Scandalo PopBari, lusso e aerei privati: la vita d’oro degli ex vertici

Gli atti della Procura: gli Jacobini e l’ex ad Papa sono costati 10 milioni in 3 anni. «I tagli? Soltanto agli stipendi dei dipendenti»


Dal 2017 al 2019 gli ex vertici della Popolare di Bari, ovvero Marco Jacobini e i figli Gianluca e Luigi, e l’ex amministratore Giorgio Papa, sono costati alla banca poco meno di 10 milioni di euro. Non solo per i megastipendi che si erano nei fatti autoassegnati. Ma anche per viaggi, automobili ristoranti, taxi, persino l’aereo privato che l’ex patron utilizzava per spostarsi tra Roma e Milano. Tutto a spese dei soci ma, quello che è ancora più rilevante, in violazione delle stesse regole di funzionamento che l’istituto si era dato.

A scoprirlo sono stati i commissari nominati da Bankitalia, Enrico Ajello e Antonio Bladini, in un report dell’Internal auditing di Bpb che i vertici di via Nazionale hanno trasmesso al procuratore di Bari, Roberto Rossi. Il documento, commissionato anche sulla base delle richieste del vecchio collegio sindacale guidato dal commercialista Alberto Longo, è finito agli atti dell’inchiesta che l’8 marzo ha visto contestare a Marco e Gianluca Jacobini, a Papa ma anche all’altro ex ad Vincenzo De Bustis e all’ex direttore generale Gregorio Monachino la nuova accusa di aggiotaggio: l’aver nascosto mezzo miliardo di crediti marci – secondo l’impostazione del procuratore Rossi e dei pm Savina Toscani, Luisiana Di Vittorio, Federico Perrone Capano e Lanfranco Marazia, con i consulenti Massimiliano Cassano, Michele Danza e Marco Giorgino – avrebbe tratto in inganno i risparmiatori, che hanno continuato a investire in quella che ritenevano una banca solida.

Negli ultimi tre anni della sua gestione, Marco Jacobini ha portato a casa emolumenti totali per 4 milioni di euro, dei quali 984mila euro nel 2017 e 3,1 milioni nel 2018 (nel 2019 ha rinunciato al compenso). A questo si aggiungono i 763mila euro che la banca ha speso per gli aerei privati utilizzati dall’ex presidente e 103mila euro in spese di rappresentanza vere e proprie. Il totale fa 4,9 milioni di euro. A 1,22 milioni di emolumenti nel triennio si sono fermati i figli Gianluca, ex vicedirettore e condirettore generale, e Luigi (che dalle inchieste è uscito con l’archiviazione), mentre 1,8 milioni ha ottenuto Giorgio Papa. Per tutti la cifra risulta poi incrementata da generose spese di rappresentanza (Gianluca e Luigi hanno speso rispettivamente 30mila e 46mila euro di ristoranti), nonché da polizze assicurative costate alla banca 88mila euro in un triennio.

Il report parla di una «generale incoerenza» della spesa, in presenza di «generali azioni di cost saving sul complessivo aggregato delle “altre spese amministrative” e sulle spese per il personale». Tradotto: mentre tagliavano gli stipendi dei dipendenti, i vertici della banca si concedevano ogni tipo di lusso, visto il costante «superamento del budget assegnato», in un contesto di «carente monitoraggio».

A cosa sono servite queste spese? La relazione dice che non è stato possibile capirlo. Per viaggi, soggiorni e ristoranti, costati 246mila euro in un triennio, «per la quasi totalità dei casi esaminati non è stata rispettata la normativa interna in materia» che prevedeva di indicare i motivi della missione, il nome degli ospiti ed il loro rapporto con la banca. Le spese di rappresentanza, in alcuni casi, sarebbero state rimborsate «sulla base di asseriti pagamenti in contanti effettuati dai soggetti apicali non comprovati da documenti a supporto».

Per quello che riguarda le auto, l’audit ha rilevato rimborsi per l’utilizzo del mezzo privato «sebbene i nominativi avessero in dotazione l’auto aziendale a uso promiscuo». Gli ispettori hanno scoperto che Gianluca e Luigi Jacobini avevano ottenuto come benefit due polizze assicurative «fantasma», «che si sommano ad altre due polizze “previdenziali integrative”» stipulate con Allianz Ras (la compagnia di cui Marco Jacobini è da sempre agente generale a Bari). Lo stesso patron aveva un plafond di 25mila euro in conto corrente per spese di rappresentanza, contro i mille euro previsti per ciascun dirigente dai regolamenti interni alla banca: i soldi sono stati utilizzati prevalentemente in una nota gioielleria di Conversano, o attraverso prelevamenti in contanti. Anche il budget per l’aerotaxi del patron, variabile tra i 150 e i 200mila euro l’anno, è stato superato per circa 230mila euro nel triennio: la documentazione disponibile «non consente di ricostruire le motivazioni sottostanti l’utilizzo» dell’aereo privato.

Agli atti dell’indagine sono finiti pure gli accertamenti della Finanza sui conti correnti bancari della famiglia Jacobini e sui soldi spostati da un istituto all’altro in una girandola di bonifici, ma anche l’analisi dei contenuti dei cellulari degli ex vertici. Da uno screenshot trovato nel telefonino di Gianluca, secondo i militari, emerge «l’intercessione» dell’ex vicedirettore nei confronti di un dirigente della banca per un «finanziamento di circa 500mila euro a Gigi D’Alessio per chiudere altre posizioni debitorie di prossima scadenza».

Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno




Popolare di Bari, arrivano gli arresti

La Procura di Bari avrebbe azzerato i vertici della Banca Popolare di Bari già sette mesi fa. È il luglio scorso quando il procuratore aggiunto, Roberto Rossi, e i pm Federico Perrone Capano e Savina Toscani, depositano la richiesta di misure cautelari per Marco e Gianluca Jacobini, ex presidente e direttore, l’ex amministratore delegato Vincenzo De Bustis ed Elia Circelli, responsabile della Funzione Bilancio. Ben sei mesi prima che la Banca d’Italia, a dicembre 2019, procedesse al commissariamento. L’inchiesta riguarda l’acquisizione di Banca Tercas, gli aumenti di capitale del biennio 2014-2015, bilanci “aggiustati” per “mantenere intatto il potere di gestione della banca a spese degli azionisti”. Falsati i dati degli avviamenti di Tercas e Cassa di Risparmio di Orvieto per circa 360 milioni. E ancora: 41 milioni da pagare all’Inps non segnalati in bilancio, false imposte anticipate sulle perdite fiscali per 96 milioni nel 2015, prospetti sballati sulla solidità delle azioni.

E proprio nei giorni del commissariamento, sulla scrivania del gip, giunge un’integrazione all’accusa: i due Jacobini spostano soldi dalla banca per ben 5,6 milioni di euro trasferendoli su conti personali – e intestati alle loro mogli – in altre banche. Se n’è accorta l’Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia, che segnala ben 5 operazioni sospette intraprese a partire dal 12 dicembre 2019 “nell’imminenza” del “commissariamento”: dimostrano “l’intenzione di sottrarre i profitti illeciti a eventuali operazioni di sequestro da parte dell’autorità giudiziaria”. Per Marco Jacobini emergono “profili di responsabilità in ordine a condotte di auto riciclaggio”. In sostanza, chiosa il gip, la “struttura della banca è ancora sottoposta al controllo di fatto della famiglia Jacobini” e c’è il rischio che “tale potere illecito” ne “impedisca il risanamento” con “devastanti effetti sull’economia meridionale”. Le accuse spaziano dal falso in bilancio al falso in prospetto e all’ostacolo alla vigilanza.

Anche i loro compensi paiono al gip insostenibili: “L’importo percepito da Marco Jacobini, pari a 3 milioni, appare, a prima vista, smisurato con riferimento alle funzioni svolte all’interno della Banca e se rapportato alla situazione di grave dissesto patrimoniale della banca”. D’altronde Marco Jacobini “governava la Banca con lo sguardo”, racconta un dipendente, e “vi era un potere assoluto del duo Marco e Gianluca” che aveva deciso “l’intera rete dei capi distretto come esercizio di potere di fatto”. Questo è accaduto per un decennio e, come abbiamo detto, nei fatti la Procura e la Guardia di Finanza, ci sono arrivati ben prima di Bankitalia. Di certo, Consob con le relazioni firmate da Giuseppe Maria Berruti aveva già multato la Bpb inviando gli atti in procura. E con il tempo la situazione s’è deteriorata al punto da spingere la procura a chiedere il loro arresto, disposto ieri dal Gip: Marco e Ganluca Jacobini sono ai domiciliari. Il concetto di regole pare piuttosto relativo, nel leggere le 409 pagine firmate dal Gip, visto che “i rapporti con il più grande cliente della banca (gruppo Fusillo, di recente dichiarato fallito) con un impressionante esposizione debitoria di centinaia di milioni veniva gestito da Gianluca Jacobini privo dei poteri che lo legittimavano al contatto con il cliente”. Marco Jacobini partecipava “al comitato crediti (senza che ci fosse verbalizzazione) pur non avendone alcun titolo” e “le verbalizzazioni… erano falsificate per non far emergere la presenza della famiglia”. Il gip su alcuni punti concorda con le accuse, su altri, come l’ostacolo alla vigilanza, ritiene che l’impianto indiziario non sia sufficiente, ma il quadro emerso resta devastante. L’accusa registra “la piena consapevolezza di tutti i dirigenti della BPB della falsificazione del bilancio al fine di soddisfare i desideri della famiglia Jacobini”. Il professor Gianvito Giannelli (non indagato, ndr) – compagno dell’attuale procuratore di Larino Isabella Ginefra, a lungo pm a Bari – è un “legale apparentemente indipendente”. In realtà è “consulente interno della Banca sulle questioni giuridiche”, in “conflitto di interessi” per il “monopolio delle pratiche legali” in Bpb e per i “rapporti di parentela con Marco Jacobini”.

Nel novembre 2018 viene intercettato Elia Cicelli mentre chiama Luigi Jacobini e “lo informa di avergli girato il conto economico”: “Il risultato – gli dice – è quello che ci aspettavamo”. L’accusa ritiene che “il risultato del conto economico” sia “stato già predeterminato in modo che … sia di segno positivo”. Alla Popolare di Bari si risponde alla “logica della piaggeria”, dice in un’altra intercettazione Cicelli, analizzando la situazione della banca.

Lo schema secondo l’accusa era il seguente. In primo luogo “il ruolo assolutamente preponderante di Marco e Gianluca Jacobini nella gestione e nel controllo dell’istituto di credito”. Poi c’era Circelli “nella redazione dei bilanci societari e la continua interlocuzione con il Presidente del Cda”. E infine l’ex ad Vincenzo De Bustis Figarola, per il quale il gip dispone l’interdizione e parla di “elevatissima propensione a delinquere”, “notevole spregiudicatezza nella programmazione ed esecuzione di delitti” e “preoccupante serialità” che hanno compromesso “interessi” che fanno capo a “società”, “soci”, “futuri soci” e “creditori”. Da ieri ha il “divieto temporaneo di esercitare la professione di dirigente di istituti bancari”.

 

Articolo di Antonio Massari su “Il Fatto Quotidiano” dell’1/2/2020




Popolare di Bari, le registrazioni segrete.

La registrazione di una riunione del 10 dicembre, tre giorni prima del commissariamento. Gianvito Giannelli, in carica da luglio quando ha preso il posto dello zio Marco Jacobini: “Ci sarà un percorso light con l’intervento di investitori istituzionali. Non stiamo parlando di Carige, né tantomeno delle Popolari venete. Sono esperienze passate che la Vigilanza non vuole ripetere”. E l’ax direttore generale rientrato a fine 2018 critica le politiche di concessione del credito attuate in sua assenza: “Distrutto il patrimonio”.

Vincenzo De Bustis, ex direttore generale della Popolare di Bari (2011-2015) rientrato a fine 2018 nella veste di amministratore delegato, che parla di “cattivo management, irresponsabile, esaltato”, di “conti truccati“, di una politica del credito che “ha distrutto il patrimonio dell’azienda”. Specificando: “Taroccavate pure i conti economici delle filiali”. Ma con l’intervento dello Stato, anticipa, “la banca diventerà forte, voi potrete dire che abbiamo lo Stato dietro e quindi i soldi dateceli a noi, gli altri li sfondate”. Dal canto suo il presidente Gianvito Giannelli, in carica da luglio quando ha preso il posto dello zio Marco Jacobini, per rassicurare i dipendenti assicura: “Non c’è rischio di commissariamento, ci sarà un percorso light. Non stiamo parlando di Genova (Carige, ndr) né tantomeno delle Popolari venete. Sono esperienze passate che la Vigilanza non vuole ripetere né tantomeno vogliamo ripetere noi. La Banca d’Italia ci è molto vicina, io l’ingegnere De Bustis li sentiamo ai massimi vertici”. E’ la registrazione,pubblicata martedì da Fanpage.it, di un incontro avvenuto il 10 dicembre tra De Bustis, Giannelli e i manager dell’istituto. Che tre giorni dopo, a dispetto dell’ottimismo del presidente, è stato commissariato da via Nazionale per perdite.

“C’è un piano industriale serio in corso di definizione”, spiega Giannelli nell’audio, “che prevede gli interventi di investitori istituzionali, che sono una parte pubblica (Mediocredito centrale, ndr) e una privata (il Fondo interbancario). Ci sarà un percorso light. Non stiamo parlando di Genova, passata per il commissariamento, né tantomeno delle Popolari venete. Sono esperienze passate che la Vigilanza non vuole ripetere né tantomeno vogliamo ripetere noi. Abbiamo avviato un percorso di messa in sicurezza della banca, un percorso ufficiale, assistito dalla Vigilanza in tutti i passaggi. La Vigilanza ci sta supportando perché credono nella banca e nel suo capitale umano. Il percorso si chiuderà prima di Natale e parte dalla premessa che la banca non si tocca. I clienti vogliono sapere “i nostri soldi che fine fanno?”. Noi di qui a 15 giorni potremo dire che la banca è stata messa in sicurezza, è salva. La Banca d’Italia ci è molto vicina, io l’ingegnere De Bustis li sentiamo ai massimi vertici, quindi anche da questo punto di vista dovete essere tranquilli e capaci di irradiare tranquillità. C’è fortissima attenzione anche a livello politico, condivisa anche ai vertici del governo“.

De Bustis, che già in un’intervista al Corriere una settimana fa ha dato la colpa del buco sia alla recessione sia a “una gestione creditizia al di fuori delle regole, negli ultimi tre o quattro anni”, è più specifico ed entra nel dettaglio. “Il 18 di questo mese”, dice, “si firma un accordo in cui ci sono i nuovi proprietari che avranno la maggioranza dell’azienda. E’ bella la notizia, la banca diventerà forte dal punto di vista patrimoniale, avrà lo Stato dietro, voi potrete dire abbiamo lo stato dietro e quindi potrete andare dai clienti e dire “la popolare di Puglia e Basilicata non si regge in piedi, i soldi dateceli a noi”, e li sfondate se avete la forza e l’energia commerciale. E’ molto irresponsabile quello che è avvenuto negli ultimi 3-4 anni, un caso di scuola di managememt irresponsabile, esaltato. Quando sono venuto la prima volta (tra 2011 e 2015, ndr) c’era un signore coi capelli bianchi capo della pianificazione e controllo e gli dicevo: “Fammi vedere i dati delle filiali” e tutti i conti erano truccati, Truccavate, taroccavate i conti economici delle filiali”.

Poi parla dell’emissione di un green bond: “Perché ho rotto tanto le scatole per il green bond? Che cazzo me ne frega del verde? E’ un settore importantissimo ma è la tecnica che sta sotto, fare assistenza alle imprese cercando di non assorbire patrimonio e portando i soldi a casa. Questo si incrocia con un piano di ristrutturazione non semplice che è imprescindibile e prevede un taglio di organici molto importante, se no l’Europa non dà il permesso. I risultati dell’anno sono molto insoddisfacenti e c’è una storia molto negativa sul credito negli ultimi anni, nelle filiali e a livello centrale. Il credito è stata la palla di piombo che ha distrutto il patrimonio di questa azienda, 800-900 milioni. Il cost-income è indecente, al 100% quando alcune banche stanno al 50: abbiamo troppi costi e pochi ricavi”.

 

Fonte: www.ilfattoquotidiano.it




Credito, la Fisac-Cgil: “In Abruzzo e Molise è emergenza”

La questione del credito continua a rappresentare un’emergenza per l’Abruzzo e per il Molise, regioni in cui il 90% del tessuto produttivo è composto da piccole e micro imprese che producono prevalentemente per un mercato interno asfittico e che, di conseguenza, vivono enormi difficoltà.

I temi in questione sono stati al centro del convegno “Il sistema del credito in Abruzzo e Molise” promosso dalla Cgil, dalla Fisac-Cgil Abruzzo e Molise e dalla Fisac nazionale. L’iniziativa si è svolta oggi all’Aurum di Pescara.

Ai lavori, introdotti dal coordinatore Fisac-Cgil Abruzzo Molise, Francesco Trivelli, e da Francesca Carnoso della Fisac nazionale e conclusi dal segretario generale della Cgil Abruzzo Molise, Carmine Ranieri, hanno preso parte il segretario generale della Fisac nazionale, Giuliano Calcagni, l’amministratore delegato della Banca Popolare di Bari, Vincenzo De Bustis, il direttore del dipartimento Sviluppo economico della Regione Abruzzo, Nicola Commito, Claudio De Vincenti, già ministro per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno, il direttore della Cna Abruzzo, Graziano Di Costanzo, il presidente della Fira, Alessandro Felizzi, e il presidente nazionale di Federconsumatori, Emilio Viafora.

In valori percentuali, il credito, nel settore delle piccole e micro imprese, in Abruzzo e Molise – sottolineano Cgil e Fisac – decresce molto di più di quanto accada a livello nazionale: negli ultimi 12 mesi la flessione è proseguita per oltre 90 milioni di euro. Tale situazione sta diventando una vera e propria emergenza a tutti i livelli. La politica regionale, che dovrebbe adottare misure adeguate alle necessità del momento, di fatto è inesistente“.

Persistono, inoltre – proseguono i promotori del convegno – forti disomogeneità nella ripresa delle due regioni: il Prodotto interno lordo, nel periodo 2008-2018, è pari al -5,2% in Abruzzo e al -20,3% in Molise. Come se non bastasse, l’Abruzzo viene indicato come una delle zone d’Italia più colpita dal fenomeno dell’usura. L’intero settore bancario, in particolare in Abruzzo e Molise, è in profondo mutamento. La complessità del cambiamento coinvolge tutti gli attori economici, politici e sociali poiché tutto ciò ha un impatto sullo sviluppo, sulle imprese, sul mondo del lavoro, sui risparmiatori, sulle famiglie e sui pensionati”.

Occorre far convergere il sistema del credito e il comparto infrastrutturale a beneficio del territorio; le banche possono fungere da volano per la realizzazione di investimenti e per concludere opere di interesse pubblico” ha dichiarato il segretario generale della Fisac Cgil Nazionale, Giuliano Calcagni.

Il convegno ha riguardato prevalentemente l’importanza del credito alle micro e piccole imprese, vera emergenza regionale; occorre ripensare l’organizzazione dei Confidi  in Abruzzo, per metterli in condizioni di allargare il sostegno alle imprese; occorre procedere alla riorganizzazione della FIRA SPA (finanziaria regionale), lavorare meglio sui bandi comunitari; per fare tutto ciò, occorre attivare con immediatezza un osservatorio sul credito. La politica deve interessarsi ai mutamenti che intervengono il sistema bancario, per tutelare le lavoratrici e i lavoratori e per le conseguenze che possono avere sullo sviluppo e sulle imprese” ha affermato il segretario generale della Cgil Abruzzo Molise, Carmine Ranieri.

Fonte: news-town.it




Convegno “Il sistema del credito in Abruzzo e Molise”. Pescara 4/11/2019

Il sistema del credito in Abruzzo e Molise è l’iniziativa che la CGIL Abruzzo e Molise e la Fisac Nazionale hanno organizzato per il 4 Novembre a Pescara.

Il sindacato, la politica e le banche discuteranno sulle opportunità e le sinergie della cross economy.

La Fisac L’Aquila sarà presente al convegno. Tutti coloro che volessero partecipare sono invitati a contattarci al numero 346/1493811 o via email all’indirizzo [email protected].

Questa la locandina con il programma dettagliato del convegno.