nei quali operano e restringendo il loro campo d’azione, le banche rendono sempre più arduo il raggiungimento degli stessi risultati in futuro.

Una pretesa illogica, che sembra voler ignorare che i risultati straordinari degli ultimi periodi sono stati frutto di un andamento insolitamente favorevole dei tassi, destinato a finire, che molto difficilmente si ripeterà in futuro.

Secondo indizio

Nelle stesse slides datate 10 luglio e pubblicate sul sito del Gruppo Bper si legge, tra gli obiettivi:
“Nuove logiche di correlazione performance-retribuzione”.
Normale aspettarci un rafforzamento dell’MBO, ma siamo sicuri che il sogno da realizzare si limiti a questo?

Proviamo a immaginare uno scenario nel quale non i premi, ma la retribuzione sia correlata, in tutto o in parte, al raggiungimento degli obiettivi assegnati. Il pericolo di un’ipotesi del genere è che molte persone potrebbero essere tentate di considerarla attraente: “Io sono bravo/a, il mio portafoglio produce utili per centinaia di migliaia di euro, quindi perché dovrei guadagnare come gli altri”?

Ragionamento che parte da un grave errore di base: il portafoglio non è dei lavoratori, ma della banca. E questo vuol dire che può cambiarlo a suo piacimento, per esempio trasferendo un referente personal. E in uno scenario come quello ipotizzato, questo significherebbe cambiare radicalmente il suo tenore di vita. Sembra un’ipotesi campata in aria, ma è ciò che molti lavoratori e lavoratrici del comparto assicurativo hanno sperimentato sulla propria pelle.

Torniamo nell’ambito Bper. Il giorno della pubblicazione dei dati MBO, le persone interessate sono andate a controllare i loro risultati con lo stesso spirito con cui si leggono le estrazioni del lotto: nessuno aveva la certezza assoluta di aver “vinto” il premio, a causa delle regole cervellotiche ma anche del fatto che l’azienda si riserva il diritto di farle e disfarle a piacimento.
Ora immaginiamo lo spirito con cui saremmo andati a leggere i risultati se da quei numeri fosse dipeso non il diritto ad avere una somma extra, ma la nostra retribuzione base.
Possiamo immaginare un genitore che torna a casa e dice ai figli: “ragazzi, quest’anno non si va in vacanza perché ho venduto solo il 99% delle polizze che avrei dovuto vendere”.
O una persona che avrebbe urgente bisogno di una protesi dentaria, ma deve rinviarla all’anno prossimo perché quest’anno aveva sì raggiunto tutti gli obiettivi, ma poi il suo cliente più importante è venuto a mancare, e gli eredi vivono in un’altra città…

Noi tutti ci lamentiamo della forte carica di ansia che il lavoro ci causa; in una situazione come quella che stiamo ipotizzando, l’attuale livello di stress sarebbe paragonabile ad un corso di yoga.

Conclusioni

Uniamo i puntini, mettiamo insieme gli indizi e non dovremo fare molta fatica per immaginare il futuro che i manager bancari sognano. Un futuro nel quale il rischio d’impresa possa essere almeno in parte trasferito dal capitale al lavoro da subito, non solo quando l’azienda entra in crisi (in quel caso purtroppo il trasferimento del rischio si verifica puntualmente). Nel quale sono i dividendi ad essere costanti, mentre gli stipendi calano quando le cose non vanno bene. Ed ancora una volta, parliamo di qualcosa che nel mondo assicurativo sta avvenendo da anni.

É fondamentale capire quanto sia importante avere un contratto nazionale che ci tutela, che ci garantisce una retribuzione adeguata al lavoro svolto, e non ai risultati conseguiti.
É fondamentale comprendere l’enorme valore del rinnovo contrattuale siglato alla fine del 2023, con adeguamenti al costo della vita dei quali beneficiano TUTTI indistintamente.
Ma soprattutto, è fondamentale capire che nessuna conquista è eterna, e che nel tempo tutto può essere messo in discussione se non siamo attenti e pronti a difendere ciò che abbiamo.

In passato abbiamo già respinto attacchi del genere: era il 2015 e il tentativo fu rintuzzato attraverso due scioperi con partecipazione altissima di lavoratrici e lavoratori. E oggi avremmo la stessa compattezza, la stessa consapevolezza? E’ una domanda che dobbiamo porci, perché il sogno degli azionisti delle grandi banche è sempre meno recondito.

E si sa: “i sogni son desideri…”

Fisac Cgil Gruppo Bper




Il Tesoro prepara l’uscita da Mps e rinuncia alla regia sul terzo polo

La vendita della prossima tranche del Tesoro darà più peso alle scelte dei soci privati. Si guarda al piano di agosto e all’accordo bancassicurativo con Axa, che può aprire la via a nuove alleanze strategiche: Unipol in primis.


 

Inizia l’estate della verità per Mps. In cui la banca svelerà il volto “riprivatizzato”, e il Tesoro primo socio lascerà ai manager le redini strategiche, e al mercato la (eventuale) scelta del partner con cui formare il “terzo polo” creditizio.

Il 2 luglio scadono i tre mesi presi dal socio pubblico dall’ultima vendita di un 12,5% a dozzine di fondi istituzionali. Da allora il Tesoro può tornare a vendere: e nelle retrovie una terza tranche si profila. Un pacco del 10% circa, in base alle richieste e alla tenuta del titolo, che dopo il picco di €5,29 il 17 maggio nel mese del taglio ai tassi e dell’onda nera alle elezioni UE ha perso quasi un euro. Ma la fase di correzione, comune al settore, lascia il titolo vicino a un multiplo del 60% del patrimonio tangibile: e benché le rivali quotino quasi al 90%, Deutsche Bank ha ricordato che a “quota 60%” sono avvenute tutte le recenti acquisizioni italiane. Come dire che MPS è banca “da sposare”: benché il Tesoro sia più propenso a venderla in piccoli tagli, per rispettare gli impegni del 2017 di uscire dal capitale (l’ultima proroga dice nel 2024).

La coincidenza di date, vista con occhi senesi, schiude una finestra ideale per la terza tranche: l’intervallo tra il Palio della Madonna di Provenzano, proprio il 2 luglio, e quello dell’Assunta, il 16 agosto. In quei 45 giorni i contradaioli pensano quasi solo alle corse, l’attenzione al resto rasenta lo zero. Ma Luigi Lovaglio, da due anni sempre più leader di MPS, ha un’agenda poco senese oggi. In città si vede poco: mentre gira molto tra Roma, Milano e Londra, dove secondo più fonti incontra i vertici del Tesoro e invita tanti investitori nell’azionariato. Lo schema che avrebbe in testa l’ex manager di Unicredit ha due livelli di lettura: rimpolpare la quota dei fondi per poter navigare anche in solitaria – trovando magari qualche “traghettatore” di medio termine. Sempre di public company si tratta: ma non è uguale. Al primo livello ci siamo già, dopo che il tesoro ha ceduto in sei mesi il 37,5% a centinaia di fondi. Gestori che chiedono capital gain e dividendi, ma non si mettono a battagliare con un eventuale “scalatore”. Se invece si formasse un nocciolo duro, tipo quello creato in Banco BPM tra Fondazioni, Casse previdenziali e privati per arginare il Crédit Agricole, la valenza sarebbe doppia: perché se è vero che il ballo delle fusioni vive una pausa di studio, è probabile (lo ha appena detto l’AD di Banco Bpm, Giuseppe Castagna) che riparta in 18-24 mesi: e Siena è attesa sul palco. Ma dal 2025, con il Tesoro sceso intorno al 15% e la Lega indebolita sulla scena politica, sarà più arduo che il governo abbia un ruolo attivo nel consolidamento.

Non sono mancati i tentativi. Da quelli di tre anni fa del governo Draghi, pronto a offrire circa 7 miliardi di dote a Unicredit per indurla a rilevare MPS, alla moral suasion di Meloni (specie con la sponda dei leghisti, forti a Siena e nel nord “bancario”) per convincere Banco Bpm a impalmare il Monte. Inviti sempre respinti al mittente da Castagna & C. Secondo altre fonti un annetto fa il Tesoro cercò soci anche altrove. Nella valle lombarda ben nota al ministro Giancarlo Giorgetti, eletto nel collegio di Sondrio, e pure da Lovaglio, per anni a capo di Creval nella ridotta valtellinese, poi espugnata dall’Opa francese del Crédit Agricole.

La (ex) Popolare di Sondrio, con dimensioni e sviluppo geografico adatti a essere comprata da MPS, aderiva alla nuova narrazione “autonomista” diffusa dai senesi un anno fa, allorché l’impennata dei tassi ne gonfiava i ricavi, mentre le procure di mezza Italia assolvevano tanti ex manager decimando il petitum chiesto dagli investitori (salito fino a 10 miliardi). Cominciava il “Rinascimento” senese e la dirigenza spolverava il blasone, proponendosi come polo aggregante, non più zitella da maritare. Il 12 giugno, al congresso Fabi, Lovaglio cambiò la vulgata: “Il tema non è fare il terzo polo per salvare MPS, non ne abbiamo bisogno. Il terzo polo siamo noi, con logica aggregativa, non per farci salvare”.

A Sondrio, però, aveva già piantato un paletto la Unipol di Carlo Cimbri, rilevando il 9,9% della neonata Spa e forte dell’accordo per distribuire le sue polizze sui 500 sportelli di BPS. Proprio in quelle settimane Unipol chiedeva alla BCE di salire fino al 19,9% in BPS, a ciò autorizzata il 6 settembre così da raddoppiare la quota in breve. Due mesi dopo il Tesori iniziava i collocamenti in Borsa di MPS, sfruttando il decollo delle quotazioni. Venti giorni fa, al G7 di Stresa, Giorgetti ha avuto buon gioco a rivendicare la strategia con cui il Tesoro ha recuperato gli 1,6 miliardi sborsati nell’aumento 2022: “Andiamo avanti con il nostro programma. Il risanamento è un grande successo che fa piacere alle casse pubbliche, e la banca mostra una solidità di cui possiamo andare fieri“.

L’operazione “terza tranche” va peraltro inserita nell’agenda estiva, che prevede un doppio passaggio il 5 agosto, quando il CdA MPS esaminerà i conti dei semestrali e la revisione del piano strategico 2022-26 a cui collabora Mc Kinsey. Nasceva, il piano, a complemento dell’ennesima ricapitalizzazione obbligata, ma a metà percorso molti obiettivi sono già colti (come i dividendi, appena erogati e due anni in anticipo). Chi lavora al dossier non attende grandi soprese, salvo qualche ritocco all’insù delle entrate da commissioni – per fronteggiare la discesa dei tassi BCE – e degli investimenti tecnologici, che la BCE vuole veder salire, per operare con efficienza anche senza quella fusione che la vigilanza prima imponeva.

Ma il vero nodo “strategico”, al di fuori del piano, è la bancassicurazione. Lovaglio ha già detto che l’accordo con Axa, che scade fra tre anni, si potrebbe rivedere, per internalizzare la società comune che vende polizze alla rete MPS. Costerebbe circa un miliardo, ma MPS ha circa 2,5 miliardi di capitale libero. Come ha scritto l’ufficio studi di Deutsche Bank c’è un chiaro razionale operativo a negoziare con Axa, emulando la strategia di rivali come Banco BPM, Intesa Sanpaolo e Unicredit, di accentrare a ampliare i ricavi da polizze. Solo che, se MPS prendesse questa via, potrebbe diventare un campo da arare per Unipol, che ha fatto dell’incrocio tra vendite di polizze a banche come BPER e BPS e investimenti nel loro capitale un pilastro del proprio rilancio.

Se MPS si ricomprasse la quota di Axa, insomma, diventerebbe appetibile per nuovi fornitori di polizze; e in caso di futura gara da bandire a Siena e probabile che Unipol partecipi con una buona offerta, magari corredata dall’acquisto di una quota di azioni MPS (proprio ciò che ha fatto a Modena e a Sondrio).

Qui occorre chiedersi  se il governo più a destra della Repubblica Italiana intenda agevolare l’avvicinamento di Unipol-Bper a Siena. Non è questione oziosa: perché se è vero che Carlo Cimbri è ormai una figura di prima grandezza nella finanza italiana, che naviga sicuro unendo logiche di mercato a salde sponde con Intesa Sanpaolo e Mediobanca, e pure vero che le coop emiliane sue socie hanno una storia e un network diversissimi da chi siede al governo. Cimbri peraltro ha forte stima di Lovaglio, cui propose la guida di Bper, poi affidata a Luigi Montani e ora a Gianni Papa. E la scelta, sulle polizze MPS, spetta al banchiere lucano e al CdA che lo ha nominato.

 

Articolo di Andrea Greco su Repubblica del 17/6/2024

 




Gruppo Bper: chiusura anticipata piano industriale, in valutazione 600 ulteriori uscite

Il Consiglio di Amministrazione di Bper Banca, che si è riunito oggi, ha deliberato la chiusura anticipata al 31 dicembre 2024 del Piano Industriale 2022-2025. Decisione presa alla luce del raggiungimento anticipato dei principali obiettivi economico finanziari, ottenuti grazie all’impegno profuso dal Gruppo e sostenuti da un favorevole contesto di mercato. Il Consiglio ha quindi dato mandato all’Amministratore Delegato, tenuto conto anche del mutato scenario macroeconomico, di predisporre un nuovo piano industriale 2024-2027 (il ‘Nuovo Piano Industriale 2024-2027’), da sottoporre all’approvazione del Consiglio di Amministrazione e presentare al mercato ad ottobre 2024. Lo rende noto Bper in un comunicato.

Nella medesima seduta, il Consiglio di Amministrazione ha valutato la possibilità di favorire, anche attraverso lo strumento del Fondo Solidarietà di Settore, l’accoglimento di circa ulteriori 600 richieste di uscita anticipata pervenute nell’ambito dell’accordo firmato lo scorso 23 dicembre, volto a favorire un ricambio generazionale e professionale. Verranno avviati i necessari tavoli di lavoro con le organizzazioni sindacali del Gruppo.
Il Cda ha inoltre deciso di convocare un’Assemblea ordinaria dei soci, da tenersi nella prima settimana del prossimo mese di luglio, al fine di deliberare in merito a una revisione delle Politiche di Remunerazione del Gruppo in ragione dell’anticipata chiusura del Piano Industriale 2022-2025 e con l’obiettivo di definire una politica di remunerazione variabile competitiva, attrattiva e in linea con i benchmark di mercato, che rappresenti una leva fondamentale per sostenere il percorso di crescita del Gruppo e, nel contempo, acceleri l’orientamento verso le direttrici strategiche di sviluppo che saranno compiutamente definite nell’ambito del Nuovo Piano Industriale 2024-2027. Il materiale relativo all’aggiornamento delle Politiche di Remunerazione del Gruppo verrà messo a disposizione nell’ambito della documentazione predisposta in vista della predetta Assemblea. Il Consiglio di Amministrazione ha infine deliberato di sottoporre alla medesima Assemblea anche la modifica del Piano di Incentivazione di Lungo Termine 2022-2025 (“Piano Ilt”), in conseguenza della chiusura anticipata del Piano Industriale 2022-2025, al quale il Piano Ilt è inscindibilmente collegato. La chiusura anticipata del Piano Industriale 2022-2025 comporta infatti la necessità di allineare la durata del Piano Ilt.
Fonte: Adnkronos
Leggi le slides di presentazione del piano



Bper: MBO, ovvero Mantenere Bassi Oboli

Ripubblichiamo un articolo di 3 anni fa, assolutamente attuale dopo la corresponsione dei premi legati ai risultati presso Bper Banca.

Tutto quanto era stato scritto allora non può che essere integralmente confermato. Il meccanismo messo in piedi da Bper, oltre ad essere iniquo e contorto (praticamente nessuno, fino al momento della pubblicazione dei risultati, può capire con certezza se prenderà o meno il premio), appare anche fortemente aleatorio, tanto che basta un evento indipendente da lavoratori o lavoratrici, come l’impossibilità di collegarsi alla rete per problemi tecnici in corrispondenza del collocamento di un prodotto, per vanificare un anno di sforzi.

In definitiva, un meccanismo che produce molta più rabbia e frustrazione che voglia di impegnarsi maggiormente.

E’ questo l’obiettivo della banca?

BPER. MBO ovvero: Mantenere Bassi Oboli




Bper accelera sulla cura dimagrante: allo studio un piano da 6-700 esodi

L’ultimo piano da mille esodi volontari è stato varato alla fine del 2023 e dispiegherà i suoi effetti soprattutto quest’anno, ma prima ancora di chiuderlo il Gruppo Bper valuta di aprirne uno nuovo, che potrebbe coinvolgere altri 6-700 dipendenti.


 

Non si ferma la cura dimagrante della banca emiliana oggi guidata da Gianni Franco Papa, succeduto a Piero Montani lo scorso aprile. L’ultimo accordo con i sindacati Bper lo aveva siglato a fine 2023, quando al vertice c’era ancora Montani: mille esodi volontari supportati dal Fondo Esuberi che in larghissima parte si materializzeranno nel 2024, quando sono previste 900 uscite (il restante centinaio di dipendenti uscirà nel 2025).

A fronte di mille esodi, le sigle sindacali avevano ottenuto mezza assunzione per ciascun lavoratore prepensionato, più la stabilizzazione dei contratti a termine: 700 assunzioni in tutto, che ora i sindacati sperano siano implementate il prima possibile, visto che 900 esodi su mille si perfezioneranno già quest’anno, con inevitabili impatti sull’organizzazione del lavoro. Secondo indiscrezioni, Bper sarebbe intenzionata ad attivare un nuovo piano esodi a breve, che potrebbe essere già sul tavolo del consiglio di amministrazione previsto a fine mese.
L’opzione nasce dai numeri: a fine 2023, quando banca e sindacati hanno chiuso l’accordo sul primo piano, a fronte di mille esodi si sono registrate circa 1.600-1.700 domande da parte di dipendenti in possesso dei requisiti. Da qui l’ipotesi di coinvolgere in una nuova misura i 6-700 lavoratori in possesso dei requisiti per accedervi. Con il sindacato la trattativa potrebbe aprirsi entro l’estate: le organizzazioni dei lavoratori metteranno sul tavolo la contropartita nuove assunzioni, probabilmente nella misura di uno (esodo) a uno (assunto).

L’organico dell’istituto è in calo dal 2022. Al 31 dicembre 2023 i dipendenti del gruppo erano 20.224, 835 in meno rispetto ai 21.059 del 2022.
Se è vero che spesso i piani esodi delle banche sono bilanciati dalle assunzioni, altrettanto vero è che il saldo tra uscite e ingressi resta negativo e impatta sulla rete. Da tempo il sindacato lamenta il problema della desertificazione, presente soprattutto nei centri più piccoli.

 

Fonte: Estratto da un articolo di Gilda Ferrari pubblicato su Il Secolo XIX del 19/5/2024  




Banche: ancora record utili nel primo trimestre: 6,3 mld, +25% su 2023

Il sistema bancario continua a macinare record. Numeri in crescita anche nel primo trimestre dell’anno dove i primi sette gruppi bancari nel paese (IntesaSanpaolo, Unicredit, Bpm, Mps, Bper, Popolare di Sondrio e Credem) hanno fatto registrare utili pari a 6,3 miliardi per un +25,6% sui primi tre mesi del 2023. Lo rileva un breve report condotto dall’Ufficio Studi & Ricerche della Fisac Cgil sui risultati di bilancio dei primi sette gruppi bancari nazionali nel primo trimestre del 2024.

Il commento

Dopo i risultati da record per i grandi gruppi bancari nel biennio passato, commenta la segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito, “molti si attendevano un rallentamento dell’andamento, complice l’attesa discesa dei tassi di interesse. Il ritardo della Bce a diminuire i tassi di riferimento, e di conseguenza la trasmissione di questo ai tassi attivi praticati dalle banche, insieme alla perdurante politica di scarsa remunerazione dei depositi, ha mantenuto elevato il livello dei ricavi dalla gestione del danaro”.

Margine da interesse

Il margine di interesse, si rileva nel report della Fisac Cgil, sale ancora, per il campione, di quasi il 7% nei primi tre mesi dell’anno rispetto all’analogo periodo del 2023. La dinamica delle commissioni, per quasi tutti i gruppi, ha accelerato (+5,3%) e spesso deriva dalla spinta alla vendita di prodotti assicurativi ma anche da quelle relative all’amministrazione dei titoli. Il prodotto delle due componenti più significative dell’attività caratteristica bancaria ha spinto ulteriormente vero l’alto i ricavi totali (17,8 miliardi di euro per un +9,8%).

Costi del personale

Sul versante dei costi del personale, che hanno registrato un aumento del +2,5% derivato anche dal rinnovo del Ccnl, si mantengono mediamente più elevati rispetto allo stesso periodo del 2023 seppur in maniera contenuta così come le spese amministrative, sottolinea il rapporto della Fisac. Questa dinamica dimostra, dal lato dei costi per il personale, la capacità delle banche di agire gestionalmente per mantenere sotto controllo questi ultimi, anche e purtroppo attuando politiche di riduzione degli organici come di mancato turn over.

Spese amministrative

Dal lato delle spese amministrative (-0,5%) la previsione di investimenti in nuova tecnologia, spiega la Fisac Cgil, come previsto da quasi tutti i piani di impresa, farebbe pensare ad un incremento di queste ultime anche a scapito della erosione dei margini, fenomeno che non si è ancora verificato. Viceversa il contenimento delle spese, anche attraverso la politica della chiusure delle filiali, a beneficio della redditività a disposizione della distribuzione di utili, può rallentare il processo di innovazione tecnologica così come confermare la dinamica di riduzione di dipendenti e sportelli.

Crediti deteriorati

Il temuto deterioramento del credito, si osserva nello studio della Fisac Cgil, conseguenza dei tassi elevati e del rallentamento dell’economia, pare sostanzialmente non avverarsi, almeno nella dinamica delle rettifiche del primo trimestre, che si sono praticamente dimezzate rispetto allo stesso periodo del 2023 (-41%). Ricordando che i primi sette gruppi bancari con sede legale nel nostro paese chiusero l’anno passato con un utile netto di 22,2 miliardi di euro (in aumento del 77,4% rispetto al 2022), il primo trimestre dell’anno in corso fa registrare, per il nostro campione, utili netti pari a 6,3 miliardi. Il dato rispetto al primo trimestre dello scorso anno, di poco più di 5 miliardi, registra un incremento quindi del 25,6%.

Conclusioni

Questi numeri ancora da record, commenta la segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito, “a fronte di un contenimento sul versante della spesa del personale, nonostante il rinnovo del contratto, così come delle spese amministrative, deve indurre il sistema bancario per intero a investire sull’occupazione e sul radicamento nel territorio. Digitalizzazione, impatto delle nuove tecnologie, governo dell’intelligenza artificiale, sono solo alcune dinamiche che impatteranno il sistema del credito nel prossimo futuro e che dovranno trovare una risposta nel lavoro: su nuova e buona occupazione, sulla presenza e la prossimità a sostegno dei cittadini e delle imprese”, conclude Esposito.

In allegato la breve nota dell’Ufficio Studi & Ricerche della Fisac Cgil sui risultati dei primi 7 gruppi bancari nazionali (1° trimestre 23/24)




Banche: Report Fisac Cgil, utili e dividendi record, calano occupazione e sportelli

Banche con utili record a 22,2 miliardi per effetto della crescita del margine di interesse e dividendi riconosciuti agli azionisti ai massimi storici per 10,5 miliardi. Eppure continua inesorabile la riduzione di dipendenti (-4.300) e sportelli (-1.000), come leva per la gestione di costi operativi in leggero aumento, mentre continuano a calare i finanziamenti alla clientela (-3,8%).


È un bilancio a luci e ombre quello che fornisce un report dell’Ufficio Studi & Ricerche della Fisac Cgil relativo ai risultati dei primi 7 gruppi bancari tra il 2022 e il 2023 dal titolo ‘Bilanci bancari: il biennio d’oro’. Luci per pochi, ovvero banche e azionisti che registrano risultati e incassi in forte aumento, ombre per tanti, tra dipendenti e filiali che “spariscono”, lasciando cittadini e imprese sprovvisti di presidi fisici del credito

Gli straordinari risultati raggiunti dai gruppi bancari, osserva la segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito, “non hanno avuto un pari riflesso sul fronte dell’occupazione, dell’insediamento sui territori e sui finanziamenti, che continuano a calare generando una forte preoccupazione. È un grave limite, specie per il bisogno, nonché la funzione stessa delle banche, di sostenere un’economia che fatica e arranca. C’è bisogno di una visione per il sistema bancario che da una parte valorizzi e incrementi la forza lavoro, sulla quale impatterà il processo di digitalizzazione, e dall’altra sostenga la transizione ecologica del sistema industriale”.

Utili record – Il 2023 è un anno di risultati record per i grandi gruppi bancari. I primi sette gruppi bancari (Intesa, Unicredit, Bpm, Bper, Mps, Credem e Popolare di Sondrio) con sede legale nel nostro paese hanno chiuso lo scorso anno con un utile netto di 22,2 miliardi di euro, in aumento del 77,4% rispetto al 2022. Il dato, si osserva nel report della Fisac Cgil, è spinto in alto dalla crescita del margine d’interesse, che ritorna dopo un decennio a rappresentare quasi il 60% del totale dei ricavi a quota 39,5 miliardi. Tengono le commissioni e i ricavi da attività assicurativa, mentre il risultato netto delle attività finanziarie proprie si riduce di circa un terzo. L’utile per addetto medio sfiora i 92 mila euro/addetto, in aumento dell’83,5% rispetto ai 50 mila euro/addetto del 2022.

Costi operativi in lieve aumento – I costi operativi sono in leggero aumento a quota 29,6 miliardi di euro (+1,4% sul 2022). L’impatto della prima tranche del rinnovo del contratto nazionale di settore, fa sapere il rapporto della Fisac Cgil, ha determinato un aumento medio del costo del personale impiegato in Italia pari al 5,2%, per un costo medio per dipendente che si attesta a quota 83 mila euro. Tuttavia, i grandi gruppi sono stati in grado di contenere l’aumento del costo del personale complessivo intorno all’1,5%.

Dipendenti in calo – Per la Fisac Cgil la principale leva utilizzata in questa strategia di gestione dei costi continua a essere la riduzione del personale. A livello globale, il calo dei dipendenti nel 2023 è pari a 7.327 unità (-3% annuo); di questi, 4.292 unità (-2,4% annuo) riguardano il nostro paese. Alla fine dello scorso anno i dipendenti dei primi sette gruppi bancari in Italia ammontano a 171 mila unità; tuttavia, stima la Fisac, a fine 2026 si prevede un dato inferiore alle 170 mila unità, attorno a quota 168 mila dipendenti.

Sportelli che diminuiscono – Anche le filiali continuano a diminuire. Lo scorso anno, sottolinea la Fisac Cgil, i primi sette gruppi bancari hanno chiuso quasi 1.000 filiali, una riduzione pari all’8,3%. In due anni sono ‘scomparsi’ 1.385 sportelli, pari a una banca delle dimensioni di Mps o Banco Bpm. Va inoltre segnalato che la quota percentuale degli sportelli di proprietà dei primi sette gruppi bancari italiani sul totale delle rete bancaria in Italia continua a diminuire: in due anni è scesa dal 55,2% al 52,4%. La strategia ‘digital first’ operata dai grandi gruppi negli ultimi anni sta determinando una riconfigurazione spaziale della presenza delle banche sui territori. Vuoto che viene colmato, anche se in modo parziale, dai gruppi emergenti di medie dimensioni (Credem e Bp Sondrio nel nostro campione) e dalle banche di Credito Cooperativo.

Dividendi in aumento – Il 2023 sorride agli azionisti, si legge nel report Fisac. I primi sette gruppi bancari distribuiranno a breve 10,5 miliardi di dividendi, un aumento dell’83,6% rispetto ai 5,7 del 2022. Inoltre, i due gruppi più importanti del nostro paese, Intesa e Unicredit, offriranno una ulteriore remunerazione agli azionisti sotto forma di buyback, portando la remunerazione complessiva degli azionisti dei primi 7 gruppi bancari a quota 18 miliardi di euro, in aumento di 7,5 miliardi (+71,5%) rispetto al 2022.

Stato patrimoniale, sempre meno credito – L’ottimo stato di salute dei grandi gruppi bancari si conferma anche osservando le metriche relative allo stato patrimoniale. L’attivo, fa sapere la Fisac Cgil, si riduce del 9% in un anno per effetto soprattutto della riduzione degli accantonamenti legati alle normative sugli RWA (Risk Weighted Assets). In sostanza migliora la qualità del credito, come confermato anche dal dato sulle rettifiche, in riduzione del 45,1% rispetto al 2022 a quota 3,8 miliardi di euro.

I grandi gruppi bancari continuano l’opera di riduzione lenta dello stock creditizio, con i finanziamenti alla clientela che scendono sotto quota 1.200 miliardi di euro, pari ad un -3,8% anno su anno. Aumenta il peso della raccolta diretta, che supera quota 1.485 miliardi di euro, determinando un Loan to Deposit Ratio pari all,80,8%. Ciò significa che per ogni euro depositato presso i grandi gruppi bancari italiani, solo 0,8 euro vengono effettivamente impiegati sotto forma di credito a famiglie e imprese.

Produttività ai massimi livelli –  Il 2023 è anche l’anno dell’incremento record della produttività per i grandi gruppi bancari. Tra il 2021 e il 2023, sottolinea il rapporto della Fisac Cgil, la produttività per addetto è raddoppiata: il Valore aggiunto rettificato per addetto (Var/d) nel 2023 è pari a 147.600 euro, un dato superiore a quelli medi di tutti gli altri settori e che addirittura supera il dato da record del settore farmaceutico italiano nel biennio del Covid (145.000 euro per addetto). Al momento, non c’è settore in Italia che raggiunga livelli di produttività così alti come quello bancario.

Il commento di Susy Esposito (segretaria generale Fisac Cgil) – “I dati del nostro report – commenta la segretaria generale della Fisac Cgil – ci indicano una strada da perseguire: nella contrattazione di secondo livello i risultati straordinari messi a segno dal sistema bancario dovranno essere redistribuiti anche alle lavoratrici e ai lavoratori. Non solo, in linea con quanto previsto dal contratto nazionale, dovremmo sempre al secondo livello procedere nei gruppi e nelle aziende anche sul fronte della riduzione dell’orario di lavoro. Così come per quanto riguarda il tasso di sostituzione ci dovrà essere una correlazione alla pari tra entrate ed uscite”, conclude Esposito.

⇒ Scarica il report dell’Ufficio Studi & Ricerche della Fisac Cgil

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Politiche commerciali Gruppo Bper: confronto con l’azienda

Venerdì 12 aprile si è svolto l’incontro della Commissione Politiche Commerciali, che ha visto confrontarsi i rappresentanti della Fisac e delle altre Organizzazioni Sindacali con la delegazione aziendale. Tema dell’incontro: organizzazione del lavoro e considerazioni sulle segnalazioni pervenute alla commissione nei mesi scorsi.

Riunioni online

In apertura abbiamo presentato i risultati della nostra ricerca sul numero abnorme di riunioni che si svolgono con frequenza pressoché quotidiana in tutte le regioni. Pur non potendo rappresentare il fenomeno in modo esaustivo, abbiamo rilevato come ci siano lavoratori e lavoratrici impegnate per il 25% del loro tempo da incontri online. Tutto questo ostacola l’attività commerciale ed alimenta l’ansia in chi si trova a fronteggiare pressanti richieste di risultati. Abbiamo inoltre fatto notare che le riunioni si svolgono quasi sempre in orario di apertura al pubblico, costringendo a cercare improbabili compromessi tra operatività giornaliera e partecipazione agli incontri online. Non è raro, in filiale, trovare colleghe e colleghi che parlano con i clienti mentre sullo schermo appaiono i tanti volti di una riunione via Teams.

Siamo poi passati ad illustrare gli aspetti salienti che emergono dalle segnalazioni che ci pervengono. Il numero delle segnalazioni è in aumento, e questo è indice di un malessere crescente, ma anche un segnale di maggior consapevolezza che si diffonde tra lavoratrici e lavoratori.

Rispetto delle normative

Dall’esame degli episodi riportatici emerge una diffusa, quanto preoccupante, insofferenza da parte di chi ricopre ruoli importanti rispetto ai vincoli normativi. Abbiamo sottolineato come certi episodi mostrino una dimestichezza frammentaria con Ivass, Mifid, Privacy, diritto del lavoro, a nostro avviso incompatibile con determinati ruoli, ed abbiamo quindi sollecitato l’Azienda ad intervenire efficacemente per colmare le carenze culturali che emergono dalle segnalazioni.

Abbiamo fatto notare come si stia purtroppo diffondendo la convinzione che il fatto di esercitare un ruolo direttivo attribuisca il diritto a maltrattare e mortificare i propri collaboratori, diritto che non afferisce a nessun rapporto tra esseri umani, nemmeno se di tipo gerarchico.

Abbiamo espresso il timore che questi comportamenti nascano anche dal fatto che in tanti ritengano che mostrare un orientamento al risultato come fine che giustifica i mezzi significhi in definitiva fare ciò che l’Azienda si aspetta da loro.

La delegazione aziendale ha risposto che sul rispetto delle regole non transige, che comportamenti difformi sono in assoluto contrasto con la filosofia aziendale, impegnandosi ad intervenire in modo tempestivo ogni qualvolta arrivasse una segnalazione di comportamenti non adeguati.

Collocamento prodotti finanziari

Abbiamo espresso la nostra preoccupazione per le modalità con cui talora si sollecita il collocamento di prodotti finanziari emessi dalla banca, paragonandole alla pubblicità di una nota marca di divani: la promozione termina domenica”. In sostanza si crea un clima di falsa urgenza per alimentare una insensata competizione tra filiali, della quale non si comprende la reale utilità.

Abbiamo inoltre ribadito la richiesta della Fisac CGIL, già espressa in precedenti incontri, di vietare in modo esplicito la diffusione di classifiche e comparazioni tra le filiali in quanto, lungi dal fungere da stimolo, servono solo a mettere alla gogna quelle che occupano le posizioni inferiori.

Appuntamenti e agende elettroniche

L’argomento su cui si è concentrata una particolare attenzione di tutta la delegazione sindacale, è stato il tema “appuntamenti”.

Prima di tutto abbiamo ricordato che, nel momento in cui gli appuntamenti cessano di essere un mezzo per raggiungere gli obiettivi, ma diventano essi stessi un obiettivo numerico, l’Azienda può legittimamente chiedere il massimo impegno, ma non può pretendere un numero minimo di appuntamenti giornalieri. Può sembrare un dettaglio, ma è invece un aspetto molto importante. Dire “dovete obbligatoriamente fissare 5 appuntamenti al giorno” come abbiamo visto fare in diversi territori implica che possano esserci conseguenze per chi non si adegua. E infatti sono numerosi i casi di persone redarguite per non aver riempito a sufficienza la loro agenda.

Molto si è dibattuto sulla reale funzione dell’agenda elettronica: per l’Azienda un valido strumento di lavoro, per noi anche un mezzo per effettuare un controllo a distanza particolarmente invasivo. Segnali di forzatura arrivano da tutta Italia, portandoci ad affermare che il controllo a distanza rappresenti il principale scopo perseguito dal semicentro attraverso lo strumento Salesforce. Un esempio: Salesforce e il calendario di Outlook non riescono sempre a dialogare correttamente, tanto che alcuni appuntamenti, inseriti dalla filiale, potrebbero non essere visibili al semicentro. Anche su questo i colleghi sono stati redarguiti: “Se non inserite correttamente gli appuntamenti, noi come facciamo a vederli?” E noi, nel riportare l’episodio, abbiamo chiesto all’Azienda: “Perché dovrebbero vederli?

La posizione aziendale è che delle procedure si debba fare un uso legittimo sulla base delle normative esistenti, che comportamenti difformi vadano considerati abusi, che la condivisione degli appuntamenti serve a conoscere gli spazi occupati e quelli liberi per pianificare riunioni congiunte. Se lo scopo è questo, potrebbe essere resa evidente solo l’occupazione degli spazi, senza che si possa accertare dall’esterno se l’occupazione è dovuta ad appuntamenti, riunioni, formazione o impegni di altro genere. Ma su questa proposta di Fisac l’azienda si è espressa in termini di totale contrarietà.

Gli effetti delle segnalazioni

Il quadro che emerge è quello di un diffuso peggioramento del clima; rileviamo, però, che laddove ci arrivino segnalazioni da colleghe e colleghi, riusciamo ad incidere, potendo effettivamente riscontrare gli effetti dell’intervento da parte dell’Azienda. Le segnalazioni arrivano in numero crescente, ma rappresentano ancora una goccia nell’oceano di tutto ciò che di spiacevole accade ogni giorno nei nostri luoghi di lavoro.

Possiamo affermare con soddisfazione che in tutte le segnalazioni che inoltriamo riusciamo a tutelare pienamente l’anonimato, e che nessuno ha mai avuto problemi per averci riferito quanto stava accadendo.

Per questo riteniamo che la strada sia quella giusta, ma abbiamo bisogno dell’aiuto di tutte e tutti per percorrerla. Vi chiediamo quindi di continuare ad inviarci le segnalazioni sulla casella (non accessibile all’azienda, ma solo a rappresentanti sindacali Fisac)
[email protected]

Un’ultima raccomandazione. In questi giorni tanti colleghi e colleghe stanno ricevendo un questionario avente come scopo un’analisi di clima nei nostri posti di lavoro.
E’ molto importante che emerga un quadro realistico di tutto il disagio che viviamo quotidianamente.
Per questo vi esortiamo a rispondere al questionario con la massima sincerità, ricordando che le risposte sono totalmente anonime.

Fisac Cgil Coordinamento Gruppo Bper




Gruppo Bper: sotto pressione

3 - Fisac Cgil

29 marzo 2024

SOTTO PRESSIONE

 

Il CCNL rinnovato il 23 novembre scorso ha recepito al suo interno l’accordo sulle politiche commerciali del febbraio del 2017. Nel Gruppo BPER, proprio a seguito dell’intesa nazionale, è stato sottoscritto il 30 marzo 2022 uno degli accordi più avanzati del settore in tema di contrasto alle pressioni commerciali, che ha tra i suoi obiettivi quello di rendere esigibili i contenuti degli accordi sottoscritti, quello di chiarire gli ambiti di comportamento non consentiti e quello di valutare i comportamenti in violazione delle norme e degli accordi, con la finalità di rimuoverli attraverso opportuni provvedimenti aziendali (incluse le sanzioni disciplinari).

Ricordiamo quali sono i principali comportamenti non ammessi in base agli accordi e alle norme:

  • comunicazioni (effettuate con qualunque mezzo) irrispettose della dignità e della professionalità delle lavoratrici e dei lavoratori o contenenti messaggi fuorvianti, intimidatori, offensivi, vessatori o elusivi degli accordi medesimi;
  • mancato rispetto del diritto alla disconnessione;
  • riunioni commerciali eccessive per numero e/o frequenza, convocate senza un adeguato preavviso e non rispettose degli orari contrattuali di chi è chiamato a partecipare.
  • monitoraggio o verifica dei dati commerciali attuati con modalità estemporanee e comunque non proceduralizzate;
  • misurazione dei tempi di contatto con la clientela (fisica o virtuale) al fine della valutazione o per controllo a livello individuale;
  • utilizzo di una reportistica per la rilevazione dei dati commerciali difforme da quella approntata centralmente e comunque diversa da quella indicata dagli accordi;
  • richiesta di dati previsionali riguardanti la vendita di prodotti alla clientela;
  • richiesta giornaliera del venduto scritta su moduli cartacei da consegnare ai coordinatori o ai direttori.

Il soprastante elenco è indicativo, anche se non esaustivo, di ciò che avviene e che invece non sarebbe consentito fare.
Tutte le segnalazioni provenienti dai territori sono oggetto di valutazione in sede di Commissione Paritetica, composta da delegati aziendali e sindacali e incaricata di discutere e valutare le segnalazioni provenienti dai colleghi, segnalazioni che comunque rimangono sempre anonime

La Commissione rappresenta un importante ambito e ha consentito, attraverso le partecipazione attiva delle colleghe e dei colleghi, di poter intervenire per correggere i comportamenti non conformi alla normativa individuati dalle Parti.

L’Azienda, a seguito della disamina delle segnalazioni, ha sovente riconosciuto la veridicità delle stesse ed ha conseguentemente fatto interventi finalizzati a ripristinare sui territori e nelle Aziende condotte coerenti con il rispetto degli accordi in tema di pressioni commerciali; talvolta ne abbiamo registrato gli effetti nell’immediatezza.

Nelle ultime settimane, in concomitanza con le ristrutturazioni organizzative e complice forse il clima di aspettativa sul futuro prossimo del Gruppo, abbiamo riscontrato l’intensificarsi di alcuni comportamenti indebiti che stanno incidendo sul quotidiano delle persone, che devono già confrontarsi tutti i giorni con gli effetti della riorganizzazione.

Così non va!
Un ambiente lavorativo “salubre” rappresenta la priorità di ogni collega.
Il protocollo siglato il 30 Marzo 2022 e le azioni intraprese per mezzo della Commissione avevano permesso di registrare effetti che facevano sperare in un cambiamento culturale che avrebbe giovato a tutti. Oggi invece il tema delle pressioni commerciali è uno dei problemi strutturali più rilevanti, da affrontare e risolvere con urgenza.

All’Azienda chiediamo di intervenire con la massima decisione per stigmatizzare e far cessare queste condotte, al fine di ristabilire delle politiche commerciali e un clima aziendale coerenti con gli accordi sottoscritti.

Invitiamo le colleghe e i colleghi a segnalarci prontamente ogni situazione di pressione commerciale o di illecito comportamento, per consentirci di sollecitare immediati interventi correttivi sulle specifiche realtà.
Ricordiamo le caselle su cui fare le segnalazioni:

 

COORDINAMENTI SINDACALI GRUPPO BPER
FABI – FIRST CISL – FISAC CGIL – UILCA – UNISIN




Unipol incorpora UnipolSai

Il gruppo Unipol ha approvato un progetto di razionalizzazione societaria «da realizzarsi mediante la fusione per incorporazione di UnipolSai in Unipol Gruppo». Nell’ambito dell’operazione, si legge in una nota, è previsto il lancio di un’offerta pubblica di acquisto volontaria totalitaria di Unipol su UnipolSai al prezzo di di 2,7 euro ad azione.

Il progetto prevede la fusione per incorporazione in Unipol di UnipolSai Assicurazioni, nonché di Unipol Finance S.r.l., UnipolPart I S.p.A. e Unipol Investment S.p.A., società interamente partecipate da Unipol che detengono partecipazioni in UnipolSai, con un rapporto di cambio determinato dai cda di Unipol e UnipolSai in 3 azioni Unipol per ogni 10 azioni UnipolSai.

All’esito dell’operazione Unipol Gruppo assumerà la denominazione di Unipol Assicurazioni. Il corrispettivo dell’Opa incorpora un premio pari al 12,6% rispetto al prezzo ufficiale delle azioni UnipolSai alla data del 15 febbraio 2024 e del 16,3% rispetto alla media aritmetica ponderata dei prezzi ufficiali registrati da UnipolSai negli ultimi sei mesi.
L’offerta, che verrà finanziata da Unipol con risorse proprie, riguarderà massime 417.386.600 azioni UnipolSai, pari al 14,75% del capitale sociale, e il corrispettivo sarà ’cum dividendo’, ossia inclusivo delle cedole relative ad eventuali dividendi distribuiti da UnipolSai.

Per gli azionisti che non volessero concorrere alla fusione ci sarà la possibilità di esercitare il recesso a 5,27 euro ad azione.

L’operazione, spiega Unipol, si pone gli obiettivi di «razionalizzare la struttura societaria del Gruppo Unipol, semplificando nel contempo i processi decisionali di direzione unitaria e governo del gruppo stesso. La società risultante dalla fusione sarà una delle principali compagnie assicurative italiane, quotata nei mercati regolamentati, che rivestirà anche il ruolo di capogruppo del gruppo Unipol, in linea con le migliori practice nazionali e internazionali e con le aspettative del mercato». Inoltre l’operazione contribuirà a «ottimizzare il profilo di cassa e di funding di Unipol Gruppo», a «conseguire alcune sinergie di costo connesse all’ottimizzazione delle strutture centrali e delle relative attività» e a «ottimizzare la solida posizione di solvibilità di gruppo, anche in chiave prospettica».

I conti di Unipol

Il cda del gruppo Unipol ha inoltre dato il via libera ai conti del 2023, chiusi con un risultato netto consolidato a 1,331 miliardi di euro (da 866 milioni nell’anno precedente, +53,7%). Il risultato, si legge in una nota, risente positivamente per 267 milioni di euro del “badwill” iscritto per effetto del consolidamento della partecipazione nella Popolare di Sondrio (in seguito all’acquisizione di una quota del 10,2% della banca, che ha portato la partecipazione complessiva del gruppo al 19,7%). Il risultato netto, escludendo tale partita straordinaria, è pari a 1,064 miliardi.

Cresce inoltre la raccolta diretta assicurativa a 15,1 miliardi di euro (+10,4% rispetto al 2022), con Danni a 8,7 miliardi di euro (+4,2%) e Vita a 6,4 miliardi di euro (+20,0%). Il combined ratio a fine 2023 è pari al 98,2% (dal 98,6% di settembre 2023), mentre l’indice di solvibilità, sempre alla fine dell’anno scorso, risulta al 200% (in linea con il valore al 31 dicembre 2022) e tiene conto dei dividendi attesi e del consolidamento della Banca Popolare di Sondrio.Sale, infine, il dividendo a 0,38 euro per azione (per un “dividend yield” al 6,6%) contro gli 0,37 euro nel 2022. Quanto al futuro, si stima «un andamento reddituale della gestione consolidata per l’anno in corso in linea con gli obiettivi fissati nel Piano Strategico 2022-2024».

«Chiuso un percorso»

«Questa operazione chiude, anche fisicamente, un percorso iniziato più di 10 anni fa, iniziato nel 2012 con l’acquisizione di FondiariaSai e tutte le operazioni successive che sono intervenute in questi anni». Così il presidente del gruppo Unipol, Carlo Cimbri, presentando l’opa su UnipolSai. «Chi c’era all’epoca ricorderà una struttura molto più complessa e articolata» e ora si arriva «all’ultimo tassello di questo progetto» con «una semplificazione attesa dal mercato».

«Mps non è nei programmi di Bper»

A proposito del risiko bancario, Cimbri ha affermato che «Mps non è nei programmi di Bper». Secondo il manager «Bper ha un suo programma che sta andando avanti, noi non abbiamo avuto interlocuzioni di questo tipo, per quanto ci compete neanche Bper non ha avuto interlocuzioni di questo tipo con Mps che peraltro sta conseguendo nella sua veste stand alone sotto la guida di Luigi (Lovaglio, ceo di Mps, ndr) degli ottimi risultati».

 

«Difenderemo Bper e Sondrio»

«Senza fare il processo alle intenzioni, faremo le nostre mosse, se dovesse servire, e penso che saranno sufficienti». Così Cimbri, a chi gli chiedeva quali reazioni se dovessero arrivare offerte ostili su Bper o sulla Popolare di Sondrio. Visto che su questi due istituti, aggiunge, «stiamo investendo, ci attrezziamo affinché il governo di queste banche rimanga in un ambito di sfera di collaborazioni con noi, piuttosto che di altri gruppi bancari».

Fonte: Il Sole 24 Ore