L’uomo dell’anno

L’edizione odierna di Libero si apre con un titolo a tutta pagina e la foto di Giorgia Meloni: per il 2023 è lei l’uomo dell’anno.

Può sembrare un titolo provocatorio: in realtà è assolutamente coerente ed allineato alla linea editoriale di quel giornale ed alla sua vocazione di megafono delle idee del centrodestra.

Per avere un Presidente del Consiglio donna abbiamo aspettato oltre 160 anni: dal 1861 al 2022. Quando finalmente questo è accaduto – ed è stato, a prescindere dal colore politico e dalle idee che porta avanti, un momento storico – abbiamo avuto a capo del governo una donna che ha preteso di essere chiamata “presidente”. Al maschile. Perché?

Non è un mistero per nessuno il percorso che ha portato alla fondazione di Fratelli d’Italia: la sua discendenza dal MSI, a sua volta erede del fascismo e delle sue idee. Idee mai rinnegate, come dimostra il simbolo del partito: la fiamma tricolore che idealmente nasce dalla tomba di Mussolini.

L’idea che quell’area politica ha delle donne non è mai cambiata molto. La donna ha un suo ruolo preciso: lei è “l’angelo del focolare”. Il suo compito è fornire figli alla Patria, educarli secondo la tradizione cristiana ed accudire l’uomo. Quello che deve mantenere lei e la famiglia con il suo lavoro. Qualsiasi altra attività distrae la donna dal suo “ruolo naturale”: Quindi la donna che studia o ha ambizioni di carriera viene distolta dalla sua funzione, e questo non va bene.
Sono questi per intenderci, i valori della nostra tradizione ai quali si rifanno continuamente i politici di destra. E nel caso aveste dubbi, leggetevi questo articolo apparso – guarda caso – sempre su Libero:

Togliete i libri alle donne: torneranno a fare figli

E’ passato qualche anno dalla pubblicazione dell’articolo, ma la linea editoriale non è cambiata di un millimetro. E l’autore dell’articolo, Camillo Langone, non ha smesso di scrivere. Attualmente lo fa per Il Giornale. Cioè la succursale di Libero.

E quindi ecco che la prima pagina scelta da Mario Sechi, desideroso di mostrare alla Premier (noi continuiamo a scriverlo al femminile) la sua fedeltà, improvvisamente appare tutt’altro che provocatorio.

Quale modo migliore per compiacere la prima donna a capo del governo in Italia, sapendo che anche lei è convinta nel suo intimo che il posto di una donna non sia quello (ovviamente lei esclusa), che assimilarla ad un uomo?

Sono tanti gli auguri che potremmo fare per il 2024. Scegliamo di augurare a tutti di vivere in un paese nel quale una donna non si debba vergognare della sua femminilità quando arriva a ricoprire un ruolo importante, e che gli uomini sappiano riconoscere a tutte le donne il pieno diritto ad esprimersi e realizzarsi.

 

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Gruppo Bper c’è l’intesa con i sindacati: mille esuberi e 500 assunzioni

L’esito della trattativa con i rappresentanti dei lavoratori: previste anche 200 stabilizzazioni di precari


 

Ricambio generazionale e riorganizzazione delle filiali , di cui 125 chiuse sul territorio nazionale: gli accordi firmati in Bper dopo una lunga trattativa con le sigle sindacali terminata all’alba lascia tutti soddisfatti. L’intesa prevede l’uscita volontaria di 1.000 dipendenti, 500 nuove assunzioni di giovani e la stabilizzazione di 200 lavoratrici e lavoratori in somministrazione. Fabi e le organizzazioni sindacali di categoria di Cgil, Cisl e Uil hanno firmato per la precisione tre distinti accordi con l’istituto di credito modenese che riguardano la razionalizzazione della rete, il prossimo avviamento del nuovo modello organizzativo chiamato «BCustomer» e, appunto, la manovra sul personale tra esuberi, assunzioni e stabilizzazioni.

Le tutele

Per le lavoratrici e i lavoratori coinvolti dalle chiusure di filiali sono state previste tutele sui temi di mobilità professionale e territoriale, garanzie sui percorsi di inquadramento in corso e formazione. Inoltre, alla vigilia del rilascio di «BCostumer», destinato a soppiantare il precedente «Footprint», è stato raggiunto un accordo che sancisce la prosecuzione nella maturazione degli inquadramenti di rete fintanto che, entro il primo trimestre del 2024, non si arriverà ad un accordo dedicato a governare i nuovi percorsi di carriera alla luce dei molteplici interventi riorganizzativi e dei possibili conseguenti cambiamenti di ruolo. Il nuovo sistema degli inquadramenti, recita l’accordo, “dovrà tenere conto non solo di aspetti quantitativi, ma anche delle professionalità, dei ruoli e delle relative complessità, e riguarderà tutti gli ambiti delle aziende del gruppo: centro, semicentro, rete, filiali online, centri imprese, wealth management e bancassurance».

L’esito della trattativa

Per quanto riguarda la manovra sul personale, sono state confermate tutte le garanzie per le colleghe e i colleghi che entreranno nel Fondo esuberi o che andranno direttamente in pensione, così come gli incentivi previsti negli analoghi accordi sottoscritti nel 2021 e nel 2023.
Commentando l’esito della trattativa, che «per complessità e argomenti affrontati ha avuto pochi precedenti», la coordinatrice Fabi del gruppo Bper Antonella Sboro ribadisce che «sono stati conseguiti obiettivi strategici per la gestione delle ricadute» sui dipendenti per ogni riorganizzazione in calendario o futura. Anche per il coordinatore nazionale Fisac Cgil del gruppo Bper, Nicola Cavallini, gli accordi sono positivi e, aggiunge, «è importante aver sancito l‘impegno di Bper di destinare una quota di assunzioni e stabilizzazioni, in rapporto alle uscite avvenute, ai residenti sugli stessi territori. La riconferma del turn over consentirà la stabilizzazione di nuove unità e l’attenzione ai territori, con speciale focus su quelli più fragili».

 

La soddisfazione dei sindacati

«Siamo soddisfatti – puntualizza a sua volta il segretario responsabile First Cisl di Bper Emilio Verrengiaper la garanzia della continuità dei percorsi professionali già avviati nonostante l’adozione da parte aziendale di un modello distributivo che rivoluzionerà i ruoli e il modo di lavorare delle colleghe e dei colleghi. Viene favorita – ricorda – attraverso il Fondo di solidarietà, l’uscita anticipata volontaria di lavoratrici e lavoratori che ne hanno i requisiti, bilanciando comunque le uscite previste con un numero elevato di assunzioni e stabilizzazioni». Per il segretario nazionale Uilca Giuseppe Del Vecchio, infine, quello di Bper «è un percorso nel solco del recente rinnovato ccnl del credito, che conferma il livello delle buone relazioni industriali».

 

Fonte: corriere.it




La “formula vincente” dei discount? “Turni massacranti, personale all’osso, stagisti usati come dipendenti”

Con l’aumento dell’inflazione e la stagnazione dei salari, i discount sono ormai diventati un punto di riferimento per moltissimi consumatori costretti ogni mese a far quadrare i bilanci familiari al centesimo. Ma dietro alle offerte di questi supermercati a buon mercato che spesso vendono a prezzi concorrenziali e talvolta sottocosto spesso si nasconde anche la compressione dei costi che impatta – è la denuncia dei lavoratori – soprattutto su stipendi e condizioni di lavoro di chi opera nei punti vendita. E insomma, specialmente nell’ultimo anno, in queste realtà i fatturati sono esplosi, ma a questo non è corrisposto affatto un miglioramento delle condizioni per i dipendenti. Anzi.

Le segnalazioni arrivano da diverse realtà di questo settore (anche se non tutte le aziende si comportano alla stessa maniera): turni massacranti, spesso comunicati con preavvisi di pochi giorni, assunzioni e turnazioni di personale ridotte all’osso, punti vendita che vanno avanti con il minore impiego possibile di dipendenti, grandissimo ricorso a contratti stage o contratti part-time a tempo determinato con clausole di flessibilità che costringono i precari a firmare assunzioni a 24/30 ore a settimana per poi accettare richieste di straordinario continue che fanno lievitare oltremodo il monte orario e di fatto impediscono al lavoratore di poter avere un equilibrio tra vita privata e lavoro. Queste le caratteristiche principali più volte denunciate nel corso degli anni dai lavoratori del comparto e dalle rappresentanze sindacali attive nel settore.

In Eurospin, forse uno dei discount italiani più noti, i sindacati hanno promosso un grande sciopero nell’agosto del 2022, mettendo in rilievo le pessime condizioni di lavoro a cui sono sottoposti molti dipendenti della grande catena, puntando il dito soprattutto sulle richieste dei direttori di filiale volte ad aumentare il più possibile il tasso di produttività del punto vendita per risultare competitivi agli occhi dell’azienda madre, a scapito dei dipendenti assunti. Un modello che sembra non essere caratteristica esclusiva di Eurospin ma anche di molte altre realtà simili.

 

Non va meglio in Penny Market, altro noto discount diffuso in tutto il Paese. “Ho lavorato per mesi come direttore di filiale e ho potuto toccare con mano le tante incongruenze di questa azienda. Il mio contratto, come quello di tutti i direttori, prevede lo straordinario forfettario che però non va di certo a favore del lavoratore”, racconta Alfonso (altro nome di fantasia, ndr).
“Quando firmi non sai a cosa stai andando incontro, quante ore dovrai fare davvero. Finisci per vivere in azienda. Le ore di straordinario puntualmente ogni settimana devono essere suddivise per i membri dello staff di negozio e il problema è che ci sono troppe poche persone per coprire in modo corretto le ore di apertura del punto vendita. Quindi per poter arrivare a coprire tutte le ore, il direttore si sobbarca tutte quelle che i dipendenti assunti in quel punto vendita non possono fare. Per aver messo in rilievo queste storture sono stato messo in punizione e mandato in un altro negozio, ho subito comportamenti ai limiti del mobbing. Nel negozio dove sono inviato in seconda istanza ho visto il responsabile obbligare i membri del team a timbrare la fine del proprio turno alle 21 per poi intrattenersi nel negozio fino alle ore 22/22:30 per sistemare tutto ciò che non era stato possibile sistemare durante il turno. E questa è praticamente prassi, non un caso”.

Devi sempre essere disposto a fare sempre straordinari, arrivando a lavorare anche 45/50 ore a settimana. I tirocinanti sono un altro tassello della compressione dei costi, è lavoro dipendente mascherato e molto conveniente: non si versa nulla, c’è solo il rimborso spese e nessun contributo. Dopo lo stage di solito fanno contratti a tempo determinato con i vari rinnovi per poi proporre l’apprendistato inquadrato due livelli in meno, ma a questi apprendisti vengono chieste le stesse cose che vengono chieste a un lavoratore non apprendista. Ci sono punti vendita portati avanti dagli apprendisti, che gestiscono ordini e burocrazia in tutto e per tutto, e punti vendita in cui gli apprendisti fanno da tutor agli stagisti. E’ un qualcosa di paradossale. Il dipendente deve praticamente fare tutto, dal cassiere al contabile alle pulizie, non esistono mansioni.  ”, conclude Margherita.

Fonte: Il fatto quotidiano

 

 




Loro lo sanno che è Natale?

Era il Natale del 1984, quasi quarant’anni fa, quando venne pubblicato il brano “Do they know it’s Christmas” eseguito dalla Band Aid, un super gruppo costituito dai più importanti cantanti e musicisti britannici. Il brano entrò a far parte a pieno titolo della tradizione natalizia.

L’idea venne a Bob Geldof, particolarmente colpito dalle immagini trasmesse dalla BBC che mostravano gli effetti drammatici della carestia in Etiopia. Da qui l’idea di mettere insieme i nomi più famosi della scena musicale per un’iniziativa di solidarietà destinata a diventare la prima di una serie di eventi analoghi. Dal punto di vista artistico non si trattò di forse un capolavoro: brano orecchiabile, costruito per restare in mente, con testo piuttosto banale. Ma l’iniziativa ottenne un grande risultato: calcolando anche il successivo concerto Live Aid si stima che furono raccolti circa 150 milioni di sterline.
Certo, all’epoca era facile essere solidali: le immagini dei bambini affamati erano strazianti, e le loro famiglie avevano il “buon gusto” di non pretendere di fuggire dalla miseria, restando nel loro paese d’origine e consentendoci di sentirci buoni “aiutandoli a casa loro”.
Tutto molto natalizio.

Prendiamo spunto da quell’evento, ormai piuttosto datato, perché in questi quattro decenni il mondo è cambiato. Non in meglio. E sono davvero in tanti quelli che a Natale avranno altro a cui pensare.

Continueranno a non festeggiare il Natale le popolazioni più povere dell’Africa vittime di carestie, persecuzioni, conflitti. Situazioni per le quali i nostri paesi ricchi hanno responsabilità pesanti. Ma insieme a loro non lo festeggeranno quelli che stanno provando a conquistarsi una vita migliore, diritto inviolabile di ogni essere umano, e sono impegnati ad attraversare il deserto, o cercano di imbarcarsi su bagnarole che potrebbero trascinarli in fondo al mare, o ancora sono reclusi nei lager libici che noi abbiamo finanziato per tenerli lontani.

Non festeggeranno il Natale le popolazioni ucraine alle prese con una guerra voluta da un criminale come Putin, ma alimentata e prolungata dall’Italia e dalle altre nazioni occidentali, sulla base di calcoli di convenienza geopolitica che non tengono in nessuna considerazione il numero di vite umane da sacrificare.

Non festeggeranno il Natale i Palestinesi, vittime di una rappresaglia feroce che ricorda molto, nelle logiche, quelle della “guerra al terrore” combattuta (e persa) dall’occidente tra Iraq, Afghanistan, Yemen e Libia. Guerra che ha lasciato distruzione, instabilità e più aspiranti terroristi di quelli che c’erano prima.

E senza guardare tanto lontano, non festeggeranno il Natale nemmeno le 1.500 famiglie dei lavoratori dei call center messi per strada, proprio sotto le Feste, dalle scelte di un governo che ha approfittato della fine del mercato tutelato di luce e gas per revocare la clausola sociale, che avrebbe consentito loro continuità lavorativa presso i nuovi gestori. Una scelta poco natalizia ma che risponde alla logica del libero mercato, in cui le imprese devono essere lasciate libere di fare ciò che vogliono.

Quasi quarant’anni. Il mondo non è migliorato, ma anche noi siamo peggiorati. Ci siamo chiusi e siamo diventati più egoisti ed indifferenti. Ciò che accade fuori dalla porta di casa non c’interessa, e non abbiamo nessuna voglia di batterci per migliorare le cose. Neanche quando ci viene richiesto di aderire ad una giornata di sciopero per chiedere, tutti insieme, un Paese più giusto.

Alla fine il nostro atteggiamento verso gli altri è sintetizzato nel verso più riuscito del brano della Band Aid, affidato alla voce di Bono Vox:
“Tonight thank God is them instead of you”
Stanotte ringrazia Dio che tocchi a loro invece che a te.

Che si sia credenti o meno, il Natale è un’occasione per riunirsi , per stare insieme e coltivare rapporti che durante l’anno tendiamo a trascurare. Si festeggia una nascita: sarebbe bello se fosse anche l’occasione per una rinascita, per ragionare su quanto in quel momento si sia privilegiati. E riscoprire la capacità di indignarsi, di rifiutare un mondo davvero troppo brutto. Sarebbe già un buon inizio.

A tutti voi e alle vostre famiglie i più sinceri auguri di buone feste dalla Fisac Abruzzo Molise.

 

 

 




“Tutto qui l’aumento? Mi aspettavo di più”

Questa è la reazione che molte lavoratrici e molti lavoratori hanno avuto nel ricevere la busta paga di dicembre.

Come si spiega questa delusione? Il motivo è da ricercarsi nella tassazione. Gli arretrati vengono interamente tassati all’aliquota marginale: quindi 35% o 43% a seconda del reddito complessivo (oltre al 9% di INPS).

Sono aliquote alte, che però hanno una spiegazione. Devono servire a compensare le mancate entrate di chi evade. Di chi paga una piccola parte del dovuto grazie ai condoni. Di chi, a parità di reddito, paga un’aliquota fissa del 15% perché così ha deciso il governo.

Aliquote pesanti, frutto di un sistema fiscale ingiusto e fortemente penalizzante per la nostra categoria, contro la quale la Cgil si è mobilitata in diverse occasioni: le ultime sono state rappresentate dagli scioperi e dalle manifestazioni svoltesi tra novembre e dicembre. Alle quali, ad onor del vero, la categoria dei bancari ha partecipato molto poco.

Le buste paga di questo mese sono la dimostrazione concreta di quanto siano importanti e fondamentali temi che – ad alcuni – appaiono lontani, come se non ci riguardassero, e che invece incidono più di ogni altra cosa sulla nostra vita quotidiana: il sistema fiscale è lo specchio su cui si riflette lo stato di equità e giustizia sociale di un Paese.

“Se non ti occupi di politica, sarà la politica ad occuparsi di te”

 

Fisac/Cgil Gruppo Bper


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Assalto sede Cgil, condannati i leader di Forza Nuova Fiore e Castellino

Le pene, anche per l’ex Nar Luigi Aronica, Pamela Testa, Salvatore Lubrano e Lorenzo Franceschi, vanno da 8 anni a 8 anni e sette mesi. Dopo la lettura della condanna urla in aula. Anpi: “Perché non è considerato il reato di ricostituzione partito fascista?”


La Cgil venne assaltata da un commando di fascisti il 9 ottobre del 2021. Adesso non c’è più dubbio, il tribunale di Roma ha condannato sette persone, tra cui i principali esponenti del partito di estrema destra Forza Nuova con pene che vanno da 8 anni a 8 anni e sette mesi.

Si tratta di Roberto Fiore, il leader del movimento, Giuliano Castellino, all’epoca numero uno di Fn a Roma, e poi l’ex Nar Luigi Aronica, Pamela Testa, Salvatore Lubrano e Lorenzo Franceschi anche loro esponenti del neofascismo.

Dopo la lettura della sentenza è esploso il caos in aula. Un gruppo di neofascisti rivolti verso il giudice ha iniziato a cantare “la gente come noi non molla mai“. Poi, in molti, hanno rivolto il saluto romano verso la Corte.
Le forze dell’ordine li hanno portati a forza fuori dall’aula.

“Quel giorno la città venne messa a ferro e fuoco”, ha detto durante la sua requisitoria il pm Gianfederica Dito.
Nei confronti degli imputati, a seconda delle posizioni, la Procura contesta i reati di istigazione a delinquere, devastazione e resistenza pluriaggravata. Nel corso della requisitoria il pm ha ricostruito quanto avvenuto quel giorno. “Emerge dai video, che hanno cristallizzato i fatti, che siamo in presenza di eventi drammatici e cruenti con il tragico epilogo della devastazione della sede del sindacato. Quel giorno la parte centrale di Roma è stata in mano a sconsiderati. Un giorno funesto per la città e un attacco ad un simbolo dei lavoratori e della democrazia“, ha aggiunto il pm.

 

Anpi: “Perché non è considerato il reato di ricostituzione partito fascista?”

C’è senz’altro da essere soddisfatti per la condanna di Fiore, Castellino ed altri accoliti a più di otto anni di carcere dopo l’assalto alla sede della Cgil il 9 ottobre 2021. Stupisce però, a quanto leggo, che i capi d’imputazione siano solo devastazione aggravata in concorso e istigazione a delinquere. Non è stato neppure considerato il reato di ricostituzione del disciolto partito fascista, laddove la legge Scelba del 1952 ne definisce il profilo con inequivocabile chiarezza; tale reato si compie, fra l’altro, ‘quando una associazione o un movimento persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politico’. La plateale conferma di questo reato è avvenuta proprio, dopo la sentenza, dalla reazione di tanta parte del pubblico che fra fischi e urla si è distinta nell’ostentare il saluto romano. Che altro si aspetta per mettere fuori legge le organizzazioni neofasciste?“, è il commento di Gianfranco Pagliarulo, presidente nazionale Anpi, in merito alle condanne degli esponenti di estrema destra.

 

Fonte: La Repubblica




Unicredit: accordo uscite sospese e ricambio generazionale

3 - Fisac Cgil

Nelle prime ore di oggi, mercoledì 20 dicembre, le OO.SS. hanno siglato con l’Azienda un’intesa sulle uscite in sospeso delle/dei 510 circa lavoratrici/lavoratori di rete (finestra pensionistica fino al 01/01/2030), di cui all’accordo del 1° dicembre 2022.

Le organizzazioni sindacali dopo una complessa trattativa e grazie ad un lavoro coeso ed unitario hanno ottenuto:

  • l’accoglimento di tutte le 510 domande di accesso al Fondo di Solidarietà Straordinario con data di pensionamento di vecchiaia/anticipata INPS fino al 31/12/2029 (decorrenza trattamento pensionistico, c.d. finestra, 01/01/2030);
  • 255 nuove assunzioni da destinare alla rete;
  • l’impegno ad assumere a copertura del turnover 86 risorse nel periodo 2024/2025 e ad effettuare, qualora il turnover dovesse superare tale numero, ulteriori inserimenti nel limite massimo di 169 risorse.

Nell’ambito della trattativa l’Azienda ha manifestato la disponibilità ad accogliere ulteriori 200 richieste. Questa apertura consentirà l’adesione volontaria di coloro i quali, pur avendone i requisiti, non hanno aderito ai precedenti piani di esodo e maturano la propria finestra pensionistica entro il 01/01/2030 (per quanto riguarda il Fondo di Solidarietà Straordinario) e o diritto a pensionamento diretto con finestra 01/01/2025.

L’accordo sottoscritto stabilisce che, in correlazione a tali uscite, siano previste nuove assunzioni con modalità analoghe a quanto concordato per la gestione delle domande in sospeso.

Riteniamo importante questo accordo, sia perché ha dato risposta positiva alle/ai lavoratrici/lavoratori della rete, la cui domanda di adesione al Fondo di Solidarietà era rimasta in sospeso, sia perché garantisce un congruo numero di nuove assunzioni e il ricambio generazionale.

Milano, 20 Dicembre 2023

 

Segreterie di Coordinamento Gruppo Unicredit
Fabi – First Cisl – Fisac Cgil – Uilca – Unisin




Guide Fisac Cgil: la lettura della busta paga ABI

Principali novità edizione Dicembre 2023

La presente edizione tiene conto delle novità introdotte dall’ipotesi di accordo di rinnovo del CCNL ABI raggiunto il 23 novembre 2023, nonché di quelle previste dalla Legge di Bilancio 2024, che sta compiendo il suo iter parlamentare e che pertanto potrebbe subire modifiche rispetto a quanto ad oggi annunciato e di conseguenza riportato nella guida.

Ecco i punti principali.

Accordo di rinnovo 23 novembre 2023

Stipendio, aumenti, arretrati – La guida riporta il valore della voce stipendio alle varie decorrenze e per tutto il periodo di vigenza contrattuale (quindi fino all’ultima tranche dell’aumento, avente decorrenza 1° marzo 2026).
Sono altresì indicati gli aumenti per i vari livelli inquadramentali e il valore degli arretrati che in base all’accordo di rinnovo saranno corrisposti come “una tantum” con la busta paga di dicembre.
Valori aggiornati sono riportati anche con riferimento alla Scala parametrale.

Buono pasto: aggiornato anche il capitolo relativo

Missioni: si precisa che la soglia per avere diritto al pagamento della diaria è stata incrementata di 1 giorno.

Prosolidar: inserito un nuovo paragrafo dedicato a Prosolidar con l’indicazione dell’importo del contributo annuo ora previsto.

Trattamento di fine rapporto: nel capitolo dedicato al TFR si dà conto del ripristino con decorrenza 1° luglio 2023 dei criteri di maggior favore in vigore fino al 2011.

LEGGE DI BILANCIO

(ma anche Legge di conversione del c.d. Decreto Anticipi)

Trattenute previdenziali – Per il 2024 dovrebbe essere prorogato l’esonero contributivo per redditi mensili fino a € 2.692 (che può presentare un aspetto paradossale per chi anche per effetto degli aumenti contrattuali si trovasse a “sforare” di poco la soglia).
Prevista una nuova forma di decontribuzione per le lavoratrici madri (ma occorre avere almeno 2 figli, di cui almeno 1 entro determinati limiti di età).

Fringe benefit – Per il 2024 si delinea l’aumento a € 1.000 per chi non ha figli a carico e la riduzione a € 2.000 (rispetto agli attuali 3.000) per i genitori con figli a carico.

Fringe benefit in relazione a interessi su mutui e prestiti – Riportato il nuovo criterio introdotto dalla Legge di conversione del c.d. Decreto Anticipi e già vigente per il 2023.

Trattenute fiscali – Indicata la prospettiva di variazione degli scaglioni IRPEF per il 2024, e la proroga della tassazione ridotta al 5% per i premi di risultato.

Scarica la guida:  La Busta Paga nelle Banche – dicembre 2023


La guida è disponibile anche nella nostra sezione Guide e Manuali




Tasse, la metà degli italiani (47%) non dichiara redditi e il 14% paga i due terzi del totale

Irpef, un contribuente ogni 1,427 abitanti

L’imposta sui redditi delle persone fisiche (Irpef), considerando anche le addizionali comunali e regionali, ha portato nel 2022 un gettito pari a 175,17 miliardi di euro. È salito il numero di dichiaranti (pari a circa 41 milioni) e quello dei contribuenti/versanti, cioè le persone che versano almeno 1 euro di Irpef, saliti a quota 31 milioni, valore più alto registrato dal 2008.
Ma c’è un problema: a ciascun contribuente corrispondono, di fatto, 1,427 abitanti. È quanto emerge dal report “Settima regionalizzazione sul bilancio del sistema previdenziale italiano” a cura del Centro studi e ricerche Itinerari previdenziali, presentato al Cnel in collaborazione con la Confederazione italiana dirigenti e alte professionalità (Cida).

 

Quasi la metà degli italiani non dichiara redditi

Secondo il presidente del Centro studi e ricerche Itinerari previdenziali, Alberto Brambilla, il report fornisce una fotografia «poco veritiera guardando invece a consumi e abitudini di spesa degli italiani», visto che quasi la metà (il 47%) non dichiara redditi. In sostanza, a giudicare dal gettito Irpef, l’Italia sembra più un Paese povero che uno Stato membro del G7.

 

Solo il 13,94% degli italiani paga circa due terzi delle tasse

Dal report emerge inoltre che appena il 13,94% dei contribuenti con redditi dai 35 mila euro in su paga da solo il 62,52% dell’imposta sui redditi delle persone fisiche. Tradotto: circa due terzi dell’Irpef ricade sui contribuenti che dichiarano redditi pari o superiori ai 35 mila euro. «Non è accettabile che poco più del 13% della popolazione si faccia carico della quasi metà degli italiani che non dichiara redditi e trova benefici in un groviglio di agevolazioni e sostegni, spesso concessi senza verificarne l’effettivo bisogno. Un 13% che guadagna da 35mila euro lordi in su, e che per questo non può beneficiare del taglio al cuneo fiscale perché è considerato troppo ricco e non può difendersi dall’inflazione nemmeno quando arriva alla pensione, sempre perché è considerato troppo ricco. Non commettiamo l’errore di pensare che le disparità che esistono in questo Paese facciano male solo a chi si trova sui gradini più bassi della scala reddituale», ha dichiarato Stefano Cuzzilla, presidente Cida

 

Il 42% dei contribuenti dichiara meno di 15 mila euro

Nel rapporto di Itinerari previdenziali si sottolinea inoltre che il 42,59% di tutti i contribuenti dichiara meno di 15 mila euro, pagando solo l’1,73% del totale dell’Irpef. All’interno di questa fetta di italiani, ci sono poi 8,8 milioni di persone (il 21,29%) che dichiarano redditi tra 0 e 7500 euro l’anno, pagando in media 26 euro di Irpef e, infine, altri 7,8 milioni di contribuenti che dichiarano cifre tra i 7500 e i 15 mila euro l’anno (18,84%).

 

Il 60% dell’Irpef viene versato nel Nord Italia

Il divario nel versamento dell’Irpef non riguarda solo le fasce della popolazione, ma anche le zone geografiche. Nel Nord Italia, infatti, nel 2022 si è versato 57,43% del totale dell’Irpef (pari a 100,6 miliardi). A seguire ci sono il Centro col 21,83% del totale (38,2 miliardi) e il Sud col 20,74% (36,3 miliardi). Il disequilibrio emerge anche analizzando anche il gettito proveniente dalle singole Regioni: solo la Lombardia, che conta circa 10 milioni di abitanti, ha versato 40,3 miliardi di Irpef. Un importo perfino superiore a quello versato da tutte le Regioni del Sud Italia, che complessivamente contano il doppio degli abitanti.

 

Fonte: Corriere.it

 




Smart working: proroga a marzo 2024 per i genitori di under 14 e i fragili

Ufficiale la proroga del termine per lo smart working, la scadenza viene spostata in avanti di 3 mesi, al 31 marzo 2024. Interessa i genitori del settore privato con figli sotto i 14 anni d’età e i fragili a rischio contagio. Le novità nella legge di conversione del decreto anticipi approvata definitivamente alla Camera.


Dopo la fumata nera con la conversione in legge del decreto proroghe, la proroga per lo smart working arriva con quella del decreto anticipi.

Il testo è stato approvato anche alla Camera e si attende solo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Un emendamento previsto in questa fase estende al 31 marzo 2024 la scadenza fissata al 31 dicembre.

La proroga interessa i lavoratori e le lavoratrici con figli minori di 14 anni e anche i fragili maggiormente esposti ai rischi Covid.