Covid, finisce l’emergenza. Rientro al lavoro per gli over 50 non vaccinati

Covid, il Consiglio dei Ministri annuncia l’addio allo stato di emergenza a fine marzo: ecco quando abbandoneremo mascherine e green pass.


 

Il Consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità la road map per allentare allentare le misure anti-Covid da aprile, dopo la fine dello stato di emergenza.

Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, e il Ministro della Salute, Roberto Speranza, hanno illustrato le decisioni sull’uscita dalla fase di emergenza in conferenza stampa.

Scopriamo nello specifico tutto ciò che riguarda l’addio allo stato di emergenza già da fine marzo e su quando potremmo riporre nel cassetto mascherine e green pass.

Covid, addio a stato di emergenza a fine marzo: quando abbandoneremo mascherine e green pass?

Con il Consiglio dei ministri di venerdì si fanno passi fondamentali verso la riapertura.

Il provvedimento stabilisce:

  1. obbligo di mascherine: viene reiterato fino al 30 aprile l’obbligo di mascherine ffp2 negli ambienti al chiuso quali i mezzi di trasporto e i luoghi dove si tengono spettacoli aperti al pubblico. Nei luoghi di lavoro sarà invece sufficiente indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie;
  2. fine del sistema delle zone colorate;
  3. capienze impianti sportivi: ritorno al 100% all’aperto e al chiuso dal 1° aprile;
  4. protocolli e linee guida: verranno adottati eventuali protocolli e linee guida con ordinanza del Ministro della salute.

Il 31 marzo cesserà lo stato di emergenza Covid-19. Il percorso per il graduale ritorno all’ordinario prevede alcuni step:

  • fine del sistema delle zone colorate
  • graduale superamento del green pass
  • eliminazione delle quarantene precauzionali

Accesso al luogo di lavoro

Dal 1° aprile sarà possibile per tutti, compresi gli over 50, accedere ai luoghi di lavoro con il Green Pass Base per il quale dal 1° maggio sarà eliminato l’obbligo

Fino al 31 dicembre 2022 resta l’obbligo vaccinale con la sospensione dal lavoro per gli esercenti le professioni sanitarie e i lavoratori negli ospedali e nelle RSA; fino alla stessa data rimane il green pass per visitatori in RSA, hospice e reparti di degenza degli ospedali (oggi 2Gplus).

Scuola

Per quanto riguarda la scuola il decreto prevede nuove misure in merito alla gestione dei casi di positività:

Scuole dell’infanzia – Servizi educativi per l’infanzia

In presenza di almeno quattro casi tra gli alunni nella stessa sezione/gruppo classe, le attività proseguono in presenza e docenti, educatori e bambini che abbiano superato i sei anni utilizzano le mascherine FFP2 per dieci giorni dall’ultimo contatto con un soggetto positivo.

In caso di comparsa di sintomi e, se ancora sintomatici, al quinto giorno successivo all’ultimo contatto, va effettuato un test antigenico rapido o molecolare o un test antigenico autosomministrato. In quest’ultimo caso l’esito negativo del test è attestato con autocertificazione.

Scuole primaria, secondaria di primo grado, secondaria di secondo grado e sistema di istruzione e formazione professionale

In presenza di almeno quattro casi di positività tra gli alunni, le attività proseguono in presenza e per i docenti e per gli alunni che abbiano superato i sei anni di età è previsto l’utilizzo delle mascherine FFP2 per dieci giorni dall’ultimo contatto con un soggetto positivo.

In caso di comparsa di sintomi e, se ancora sintomatici, al quinto giorno successivo all’ultimo contatto, va effettuato un test antigenico rapido o molecolare o un test antigenico autosomministrato. In quest’ultimo caso l’esito negativo del test è attestato con autocertificazione.

L’isolamento

Gli alunni delle scuole primarie, secondarie di primo grado, secondarie di secondo grado e del sistema di istruzione e formazione professionale, in isolamento per infezione da Covid, possono seguire l’attività scolastica nella modalità di didattica digitale integrata accompagnata da specifica certificazione medica che attesti le condizioni di salute dell’alunno. La riammissione in classe è subordinata alla sola dimostrazione di aver effettuato un test antigenico rapido o molecolare con esito negativo.

Personale Covid

Il personale per l’emergenza viene prorogato fino alla fine delle lezioni e comunque non oltre il 15 giugno 2022. Per la proroga sono disponibili ulteriori 204 milioni, oltre le somme già stanziate.

Strutture dell’emergenza

Il decreto inoltre stabilisce le seguenti misure:

  • Capo della Protezione civile: cessazione dei poteri emergenziali e attribuzione di poteri per gestire il rientro alla normalità
  • Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19: è istituita un’Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l’adozione di altre misure di contrasto alla pandemia, che si coordinerà con il ministero della Salute. Dal 1° gennaio 2023 il ministero della Salute subentra nelle funzioni.

Le dichiarazioni del Premier Draghi

Ecco cosa ha detto  il premier Mario Draghi in conferenza stampa.

“A fine marzo terminerà lo stato di emergenza, per quella data scioglieremo il Cts, il cui lavoro non è finito, continuerà con l’Istituto superiore di sanità e il Consiglio superiore di sanità […] 

Anche a nome del governo, ringrazio il professor Locatelli e il professor Brusaferro e tutti i membri presenti e passati del Comitato tecnico scientifico. Se uno esamina la situazione di questi anni , il Cts ha dato un supporto straordinario a decisioni difficilissime prese da questo e dal precedente governo. Ha dato il supporto psicologico per dire che le decisioni erano prese con il supporto della scienza, non sulla base di sensazioni. Questo per chi prende decisioni è essenziale.

Osserviamo con grande attenzione l’andamento della curva epidemica e siamo pronti ad adattare il nostro apparato alla sua evoluzione, anche in senso più espansivo, se è il caso. Ma attualmente abbiamo preso questi provvedimenti”.

 

Fonte: www.lentepubblica.it




Intesa Sanpaolo: di più? Non basta mai…

Ci sembra che questa azienda abbia ormai la presunzione di essere talmente forte e grande da potersi slegare completamente dal contesto attuale. Che ci siano guerre, pandemie o qualunque altro evento sociopolitico, la musica non cambia: INTESA SANPAOLO deve pagare grandi dividendi agli azionisti, e per farlo i dipendenti devono mettersi il paraocchi e vendere di tutto a tutti.

In queste settimane si sentono riecheggiare per le filiali frasi di questo tipo:

“I mercati vanno male? la gente ha paura? Vendetegli la tutela”
“Se i mercati scendono è il momento di comprare senza pensare e se i clienti non lo capiscono è solo colpa vostra perché non trasmettete abbastanza sicurezza”
“Allora ste liste prioritarie?? E non provate a mettere esiti interlocutori, dovete incontrare tutti i clienti entro fine mese!!, cosi vuole il capo mercato!!!!”
“E’ facile vendere quando i mercati vanno bene, ora si vedono i gestori con le palle, noi abbiamo prodotti per tutti e per tutte le esigenze, se non vendete nulla è colpa vostra”
“Voglio 3 appuntamenti di tutela al giorno, e dopo ogni incontro vieni qui a rendicontare come è andata”
“Bisogna far saltar fuori dei preventivi per quando verrà in filiale l’esperto di tutela!”

E la nostra area non vuole essere da meno, anzi…

Riceviamo quotidianamente testimonianze di colleghi sempre più allo stremo, stressati da una lotta tra poveri scatenata da chi, invece di coordinare l’Area, preferisce governarla con i modi di un despota tiranno. Pensare che con la paura e le minacce si possano ottenere grandi risultati e mantenere la propria poltrona è da irresponsabili. Siamo a due anni esatti dall’inizio della pandemia, due anni in cui le colleghe e i colleghi hanno dimostrato una professionalità senza eguali, sopperendo anche alle gravi mancanze della Banca con il loro spirito di iniziativa e senso di responsabilità.

Non ci stanchiamo di invitare colleghe e colleghi a segnalarci puntualmente ogni abuso da parte di chi ormai si è arrogato il diritto di rendere la vita impossibile a tutti quanti, con continue velate minacce, pressioni e richieste fuori da ogni logica.

Imperia 17/03/2021

 

DIRIGENTI SINDACALI FISAC CGIL PROVINCIA DI IMPERIA

 

fai click qui per scaricare il comunicato

 

dal sito Fisac Intesa Sanpaolo




A.A.A. Cercasi banche in Provincia dell’Aquila

 

Dovremmo esordire con “noi lo avevamo detto”. Lo avevamo detto che ai grandi gruppi bancari non interessano più di tanto il Centro-Sud e l’Abruzzo, e ancor meno gl’interessa la nostra Provincia.

Noi lo avevamo detto che le grandi banche, che nel tempo avevano incorporato gli istituti creditizi locali, avrebbero progressivamente abbandonato il nostro territorio.

Poi sono arrivati i numeri a confermare quello che andiamo dicendo: nel 2020 in Abruzzo sono state chiuse il 5,7% delle filiali bancarie, contro un dato nazionale del 3,4%. Nella nostra Provincia la percentuale di chiusure è stata dell’11,1% in un solo anno, quasi il quadruplo del dato nazionale (dati Banca d’Italia).

Siamo in attesa che vengano pubblicati i dati relativi al 2021; nel frattempo, il 2022 porta con sé l’annuncio delle nuove chiusure decise dal gruppo Bper. In provincia dell’Aquila saranno altre 5 le filiali che abbasseranno le saracinesche. Non considerando gli sportelli leggeri, il 7,5% delle chiusure decise da Bper su tutto il territorio nazionale riguarderà la nostra Provincia.

Il ruolo di Bper nell’economia provinciale è fondamentale, se non altro perché nel 2013 ha assorbito due banche storiche come Carispaq e BLS, fortemente presenti e radicate sul territorio. Per questo motivo, le scelte di questo Istituto sono inevitabilmente destinate ad incidere più di altre.
Fin dall’inizio, purtroppo, il Gruppo Bper non si è dimostrato innamorato del nostro territorio, come testimonia una serie di scelte effettuate nel corso degli anni:

  • la chiusura della Direzione Territoriale – prima all’Aquila, poi a livello regionale – trasferita ad Ancona, privando così l’Abruzzo di qualsiasi centro decisionale
  • lo smantellamento progressivo di quasi tutti gli uffici presenti in città con conseguente chiusura del Centro Direzionale Strinella 88
  • il trasferimento dell’Ufficio Ricostruzione post sisma 2009, sradicato dalla sua sede naturale
  • la chiusura di una ventina di filiali dall’incorporazione delle due banche, con almeno 6 comuni – tutti ubicati in aree interne – privati di qualsiasi servizio bancario
  • assunzioni limitate a un giovane ogni 15 dipendenti cessati in occasione dell’ultima manovra sul personale, a fronte di un accordo nazionale che prevedeva assunzioni nel rapporto di 1 a 5.

…e l’elenco potrebbe continuare. Su queste decisioni le opinioni possono essere discordanti, ma un fatto è innegabile: sono tutte scelte che hanno impoverito, ed impoveriranno ancora in futuro, il nostro territorio.

A colpire maggiormente è il fatto che il disimpegno dei grandi gruppi bancari dalla nostra provincia sia avvenuto, e continui ad avvenire, nella più totale indifferenza della politica locale.

Si dirà che le Banche sono aziende private, e che in un regime di libero mercato non si possa interferire con le loro scelte. Ma quello applicato alle banche è uno strano tipo di libero mercato. Un mercato libero solo quando c’è da guadagnare, nel quale le banche devono essere libere di desertificare le zone economicamente meno appetibili, di escludere intere fasce della popolazione dai servizi bancari, di dedicarsi sempre meno alla concessione del credito perché vendere polizze è più redditizio, di tagliare pesantemente i posti di lavoro. Gli introiti sono assolutamente privati.
Ma quando ci sono perdite da ripianare, quelle diventano immediatamente pubbliche: quindi via a “bad banks”, ricapitalizzazioni, banche risanate e regalate al prezzo di un euro. Tutto a a spese della collettività, cioè di tutti noi.

Non possiamo accettare questa visione distorta del mercato, nata ed alimentata con la complicità di una classe politica che pure avrebbe l’obbligo, previsto in Costituzione, di vigilare sul credito e sul risparmio. Sarebbe ora che, per quanto tardivo, arrivasse finalmente un segnale di reale interessamento al territorio da parte della politica locale. Un segnale che non sia soltanto uno slogan elettorale.

L’Aquila, 17/3/2022

 

CGIL L’Aquila
Il Segretario Provinciale
Francesco Marrelli
Fisac/Cgil L’Aquila
Il Segretario Provinciale
Luca Copersini

 




Cgil: “Urgente reagire a derive neofasciste con atti chiari”

“Abbiamo assistito, in questi giorni, all’ennesima dimostrazione del declino sociale e culturale che stiamo attraversando. Non è ammissibile che un organismo istituzionale del Comune dell’Aquila, la Consulta Giovanile Comunale, e nello specifico il suo Comitato direttivo, possa deliberatamente, indisturbatamente e provocatoriamente riunirsi nella sede di Casa Pound. Tale scelta è di una gravità inaudita, sia perché la Consulta giovanile deve rappresentare tutta la popolazione giovanile della città riunendosi in luoghi di tutti e non di parte e divisivi, ma soprattutto per la scelta di una sede di un’organizzazione i cui appartenenti si definiscono i fascisti del terzo millennio.

A prendere posizione è la Cgil della provincia dell’Aquila che, già a seguito del vile attacco fascista ai danni della organizzazione dell’ottobre scorso, aveva chiesto a tutte le forze antifasciste e democratiche di collaborare all’elaborazione di un protocollo che individui e stabilisca le modalità per azioni di contrasto costanti e condivise “da attuare ogni volta che spazi fisici, politici e identitari, e questa volta aggiungiamo istituzionali, siano oggetto di incursioni fasciste anticostituzionali. Sempre in quell’occasione – ricorda il segretario provinciale del sindacato, Francesco Marrelliavevamo chiesto ai rappresentanti delle Istituzioni una solidarietà attiva, che non si riducesse alla sola condanna degli atti di violenza e che non sottovalutasse la vera matrice di quegli attacchi, che avevano una chiara ed inequivocabile radice politica ed ideologica”.

Oggi succede che un organo istituzionale di emanazione del Consiglio Comunale dell’Aquila venga strumentalizzato ed utilizzato a uso e consumo di un’organizzazione di estrema destra, “dando luogo ad una pericolosa commistione con un grave significato politico. Il rischio è quello di sottovalutare un tale atteggiamento, che sottintende in realtà una volontà politica chiara ed inequivocabile, al quale è seguita nelle ultime ore l’affissione di uno striscione sulle recinzioni del cantiere di Palazzo Margherita e di fronte ad un luogo identitario quale la sede del Partito democratico di via Paganica, che leggiamo come un atto di intimidazione e per il quale esprimiamo la nostra solidarietà alla sua comunità”.

Al contempo, aggiunge la Cgil, “quella scritta è rivolta a tutte le cittadine e i cittadini antifascisti, che negli ultimi anni hanno dovuto assistere più volte allo sdoganamento di atteggiamenti e pratiche con una chiara matrice ideologica. Ribadiamo, di nuovo, l’urgente necessità di reagire a tali derive con atti politici chiari, a partire dall’attuazione dei valori e dei principi della nostra Carta Costituzionale, democratica e antifascista, approvando in Consiglio Comunale una dichiarazione di antifascismo per le associazioni che richiedono l’utilizzo di spazi comunali e per tutti i soggetti associativi che intendono far parte della vita istituzionale del Comune dell’Aquila“.

Azioni e atteggiamenti come quelli di questi giorni “non possono restare impuniti, per questo motivo abbiamo dato mandato ai nostri legali di valutare la sussistenza di eventuali violazioni penali. Nelle prossime ore, inoltre, insieme a tutte le realtà democratiche e antifasciste saremo in piazza a manifestare il nostro sdegno”.

Fonte: www.news-town.it




Unicredit: adesione agli esodi incentivati

A seguito di sottoscrizione dell’Accordo sulle ricadute nel perimetro Italia del Piano denominato UniCredit UNLOCKED dal giorno 7/3/2022 (sino al 31/3/2022) si è aperta la PRIMA FASE VOLONTARIA di adesione agli esodi incentivati che riguarda i colleghi che maturino ENTRO IL 1/1/2025 (compreso) la propria FINESTRA DI PENSIONAMENTO DIRETTO (ART. 5 Accordo).

L’eventuale adesione prevede la possibilità di presentare VOLONTARIAMENTE entro il termine del 31/3/22 domanda di pensionamento DIRETTO alla data di maturazione del proprio primo requisito utile che potrebbe essere:

  • PENSIONE ANTICIPATA, PENSIONE DI VECCHIAIA, OPZIONE QUOTA 100 ovvero 102 (Art. 5.3 Art. dell’Accordo) nonché la cd OPZIONE DONNA (ART. 5.4 dell’Accordo ovvero lavoratrici interessate all’esercizio dell’opzione previdenziale per il passaggio al metodo CONTRIBUTIVO).

Dal giorno 11/04/22 al 29/04/2022 è prevista l’apertura della cd SECONDA FASE (art. 6 dell’Accordo) che prevede la possibilità di accesso volontario alle prestazioni del FONDO DI SOLIDARIETÀ STRAORDINARIO di settore per tutti i colleghi che matureranno il proprio requisito pensionistico a partire dal 01/02/2025 ed entro il 1/4/2028; infine nel mese di maggio, previa verifica delle adesioni complessive, verrà eventualmente aperta la TERZA FASE, anch’essa volontaria, per i colleghi i cui requisiti siano in maturazione dal 1/5/2028 al 1/1/2029 (compreso).

RIBADIAMO L’ASSOLUTA VOLONTARIETÀ DELLE SCELTE E RICORDIAMO CHE COLORO CHE MATURANO I REQUISITI DI PENSIONAMENTO DIRETTO NELLA PRIMA FASE RELATIVAMENTE A QUOTA 100/ QUOTA 102 o cd OPZIONE DONNA (lavoratrici interessate all’esercizio dell’opzione previdenziale per il passaggio al metodo CONTRIBUTIVO) che non abbiano aderito nella PRIMA FASE al PENSIONAMENTO e se in possesso dei requisiti previsti (sopracitati), potranno aderire anche nella SECONDA FASE (dal 11/4/2022 al 29/4/2022) e/o nell’eventuale TERZA FASE (maggio 22) CHE PREVEDONO L’ACCESSO ALLE PRESTAZIONI STRAORDINARIE DEL FONDO DI SOLIDARIETÀ

In caso di dubbi, in considerazione dell’importanza e della delicatezza della scelta, invitiamo gli interessati a contattare i propri referenti sindacali Fisac/Cgil.


Marzo 2022


Fisac/CGIL del Gruppo Unicredit

 

dal sito www.fisacunicredit.eu

 




BNL: se questo è lavoro

3 - Fisac Cgil

Ci stiamo chiedendo da un mesetto oramai, se questo è lavoro, se c’è un limite al peggio, se in fondo al tunnel ve ne sia un altro. Non pensavamo di cadere più in basso di così, eppure pare stiamo sprofondando senza dignità.

La pandemia ci aveva già abituati a certe scene, ci aveva già insegnato che le mele marce sono marce. Perché non approfittare di una pandemia, tragedia assoluta mai vista, e cogliere l’attimo proponendo ai clienti la polizza salute?!

Guerra in corso a un tiro di schioppo da casa nostra e cosa ci dicono? Questo è il momento dell’opportunità, fate investire i vostri clienti!!

Pensavamo qualche tempo fa di averle viste e sentite tutte, eppure pare che i nostri manager siano pieni di risorse e inventiva, ne escogitano sempre di nuove!

I lavoratori non accettano prese in giro a danno della loro dignità, a danno dei clienti!!

Siamo saturi delle pressioni che quotidianamente i gestori, i direttori, gli assistenti, gli analisti, gli addetti tutti sono costretti a vivere, e non basta fare salti mortali per tenere aperte le agenzie, per mandare avanti la baracca… per arrivare a fine giornata senza perdere il senno!

Evitiamo di cadere nel ridicolo con richieste improponibili e fuori da ogni logica: non ricevere i clienti preoccupati per i loro risparmi che ci fanno solo perdere tempo; darsi una mossa con c-ready, attivazione preconto, cuf full, oc prestiti e quant’altro.

E ovviamente se il budget non si chiude a fine giornata è il direttore che non è in grado di gestire le sue risorse e si cazziano risorse e direttori!!!

Noi proponiamo questo: egregi manager, dateci un esempio concreto, illuminateci con la vostra scienza e lungimiranza, scendete a sporcarvi le mani, venite a vedere come si lavora nelle agenzie, nei poli direct,

negli uffici Corporate, SME, analisti, assistenti, addetti MLT, nei CRSC e poi parliamo di produzione!

E dietro l’angolo c’è anche lo spettro del piano ferie…

Cari colleghi, non rischiate la vostra salute per le millemila mail che vi arrivano ogni giorno, con toni più o meno consoni… nessuno si curerà di voi quando decideranno di cedervi all’accenture di turno, continueranno a farci credere che siamo stronger together finché serviamo al padrone, e poi avanti il prossimo!

Cari colleghi, ribellatevi alle pressioni che vi arrivano dall’alto: attenetevi scrupolosamente alla normativa perché nel momento in cui al padrone arriva la notizia di un danno non vi darà alcun sostegno! E se tutto va bene forse arriva la pacca sulla spalla, forse vi ringraziano per il premio certo che riceveranno.

Cari colleghi, ribellatevi al lavoro durante le ferie: non cadete nell’errore di dimostrare responsabilità nel lavoro. Nel momento in cui al padrone arriva la notizia di un danno non vi darà alcun sostegno! E se tutto va bene forse arriva la pacca sulla spalla, forse vi ringraziano per il premio certo che riceveranno.

Cari colleghi, il Sindacato siamo noi tutti e la difesa della dignità nel lavoro passa attraverso tutti noi.

Rivolgetevi al vostro RSA nel caso in cui siete vittime o assistete ad atti di pressione sotto qualunque forma, siano esse commerciali, improprie o di richieste fuori normativa o di lavoro durante il sacrosanto periodo di ferie o permessi di qualsivoglia tipo.

Ai nuovi, vecchi manager, alle risorse umane (esistete ancora o siete state esternalizzate?), chiediamo un incontro immediato per parlare di tutti i problemi che stanno creando a chi lavora, a chi ogni giorno ci mette la faccia per arginare e superare i numerosi ostacoli che trova lungo il cammino.

 

Fisac BNL Toscana e Umbria

Leggi anche :

https://www.fisaccgilaq.it/banche/bnl/bnl-la-banalita-del-male.html

 

 

 




Riscossione: accordo sullo Smart Working

3 - Fisac Cgil

Nella tarda nottata ed alla conclusione di un confronto difficile durato due giorni, le Scriventi Segreterie Nazionali hanno sottoscritto l’accordo sullo Smart working, reso necessario dal termine dello stato di emergenza sanitaria previsto per il 31 marzo p.v. e la conseguente fine dello Smart working semplificato.

L’accordo coinvolgerà, su base volontaria, una vasta platea di lavoratori, sia addetti che Responsabili, identificata sulla compatibilità dell’attività svolta con la modalità agile.

La fascia oraria di svolgimento della prestazione agile sarà 8–20, in modalità anche non continuativa, per un massimo di 4 giorni/mese per le Direzioni Regionali (Aree Territoriali), 6 giorni/mese per le Direzione Regionali (Settori) e 8 giorni/mese per le Strutture Centrali e dovrà svolgersi in un luogo scelto dal dipendente che risponda a requisiti di sicurezza e riservatezza.

La procedura di attivazione avverrà tramite presentazione della domanda su apposito applicativo telematico; l’eventuale diniego sarà motivato per iscritto. Lo Smart working sarà riconosciuto compatibilmente con le esigenze tecniche/organizzative individuate dall’Ente e si concretizzerà con la sottoscrizione da parte del collega di un contratto individuale il cui format è stato allegato all’accordo.

E’ garantito il diritto alla disconnessione e la contattabilità, concordata con il Responsabile, non potrà essere richiesta oltre le ore 18.00. Ambo le parti potranno recedere, solo al verificarsi dì condizioni prestabilite; i lavoratori addetti ed i Responsabili riceveranno una specifica formazione che si aggiungerà a quella ordinariamente prevista.

Si terrà un incontro di verifica entro il 30 settembre con l’obiettivo di valutare l’andamento dell’applicazione dell’istituto e la possibilità di prevedere l’allargamento della platea.

A fronte della richiesta delle OO.SS. di poter riconoscere lo Smart working anche ai colleghi che svolgono attività di front office, l’Ente si è reso disponibile a valutare, alla fine della fase di sperimentazione dello Sportello remoto, le modalità e le condizioni di svolgimento di tale attività dal domicilio del lavoratore; per quanto riguarda i “turnisti”, è stato richiesto di trovare una modalità che consenta anche a loro di lavorare da remoto.

Al termine di un lungo periodo, nel quale si è reso necessario garantire la sicurezza e la salute delle lavoratrici e dei lavoratori attraverso la prestazione da remoto, l’accordo sottoscritto, che ha validità di un anno, dà la possibilità di continuare ad adottare questa modalità oltre l’emergenza sanitaria e di poterne sperimentare le potenzialità e le criticità applicative per porre in essere gli adattamenti che ne migliorino la fruibilità. Tra questi l’ampliamento del numero delle giornate da lavorare in modalità agile, un tema ripetutamente posto con forza dalle Organizzazioni sindacali, il cui mancato accoglimento da parte dell’Ente è stato motivato con le difficoltà organizzative che potrebbero scaturire dalla gestione della fase di ripresa delle attività.

Il confronto sullo Smart working si inserisce nell’ambito del percorso negoziale di rinnovo del CCNL avviato la scorsa settimana, che proseguirà nei prossimi giorni.

Al termine dell’incontro è stato chiesto al Responsabile delle Risorse umane di prevedere che si continui ad accedere per appuntamento agli sportelli e di valutare il mantenimento delle flessibilità d’orario anche dopo la fine della fase emergenziale.

Vi terremo tempestivamente informati.

Roma, 10 marzo 2022

Le Segreterie Nazionali

Scarica il testo dell’accordo




Come scoppiano le guerre?

La lezione dimenticata delle due guerre mondiali è che le guerre possono scoppiare anche quando nessuno le vuole.

Inizia con queste parole l’avvincente, ma davvero preoccupante, video nel quale il Prof. Barbero spiega gli eventi che possono portare alla nascita di una guerra spaventosa mentre tuti pensavano che non sarebbe potuto accadere.

Leggendo o ascoltando il suo racconto, colpiscono le tante analogie che si possono trovare con quanto sta accadendo in Ucraina. Una lezione essenziale per capire dove egoismi e incapacità dei governanti di leggere le situazioni, sottovalutando le conseguenze delle loro scelte, possono portare.

Una lezione che speriamo venga ricordata e compresa dagli attuali protagonisti.


 

La lezione dimenticata delle due guerre mondiali è che le guerre possono scoppiare anche quando nessuno le vuole.

Pensate alla prima guerra mondiale. Comincia tutto con un attentato, qualcosa che nel mondo di oggi possiamo capire benissimo: un atto di di terrorismo internazionale che sconvolge il mondo. A Sarajevo, nei Balcani, ammazzano l’Arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono dell’Impero Austriaco: una delle 6 grandi potenze europee che all’epoca si consideravano padrone del mondo.

Tutto il mondo è scioccato, ma nessuno s’immagina che ne verrà fuori una guerra mondiale. Neanche lontanamente! Nemmeno gli Austriaci, che hanno subìto questo attentato e che pensano però che potrebbero approfittarne per regolare i conti con un vicino scomodo: la Serbia.

Gli attentatori sono Serbi, l’Austria-Ungheria e la Serbia sono da sempre rivali . In Austria sono convinti che in questo attentato ci sia lo zampino dei servizi segreti serbi; e il bello è che hanno ragione, le complicità c’erano davvero. A questo punto l’Austria ragiona come hanno ragionato in tempi più vicini a noi certi paesi che, dopo un attentato – pensiamo alle Torri Gemelle, per esempio – hanno deciso che bisognava punire gli “Stati canaglia” che finanziano il terrorismo internazionale. Per l’Austria-Ungheria quello stato canaglia è la piccola Serbia. Perciò l’Austria è convinta che il mondo non batterà ciglio se gli Austriaci impartiscono ai Serbi la lezione che si meritano.

L’Austria manda alla Serbia un ultimatum inaccettabile: se il governo serbo dovesse accettare, praticamente perderebbe la sua indipendenza. Perciò la Serbia rifiuta, e l’Austria-Ungheria dichiara guerra. Ma nessuno s’immagina che ne verrà fuori una guerra mondiale: sarà una piccola guerra balcanica. Salvo che la piccola Serbia ha un grande fratello: la Russia. La Russia dello zar Nicola II: un grande paese slavo come la Serbia, ortodosso come la Serbia. La Russia decide che la Serbia dev’essere difesa, e dichiara guerra all’Austria.

Ma anche l’Austria ha un grande fratello. L’Austria è una grande potenza, non un piccolo paese come la Serbia, ma è una grande potenza non di prima qualità. Un paese ancora molto arretrato, un po’ come l’Italia di allora, non ancora pienamente industrializzato. Però ha un grande fratello molto più potente: la Germania. Germania che in quel momento forse è il paese più potente del mondo, di sicuro il meglio armato. La Germania del kaiser Guglielmo II. Il secondo reich, come dicono loro. Ed è alleato dell’Austria-Ungheria.

Come mai i Russi, lo zar di Russia, dichiara guerra all’Austria credendo che la Germania non interverrà? Perché lo zar Nicola e il Kaiser Guglielmo sono cugini acquisiti, si conoscono da tanto tempo e sono amici. Si chiamano per nome, anzi si chiamano “Nicky” e “WillY”. E perciò Nicky – lo zar – è convinto che suo cugino Willy gli permetterà di far guerra all’Austria senza intervenire.
E per qualche giorno c’è uno scambio di telegrammi, in inglese, tra lo zar di Russia e il Kaiser di Germania, in cui lo zar scrive al cugino dicendo “Ma tu capisci, io non posso permettere che un piccolo paese come la Serbia venga distrutto ingiustamente, ma tu non interverrai, vero?” E si firma Nicky.
E suo cugino il kaiser gli risponde “Tu non capisci. Io sono alleato con l’Austria. E’ impossibile che io non entri in questa guerra, se voi davvero la fate”.
Vanno avanti così per qualche giorno finché Willy dichiara guerra a Nicky.

E così a questo punto tre delle sei grandi potenze europee sono in guerra, ma entra subito una quarta che fino a pochi giorni prima non ci pensava neanche lontanamente.
La Francia è alleata della Russia. Bisogna pensare a com’è fatta l’Europa di allora: c’erano meno stati di adesso, non c’erano la Polonia e gli altri stati dell’Europa Orientale. La Germania confinava da un lato con la Francia e dall’altra parte con la Russia: perciò la Russia e la Francia, che avevano una gran paura della Germania, erano alleate, per forza. E quando la Germania dichiara guerra alla Russia, la Francia dichiara guerra alla Germania.

A questo punto rimangono fuori la più debole delle sei potenze europee, l’Italia, e la più forte, la Gran Bretagna, padrona del commercio mondiale, padrona dei mari. La Gran Bretagna non è alleata ufficialmente con nessuno, può restare fuori. E avrebbe una gran voglia di restare fuori. I giornali inglesi lo scrivono: “Morire per Sarajevo? Mai!” Però la Gran Bretagna ha una preoccupazione: il Belgio. La neutralità del Belgio. Perché gli’interessa il Belgio? Pensate a dov’è il Belgio, sul canale della Manica, affacciato davanti all’Inghilterra coi suoi grandi porti: Ostenda, Anversa, che sono la garanzia per l’Inghilterra di avere un collegamento con l’Europa anche se l’Europa sprofondasse nella guerra, purché il Belgio rimanga neutrale. Il Belgio è un’invenzione della politica inglese, è stato inventato nell’800 dagli Inglesi a questo scopo. Persone inglesi fanno sapere alle potenze belligeranti che loro resteranno neutrali, purché nessuno tocchi il Belgio.
La Francia risponde immediatamente che non ne ha nessuna intenzione. A Berlino, capitale del Reich, il Kaiser Gugliemo convoca il fedmaresciallo Von Moltke, comandante in capo dell’esercito, per dargli la buona notizia: “La Gran Bretagna resta fuori, basta che non tocchiamo il Belgio”.
Il maresciallo Von Moltke risponde: “Ah, peccato! Perché noi abbiamo un piano perfetto per vincere la guerra. Un piano che studiamo da decenni, perfetto in ogni particolare: ci porterà a Parigi in poche settimane. Però prevede d’invadere il Belgio.”
Il kaiser chiede ai generali se non è possibile fermare questo piano. Von Moltke si mette a piangere: non è possibile, è tutto già in movimento. Migliaia di treni. E così il Belgio il giorno dopo viene invaso.
E anche la Gran Bretagna entra in guerra.

Nel giro di poche settimane si è scatenata una guerra mondiale che nessuno immaginava e nessuno voleva.

 


 

Poi c’è la seconda guerra mondiale. Qui la storia è un po’ diversa, ma fa rabbrividire anche quella. Perché anche quella guerra nessuno la voleva. Si era in un’Europa ancora così traumatizzata dai milioni di morti della prima, che veramente l’idea di un’altra guerra era l’ultima cosa che volevano.
Non la voleva neanche Hitler, il quale però era andato al potere in Germania promettendo ai Tedeschi che avrebbe di nuovo trasformato la Germania in una grande potenza. Che avrebbe messo fine alla vergogna del Trattato di Versailles, il trattato con cui si era conclusa la prima guerra mondiale, che aveva punito la Germania, che l’aveva privata di territori abitati da tedeschi. I trattati, dopo la prima guerra mondiale, avevano anche sciolto il grande impero Austro-Ungarico, fatto nascere nuovi stati: la Cecoslovacchia, la Polonia. Questi stati avevano minoranze tedesche. La stessa Austria era diventata un piccolo paese tedesco dove molti desideravano di far parte di una grande Germania.

Hitler non ha nessuna intenzione di scatenare una guerra mondiale, ma vuole riprendersi un po’ per volta quello che pensa appartenga alla Germania, ed è convinto che il mondo lo lascerà fare. E ci prova, e vede che il mondo davvero lascia fare.
Il primo passo è l’Anschluss, l’annessione dell’Austria nel marzo del ’38.
L’esercito tedesco entra in Austria, dove non incontra nessuna resistenza, anzi è accolto da folle plaudenti. Si fa un plebiscito: il 99% degli Austriaci vota a favore dell’Anschluss, l’annessione alla Grande Germania. Il cardinale di Vienna, Innitzer, invita gli Austriaci a pregare per il loro nuovo fuhrer che li proteggerà dal Comunismo. E nei paesi democratici, in Inghilterra, in Francia, nessuno dice niente. Anzi, in Inghilterra qualcuno dice: “In fondo noi due secoli fa abbiamo fatto l’unione della Scozia all’Inghilterra, perché non possono farlo anche loro?”
Hitler prende nota: nessuno ha detto niente.

La prossima vittima è la Cecoslovacchia dove c’è una regione, i Sudeti, abitata da una minoranza tedesca. Hitler da tempo insiste che quella regione deve tornare alla Germania. Nei Sudeti, tra i Tedeschi dei Sudeti, c’è un partito nazista agli ordini di Hitler, che comincia a creare disordini e compiere atti di terrorismo. La Cecoslovacchia comincia a sprofondare nel caos e i governi democratici, la Francia, l’Inghilterra, spiegano ai Cecoslovacchi che Hitler in fondo non ha tutti i torni, che alla Germania davvero il Trattato di Versailles sta stretto. Perché la Cecoslovacchia non vuole cedere questa regione alla Germania, visto che è abitata da tedeschi? In Inghilterra, in Francia hanno un tale terrore di una nuova guerra, e hanno anche una cattiva coscienza perché in fondo lo sanno che il Trattato di Versailles ha dato tutte le colpe alla Germania e non era proprio giusto. Insomma, i Cecoslovacchi sono sotto pressione. E alla fine sono costretti a cedere. E’ il mondo che li costringe a cedere.
Nel settembre del ’38 viene fuori una conferenza tra quattro grandi potenze: la Germania di Hitler, l’Italia di Mussolini, la Francia e l’Inghilterra. Si tiene, questa conferenza, a Monaco di Baviera, dove i Cecoslovacchi non vengono invitati: aspettano fuori dalla porta per sapere quale sarà il loro destino. E a Monaco, le quattro potenze – di cui due dittature e due democrazie – decidono che la Cecoslovacchia deve cedere i Sudeti alla Germania.
Per noi oggi la conferenza di Monaco è un episodio vergognoso, ma allora non lo vedevano così. Il Primo Ministro inglese, Chamberlain, torna a casa convinto di aver vinto, perché ha evitato una guerra.
Ci sono i filmanti di lui che scende dall’aereo sventolando il trattato e dice ai giornalisti: “Qui c’è la mia firma, qui c’è la firma di herr Hitler: vi ho portato la pace, la pace per il nostro tempo.” Chamberlain conclude rivolgendosi agli Inglesi e dicendo: “Cari amici, andate pure a casa e stanotte andate e dormire, e dormite tranquilli”.
C’è solo un uomo, in Inghilterra, che sa che questo accordo è stato una vergogna, e che porterà male: E’ Winston Chuchill, il principale avversario di Chamberlain nel suo stesso partito, il Partito Conservatore.
Churchill dirà a Chamberlain:Avevate la scelta fra la guerra e il disonore. Avete scelto il disonore, e avrete la guerra”.

Hitler non viole la guerra, beninteso, ma quello che ha imparato è che gli lasciano fare tutto. Adesso vuola anche il resto della Cecoslovacchia. Nella primavera del ’39 in Cecoslovacchia – in quel che resta della Cecoslovacchia – scoppiano disordini fomentati dai nazisti, e finalmente Hitler convoca a Berlino il Presidente Cecoslovacco per dirgli che la Wermacht, l’esercito tedesco, è pronto a entrare in Cecoslovacchia peer garantire l’ordine, per garantire la pace e che se non firma una richiesta in questo senso, il Presidente cecoslovacco, la Luftwaffe è pronta a bombardare e radere al suolo Praga.
Al Presidente cecoslovacco viene un infarto, e poi lo costringono a firmare. E l’esercito tedesco entra in Cecoslovacchia che con i Sudeti ha perso la maggior parte delle sue industrie, ha perso tutte le sue fortificazioni di frontiera e quindi non è più in grado di resistere.
E Hitler prende nota: anche questo me l’hanno lasciato fare. Nessuno ha detto niente.

In verità qualcuno dice qualcosa. A Londra Neville Chamberlain comincia a pensare che forse si è sbagliato. E’ costretto ad andare alla camera e rendere conto di quello che è successo, e il suo discorso è impressionante, perché si vede un uomo che non vuole credere di essersi sbagliato. Chamberlain dice in sostanza: “Avevamo assicurazioni precise con la firma di herr Hitler, adesso viene quasi da temere che forse non ci possiamo proprio fidare veramente fino in fondo di queste assicurazioni, visto quello che poi ogni volta succede…”
Ma sta di fatto che nessuno muove un dito, e Hitler passa alla prossima vittima: la Polonia.

La Polonia che ha un regime autoritario, militarista, e che si è presa anche lei un pezzetto di Cecoslovacchia, convinta di essere amica della Germania perché Hitler ha rassicurato più volte i Polacchi: non vuole niente da loro.
invece adesso scopre che vuole qualcosa anche da loro. Anche la Polonia ha dei cittadini tedeschi, in particolare la città di Danzica che è abitata da tedeschi ma, con il Trattato di Versailles, è stata assegnata alla Polonia. E anchge a Danzica, tra la sua popolazione tedesca, c’è un partito nazista che comincia a seminare il disordine, a provocare attentati. Hitler comincia a spiegare al mondo che bisogna proteggere i tedeschi che vivono in Polonia, bisogna proteggere questa minoranza oppressa. La propaganda nazista comincia a mettere in giro storie terribili dell’oppressione polacca contro i Tedeschi, e i governi dell’Inghilterra, della Francia non sanno cosa fare. Perché nessuno vuole la guerra. Ecco, i governi hanno promesso ai loro popoli che mai più ci sarà una guerra. Però sono anche alleati della Polonia. E hanno anche capito che Hitler non si fermerà se si continuerà a lasciarlo andare avanti.
All’inizio l’Inghiterra e la Francia cercano di convincere i Polacchi a cedere, cercano di convincere la Polonia a regalare Danzica a Hitler e tutto quello che vuole pur di evitare una guerra. I Polacchi tengono duro: ancora il primo settembre del ’39 l’ambasciatore inglese a Varsavia riceve un telegramma dal suo ministro, Lord Halifax che gli dice:” Ma dovete assolutamente convincere i Polacchi a trattare, andare dai tedeschi a chiedere cosa vogliono, mettersi d’accordo”.
L’ambasciatore britannico risponde quella sera con un telegramma a Londra e dicendo “non mi sembra che sia il caso di seguire le istruzioni che mi avete mandato sta
mattina in vista del fatto che, oggi all’alba, l’esercito tedesco ha invaso la Polonia.

Ci metteranno ancora tre o quattro giorni la Francia e l’Inghilterra a decidere di dichiarare guerra. Per tre o quattro giorni Hitler credi di farla franca anche questa volta. Non la voleva neanche lui quella guerra: aveva scommesso: Tante scommesse gli erano andate bene, quella gli è andata male.




BCC. M’illumino di meno – 11 marzo 2022

Anche quest’anno il coordinamento nazionale FISAC CGIL Credito Cooperativo aderisce e partecipa alla iniziativa della giornata del risparmio energetico promossa dalla trasmissione radiofonica Caterpillar.

Un’iniziativa simbolica ma anche concreta, giunta alla diciottesima edizione, finalizzata alla sensibilizzazione sul risparmio energetico invitando a ridurre al minimo i consumi, spegnendo il maggior numero di dispositivi elettrici non indispensabili.

Tra le iniziative di Caterpillar e Rai Radio2 e Rai per il Sociale vi è quella di coinvolgere il pubblico radiofonico nella creazione del primo bosco diffuso di M’illumino di Meno che prevede di piantare 50.000 alberi in 10 anni «con l’obiettivo di creare un bosco diffuso in tutta Italia, fatto di piccoli alberi di specie autoctone che cresceranno con noi accompagnandoci in un percorso che aumenti la qualità ambientale».

La FISAC CGIL del Credito Cooperativo aderisce a tale iniziativa perché crediamo fermamente, ed ancora di più in questo momento, nell’importanza del consumo intelligente e responsabile delle risorse energetiche; auspichiamo che tale iniziativa raccolga l’interesse non solo dei privati cittadini, ma dalle istituzioni in generale, permettendo l’adozione di norme e buone abitudini nell’ambito del risparmio energetico e dell’adeguato utilizzo delle risorse.

Anche Federcasse e molte BCC aderiscono e partecipano con proprie iniziative alla giornata del risparmio energetico ed anche per il 2022 le Segreterie Nazionali delle Organizzazioni Sindacali e Federcasse hanno sottoscritto una dichiarazione congiunta a sostegno di questa iniziativa.

L’adesione di Federcasse quest’anno è connotata dal progetto“BancaBosco le BCC rinverdiscono il futuro” che prevede l’impegno delle banche che aderiranno ad intraprendere iniziative a sostegno del rinverdimento dell’ambiente che vanno dalla messa a dimora di alberi alla riqualificazione del verde pubblico.

Nel riaffermare la nostra partecipazione attiva alle iniziative sopra descritte, auspichiamo massimo coinvolgimento e partecipazione da parte delle lavoratrici e dei lavoratori del Credito Cooperativo.

Ciascuno di noi, per la propria parte, può nelle azioni quotidiane portare il proprio contributo; per questo ci permettiamo di riportare di seguito un piccolo decalogo di buone prassi.

L’invito, da oggi e per il futuro, è quello di prestare, ad esempio, più attenzione nell’utilizzo delle apparecchiature elettriche: spegnere, quando non utilizzati, il personal computer, lo schermo, la calcolatrice, la stampante, e, perché no, le luci, e se possibile non usare l’ascensore.

Grazie!

Il Coordinamento Nazionale FISAC CGIL Credito Cooperativo

Il decalogo di M’illumino di Meno per il risparmio energetico e per uno stile di vita sostenibile:

  1. spegnere le luci quando non servono.
  2. spegnere e non lasciare in stand by gli apparecchi elettronici.
  3. sbrinare frequentemente il frigorifero; tenere la serpentina pulita e distanziata dal muro in modo che possa circolare l’aria.
  4. mettere il coperchio sulle pentole quando si bolle l’acqua ed evitare sempre che la fiamma sia più ampia del fondo della pentola.
  5. se si ha troppo caldo abbassare i termosifoni invece di aprire le finestre.
  6. ridurre gli spifferi degli infissi riempiendoli di materiale che non lascia passare aria.
  7. utilizzare le tende per creare intercapedini davanti ai vetri, gli infissi, le porte esterne.
  8. non lasciare tende chiuse davanti ai termosifoni.
  9. inserire apposite pellicole isolanti e riflettenti tra i muri esterni e i termosifoni.
  10. utilizzare l’automobile il meno possibile, condividerla con chi fa lo stesso tragitto. Utilizzare la bicicletta per gli spostamenti in città.

+1 Pianta un albero o una pianta

Il testo della dichiarazione congiunta

M’illumino di Meno Live




Donne che hanno cambiato il mondo: Billie Jean King

La “Festa della Donna” non esiste. Non è mai esistita.

Quella che si celebra l’8 marzo non è una festa ma la “Giornata Internazionale della Donna”. Non si tratta di voler essere pignoli sulle parole. Lo scopo della Giornata Internazionale della Donna è proprio ricordarci che non c’è nulla da festeggiare.

Siamo nel 2022 ma ancora oggi, praticamente in tutto il mondo, le donne sono in una condizione d’inferiorità rispetto agli uomini. Nel nostro Paese possiamo avere l’impressione di essere più avanti rispetto ad altre aree del mondo, e questo è vero se guardiamo a nazioni dove, per ragioni religiose o nel rispetto di assurde tradizioni, il valore delle donne è assimilabile a quello di oggetti, di proprietà dei loro uomini.
Ma ancora oggi, nel 2022, le donne italiane hanno più difficoltà a trovare lavoro, percepiscono stipendi più bassi, hanno minori prospettive di carriera rispetto ai loro colleghi maschi.
Ancora oggi, nel 2022, le donne italiane sono oggetto di violenze e vengono uccise da uomini che ritengono di avere su di loro diritto di vita o di morte.

La storia ci insegna che, almeno per quanto riguarda il mondo occidentale, i progressi fatti sono stati spesso dovuti al coraggio e alla determinazione di donne straordinarie, che non hanno voluto rassegnarsi allo stato di fatto.

Oggi raccontiamo la storia di una di loro.

Siamo all’inizio degli anni 70, e il tennis è divenuto uno sport popolarissimo in tutto il mondo, con enorme seguito di pubblico e sulla carta stampata. In effetti, però, non è proprio tutto il tennis a beneficiare di tanta attenzione, ma solo quello maschile. I tennisti più forti sono professionisti, guadagnano tanto e godono di fama paragonabile a quella dei divi del cinema. Le tenniste donne sono invece considerate come una specie di fenomeno da baraccone, gradevoli da vedere con i loro gonnellini ma lontane anni luce dai loro colleghi uomini, loro sì veri sportivi. Ovviamente i guadagni delle tenniste donne sono molto diversi: per loro non esiste professionismo, e vincendo un trofeo ottengono un premio 10 volte inferiore rispetto al vincitore del medesimo trofeo maschile.

La protagonista della nostra storia è Bille Jean King, una delle migliori tenniste di sempre, sicuramente tra le migliori della sua epoca, capace di vincere il suo primo Wimbledon, in doppio, a soli 18 anni. Eppure anche lei era costretta a mantenersi tenendo lezioni di tennis, visto che gli introiti derivanti dalla sua attività agonistica sarebbero stati del tutto insufficienti.

Fu lei a capeggiare il movimento di protesta del circuito tennistico femminile, che portò nel 1973 alla fondazione della Woman’s Tennis Association (WTA, tutt’ora esistente) ed al boicottaggio dei tradizionali tornei, a partire dagli Open degli Stati Uniti.

La ribellione era inaccettabile: Billie Jean e le ribelli dovevano essere rimesse al loro posto. E per farlo, saltò fuori Bobby Rigs, ex campione di qualche decennio prima, per tre volte numero uno del ranking.
Ma soprattutto, Bobby Rigs era una sorta di stereotipo vivente, con le sue dichiarazioni fortemente maschiliste: “le donne devono stare in cucina, non sopportano lo stress, è giusto che siano pagate meno perché inferiori geneticamente”. E tanto per rincarare la dose, si autodefiniva “Maiale maschilista”. Riggs lanciò una sfida: pur avendo 55 anni, sarebbe stato in grado di sfidare e sconfiggere con facilità le migliori tenniste donne, tanto inferiore era il livello del tennis femminile.

La prima a raccogliere la sfida fu Margaret Court: bersaglio ideale in quanto temporaneamente giunta al numero uno della classifica mondiale, ma emotivamente impreparata alla sfida che avrebbe affrontato. La Court subì infatti la pressione dell’evento, ma soprattutto il carisma del suo avversario, finendo con l’essere sconfitta con facilità.

Ma non era lei il vero obiettivo: Rigs puntava alla tennista più forte, alla più importante, a Billie Jean King. Che a quel punto non poté fare a meno di raccogliere la sfida.

L’incontro fu preceduto da un lancio giornalistico senza precedenti, in cui l’arroganza e le dichiarazioni maschiliste ed irridenti di Rigs trovavano ampio spazio, tanto da portare la King a dichiarare, dopo l’incontro, “Ho pensato che saremmo tornati indietro di 50 anni se non avessi vinto quella partita. Avrebbe rovinato il circuito femminile e fatto perdere l’autostima a tutte le donne.”

Fu un grande evento: 30.000 presenti intorno al campo, oltre 90 milioni di telespettatori. Ma stavolta l’esito fu molto diverso: Billie Jean aveva una forza morale che le consentiva di gestire le pressioni, oltre ad una splendida tecnica tennistica. In più, aveva fatto tesoro dell’incontro perso da Margaret Court, evitando di ripetere gli stessi errori. E quindi il risultato del match fu netto: 6-4, 6-3, 6-3 per Billie Jean King.

Può una partita di tennis cambiare la storia? Evidentemente sì, avendo dimostrato che le donne non sfiguravano rispetto ai loro colleghi uomini. Questo conferirà alla WTA una notevole forza contrattuale, consentendo di ottenere, in tutti i principali tornei del circuito, l’equiparazione dei premi tra uomini e donne, a partire dagli open USA ed arrivando a Wimbledon, ultimo ad adeguarsi nel 2007.

Tutto è bene quel che finisce bene allora? No perché la King si era esposta troppo, e in qualche modo avrebbe dovuto pagare. E l’occasione arrivò da un suo atto ancor più clamoroso: fu la prima atleta a dichiarare pubblicamente la propria omosessualità, divorziando dal marito per vivere alla luce del sole il suo amore con un’altra donna.

Per la società moralista e bacchettona degli Stati Uniti questa era una provocazione davvero intollerabile. Billie Jean fu costretta a ritirarsi dal circuito professionistico che pure aveva fatto nascere, rassegnandosi a partecipare a tornei minori per guadagnare qualcosa.

Ma anche questa partita la giocò per vincere, con la determinazione ed il coraggio che l’avevano sempre contraddistinta, diventando una paladina dei diritti LGBT. E nel 2006 la struttura nella quale si svolgono gli US Open fu stata rinominata “Billie Jean King National Tennis Center” in suo onore.

Alla fine ha vinto lei. Ha dimostrato che si possono combattere stupidità e pregiudizi avendo come uniche armi una racchetta da tennis ed un’enorme determinazione. Ed è una lezione da ricordare sempre.

E’ a questo che serve la ricorrenza della Giornata Internazionale della Donna: a non farci mai dimenticare che la lotta per i diritti delle donne non è finita e va combattuta ogni giorno. Perché tutte le donne meritano rispetto, senza dover essere costrette a vincere il torneo di WImbledon per conquistarselo.

 

Leggi anche

https://fisacabruzzomolise.com/lavoro-e-societa/l8-marzo-tra-leggende-e-realta

https://fisacabruzzomolise.com/lavoro-e-societa/katherine-johnson-la-donna-che-ci-porto-sulla-luna