Fisac e Cgil contro l’abbandono bancario in Abruzzo e Molise

 

ABRUZZO MOLISE

 

Negli ultimi 5 anni in Molise è stato chiuso più o meno un terzo delle filiali bancarie presenti: un dato che ne fa la regione italiana più penalizzata dalle politiche dei grandi gruppi bancari.
In Abruzzo le cose sono andate appena meno peggio: in un quinquennio oltre 1 sportello su 4 ha abbassato le saracinesche.

Quando si citano questi numeri sembra che si parli di questioni che non incidono sulla qualità di vita delle persone. Poi si scopre che in 8 comuni su 10 nel Molise, e in 6 comuni su 10 in Abruzzo, chi deve fare un’operazione bancaria è costretto a spostarsi, perché nella località in cui abita non ci sono più banche. Un dato che contribuisce pesantemente allo spopolamento delle aree interne e che ci impone di includere le nostre due regioni tra quelle del Meridione. 

La mancanza di filiali rende più difficile il finanziamento alle piccole e medie imprese, ed i dati Bankitalia lo dimostrano in modo chiaro: nel solo 2022 il taglio è stato del 4,6% in Abruzzo e del 3,2% in Molise. Sono dati che hanno conseguenze pesanti. Una piccola azienda che non riesce a trovare finanziamenti ha due possibilità, entrambe drammatiche: o ricorre agli usurai, o chiude 

Nella classifica dei reati pubblicata dal Sole24Ore e relativa al 2022, tre delle province abruzzesi figurino ai primi posti per quanto riguarda l’usura. Nella classifica manca solo la provincia di Teramo: guarda caso l’unica ad aver mantenuto una presenza di sportelli bancari in linea con la media nazionale. 

 Molto significativo anche il dato delle chiusure delle imprese artigiane: nei primi tre mesi del 2023 il Molise è stata la regione che ha fatto registrare il peggiore saldo tra cessazioni e nuove aperture, con l’Abruzzo al secondo posto. Nel secondo trimestre l’Abruzzo ha effettuato il “sorpasso”, conquistando il poco invidiabile primato. 

Quello della desertificazione bancaria dovrebbe essere un problema in cima all’azienda dei partiti politici, in particolare nelle regioni del centro sud: e invece sembra che la politica se ne disinteressi completamente.

Per sensibilizzare sulle tematiche del Credito nel Centro Sud, la Fisac Cgil ha organizzato per il 28 e 29 settembre l’evento “Sud in Credito – Un nuovo ruolo del sistema finanziario  per lo sviluppo del Mezzogiorno”. L’evento, che si svolgerà a Napoli alla presenza del Segretario Generale CGIL Maurizio Landini, vedrà tra gli ospiti Carlo Cimbri (presidente Unipol Gruppo), Antonio Decaro (presidente ANCI), Massimiliano Fedriga (presidente Conferenza delle Regioni), Antonio Patuelli (presidente ABI), Augusto Dell’Erba (Presidente Federcasse). In rappresentanza di Abruzzo e Molise interverranno Carmine Ranieri (Segretario Regionale CGIL) e Luca Copersini (Segretario Regionale Fisac). 

 Nel corso delle due giornate di lavori la Segretaria Nazionale Fisac, Susy Esposito, illustrerà le proposte del Sindacato  per un sistema bancario e finanziario più rispondente alle esigenze del Paese e delle Regioni Meridionali. 

 

Carmine Ranieri
Segretario Generale Cgil Abruzzo Molise 

Luca Copersini
Segretario Regionale Fisac Abruzzo Molise 

 

Il servizio mandato in onda dalla TGR Abruzzo

 

 

 

 




Teramo e Provincia: il 29/9 tre ore di sciopero contro le morti sul lavoro

Proclamazione sciopero di tre ore per ogni turno di lavoro venerdì 29 settembre 2023

 

Non si deve morire sul lavoro!

Le Scriventi Organizzazioni sindacali proclamano tre ore di sciopero per ogni turno di lavoro nella giornata di venerdì 29 settembre 2023 con presidio delle lavoratrici, dei lavoratori, delle cittadine e dei cittadini a Teramo in largo San Matteo dalle ore 11 alle ore 14.

L’ennesima morte sul lavoro nella nostra provincia ci impone un cambio di passo nell’affrontare i problemi della sicurezza dei luoghi di lavoro, fermarsi si può e si deve.

Alla Famiglia di Gianluigi Ragni giungano le nostre condoglianze ma non si può più tollerare che si muoia sul e per il lavoro.

CGIL Teramo
Pancrazio Cordone
CISL Teramo
Fabio Benintedi
UIL Teramo
Massimiliano Bravo

 

La notizia dell’incidente

Folgorato su un traliccio mentre lavorava – Teramo – Il Centro




Banca d’Italia, verifiche in incognito agli sportelli bancari

L’obiettivo dichiarato è esaminare la relazione tra l’addetto allo sportello e il cliente


 

Occhio. Chi lavora allo sportello delle banche (sempre meno addetti in realtà) da lunedì in poi non saprà se chi si trova davanti è un cliente o un informatore della Banca d’Italia. Partono le verifiche in incognito agli sportelli bancari – informa Via Nazionale – per capire in che modo vengono forniti informazioni e servizi ai clienti.

Anche Via Nazionale come già l’Ivass nel campo delle assicurazioni e il settore privato, parte con il “mistery shopping” dove suoi incaricati si presenteranno nelle filiali fingendosi cittadini bisognosi di servizi bancari che, evidentemente, non possono o non riescono ad avere per via telematica.

 

In caso di carenze non ci sarà avvio automatico di procedure sanzionatorie

La procedura, sottolinea Via Nazionale, permetterà “di meglio esaminare la relazione tra l’addetto allo sportello e il cliente avendo riguardo, ad esempio, alla preparazione del personale, alla rispondenza del prodotto offerto alle esigenze rappresentate dal cliente, alla presentazione e utilizzo della documentazione di trasparenza, al collocamento di prodotti specifici, eventualmente diversi da quelli richiesti dal cliente stesso.

I risultati delle visite in incognito – confida la banca centrale – potranno rappresentare un contributo all’azione di vigilanza, anche se – tranquilli – non daranno autonomamente avvio a procedure sanzionatorie.

La verifica su preparazione del personale e presentazione dei prodotti

Nell’ambito della vigilanza, rileva la Banca d’Italia, il mystery shopping permetterà di meglio esaminare la relazione tra l’addetto allo sportello e il cliente avendo riguardo, ad esempio, alla preparazione del personale, alla rispondenza del prodotto offerto alle esigenze rappresentate dal cliente, alla presentazione e utilizzo della documentazione di trasparenza, al collocamento di prodotti specifici, eventualmente diversi da quelli richiesti dal cliente stesso.

 

Fonte: IlSole24Ore




Tassa sugli extraprofitti, alle banche la scelta se pagarla oppure no

La retromarcia del governo. L’escamotage: gli istituti potranno versare oppure stanziare una riserva nel proprio patrimonio


Un accordo nella maggioranza “svuota” la tassa sugli extraprofitti delle banche. Grazie un emendamento al decreto Asset che dovrebbe essere depositato nelle prossime ore, gli istituti di credito potranno scegliere se pagare al Fisco un’aliquota del 40% sulla differenza tra il margine di interesse realizzato nel bilancio 2023 (ancora da chiudere) rispetto al 2021, oppure se accantonare a bilancio due volte e mezza l’importo della tassa in una riserva che andrà a rafforzare il loro patrimonio.

Nessuno, nemmeno il governo, indica quale sarà la variazione dell’incasso per l’Erario, ma secondo alcuni sarà assai lontano dai 3,2 miliardi ipotizzati dalla vecchia norma.
L’8 agosto la tassa aveva fatto rumoreggiare i giornali (debitori delle banche). I titoli parlavano di “stangata” (copyright del Messaggero) o “autogol del governo” (Corriere della Sera). Si teorizzava la possibile fuga dai titoli di Stato italiani e altre catastrofi. Ma Meloni sembrava inflessibile: nell’appuntamento social “Gli appunti di Giorgia”, il 9 agosto la premier aveva attaccato il sistema bancario: “Stiamo registrando utili record. Abbiamo deciso di intervenire introducendo una tassazione del 40% sulla differenza ingiusta del margine di interesse. Le risorse che arriveranno andranno a finanziare misure a sostegno di famiglie e imprese in difficoltà per l’alto costo del denaro”. Poi Forza Italia aveva sollevato molti distinguo ed erano piovute critiche da Associazione bancaria (Abi) e Bce. Le azioni delle banche, dopo un primo tonfo, avevano però recuperato, segno che nemmeno la Borsa credeva in una mazzata.

Ora, in base alle ipotesi contenute nell’emendamento, proprio Corriere e Messaggero annunciano la retromarcia. L’aliquota resta al 40% ma solo sulla quota del margine di interessi 2023 che supererà di almeno il 10% quello del 2021. Il margine 2022 viene tolto dal conto. Da questo punto di vista, in apparenza, tutto bene: la tassa sarà pagata sulla base di quanto le banche hanno guadagnato in più rispetto a due anni fa. Dalla base di calcolo saranno esclusi i titoli di Stato, ma l’aliquota sarà alzata sulle altre voci di bilancio (i prestiti ai privati) per tenere invariata la base imponibile. Ma qui arriva l’escamotage: la tassa non è obbligatoria, le banche potranno pagarla o accantonarla a riserva. Sarà dovuta solo se la riserva in seguito dovesse essere distribuita agli azionisti. Ci sono poi altre possibilità: una banca potrebbe scegliere di dirottare a riserva per la tassa per gli extraprofitti parte dei fondi già stanziati in passato per altre voci, ad esempio gli utili non distribuiti, ammortizzando così il colpo. L’unico divieto è di trasferire la tassa sui costi per i clienti: vigilerà l’Antitrust. Il governo vuole usare i proventi per rifinanziare gli aiuti ai mutui prima casa, il taglio della pressione fiscale e il fondo di garanzia del Mediocredito Centrale sui prestiti alle Pmi.

L’emendamento favorirebbe soprattutto le banche medio-piccole, Popolari e istituti di credito cooperativo, e quelle come Mediolanum che fanno pochi prestiti ai privati, più colpite dalla versione precedente. Ora gli istituti hanno tre mesi per decidere se pagare o rafforzare i bilanci. Le riserve non mancano: a fine giugno, ad esempio, Banca Mediolanum (cara alla famiglia Berlusconi che ne possiede il 30%) ne aveva per 2 miliardi, UniCredit per 38,35. Valori in crescita grazie al boom del margine di interesse, la forbice che i rialzi del costo del denaro decisi dalla Bce hanno allargato tra gli incassi sui prestiti e i tassi, quasi nulli, pagati ai clienti. Mediolanum a fine 2022 aveva un margine d’interesse di 407 milioni (+50% sul 2021), UniCredit di 10,7 miliardi (9 l’anno prima). L’anno scorso le prime cinque banche italiane hanno incassato margini di interesse per 45,52 miliardi (+18,5%), a metà di quest’anno già per 40. Secondo il sindacato di settore Fabi, nel 2022, le banche italiane hanno realizzato utili per 25,4 miliardi (+55% sul 2021), quest’anno potrebbero salire a 32.

A frenare la decisione di versare a riserva la somma prevista dalla tassa sugli extraprofitti c’è solo la questione del pagamento dei dividendi. La banca meno impattata di tutte dalla tassa, UniCredit, pochi giorni fa aveva annunciato che quest’anno distribuirà agli azionisti “almeno 6,5 miliardi” su 7,25 di utili attesi. Ma altre potrebbero dover rivedere i loro piani. In ogni caso, del vessillo “tassa sugli extraprofitti” a Meloni restano da sventolare solo gli stracci.

 

Articolo di Nicola Borzi su Il Fatto Quotidiano del 24/9/2023




Banca Tercas: dietrofront della Commissione, non fu aiuto di stato

Con la decisione del 21/9, la Commissione europea ha concluso che il sostegno concesso dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD) nel 2014 a Banca Tercas non costituisce un aiuto di Stato ai sensi delle norme UE.

Questa decisione fa seguito alla sentenza della Corte di giustizia del 02 marzo 2021, C-425/19P, che ha confermato la precedente sentenza del Tribunale UE che annullava la decisione della Commissione del 2015.

Nel dicembre 2015, infatti, la Commissione ha ritenuto che il sostegno concesso dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD) italiano a Banca Tercas costituisse un aiuto di Stato illegale e ne ha ordinato il recupero.

In particolare, la Commissione ha rilevato che il FITD è intervenuto a favore di Banca Tercas per coprire le sue perdite e sostenere la sua vendita alla Banca Popolare di Bari.

Nel 2015 la Commissione ritenne che, così facendo, il FITD avesse agito per conto dell’Italia e che quindi il sostegno fosse configurabile quale aiuto di Stato.

Nel marzo 2019, a seguito di un ricorso dell’Italia, della BPB e del FITD, il Tribunale ha annullato la decisione della Commissione del 2015.

In particolare, il Tribunale ha ritenuto che la Commissione non avesse sufficientemente dimostrato che la decisione del FITD di sostenere Banca Tercas fosse imputabile all’Italia.

Nel marzo 2021, la Corte di giustizia ha confermato la sentenza del Tribunale.

Con la decisione odierna, la Commissione ha riesaminato il caso in conformità con le sentenze degli organi giurisdizionali europei e ha concluso che il sostegno concesso dal FITD a Banca Tercas non era imputabile all’Italia e quindi non costituiva un aiuto di Stato illegale.

La versione non riservata della decisione sarà resa disponibile con il numero SA.39451 nel registro degli aiuti di Stato sul sito web della Commissione dedicato alla concorrenza, una volta risolte le questioni di riservatezza.

 

Fonte: dirittobancario.it




Oltre 20mila famiglie molisane in povertà energetica

A renderlo noto è la Cgia di Mestre che ha elaborato i dati del Rapporto Oipe 2023. La regione è terza con il 16% sul totale dei nuclei familiari presenti


In Molise, al 31 dicembre 2021, le famiglie in povertà energetica erano 20.887 (16% del totale), gli individui 45.962.

A renderlo noto è l’Ufficio studi della Cgia (Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre) che ha elaborato i dati del Rapporto dell’Osservatorio italiano sulla povertà energetica (Oipe) 2023.

Il Molise si pone al terzo posto in Italia in questa particolare classifica. Le famiglie più disagiate, rispetto a quelle molisane, risultano quelle di Calabria (16,7%) e Puglia (16,4%).

Si tratta di persone che vivono in abitazioni poco salubri, scarsamente riscaldate d’inverno, poco raffrescate d’estate, con livelli di illuminazione scadenti e con un utilizzo molto contenuto dei principali elettrodomestici. I nuclei familiari più a rischio sono costituiti da un elevato numero di persone, si trovavano in condizioni di disagio economico e le abitazioni in cui vivono sono in cattivo stato di conservazione.

“Questi risultati”, commenta la Cgia, “preoccupano non poco, anche perché sono certamente sottodimensionati, in quanto riferiti a prima dello shock energetico scoppiato nel nostro Paese a inizio del 2022. Le principali condizioni professionali del capofamiglia che si trovano in PE sono, in linea di massima, tre: disoccupato, pensionato solo e in molti casi, quando lavora, lo fa come autonomo. Va infine sottolineato che le famiglie più a rischio PE, soprattutto nel Sud, sono quelle che utilizzano il gas quale principale fonte di riscaldamento. Coloro che invece utilizzano altri combustibili (bombole a gas, pellet, gasolio, legna, kerosene, etc.), presentano valori percentuali di rischio più contenuti”.

 

Fonte: Quotidianomolise.com




CCNL ABI: la trattativa entra nel vivo, il comunicato delle segreterie nazionali

3 - Fisac Cgil

Si è svolto oggi a Palazzo Altieri a Roma l’incontro negoziale per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del Credito, tra le Organizzazioni Sindacali e la delegazione del CASL ABI, in cui era presente anche la rappresentanza di Intesa SanPaolo.

ABI ha espresso il proprio intendimento di proseguire la trattativa individuando un proprio ordine di aree tematiche, accompagnando a tale esposizione un documento, contestualmente consegnato alle OOSS.

Le OOSS, a tale riguardo, hanno immediatamente eccepito che il metodo di lavoro nel prosieguo della trattativa non può che partire, invece, dalla piattaforma unitaria, approvata nelle assemblee delle lavoratrici e dei lavoratori, e da un confronto puntuale sui temi e sulle argomentazioni ivi contenute, riservandosi ad ogni modo una attenta valutazione del testo di ABI.

Le OOSS hanno ribadito che gli straordinari risultati conseguiti dal settore, confermano la fondatezza delle rivendicazioni contenute in piattaforma, a cominciare da quella economica dei 435 euro medi di aumento mensile, e hanno stigmatizzato, tra l’altro, il GAP di assunzioni rispetto agli impegni assunti e agli accordi sottoscritti nelle aziende.

Le OOSS hanno sottolineato la centralità del contratto nazionale come sede di individuazione delle soluzioni organizzative, delle prospettive future del settore, della trasformazione digitale e come
presidio della funzione sociale delle banche per lo sviluppo del Paese.

Le OOSS hanno ribadito che, a seguito della comunicazione sindacale ad ABI relativa a TFR e fungibilità dei quadri direttivi, le norme transitorie sono decadute e non sono oggetto di contrattazione.

Le OOSS hanno richiesto ad ABI di avviare un confronto e ricercare le necessarie soluzioni condivise anche rispetto all’impatto dell’aumento dei tassi BCE sui mutui e, in generale, sulle condizioni materiali delle famiglie, a partire da quelle delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti del settore. Inoltre è stata ribadita l’assoluta urgenza di individuare soluzioni al problema degli aggravi dovuti alla penalizzante normativa sui fringe benefit.

Le OOSS hanno ricordato ad ABI che le banche per la loro funzione sociale, da svolgere anche nell’attuale difficile congiuntura economica, sono chiamate a remunerare adeguatamente le giacenze sui conti correnti in favore della clientela ed evitare pertanto indebite pressioni commerciali nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori.

I prossimi incontri si svolgeranno i giorni 11 e 12 ottobre.

 

Roma, 21 settembre 2023

 

Le Segreterie Nazionali
FABI – FIRST CISL – FISAC – UILCA – UNISIN




Trova il colpevole. Caro benzina, bassi salari, affitti e mutui: colpa dei migranti!

I sogni son desideri, cantava la Cenerentola di Walt Disney, ed è probabile che lo canti anche Giorgia Meloni, e poi ognuno ha i sogni che si merita e che si coltiva, ovvio. Così si suppone che nelle fantasie della presidentessa del Consiglio ci siano desideri intensi e frementi. Tipo questo: vai a fare benzina, la paghi sopra i 2 euro al litro, e mentre il contatore del distributore gira più veloce del tassametro di un taxi tu pensi: ah, maledetta Ue che non sgancia i soldi a un dittatore africano per fermare l’invasione di immigrati! Complotto!

Sogno un po’ improbabile, ma si sa, l’attività onirica non si controlla benissimo, è un po’ come Salvini, fa il cazzo che le pare. Un altro sogno è che uno va al supermercato e trova che tutto costa il dieci-quindici per cento in più dell’anno scorso. Quando trova qualcosa che costa uguale, sciambola!, si accorge che la confezione non è più da mezzo chilo, ma da trecentocinquanta grammi. Insomma, avrebbe tutti i motivi del mondo per sentirsi derubato, truffato, vilipeso, e allora pensa: ah, dannazione, la sostituzione etnica! Oppure: basta! Torniamo al sei in condotta!

Il trucchetto di Meloni con l’uso politico dei migranti è un po’ come la teoria del dolore prevalente: ti do un calcio nelle palle, così smetti di lamentarti per il mal di denti. Funziona per un quarto d’ora, e poi non funziona più, ti restano due dolori, anzi tre, se aggiungi la voce “mutuo/affitto”, anzi quattro, se aggiungi la voce “salario di merda”. Tutte cose di cui è piuttosto difficile accusare un disperato in ciabatte che sbarca a Lampedusa dopo tre anni di botte, fughe e torture.

In più, c’è l’ardita arrampicata sui vetri insaponati e l’ipercollaudata teoria fascio-vittimista del complotto. È la Ue che ci manda le barche di neri! No, peggio, è la Ue di concerto con il Pd! Dove quel che sorprende è la schizofrenia della narrazione, per cui il famoso Pd sarebbe ora un totale incapace imbelle in stato confusionale, e un attimo dopo, oplà, un diabolico tessitore di complotti pluto-demo-comunitari per mandarci qui il disperato di cui sopra. Disperato, tra l’altro, a cui non insegneremo l’italiano, né un mestiere, né i rudimenti della nostra gloriosa cultura nazionale, no. Lo metteremo per diciotto mesi in strutture realizzate dall’esercito “in località a bassissima densità abitativa facilmente perimetrabili e sorvegliabili” (in italiano: campi di concentramento), consegnandolo quindi alla marginalità perenne.

Il tutto mentre la legge-cardine su cui ancora oggi (2023) si basano le politiche italiane dell’immigrazione si chiama Bossi-Fini (2002), è cioè intitolata a due antichi leader in disuso, scritta più di vent’anni fa. È come tentare la conquista dello spazio con le macchine a vapore, o dire che l’intelligenza artificiale è regolata dalla legge Cavour-Giolitti. Ma nessuno ha mai voluto metterci mano seriamente perché, alla fine, tirare fuori dal cappello un’emergenza periodica e improvvisa serve a tutti. Il Minniti degli accordi con le tribù libiche non è diverso in nulla dalla Meloni che sbandiera “lo storico accordo” con la Tunisia, promettendo a un dittatore fondi che non dipendono da lei, insomma, esercitando la nobile arte del venditore di tappeti che i tappeti da vendere, però, non ce li ha. In tutto questo, a pagare di più sarà il disperato sbarcato dopo la sua odissea mediterranea, ieri carne per trafficanti, oggi buono per i giochetti politici di un governo che non ne azzecca una nemmeno per sbaglio.

 

Articolo di Alessandro Robecchi su “Il Fatto Quotidiano” del 20 settembre 2023




Fisac, su contratto no a “contro piattaforma” Abi, partire da nostre rivendicazioni

“Non abbiamo alcuna intenzione di discutere di una ‘contro piattaforma’ di Abi. Il solo documento in campo è la Piattaforma sindacale unitaria, validata dalle lavoratrici e dai lavoratori, e sulla quale esigiamo risposte. Rispediamo al mittente questa anomalia della prassi e pretendiamo risposte sulle nostre rivendicazioni”. Così la segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito, in occasione del terzo incontro del tavolo di trattativa per il rinnovo del contratto del credito.

“Il documento che ci ha presentato il Casl dell’Abi – aggiunge Esposito -, e che ha ‘preteso’ fosse la base della discussione, oggi e dei prossimi tavoli convocati l’11 e il 12 ottobre, è un’anomalia nella prassi delle nostre relazioni e va rispedito al mittente. Ci aspettavamo, e ora pretendiamo, una risposta invece sulla nostra Piattaforma, un documento che vuole misurarsi con il contesto economico complessivo del Paese, sull’andamento del settore e sulle risposte da dare alle lavoratrici e ai lavoratori, sul fronte dei diritti, delle tutele e del salario”.

Ma soprattutto, prosegue la segretaria generale della Fisac Cgil, “esigiamo che ci siano risposte da parte di Abi sul ruolo che le aziende bancarie intendono svolgere, ora e nel futuro, a sostegno del Paese e delle future generazioni. La stessa vicenda della tassazione degli extra profitti mostra la mancanza da parte di Abi di una posizione autorevole e trasparente. Vogliamo chiarezza, anche e soprattutto sul tema dei Fringe benefit che stanno letteralmente piegando le lavoratrici e i lavoratori del settore. È il momento che Abi faccia sentire la sua voce, e intervenga sulla politica delle banche di sola riduzione dei costi, e giochi un ruolo attivo a sostegno del paese e nel rinnovo di un contratto che metta al centro le lavoratrici e i lavoratori bancari”, conclude Esposito.


Giorgio Saccoia
Ufficio Stampa Fisac Cgil Nazionale
335.63.88.949




Gruppo Unipol: ampia partecipazione alle assemblee e prossimo referendum piattaforma rinnovo CIA

3 - Fisac Cgil

Nella mattinata di ieri, con le tappe di Roma, Verona e Napoli, e il collegamento con tutte le altre sedi per le quali non è stato possibile organizzare degli incontri in presenza, si è concluso il giro di assemblee per la presentazione della Piattaforma per il Rinnovo del Cia di Gruppo.

Ampia la partecipazione di colleghe e colleghi, a dimostrazione dell’altissimo apprezzamento di questa convinta fase unitaria e della rinnovata azione sindacale.
Bello e animato il dibattito, con critiche costruttive, suggerimenti e soprattutto tanta disponibilità all’ascolto, con la ritrovata consapevolezza che abbiamo tutti bisogno di riunirci attorno a uno scopo comune, a quel rassicurante senso di comunità che c’è stato sottratto negli ultimi anni.

Inizieremo questo impegnativo percorso con maggiore fiducia e convinzione, certi che questa volontà di partecipazione che accomuna la stragrande maggioranza dei colleghi ci sosterrà negli eventuali momenti difficili.

Da lunedì 18 e fino a mercoledì 20, sarà possibile votare attraverso un Referendum (invieremo apposita mail), con il quale vogliamo testimoniare ancora di più il nostro desiderio di coinvolgere e unire.

Abbiamo tutti bisogno di ripartire; abbiamo tutti bisogno di sentirci parte di un progetto fondato sul bene comune.

Vogliamo fortemente che questa piattaforma per il rinnovo del CIA di Gruppo diventi l’espressione chiara di una volontà collettiva, che ci permetta di rivendicare con maggiore forza le nostre legittime richieste davanti l’azienda, nell’interesse di tutti.

Grazie a tutte e a tutti i colleghi che hanno partecipato alle assemblee e a tutti quelli che contribuiranno al buon esito del referendum.

 

Le Rappresentanze Sindacali del Gruppo Unipol
First/CISL – Fisac/CGIL – FNA – SNFIA – Uilca/UIL

 

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