Santander Consumer Bank: accordo raggiunto

3 - Fisac Cgil

 

Raggiunto l’Accordo in Santander Consumer Bank Spa
Procedura ai sensi dell’art. 22 CCNL ABI

 

Torino, 5 Novembre 2023

In data odierna è stata raggiunta una ipotesi di accordo che sarà sottoposta alle colleghe e ai colleghi in assemblea. Assemblea che si terrà il giorno 8 Novembre dalle ore 10,30 alle 13,00 in modalità mista, cioè in presenza per la sede di Torino e in collegamento in contemporanea con la rete e la sede di Bologna.

Le OOSS si sono incontrate per la definizione degli impegni sotto riportati in data 14, 20, 26 settembre e 2, 10, 11, 23, 24, 25, 26, 31 ottobre; 4 e 5 novembre.
Sin da subito ci siamo detti contrari alla dichiarazione degli esuberi per parte aziendale e alla necessità di affrontare la sfida della digitalizzazione e le connesse trasformazioni del comparto attraverso l’azzeramento della rete filiali presente sul territorio italiano (azzeramento di fatto mascherato, poiché la banca continuerà ad operare sul territorio con un’ampia e capillare rete di negozi finanziari).

I contenuti salienti dell’accordo, che prevede la gestione della procedura di riorganizzazione aperta dall’Azienda ai sensi dell’art.22 del CCNL ABI, prevedono un piano di uscite per dimissioni volontarie incentivate e l’apertura della parte straordinaria del Fondo di Sostegno al Reddito di settore per consentire il prepensionamento fino a 60 mesi a coloro che risultano in possesso dei requisiti pensionistici.
L’accordo inoltre prevede la possibilità di aderire alla parte ordinaria del Fondo per 12 mesi, da fruirsi prima dell’accesso al prepensionamento.

Siamo riusciti ad ottenere il riconoscimento di un numero di mensilità significativamente superiore all’iniziale proposta e altresì congruo per coloro che decideranno volontariamente di aderire al piano di uscite incentivate fino ad un massimo di 37, secondo un criterio modulare e incrementale a seconda di quanti carichi di famiglia si hanno, eventuali presenze di legge 104, incremento in base all’età anagrafica e di anzianità lavorativa, a cui si aggiungono ulteriori 3 mensilità per la tempestività nell’adesione.
Le mensilità massime totali, comprensive di tempestività, saranno 40.
In tutti i casi, le incentivazioni a titolo di mensilità saranno calcolate come 1/12 della RAL, come risultante dal cedolino paga del mese di ottobre 2023.

Il piano di uscite incentivate sarà aperto a tutti i colleghi e le colleghe, anche di Sede.

I dettagli sono contenuti nella tabella sotto riportata.

Causali per incentivo Mensilità
Base per tutti 3
per i dipendenti ai quali viene a cessare l’attività su territorio o viene chiusa la loro piazza di lavoro di riferimento (PP e Area Manager, distaccamento della sede di Torino a Bologna, Gestori Commerciali e Area Manager (CBU), Utor e Trainers) più 21
se in possesso di L104/L170 per se stesso/a o familiari più 6
per ogni primo carico familiare più 4
per ogni successivo carico familiare più 2
se età superiore a 44 anni incrementale annuale più 1,5
per anzianità aziendale maggiore a 15 anni incrementale annuale più 1,5

Per chi deciderà di aderire alla parte straordinaria del fondo (prepensionamenti) l’incentivo sarà come descritto nella tabella indicata di seguito:

Causali per incentivo Mensilità
RAL minore o uguale a 45.000,00 euro 9
RAL maggiore di 45.000,00 euro e minore uguale a 55.000,00 euro 8

L’accordo prevede inoltre un piano di incentivazione pari a 24 mensilità per coloro i quali fossero interessati ad avere un mandato agenziale agevolato dalla Banca, previo corso e iscrizione nell’elenco OAM.

Si tratta di un accordo pesante per gestire una riorganizzazione aziendale da noi non condivisa né nel contenuto né nel metodo, vista la situazione economica e finanziaria dell’Azienda, che ha fatto registrare nel 2022 utili per 90 milioni di euro. Una riorganizzazione che appare oltretutto ancor più priva di giustificazione a fronte di un una politica espansiva anche sotto il profilo occupazionale sia nell’azienda stessa che nell’intero Gruppo.

Abbiamo comunque affrontato la trattativa e raggiunto quello che, in questa fase, riteniamo l’accordo più tutelante per le lavoratrici e i lavoratori.
L’assemblea sarà l’occasione per entrare nel dettaglio dei contenuti dell’ipotesi di accordo.

 

SEGRETERIA DI COORD. FABI
SANTANDER CONSUMER BANK
SEGRETERIA DI COORD.FISAC CGIL
SANTANDER CONSUMER BANK

 

Scarica l’accordo

 

 

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Santander Consumer Bank annuncia chiusura di tutte le filiali in Italia

 




BNL: passati i 50 giorni, chiusa la procedura di confronto sindacale

3 - Fisac Cgil

Non ci siamo caduti!

 

Il 23 novembre sono scaduti i termini di legge per giungere ad un accordo sindacale in merito alle procedure di riorganizzazione.

Per la prima volta in BNL si chiude la procedura senza accordo sindacale.

L’azienda ha lasciato scadere i termini, di fatto scaricando sulle lavoratrici e i lavoratori “la colpa” di questa risultanza, magari pensando di aver dato una apertura a trattare…
Come se la proposta fatta dai vertici aziendali non fosse inaccettabile e addirittura provocatoria:

♦ trattare diversamente lavoratori di IT (per i quali non ci sarebbe altro destino che lavorare in altra azienda) e quelli del PAC (non escludendone la possibilità di ricorrere ai distacchi – ma nemmeno includendola);

♦ chiedere alle organizzazioni sindacali di trovare il modo per cui un distacco possa essere in tutto e per tutto assimilabile nella disciplina contrattuale, alla cessione (di fatto chiedendo moltissime deroghe);

♦ chiedere alle lavoratrici e ai lavoratori di “trovare” (vedi CACCIARE FUORI) 7 milioni di Euro l’anno per colmare la differenza di costo dell’operazione di Distacco rispetto a quella desiderata di cessione.

Le lavoratrici e i lavoratori nelle assemblee che si stanno proclamando in tutte le piazze avranno modo di esprimere il loro disappunto verso questa azienda aderendo alle forme di lotta che sceglieremo di intraprendere.

E hanno pure dovuto pagare profumatamente un “advisor” per arrivare a questo risultato! Complimenti!

Roma, 25/11/2021

Segreterie di Coordinamento Nazionale Gruppo BNL
FABI – FIRST CISL – FISAC CGIL – UILCA – UNISIN


3 - Fisac Cgil

Alla cortese attenzione del
Dott. Angelo Di Cristo
Head of Department
UNI Finance Global Union

Oggetto: Richiesta di sospensione di trattativa con il gruppo BNP Paribas a tutti i livelli

Le scriventi organizzazioni sindacali FABI, FIRST-CISL, FISAC-CGIL, UILCA e UNISIN, affiliate ad UNI Global Union, intendono sensibilizzare UNI sulla vicenda che sta investendo una delle aziende del settore credito e finanza italiani che ha sempre vantato delle ottime relazioni sindacali che hanno consentito alla Banca Nazionale del Lavoro (BNL), di proprietà del gruppo francese BNP Paribas, di attraversare momenti critici senza lasciare per strada nemmeno una collega o un collega, anzi andando anche contro tendenza e internalizzando intere aziende di servizio proprio per quella idea inclusiva, che le Organizzazioni Sindacali hanno sempre avuto.

Quello che sta succedendo in BNL è qualcosa che svilisce il confronto sindacale in un paese con un’altissima adesione alle Organizzazioni Sindacali e in un momento dove il fondamentale lavoro di “corpi intermedi” rischia di essere pericolosamente messo da parte.

Il piano industriale, in sintesi, prevede la chiusura di 135 agenzie di vendita su 705 totali e l’esternalizzazione di 830 lavoratrici e lavoratori (su 11.800), con la sola crescita di agenti di vendita non dipendenti.

L’atteggiamento arrogante della proprietà è evidente: privarsi di 830 lavoratrici e lavoratori non per coprire delle perdite o per ripartire, ma per aumentare i profitti a scapito della buona occupazione ed in nome della remunerazione del capitale, è qualcosa che non possiamo accettare da una azienda in ottima salute, peraltro ripartita grazie ai sacrifici fatti da tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori nel precedente piano industriale (2017-2020), anche con giornate di solidarietà.

Per questo chiediamo a Uni Finance di prendere una decisione netta e di dare il giusto segnale a chi lo voglia ricevere.

Oggi il sindacato non si fa più solo negli stabili delle direzioni, o nelle agenzie, ma anche a livello internazionale per contrastare al meglio queste multinazionali che pensano ad una realtà “diffusa” che esiste solo nella loro testa.

Sicuri di un riscontro positivo porgiamo i nostri più sentiti saluti.

Roma, 25 novembre 2021

I Segretari di Coordinamento di Gruppo BNL

Luigi Mastrosanti (FABI)
Valerio Maurizio Fornasari (First Cisl)
Martina Braga (Fisac Cgil)
Andrea D’Orazio (UILCA)
Tommaso Vigliotti (Unisin)


 

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Banche sempre più libere, Abruzzo sempre più povero: il 24 settembre protestiamo davanti alla Regione Abruzzo

Segreterie Regionali Abruzzo Molise

 

PRESIDIO DI FRONTE LA SEDE DELLA REGIONE ABRUZZO
(piazza Unione –Pescara)
24 Settembre 2021,ore 10,00-12,30

 

Le banche sempre più libere, l’Abruzzo sempre più povero

 

MONTE DEI PASCHI-UNICREDIT, BANCA POPOLARE DI BARI, B.N.L., BPER, BANCA ISP
si ristrutturano a danno del territorio e le comunità locali non hanno presìdi bancari

 

Banca M.P.S.: Sciopero nazionale, il 24 settembre ,delle lavoratrici e dei lavoratori che temono conseguenze per i livelli occupazionali, per le filiali che saranno cedute o chiuse in molti comuni, e per il mancato confronto col MEF, che non incontra le OO.SS. per l’ipotesi di fusione con Unicredit.

Banca Popolare di Bari: La più grande banca regionale del Centro Sud, che ha acquisito le banche regionali Banca Tercas e Banca Caripe, inizia la sua avventura di nuova Banca pubblica, dedicata al Mezzogiorno, chiudendo la maggior parte delle filiali in una delle regioni del Mezzogiorno.

BPER Banca: Ha incorporato ben tre banche locali (BLS, Carispaq e Serfina Banca) con conseguenti gravi impatti sulle economie locali – in termini di occupazione e di indotto -, e acquisito gli sportelli ex Unipol ed ex UBI ;sceglie di seguire l’esempio dei maggiori istituti bancari e di ridurre ulteriormente sportelli e dipendenti.

BNL: Le lavoratrici e i lavoratori protestano contro il progetto di cessione di numerose lavorazioni e di circa 900 lavoratori e contro la chiusura di 150 agenzie su tutto il territorio nazionale, per mera riduzione dei costi, pur essendo BNL un’azienda in ottima salute. Continua lo spostamento del baricentro dell’azienda verso le zone più ricche del Nord Italia.

BANCA INTESASANPAOLO: La riorganizzazione, conseguente la fusione ,tra Banca ISP ed Ubi si sta palesando come fortemente deleteria a scapito delle lavoratrici e dei lavoratori, e produrrà numerose chiusure, anche di Filiali “storiche”, ubicate in Comuni di alto valore simbolico.

I gruppi bancari nazionali operano in una logica di “profitti da commissioni, e tutto ciò fa pensare a politiche aziendali di breve/brevissimo periodo. La raccolta e le masse creditizie, per finanziare le imprese locali, scarseggiano sempre di più.

Aumentano i Comuni senza più uno sportello bancario, rendendo ancor più difficoltosa la ripresa economica e ostacolando gli sforzi dei cittadini e degli enti locali; molte delle località coinvolte dalle chiusure degli sportelli fanno parte dell’area del cratere del terremoto, area destinataria di ingenti risorse, per le quali sarebbe necessaria e opportuna l’intermediazione di un Istituto di credito locale.
In tutto ciò, non rileviamo l’attenzione da parte della Politica Regionale.

LE AZIENDE NON RICEVONO IL GIUSTO CREDITO, IL LAVORO SI PERDE E LE LAVORATRICI E I LAVORATORI NON HANNO FUTURO.

LA REGIONE ABRUZZO LASCIA FARE?

 

Le Segreterie Regionali

 

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I drammatici dati dell’abbandono bancario in provincia dell’Aquila

Da almeno 3 anni, come Fisac e CGIL L’Aquila, stiamo evidenziando i danni dell’abbandono bancario sul nostro territorio attraverso articoli, comunicati stampa ed un convegno espressamente dedicato a questo tema.

L’esame dell’andamento del 2020, sulla base dei dati reperibili dal sito della Banca D’Italia,  evidenzia un forte peggioramento della situazione, che più che confermare i nostri timori dimostra una realtà assai peggiore di quella da noi paventata.

Il numero più drammatico, che salta immediatamente all’occhio, è quello dei comuni privi di qualsiasi sportello bancario. Se in Italia le banche sono presenti all’incirca in 2 comuni su 3, nella provincia dell’Aquila solo 3 comuni su 10 possono vantare la presenza di almeno una filiale di un istituto bancario. Il dato, già drammatico, è precipitato nel 2020, quando ben 5 comuni hanno visto abbassare le saracinesche delle banche presenti. Mentre in Italia il numero di comuni senza banche scende del 2,27% in un anno, il dato abruzzese vede una riduzione doppia, -4,54% con un taglio di 7 comuni. Di questi sette, ben 5 sono comuni posti nella Provincia dell’Aquila, che quindi vede un calo di oltre il 13% nel numero di località servite da banche.
E’ interessante notare come tutti i comuni della Provincia dell’Aquila che lo scorso anno sono rimasti privi di servizi bancari abbiano pagato le scelte di un unico Gruppo bancario.

La tabella che segue riepiloga i dati relativi al numero di comuni nei quali è presente almeno uno sportello.

NUMERO COMUNI CON ALMENO UNO SPORTELLO BANCARIO 
Totale 2019 % su tot comuni Totale 2020 % su tot comuni Differenza % diff.
ITALIA 5.221 66,1% 5.102 64,5 -119 -2,3%
ABRUZZO 154 50,5% 147 48,2 -7 -4,6%
Provincia
AQ 38 35,2% 33 30,6% -5 -13,2%
CH 49 47,1% 48 46,2% -1 -2,0%
PE 28 60,9% 28 60,9% 0 =
TE 39 83,0% 38 80,9% -1 -2,6%
dati Banca d’Italia

Il fenomeno dell’abbandono non riguarda ovviamente solo i comuni più disagiati. Le chiusure di sportelli toccano l’intero territorio nazionale, ma sono più numerose in Abruzzo e ancor di più nella nostra provincia.

Così, se il dato nazionale evidenzia una riduzione complessiva del 3,42%, in Abruzzo la percentuale sale al 5,7%, con la Provincia dell’Aquila che anche in questo caso evidenzia una riduzione fortissima: 11,11%.
E’ bene precisare che tali riduzioni non hanno nulla a che vedere con il Covid, che anzi avrebbe dovuto consigliare il rinvio delle chiusure programmate, ma sono frutto di scelte fatte a tavolino dai grandi gruppi bancari, incuranti del fatto che chiudere filiali nel pieno della pandemia significava aumentare gli assembramenti in quelle che, restando aperte, avrebbero accolto maggiori flussi di clientela.

Anche in questo caso pubblichiamo la tabella riepilogativa:

NUMERO SPORTELLI BANCARI PER PROVINCIA
Totale 2019 Totale 2020 Differenza % diff.
ITALIA 24.312 23.481 -831 -3,4%
ABRUZZO 526 496 -30 -5,7%
Provincia
AQ 117 104 -13 -11.1%
CH 140 138 -2 -1,4%
PE 126 122 -4 -3,2%
TE 143 132 -11 -7,7
dati Banca d’Italia

 

L’ultimo dato che andiamo ad esaminare è quello relativo al numero complessivo di impiegati nel settore bancario. A livello nazionale prosegue l’andamento discendente che ha visto i bancari diminuire di 6.905 unità, pari ad un 2,45% del totale occupati nel settore. Ancora una volta i dati abruzzesi sono nettamente peggiori, con un calo percentuale sensibilmente maggiore (-4,42%) concentrato principalmente in provincia dell’Aquila, dove il calo percentuale è superiore al 6,55%.

Questi i dati complessivi:

NUMERO DIPENDENTI SETTORE BANCARIO PER PROVINCIA
Totale 2019 Totale 2020 Differenza % diff.
ITALIA 282.129 275.224 -6.905 -2,5%
ABRUZZO 3.352 3.210 -142 -4,2%
Provincia
AQ 717 670 -47 -6,6%
CH 974 957 -17 -1,7%
PE 804 768 -36 -4,5%
TE 858 816 -42 -4,9%
dati Banca d’Italia

 

Quando si parla di riduzione di impiegati nel settore bancario, l’opinione pubblica tende ad essere indifferente, non riuscendo evidentemente a cogliere l’impatto fortissimo che questi numeri hanno sui territori.
Facciamo alcuni esempi. Sappiamo quanto sia complicato continuare a vivere in uno dei nostri minuscoli comuni montani. Pensiamo ad una piccola azienda che, nonostante tutto, voglia continuare ad operare in uno di questi comuni. Il semplice fatto di doversi sobbarcare 60 o 70 Km solo per andare ad anticipare una fattura e tornare in sede può bastare a convincerla a lasciare il paesello. Oppure pensiamo ad un anziano, visto che la popolazione di questi insediamenti ha un’età media molto alta: doversi spostare anche solo di pochi km per ritirare la pensione può rappresentare un problema insormontabile.

Ma la questione non riguarda solo i comuni più piccoli. Stiamo assistendo ad un rapido abbandono del Centro-Sud da parte dei grandi istituti: ormai il 40% di tutti gli sportelli bancari è concentrato in solo 3 regioni (Lombardia, Emilia Romagna e Veneto). Questo non è indolore. Sappiamo per certo che quanto più chi deve concedere credito si allontana da un territorio, tanto più il rubinetto dei finanziamenti tende a chiudersi.
Sono considerazioni che abbiamo fatto più volte, ma adesso si vedono in concreto gli effetti sul territorio.

Possiamo rendercene conto esaminando quanto accaduto dopo il lockdown causato dalla prima ondata pandemica. Il Governo ha stanziato fondi di garanzia che coprivano tra l’80% e il 100% dei finanziamenti concessi alle imprese per ripartire dopo lo stop obbligato. In pratica, le banche potevano concedere nuovo credito rischiando poco o nulla; questo ha fatto sì che a livello nazionale l’ammontare complessivo dei crediti accordati dalle banche facesse registrare un aumento del 5%.
In Abruzzo tale incremento è stato del 2,6%, cioè la metà rispetto al dato nazionale. Come si spiega questo dato? Con il fatto che, a fronte dell’erogazione di finanziamenti garantiti per un importo di 2.108 miliardi, ben 1.586 sono stati utilizzati per assorbire prestiti preesistenti, con evidente vantaggio per le banche che hanno potuto sostituire finanziamenti a rischio con prestiti quasi interamente garantiti dallo Stato.
(dati ricavati da un’analisi effettuata dall’associazione Focus Abruzzo, sulla base di una recente ricerca dell’economista Aldo Ronci sul credito durante l’emergenza covid-19, per conto della Cna, illustrati in modo più dettagliato in questo articolo).

Cosa significa questo, all’atto pratico? Che le banche operanti nella nostra Regione, piuttosto che agevolare la ripartenza post covid fornendo alle aziende Abruzzese il carburante per investire e superare la crisi, hanno preferito pensare a come rientrare dei finanziamenti già accordati. Un chiaro segnale di scarso interesse per il futuro del nostro territorio, rispetto al quale hanno preferito cercare una via di fuga che permettesse di limitare al massimo le possibili perdite.
Per inciso: anche su questo tema la Fisac e la CGIL L’Aquila avevano inutilmente provato a lanciare l’allarme.

C’è un’immagine che rappresenta in modo fedele gli effetti delle scelte dei grandi istituti, sempre meno propensi ad investire nel Centro-Sud. La cartina che segue evidenzia l’andamento del credito alle famiglie negli ultimi 12 mesi.

(Fonte: Banca d’Italia. Aggiornamento a marzo 2021)

 

Si nota abbastanza chiaramente come il colore delle regioni, salvo rare eccezioni, tenda a diventare più chiaro man mano che ci si sposta verso sud. Emerge inoltre che in questa triste graduatoria della “parsimonia” bancaria, Molise e Abruzzo occupino purtroppo la seconda e la terza posizione in classifica.

Non sono solo freddi numeri: significa che in queste regioni tante famiglie hanno dovuto rinunciare a comprare una casa, a cambiare la macchina, a far studiare i figli. Ma significa anche che tante aziende hanno dovuto chiudere, tanti posti di lavoro sono stati persi.
Se guardiamo i dati relativi al tasso di disoccupazione giovanile in Provincia dell’Aquila, ci accorgiamo che l’andamento del 2020 evidenzia un netto peggioramento.

% DISOCCUPATI IN PROVINCIA AQ – FASCIA 15/24 ANNI 
ANNO 2019 2020
Percentuale disoccupati 21,5% 28,0%
di cui
disoccupazione femminile 28,6% 36,2%
disoccupazione maschile 16,9% 25,8%

Le cause per un andamento così negativo sono molteplici e non riconducibili esclusivamente alle politiche dei grandi Gruppi Creditizi; ma è evidente che la carenza di servizi bancari e la difficoltà crescente nell’accesso al credito sono elementi che contribuiscono in modo determinante a spiegare questi numeri.

Appare inspiegabile il totale disinteresse di fronte a queste problematiche da parte della politica, per la quale il mantenimento di livelli minimi di copertura bancaria del territorio dovrebbe rappresentare un tema prioritario, oltre che un preciso dovere previsto dalla Costituzione. In base a quanto previsto dall’art. 47 le istituzioni avrebbero infatti il compito di disciplinare, coordinare e controllare l’esercizio del credito.
Difficile capire se tale disinteresse sia causato da incapacità di comprendere la gravità della situazione o da connivenza (le banche hanno da sempre una forte capacità di orientare le scelte politiche: non è un caso che a Palazzo Chigi sieda un banchiere).
In entrambi i casi, c’è di che essere molto preoccupati.

 

FRANCESCO MARRELLI
Segretario Generale CDLT L’Aquila

Luca Copersini
Segretario Provinciale Fisac/Cgil L’Aquila

 

 




BNL: da irresponsabili fare utili sulla pelle dei lavoratori

2 - First Cisl 3 - Fisac Cgil 6 - Uilca Unisin nuovo logo

SEGRETERIE DI COORDINAMENTO NAZIONALE GRUPPO BNL


La mobilitazione continua

 

Le Organizzazioni Sindacali FABI, FIRST CISL, FISAC CGIL, UILCA e UNISIN hanno incontrato ieri l’AD come richiesto da tempo, in relazione alle note voci inerenti il prossimo Piano Industriale.
L’azienda non ha smentito le cessioni di ramo d’azienda, e quindi anche di colleghe e colleghi, ipotizzate e non intende rimettere in discussione la cessione dell’80% del pacchetto azionario di Axepta.

La mobilitazione continua e, necessariamente, aumenterà l’intensità dell’azione sindacale per contrastare soluzioni che, come abbiamo spiegato all’AD, oltre a prevedere l’inaccettabile estromissione di più di 900 persone dal perimetro del Gruppo, anche alla luce della storia aziendale e dei precedenti piani industriali e di riorganizzazione, non convincono circa l’effettiva utilità per assicurare a BNL di poter affrontare efficacemente le sfide del futuro ed il mercato.

Oggi si terrà l’assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori della Direzione Generale e la prossima settimana, martedì 13 dalle 9 alle 13, ci sarà un presidio sindacale al Palazzo Orizzonte Europa.

La strada è ancora lunga e ci batteremo con determinazione per ottenere soluzioni diverse.
Pensare che le sfide del mercato si vincano disperdendo il patrimonio professionale e umano rappresentato dai propri dipendenti è una visione estremamente miope ed irresponsabile.

Roma, 09/07/2021

 

Segreterie di Coordinamento Nazionale Gruppo BNL
FABI – FIRST/CISL – FISAC/CGIL – UILCA – UNISIN




Pop. Bari: al via la procedura di riorganizzazione

In data odierna si è dato l’avvio alla procedura relativa al piano di efficientamento e riorganizzazione della Banca Popolare di Bari.  Come Fisac Cgil riteniamo assolutamente insoddisfacente la presentazione che ci è stata fatta di un piano che, tra l’altro, non può da nessun punto di vista essere considerato un piano industriale stante  l’assenza del modello di Banca che si vuole disegnare.

Tutta l’informativa, sia quella fornitaci per iscritto che quella consegnata nel corso dell’incontro, verte solo sull’efficientamento e quindi sulla riduzione dei costi del personale nella misura del 40 per cento. Abbiamo con forza ribadito che:

  • salvaguarderemo con ogni strumento i livelli occupazionali e salariali
  • i numeri degli esuberi dichiarati e delle filiali da chiudere sono inaccettabili
  • vogliamo chiarezza e trasparenza sul futuro della Banca.

È intollerabile cercare di far ricadere la responsabilità dell’attuale situazione della Banca sui lavoratori e lavoratrici che fin troppi sacrifici hanno affrontato negli ultimi anni e sono le vittime incolpevoli della dissennata passata governance.

In più di un’occasione l’azienda ha dichiarato che il personale rappresenta una risorsa e una ricchezza per la Banca.

Proprio per questo principio condiviso affermiamo con forza che la ricchezza va tutelata e, soprattutto, valorizzata e che i dipendenti non possono essere trattati solo come dei numeri che si possono sottrarre senza problemi.

Bari, 30 aprile 2020

Lia Lopez – Delegata nazionale Fisac Cgil per le trattative in Banca Popolare di Bari




Pop. Bari: per la FISAC Abruzzo a forte rischio credito

“Il rischio è lo spacchettamento delle filiali, lo spopolamento delle filiali nei piccoli centri, l’occupazione e il credito che avrà forti problemi: ecco perché vediamo con favore la creazione di un tavolo continuativo nel tempo per monitorare tutto ciò che accade in Popolare di Bari”.

E’ quanto dice all’ANSA Francesco Trivelli della Fisac, il maggior sindacato del settore in Abruzzo.
Trivelli è reduce dall’incontro con l’assessore Febbo e lancia il suo allarme:
“Noi siamo molto preoccupati per il territorio abruzzese: non ci nascondiamo che l’eventuale
trasformazione di Pop. Bari in una banca di investimenti inevitabilmente avrà una ricaduta sull’Abruzzo, dove ci sono 800 dipendenti, che rappresentano il 25% del personale attuale
dell’istituto, sui 2.800 complessivi. Noi siamo preoccupati per questo secondo ‘choc’ bancario dopo le vicende Tercas e Caripe, a distanza di pochi anni da quei commissariamenti o vendite: l’Abruzzo è senza banche. Il rischio è l’ipotesi di vendita di filiali – e capire chi le compra – tenendo presente che oggi Pop. Bari in Abruzzo raccoglie 3,5 mld di euro a fronte di investimenti per 2,5 mld. Insomma, non ci preoccupiamo tanto dell’impatto occupazionale, quanto del sistema economico abruzzese nel suo complesso”.

Per la Fisac quindi il rischio è sistemico: ”Specie in una
regione dove locali restano solo le Bcc. Non vorremmo insomma
che si pensasse ad un ‘Sistema Puglia’ in crisi oscurando il
resto del paese – insiste Trivelli – bene quindi che la politica
abruzzese abbia iniziato a porsi il problema come è già successo
in Puglia e porti sul tavolo nazionale una eventuale vertenza
Abruzzo”.

Fonte: ANSA




Le banche nel mondo annunciano 77.780 licenziamenti, è record dal 2015

L’82% dei posti di lavoro nel 2019 è stato perso in Europa, ma anche in Nordamerica sono svaniti 7.669 impieghi davanti a incertezze economiche, concorrenza e innovazioni tecnologiche.

Per chi nei servizi finanziari ci lavora, il 2019 è stato un anno ben più magro che non per coloro che a Wall Street e dintorni investono: l’anno di nuove ondate di licenziamenti ad ogni latitudine. Quasi 80mila lettere di benservito in dodici mesi sono arrivate nelle banche su scala globale, facendo impennare ad almeno 425mila il totale dei posti di lavoro eliminati dal 2014 dal settore che, dopo esser stato al centro dell’ultima grande crisi, è oggi caccia di redditività e efficienza in un clima segnato non solo da incognite sul futuro dell’economia ma da pressioni concorrenziali e profonde trasformazioni tecnologiche.

Morgan Stanley ultima a tagliare
Il fenomeno dei tagli di massa non riguarda solo l’Europa – o l’Italia – dove l’occupazione bancaria è stata di recente martoriata da annuncio dopo annuncio di riduzioni del personale. Una delle più recenti, drastiche sforbiciate è dell’americanissima Morgan Stanley, che nelle prime settimane di dicembre ha deciso di eliminare 1.500 posti di lavoro, il 2% dei suoi oltre 60mila dipendenti mondiali. Comunicati ufficiali alla mano, da gennaio oltre 50 gruppi al mondo hanno reso nota la cancellazione, per la precisione, di 77.780 impieghi. Cifra che è la più elevata dal 2015, quando il settore perse su scala internazionale 91.448 buste paga.

La strage del lavoro in banca, in nome di produttività e risparmi, è stata scatenata da una combinazione di fattori: la necessità di attrezzarsi al cospetto di un’economia in frenata, anche se pare intenzionata a evitare aperte recessioni. Il bisogno di fare i conti con una continua realtà di bassi tassi di interesse che complica la performance del business tradizionale. E con una bassa volatilità sui mercati che complica le entrate da trading.
Infine e soprattutto l’inevitabilità di rivoluzioni tecnologiche, con ampio ricorso a innovazioni quali l’intelligenza artificiale, che hanno accresciuto oltremisura l’importanza e la possibilità di contenere i costi.

Europa regina dei licenziamenti
Nel caso delle banche del Vecchio continente, si sono manifestati nel business anche malesseri più gravi, quali l’impatto sulla redditività di tassi di interesse negativi e le sofferenze dell’economia della regge per le tensioni commerciali. Gli istituti europei sono così stati protagonisti di oltre quattro quinti dei tagli complessivi – per l’esattezza l’82% del totale.

Stando a calcoli di Bloomberg, effettuati sulla base dei documenti depositati dalle banche presso le authority di supervisione, 63.611 posti di lavoro sono svaniti nella sola Europa. Altri 7.669 sono spariti in Nordamerica, 3.500 in America Latina, 2.487 in Medio Oriente e Africa e 513 nella regione Asia-Pacifico. Statistiche che, oltretutto, stando gli analisti, potrebbero semmai sottostimare il fenomeno di ristrutturazione e consolidamento, dato che spesso gli istituti non comunicano pubblicamente tutti gli snellimenti programmati.

Da Deutsche Bank a UniCredit
L’Europa domina la classifica con i licenziamenti messi in cantiere da dieci banche, a cominciare da istituti tedeschi e italiani. Deutsche Bank, scottata da scandali e fuoriuscite da intere attività quali l’investment banking, ha annunciato l’eliminazione di 18mila impieghi entro il 2022. L’italiana UniCredit ha varato piani per tagliare ottomila impieghi entro il 2023 – il 9% della sua forza lavoro – e chiudere 500 filiali. Santander, Commerzbank, Hsbc e Barclays seguono a ruota con riduzioni comprese tra tremila e cinquemila posti.

Nuove riduzioni nel 2020
Le concorrenti banche statunitensi non sono state immuni da difficoltà ma al confronto sono state aiutate da un costo del denaro che, per quanto ultra-basso, nel dopo-crisi ha recuperato terreno. E da un’espansione che ha raggiunto il record di longevità entrando nell’undicesimo anno consecutivo e reggendo anche l’urto delle incertezze nell’interscambio.

Anzi, i colossi americani della finanza hanno allargato il loro raggio d’azione globale approfittando di crisi e ritirate di colossi europei quali Deutsche, strappando posizioni e business sullo stesso Vecchio continente. La saga delle riduzioni e delle riorganizzazioni non appare comunque conclusa con il 2019, negli Usa come neppure in Europa dove ha imperversato. Il 2020, secondo quando affiorato, dovrebbe portare con sé ulteriori riorganizzazioni, dal gruppo svizzero Julius Baer a quello spagnolo Banco Bilbao.

 

Fonte: www.ilsole24ore.com

 




Unicredit: basta fare utili con il taglio dei Lavoratori

Respingiamo in modo categorico le logiche di taglio del costo del lavoro prospettate nel nuovo Piano Industriale TEAM 23 del Gruppo Unicredit.

In particolare contestiamo il taglio del personale, indicato in 8.000 FTE nel Gruppo, di cui 6.000 FTE netti in Italia, cosi suddivisi: 3400 nella rete con una riduzione di 450 filiali, 1400 trasformazione COO Area (back office), 700 Holding e Altro, 500 ulteriore efficientamento da Piano Transform 2019.

Il sindacato ritiene che in Unicredit non ci siano esuberi di dipendenti, come testimoniano i crescenti carichi in termini operativi e di responsabilità che devono sopportare i lavoratori, e le numerose vertenze territoriali in tema di organici insufficienti ed il continuo ricorso a personale/consulenze esterne al Gruppo (My Agent).

Non è credibile un così netto taglio degli organici, la maggior parte in Italia, che allontana oggettivamente l’azienda dall’economia reale del nostro Paese.

Da tempo invece rivendichiamo la necessità che l’Azienda recuperi una visione di Banca al servizio dell’economia, peraltro in coerenza con la prospettiva che stiamo sostenendo come Organizzazioni Sindacali nel confronto con l’Abi per il rinnovo del Contratto Nazionale del credito.

In considerazione di questa concomitanza e della portata del Piano industriale del Gruppo riteniamo indispensabile che la trattativa in base alle procedure contrattuali sulle ricadute del Piano stesso avvenga solo al termine del confronto per il rinnovo del Contratto Nazionale.

 

Milano, 3 dicembre 2019

 

Segreterie Nazionali
Segreterie di Coordinamento Gruppo UniCredit
Fabi – First Cisl – Fisac Cgil – Uilca – UniSin




È così che si difende la città?

Sulla pagina facebook del giornalista aquilano Gianfranco Cocciolone, noto volto delle reti televisive locali, è apparso ieri il post che riportiamo di seguito. Riteniamo opportuno parlarne, perché ci dà lo spunto per qualche importante riflessione di carattere generale.

Prima di tutto entriamo nel merito del post, che appare un attacco ai lavoratori totalmente privo di ragioni sensate. Esaminiamolo punto per punto.

  • Negli sportelli bancomat i soldi finiscono. E’ un dato di fatto. Finivano anche quando esistevano la Carispaq, la Tercas, la Banca Popolare della Marsica o tutte le altre banche che nel frattempo sono state incorporate. Trovare un bancomat vuoto è molto più probabile di lunedì mattina o nei periodi di festa (Ferragosto, tanto per fare un esempio).
  • Il caricamento del bancomat non può avvenire in orario di sportello, come può comprendere qualsiasi persona dotata di buon senso. Tenere aperte le casseforti, maneggiare decine di migliaia di euro durante il normale flusso di clientela sarebbe una follia, oltre ad essere severamente vietato dalle norme interne. L’alternativa sarebbe chiudere la filiale per una mezz’oretta per ricaricare il bancomat, ma in quel modo il disservizio creato sarebbe molto maggiore.
  • Esistono giorni in cui in banca c’è più fila. Il lunedì mattina, a esempio, oppure i giorni a ridosso di un ponte festivo. Si può trovare più fila nei periodi di ferie, visto che gli organici sono comprensibilmente ridotti. Lunedì 19 agosto è una data che presenta tutte le caratteristiche per giustificare un maggior affollamento: caratteristiche che accomunano tutte le banche, passate e presenti.
  • Alla Carispaq ci sarebbe stata meno fila? La filiale di cui si parla è preesistente all’arrivo di BPER. Quando era una filiale Carispaq aveva due casse; ora che è una filiale BPER ha due casse. Però alla Carispaq ci sarebbe stata probabilmente più fila per un motivo oggettivo: il numero di operazioni allo sportello nel corso degli anni si è notevolmente ridotto a seguito della crescente diffusione delle piattaforme home banking.

Un attacco del genere appare del tutto scollegato dalla realtà come ampiamente dimostrato: quindi perché farlo?
Per superficialità? Per guadagnare popolarità? Per la sindrome di “Sant’Agnese” che affligge in modo cronico la nostra città?

La BPER, aldilà delle comprensibili nostalgie per la Carispaq e per i bei tempi andati, resta una delle aziende private più grandi della nostra Provincia e della nostra Regione: una realtà occupazionale che dovrebbe essere tutelata. Attacchi del genere producono immancabilmente la stessa reazione: arriva qualcuno che dice“Allora chiudiamo tutto”.
Evidentemente anche un post su Facebook può contribuire alla perdita di posti di lavoro.

E da qui partiamo per una riflessione di portata più ampia, purtroppo molto amara.

Come FISAC L’Aquila stiamo denunciando da tempo il rischio di un abbandono della città da parte dei principali gruppi bancari, con conseguenze gravissime in termini di occupazione, ma soprattutto relativamente al sostegno alle imprese ed alle famiglie. Di seguito riportiamo i link ad alcuni degli articoli scritti riguardo a queste problematiche:

I grandi gruppi bancari se ne stanno andando via
Il ruolo delle banche nella Provincia dell’Aquila
Banche: in Abruzzo persi 736 posti in tre anni, male la Provincia dell’Aquila

La scomparsa delle piccole banche e il loro accorpamento da parte di Istituti di Credito di dimensioni medio-grandi rappresentano per il nostro settore una realtà alla quale non è possibile opporsi. Ciò per cui ci battiamo, giornalmente, è cercare di limitare le conseguenze di questi processi, impegnandoci a difesa di ogni singolo posto di lavoro, ogni singola filiale sul territorio.
Se le banche se ne vanno le conseguenze sono pesantissime: non solo dal punto di vista occupazionale, ma anche perché l’economia locale, privata di un adeguato sostegno, è destinata ad impoverirsi pesantemente.

Si tratta di una questione che dovrebbe essere al centro dell’agenda politica, al centro del dibattito sui mezzi d’informazione; invece notiamo la totale indifferenza da parte della città, della cosiddetta società civile, delle istituzioni.

In altri territori abbiamo visto come i politici si mobilitino, come tutti facciano quadrato per impedire la chiusura di sportelli. Da noi si chiudono filiali, si smantellano uffici, si “razionalizzano” strutture presenti da anni in città, nella più totale indifferenza delle istituzioni, seppur ripetutamente sollecitate da noi e dalle altre Organizzazioni Sindacali.
La politica locale non sa, non vede, non capisce. In questo rappresenta adeguatamente una comunità che non sa, non vede e non capisce, convinta magari che l’allontanamento delle banche sia un problema che riguarda solo chi ci lavora. Si coglie anzi un certo compiacimento di fronte alle difficoltà di una categoria che continua ad essere vista come privilegiata, anche questo in virtù di convinzioni ormai lontane dalla realtà: provate a chiedere ad un neo-assunto quanto prende di stipendio, e quali pressioni deve subire come contropartita.

Per questo, un post come quello di Gianfranco Cocciolone sconcerta: perché arriva da chi, per il mestiere che fa, avrebbe il dovere di sapere, di vedere, di capire. Non è la prima volta che qualcuno cerca facile consenso in città attaccando in modo strumentale l’istituto bancario maggiormente presente, e già in passato la FISAC dell’Aquila ha ritenuto suo dovere intervenire a tutela dei lavoratori.

Ovviamente il signor Cocciolone, al pari di chiunque altro, è libero di manifestare le sue opinioni e le sue critiche: deve però essere consapevole che esprimendosi in modo così superficiale appare poco credibile quando si erge a paladino del territorio, diventando egli stesso una parte del problema.

Come scrive lo stesso Cocciolone in un altro post: “Quindi quando si dice L’Aquila dimenticata da TUTTI è vero? Che tristezza…!”