Pressioni commerciali: cosa cambia nel Gruppo Bper con il nuovo accordo?


Lo scorso 30 marzo abbiamo sottoscritto, assieme alle altre OO.SS. e con l’Azienda, il nuovo accordo su Politiche Commerciali e Organizzazione del Lavoro.

Le Politiche Commerciali sono disciplinate da un Accordo Nazionale sottoscritto con l’ABI l’8 febbraio 2017, recepito nel Gruppo Bper con l’Accordo sottoscritto in data 2 agosto 2018. Le trattative, protrattesi per diverse settimane, puntavano a migliorare le norme esistenti e a renderle più esigibili; pensare di arrivare ad una radicale riscrittura delle stesse sarebbe stato poco realistico, e probabilmente oltre le possibilità dello stesso Gruppo BPER.

Nonostante ciò, siamo riusciti a portare a casa diversi miglioramenti che riteniamo possano alleggerire almeno in parte il clima oppressivo che si respira nelle filiali, a patto di essere conosciuti e messi in pratica da tutti. Per questa ragione, riteniamo importante riepilogare in modo sintetico le novità introdotte nell’accordo appena firmato.

 

SANZIONABILITA’ DEI COMPORTAMENTI SCORRETTI

Lo scopo principale delle modifiche introdotte è far sì che l’accordo sia maggiormente esigibile riguardo a quello preesistente, che in tante occasioni si era rivelato complicato da calare nella realtà che si vive nei nostri luoghi di lavoro.
Con questo scopo, tra le premesse dell’accordo è stata espressamente prevista la possibilità di interventi di natura disciplinare in caso di violazione dello stesso. L’accordo prevede inoltre che si tenga conto della reiterazione di comportamenti scorretti da parte dei medesimi soggetti, previsione non presente nella vecchia versione.
Ovviamente lo scopo del Sindacato non è chiedere la moltiplicazione delle sanzioni, e tale riferimento vuole fungere prima di tutto da deterrente. D’altro canto, sappiamo che la Banca tende a valutare in modo assai diverso violazioni anche di piccoli aspetti formali da parte di operatori di filiale, per i quali i provvedimenti disciplinari sono fin troppo frequenti, rispetto a irregolarità, spesso ben più gravi, commesse in materia di pressioni commerciali, spesso condannate in modo vago e generalizzato ma in realtà tollerate quando non addirittura incoraggiate.
(Di questo aspetto ci eravamo già occupati in passato con questo articolo).
Aver scritto chiaramente che l’accordo costituisce a tutti gli effetti normativa aziendale, e che quindi il mancato rispetto può produrre le stesse conseguenze che derivano dall’inosservanza di qualsiasi altra normativa, rappresenta un passaggio importante, non soltanto formale.

 

COMMISSIONE PARITETICA

Organo fondamentale per il reale funzionamento dell’accordo è la commissione che si riunisce periodicamente, composta da rappresentanti dell’Azienda e delle OOSS, per esaminare ogni possibile comportamento irregolare. E’ indispensabile, per consentire il reale funzionamento dell’accordo, che tutto ciò che fuoriesce dalle norme sia segnalato alla Commissione.
Torneremo sull’argomento segnalazioni, troppo importante per liquidarlo in due parole.
Intanto l’accordo prevede che la frequenza delle riunioni sia raddoppiata, passando da quadrimestrale a bimestrale, andando così ad accorciare i tempi tra la rilevazione delle possibili irregolarità ed il loro esame. Resta la possibilità di richiedere riunioni urgenti in situazioni di particolare gravità.
Un’importante novità è rappresentata dall’impegno, a carico dell’Azienda, di fornire tempestivo riscontro relativamente alle segnalazioni analizzate e comunicare i dati relativi ai provvedimenti assunti per eventuali violazioni degli accordi.
Si tratta di un significativo passo avanti in quanto, fino ad ora, il più delle volte l’Azienda non comunicava nulla riguardo ad eventuali interventi generati da nostre segnalazioni.

 

CAMPAGNE COMMERCIALI

Uno dei punti su cui la nostra attenzione si è concentrata sono state le campagne di breve durata, le Focus Week o i Focus Day. Avremmo voluto vietarle del tutto, ma dovendo convincere la controparte questo obiettivo appariva irrealizzabile. Siamo comunque riusciti ad ottenere che nel testo dell’accordo, all’Art. 8, sia inserita la frase:
“Tali iniziative non devono costituire in alcun modo strumenti per esercitare improprie pressioni commerciali”.
L’aver inserito nell’accordo un testo che l’Azienda ha condiviso rappresenta una base importante da cui partire. Perché le cose possano davvero cambiare, tuttavia, servirà la collaborazione e l’impegno di TUTTI. E anche su questo torneremo.
Altra parte del testo ad aver subito modifiche radicali è la parte finale dell’articolo 8:
“Le parti si danno atto che il mancato raggiungimento degli obiettivi quantitativi commerciali di per sé non determina una valutazione negativa, non costituisce motivazione per l’assegnazione a ruoli differenti o trasferimenti e non costituisce inadempimento del dovere di collaborazione attiva ed intensa”
Sappiamo bene che il timore di chi si trova a confrontarsi quotidianamente con i dati di vendita è quello di subire trasferimenti o demansionamenti. Sappiamo che, anche se non dovrebbe essere così, non vendere abbastanza comporta un abbassamento della valutazione professionale.
Ora l’Azienda concorda con noi e sottoscrive un testo nel quale si afferma in modo chiaro e non equivocabile che tutto questo non si può fare, quindi ogni minaccia, anche velata, costituisce una chiara violazione delle norme.

 

COMUNICAZIONE

Abbiamo chiesto ed ottenuto che nell’articolo 9, dopo il testo preesistente in base al quale “le comunicazioni devono essere improntate a modalità rispettose della dignità e professionalità delle lavoratrici e lavoratori”, si provvedesse ad integrare la parte finale del primo comma vietando “messaggi che possano risultare fuorvianti, intimidatori, offensivi, vessatori o elusivi del presente accordo”.
Le parole in rosso sono quelle che abbiamo aggiunto. Può sembrare una modifica poco significativa, ma non è così. Uno dei problemi che la Commissione si trova spesso a dover affrontare è definire quali comportamenti siano da considerare scorretti, perciò ogni singola parola che serva a meglio delimitare il perimetro ha una sua utilità.
Se fino a ieri una frase del tipo: “Non riesci a vendere le polizze? Magari con clienti di un’altra provincia potresti avere risultati migliori…” poteva essere liquidata come una semplice battuta, seppur di pessimo gusto, oggi possiamo affermare che viola almeno due articoli dell’accordo.
Tutte le comunicazioni devono avvenire esclusivamente su mezzi aziendali, rispettando gli orari di lavoro e il diritto alla disconnessione. Quindi costituiscono violazioni dell’accordo messaggi inerenti campagne commerciali o dati di vendita se inviati sul telefono personale. Gli stessi messaggi costituiscono comunque violazioni dell’accordo se inviati sul telefono aziendale, ma dopo l’orario di lavoro o nel fine settimana.
Le riunioni devono essere convocate nel rispetto dell’orario di lavoro: quindi non è ammissibile che si svolgano durante la pausa pranzo, e nel caso si protraggano oltre l’orario ordinario di lavoro deve essere riconosciuto lo straordinario ai partecipanti.
La convocazione delle riunioni deve avvenire con adeguato preavviso. Inoltre, le riunioni devono favorire la massima inclusione, quindi tenendo in considerazione le esigenze di tutti i colleghi.
Sul portale aziendale, nella sezione “Servizi per il Personale”, sarà creata una nuova pagina “Politiche Commerciali e Organizzazione del Lavoro” dalla quale si potrà avere accesso al testo dell’accordo recentemente sottoscritto, a tutte le normative aziendali (compreso il Codice Etico) e nazionali e a tutti gli aggiornamenti che saranno pubblicati sull’argomento.

 

MONITORAGGIO DATI COMMERCIALI

Ci siamo battuti fino all’ultimo per ottenere il divieto di pubblicazione di classifiche tra filiali (ricordiamo che eventuali classifiche tra singoli colleghi sono comunque vietate dalla normativa privacy) ed è stato uno degli aspetti più controversi durante la trattativa. L’Azienda non ha voluto citare espressamente il tema. Riteniamo tuttavia di aver ottenuto maggiori margini di intervento su tutti gli utilizzi impropri che di tali classifiche vengono fatti: modalità di comunicazione, minacce, utilizzo  delle campagne come causa di pressioni illegittime.
Non sono più ammessi report manuali approntati su richiesta pervenute dalle Aree o dalle Direzioni Regionali. Questo purtroppo non significa la totale eliminazione di reportistica manuale, ma la richiesta potrà avvenire solo su modelli predisposti a livello centrale dall’Azienda e preventivamente comunicati alla Commissione Paritetica.
Avremmo voluto che tali report fossero vietati del tutto; in ogni caso, la formulazione attuale pone fine alle tante richieste che giornalmente nascevano a livello locale, andando ad ingolfare l’operatività giornaliera, e rappresenta un indubbio progresso.
Nell’accordo è stato invece inserito in modo chiaro il divieto di richiedere dati previsionali.
E’ stato inoltre introdotta una norma, pensate prevalentemente per gli addetti ai contact center in base alla quale i tempi di contatto fisici o virtuali con la clientela, anche interna, non possono costituire elementi di valutazione e osservazione individuale.

 

SISTEMI INCENTIVANTI

Uno degli obiettivi che avremmo voluto perseguire è contrastare l’attribuzione di obiettivi individuali, che però non costituiscono materia trattata nell’accordo preesistente.
Siamo riusciti ad inserire un passaggio alla fine dell’Articolo 10 nel quale viene previsto che l’assegnazione degli obiettivi debba avvenire “ponendo la massima attenzione alla valorizzazione del lavoro di squadra e alla professionalità dei singoli lavoratori”

 

COME FACCIAMO A FAR FUNZIONARE L’ACCORDO?

Le pressioni commerciali fanno parte della nostra vita di bancari, e si faranno sentire in modo sempre più pressante, nonostante già adesso appaiano spesso insostenibili. Dovremo comunque conviverci, ma non siamo del tutto indifesi. L’accordo sulle Politiche Commerciali non risolve tutto, ma ci fornisce strumenti concreti per arginare gli abusi. A differenza di altri accordi, da solo non può produrre effetti.
Sappiamo bene che gli abusi ci sono, e sappiamo che vengono posti in essere da chi conta di poter godere di una sostanziale impunità. Dipende da ognuno noi far sì che l’accordo sottoscritto funzioni. E l’elemento fondamentale, ciò che davvero può far cambiare le cose, sono le segnalazioni. Ogni comportamento scorretto deve essere segnalato, e viene inoltrato evitando di esporre in alcun modo il segnalante, come abbiamo avuto modo di sperimentare. Purtroppo, ad oggi, le segnalazioni sono molto meno del dovuto: questo ha consentito  all’Azienda di affermare che il fenomeno delle pressioni illegittime nel Gruppo Bper non sarebbe sistematico.
Nonostante le difficoltà di far riconoscere all’azienda la scorrettezza di alcuni comportamenti, in diversi casi (non sempre) sono servite a far cessare le pressioni illegittime. E questo ci incoraggia ad insistere su questa strada.

Vogliamo che le cose cambino? Ecco alcune indicazioni.

MA QUINDI IO COSA POSSO FARE?

Premessa: a nessuno viene richiesto di fare l’eroe o di esporsi a possibili ritorsioni. I Rappresentanti Sindacali servono proprio per fare da tramite ed evitare che questo accada. I comportamenti che suggeriamo sono molto più semplici da porre in essere di quanto si creda.

  1. Parlare di ciò che succede. E’ fondamentale confidarsi con i colleghi, per confrontare le esperienze e sentirsi meno soli nell’affrontare le situazioni più difficili. Ed è ancor più fondamentale parlare con i propri rappresentanti sindacali, e valutare insieme se l’episodio raccontato possa dar luogo ad una segnalazione. Pur avendone fatte meno di quante avremmo voluto, abbiamo gestito decine di segnalazioni, e neanche in un caso abbiamo esposto i colleghi a possibili ritorsioni. Qualora non sia possibile segnalare un episodio garantendo l’anonimato del collega, preferiamo evitare del tutto la segnalazione.
    Quindi, a titolo di esempio, è molto difficile segnalare una singola telefonata nella quale sono stati pronunciati insulti o minacce, anche perché per farlo sarebbe necessario registrarla (comportamento tra l’altro perfettamente lecito, quando si è parte attiva dell’interlocuzione). Ma se in una riunione alla quale partecipano decine di colleghi viene usato un linguaggio intimidatorio, possiamo – anzi dobbiamo – segnalare che “Nella riunione svoltasi il giorno XX presso YY è stato detto da ZZZZZ quanto segue…” Magari questo non porterà conseguenze immediate per chi ha usato un linguaggio non accettabile, ma servirà a fargli arrivare un messaggio, facendogli capire che non può più fare o dire tutto ciò che vuole. E può accadere solo se i partecipanti raccontano l’accaduto ai propri rappresentanti sindacali.
    L’indirizzo al quale inviare le segnalazioni è [email protected]. Si tratta di una casella alla quale hanno accesso solo rappresentanti sindacali Fisac, che poi provvederanno all’inoltro all’azienda senza rivelare l’identità del segnalante.
  2. Conoscere e rispettare il contenuto dell’accordo. Possiamo scrivere il miglior accordo del mondo, ma poi sta ad ogni singolo lavoratore rispettarlo. Se non è più consentito a livello di semicentro chiedere files a compilazione manuale, eventuali richieste in tal senso vanno ignorate, e immediatamente segnalate al proprio rappresentante sindacale. Ricordiamoci che un eventuale sollecito da parte di chi ha richiesto la compilazione del file, magari accompagnato da insulti o minacce, configurerebbe una doppia violazione dell’Accordo, e in quanto tale esporrebbe lui a possibili provvedimenti disciplinari.
    Ovviamente se in caso di richieste illegittime tutti si limitassero a compilare ed inviare i files come è stato fatto finora, l’aver inserito queste previsioni si rivelerebbe del tutto inutile.
    Anche in questo caso, il primo passo è parlare con il proprio rappresentante sindacale e concordare il comportamento da adottare.
  3. Spegnere il telefono aziendale dopo l’orario di lavoro. O, meglio ancora, lasciarlo in filiale quando si esce dal lavoro. Non è consentito inviare comunicazioni fuori orario, quindi non è necessario che il telefono resti acceso. Tutti i messaggi o le telefonate che arrivano fuori orario rappresentano una violazione al CCNL e all’Accordo: anche in questo caso ricordiamoci che nessuno può contestarci la decisione di spegnere il telefonino aziendale dopo l’orario di lavoro (diritto espressamente previsto dal CCNL), ma che invece può essere contestata la violazione a chi si ostina a cercarci quando non gli è consentito farlo.
  4. Ricorrere contro le valutazioni professionali. L’Accordo prevede che il mancato raggiungimento degli obiettivi non possa comportare una riduzione della valutazione professionale, che deve basarsi su altri parametri. Purtroppo sappiamo che nella realtà anche la parte della scheda di valutazione concernente l’adeguatezza al ruolo viene spesso basata sui numeri delle vendite. Se si ritiene di essere stati valutati in modo iniquo esclusivamente per ragioni quantitative, si può fare ricorso contro la valutazione professionale; il ricorso rappresenta un diritto di ogni lavoratore, e non c’è alcun motivo di temere ritorsioni da parte dell’Azienda.
    Anche in questo caso è importante contattare urgentemente il proprio rappresentante sindacale e decidere insieme il da farsi.

Anche quando non producono effetti immediati, le segnalazioni possono rivelarsi preziose  a distanza di tempo, fornendo elementi a discolpa in caso di future contestazioni disciplinari o citazioni in giudizio.

Ricordate che i rappresentanti Fisac sono sempre a vostra disposizione, e che solo impegnandoci tutti insieme possiamo riuscire a migliorare il clima aziendale.

 

Scarica il testo dell’accordo




Lo stalking alla collega costituisce giusta causa di licenziamento

Il compimento di atti persecutori ai danni di una collega, pur avvenuto al di fuori dell’ambiente di lavoro, lede il rapporto fiduciario con il datore di lavoro e può costituire giusta causa di licenziamento.


 

La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1890/2020, ha ritenuto che costituisca giusta causa di licenziamento il compimento di molestie ai danni di una collega, anche se avvenute fuori dal luogo di lavoro, considerandole irreparabilmente lesive del rapporto fiduciario tra lavoratore e datore di lavoro.
Il caso di specie vedeva protagonista un dipendente che, per diversi anni, aveva indirizzato reiterate molestie e minacce ad una collega di lavoro con cui aveva intrattenuto una relazione sentimentale. Tale condotta era infine sfociata in un invio assillante di messaggi minacciosi alla donna, nonché di foto e filmini a contenuto erotico al marito della stessa, fino ad arrivare alla diffusione del suo numero di telefono nei bagni di vari luoghi pubblici con l’invito a contattarla per prestazioni sessuali. Questa situazione aveva portato la donna a temere per la propria incolumità e per quella del marito, oltre ad averle provocato un malessere psico-fisico tale da costringerla a cambiare le proprie abitudini, risultandole intollerabilecontinuare a lavorare nello stesso ambiente dell’uomo. Quest’ultimo, peraltro, veniva condannato in sede penale per il delitto di atti persecutori ex art. 612 bis del c.p., c.d. stalking.

Il datore di lavoro, ritenendo il comportamento descritto irreparabilmente lesivo del rapporto di fiducia che lo legava al dipendente resosi colpevole degli atti descritti, provvedeva al suo licenziamento.

Tribunale e Corte d’Appello rigettavano l’impugnazione proposta dall’uomo contro il suo licenziamento. I giudici, infatti, giudicando la condotta dell’agente sufficientemente provata dall’esito del procedimento penale svoltosi a suo carico, e conclusosi con la sua condanna per il reato di atti persecutori, ritenevano proporzionato il suo licenziamento.

L’uomo, tuttavia, ricorreva in Cassazione, lamentando, in primo luogo, come i giudici di merito non avessero esaminato né la correttezza del comportamento da lui tenuto verso la collega sul posto di lavoro, né la richiesta, avanzata da entrambi, di essere trasferiti in un altro impianto.

Nel ricorso si eccepiva, inoltre, la falsa applicazione degli artt. 62 e 64 del CCNL di settore, nonché dell’art. 2119 del c.c. il quale, in caso di minacce, ingiurie gravi, condotte diffamatorie o calunniose verso altri dipendenti prevede la sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da otto a dieci giorni. Secondo il ricorrente, infatti, alla luce di tali disposizioni, il datore avrebbe erroneamente disposto il licenziamento, previsto, invece, dalla legge soltanto qualora si verifichi una violazione dolosa di leggi, regolamenti o doveri “che possano arrecare o abbiano arrecato forte pregiudizio all’azienda o a terzi.”

La Suprema Corte ha, però, rigettato il ricorso.

Gli Ermellini hanno, innanzitutto, evidenziato come i fatti dei quali il ricorrente ha eccepito il mancato esame, siano, in realtà, stati pienamente esaminati dai giudici di merito.

Quanto, poi, alla doglianza relativa alla falsa applicazione della norma contenuta nel contratto collettivo di settore, i giudici di legittimità hanno espresso il principio di diritto in base al quale “la nozione di giusta causa di licenziamento è nozione legale, rispetto alla quale non sono vincolanti (al contrario che per le sanzioni disciplinaricon effetto conservativo) le previsioni dei contratti collettivi, che hanno valenza esemplificativa e non precludono l’autonoma valutazione del giudice di merito in ordine alla idoneità delle specifiche condotte a compromettere il vincolo fiduciario tra datore e lavoratore, con il solo limite che non può essere irrogato un licenziamento per giusta causa quando questo costituisca una sanzione più grave di quella prevista dal contratto collettivo in relazione ad una determinata infrazione.

Ed infatti, non è vincolante la tipizzazione contenuta nella contrattazione collettivaai fini dell’apprezzamento della giusta causa di recesso, rientrando nel giudizio di gravità e proporzionalità della condotta nell’attività sussuntiva e valutativa del giudice, purché vengano valorizzati elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva, della fattispecie, coerenti con la scala valoriale del contratto collettivo, oltre che con i principi radicati nella coscienza sociale, idonei a ledere irreparabilmente il vincolo fiduciario.”

Fonte: www.brocardi.it



In banca pagano sempre gli ultimi

“Cambia tre abitudini all’anno e otterrai risultati fenomenali”

Magari è l’esercizio che in UniCredit sta tentando di fare con grande fatica il generale Mustier, senza peraltro essere ascoltato dai suoi colonnelli che rappresentano i veri portatori di una cultura malata e dannosa.

Il vero male da estirpare per iniziare un processo di cambiamento culturale e comportamentale è il comportamento del livello manageriale intermedio rappresentato dai cosiddetti area manager, moderni kapò di un esercito di disillusi.

Infatti se gli ultimi dati BanKitalia ci dicono che i ricavi delle banche nel 2018 sono stabili a 82 miliardi e gli utili in salita del 2%, posso assicuravi che i risultati non sono frutti di cambiamento. Soprattutto, perché gli utili sono stati realizzati con una spending review tutta a carico dei lavoratori con interventi pari a 2,2 miliardi (-7,2%) in meno sui costi del personale, da 30,7 a 28,5 miliardi. Costi che scendono da 56,8 a 54,8.

In banca le pratiche e le abitudini sono sempre le stesse. Come se fossimo fermi a 10 anni fa, pagano sempre gli ultimi.

Come si fosse in una società qualunque, anche in banca c’è un preciso e ferreo organigramma.
C’è chi legifera e stabilisce piani strategici, chi fa in modo che le leggi e le strategie siano applicate e chi deve applicarle. Insomma, chi decide e chi mette in pratica ciò che altri hanno deciso. C’è uno scarto sostanziale, tenetelo a mente.

A stabilire le direttive, la linea guida è il Top management. I mega direttori galattici direbbe Fantozzi, le figure dirigenziali più alte.
Troviamo poi gli Area manager, gli intermedi. Questi ultimi sono quelli che vigilano, che pressano, che “molestano” (perdonatemi il termine, è forte per darvi la sensazione) affinché ciò che è stato deciso venga messo in pratica.

Gli intermedi non ascoltano ragioni, pretendono dai loro sottoposti che le direttive siano applicate con ferocia e per farlo creano un’atmosfera tesa, un clima asfissiante.

Il Low management (direttori di filiale e consulenti) è accerchiato e spinto in condizioni estreme. Il raggiungimento del budget e degli obiettivi diventa maniacale attraverso pratiche da lavaggio dei cervelli.
Quelli che oggi ho deciso di chiamare ultimi sono continuamente raggiunti da messaggi di controllo del pensiero.
Il plagio psicologico è perseguito attraverso mail incessanti e insistenti, chat personalizzate, ricorrenti dati aggiornati, report sugli andamenti.
Molto è detto soprattutto a voce, perché le parole non lasciano tracce, nessuno può “screenshottarle”.

E sono gli stessi sindacati a denunciarlo, come si evince dal volantino sindacale recapitatoci da fonte anonima.

Non puoi stimare, supporre, ritenere, devi applicare assolutamente!

Ma quando non hai il tempo di pensare, sapete cosa succede? Sbagli. La fretta, la pressione e il lavoro inducono all’errore.

L’errore degli ultimi. Gli unici che saranno puniti.

Ti chiedono (ti impongono) di vendere prodotti ad alta marginalità, ad alto profitto per la banca.
Per vendere questi prodotti, devi disinvestire i vecchi. Lo fai. Magari sbavi per l’urgenza, la furia, l’aggressività, qualche piccolo premio

Ad un certo punto mamma banca si accorge dell’errore. Ti accusano di non aver rispettato la durata naturale del vecchio prodotto disinvestito, quindi sei fuori. Ti mandano a casa così come fatto con un direttore di una piccola filiale che, continuando a utilizzare tecniche di vendita basate sulla omissione (ricordate il mantra che mi ripeteva il mio Direttore Generale? «In banca non si dicono bugie ma si omette») ha ricevuto le suddette contestazioni dopo aver semplicemente eseguito gli ordini del suo area manager!

Mamma banca utilizza queste metodologie per puntare il dito contro chi ha commesso l’errore. Nessuno, infatti, si chiede perché, perché si è sbagliato, da dove arriva all’errore. Arriva dall’alto: le strategie arrivavano dall’alto, il doverle applicare dai mediani ma pagano gli ultimi. Lo scarto è sostanziale ma non frega a nessuno.

Hanno scelto chi licenziare, chi mandare a casa, il sacrificabile. Mandare a casa chi non ha fatto altro che applicare gli ordini.

I ricavi (utili – costi) restano postivi per il sacrificio degli ultimi.

Risultati fenomenali senza cambiare abitudini.

 

Articolo di Vincenzo Imperatore su www.peopleforplanet.it




Popolare di Bari: contestazioni disciplinari spropositate e strumentali

Non si può assistere al fatto che Colleghe e Colleghi, di ogni grado e di ogni struttura dell’ Azienda, subiscano contestazioni disciplinari e conseguenti sanzioni del tutto spropositate e strumentali.

Forte è la “rabbia” per il mancato riconoscimento di quanto ognuno di noi ha sempre fatto e continua a fare, con la massima professionalità, rispondendo anche di persona ad un territorio ed ad un contesto sociale estremamente esasperato da iniziative commerciali e notizie di stampa. Il tutto aggravato da un contesto aziendale di tecniche intimidatorie e di controllo “riesumate nella storia della BPB”, di cui le pressioni commerciali – inopportune, esasperate ed esasperanti – rappresentano ” la punta dell’ iceberg ! “

I dipendenti tutti sono diventati improvvisamente inaffidabili?
Impossibile!

Riteniamo, piuttosto, che dietro tali iniziative si celi il maldestro e destabilizzante obiettivo di scaricare sui lavoratori le inefficienze e gli errori del management – attuale o precedente è la stessa cosa – e quindi tagliare, proditoriamente e cinicamente, posti di lavoro.

Le contestazioni, infatti, sono spesso caratterizzate da eccessiva genericità, intempestività, violazione della riservatezza della vita personale, con l’impiego addirittura di investigatori privati.

E’ una vera vigliaccata nei confronti dei Lavoratori e delle Lavoratrici contestare la mancata fruizione dei corsi di formazione FAD nel 2018 ! Quasi a dimenticare quale “cerchio dantesco” sia stato lavorare in rete nel 2017, nel 2018 … ed ancora oggi, a causa di una gestione che sta “stressando tutta l’ azienda”.

Ridicola l’affermazione del “nuovo” management quando attribuisce le colpe a chi c’era prima !!!! E chi c’era prima ? … gli stessi che oggi si ripropongo alla guida di una ennesima “trasformazione” aziendale, con l’ ennesimo annuale piano industriale preannunciato, annunciato, da mesi …. ma ancora tutto da conoscere.

Si ripete, ma in condizioni e contesti ormai degenerati, il “déjà vu” del 2011, del 2016, del 2017, del 2018, ….

Il gioco non è cambiato e nemmeno i giocatori che continuano a soffrire sotto il peso di pessime scelte e peggiori rimedi.

Non siamo disponibili a tollerare questo ignobile disegno. Queste OO.SS. continueranno a tutelare i Lavoratori e le Lavoratrici anche da questo “massacro” aziendale.

Le Assemblee sinora tenute hanno dimostrato inequivocabilmente che le Lavoratrici ed i Lavoratori sono preoccupati, stanchi, stufi e pronti alla MOBILITAZIONE.

Con questi presupposti sarà inevitabile una stagione di aspra conflittualità, ove la parola SCIOPERO, sarà non più una semplice enunciazione!!!

Alla prossima.

Bari, 5 Marzo 2019

Segreterie OdC
FABI – FIRST/CISL – FISAC/CGIL – UILCA – UNISIN
Gruppo Banca Popolare di Bari

 

Scarica il volantino




Il direttore di banca che rubava ai ricchi per aiutare i poveri

Sta ottenendo una rilevanza nazionale la storia di Gilberto Baschiera, il direttore della filiale di Forni di Sopra della Banca di Carnia e Gemonese del Credito Cooperativo. I media nazionali (dal Corriere della Sera e La Repubblica), così come quelli locali, l’hanno definito come una sorta di ‘Robin Hood’ in salsa moderna, che rubava dai conti correnti dei più ricchi per donare ai più bisognosi. Una ‘generosità’ che in sette anni ha fatto sparire un milione di euro e che gli è costata una condanna a due anni di reclusione risoltasi con un patteggiamento con pena sospesa con la condizionale. Oltre, ovviamente, al licenziamento in tronco appena la banca si è accorta degli ammanchi e al sequestro della casa.

 

UNA RIBELLIONE AL SISTEMA

Tutto è cominciato, come ha spiegato lo stesso direttore, nel 2009 per una sorta di ribellione al sistema, per non abbandonare i pensionati con la minima e i giovani senza futuro. E così ha pensato bene di fare a modo suo, ‘distribuendo’ risorse alla ricerca di una sorta di equità sociale.
«Li avrei restituiti tutti quei soldi», assicura. Così il suo legale, Roberto Mete, spiega il gesto del suo cliente: «Lo ha fatto per aiutare correntisti in difficoltà o che non riuscivano ad accedere al credito bancario. Vive in un piccolo paese, dove tutti si conoscono, l’ha fatto per fare del bene».

 

GENEROSITA’ FUORILEGGE

E in effetti Baschiera quel denaro non l’ha tenuto per sé, ma l’ha dato a chi difficilmente avrebbe ottenuto un prestito dalla banca. Una ‘generosità’ fuorilegge, che è sta costando molto casa all’ex direttore di banca.

Fonte: udine.diariodelweb.it




Occhio al web. Social network e sanzioni disciplinari

Nella vita quotidiana non riusciamo più a farne a meno, ma a volte l’utilizzo disinvolto dei social network e di internet in genere rischia di avere gravi conseguenze sul nostro lavoro, e molto spesso non ne siamo neanche consapevoli.

Prendendo spunto da una ricerca pubblicata dal dipartimento legale della FISAC/CGIL di Roma e Lazio, intendiamo fornire una breve ma essenziale lista dei comportamenti da evitare accuratamente onde evitare di esporsi a sanzioni che possono arrivare anche al licenziamento.

Invitiamo a leggere per intero il documento originale, che presenta collegamenti ad una serie di riferimenti normativi e riporta sentenze molto utili per capire quanto reali possano essere i rischi:

Social network e sanzioni disciplinari a cura del dipartimento legale FISAC-CGIL Roma e Lazio


LE COSE DA NON FARE

 

MAI COLLEGARSI E POSTARE MATERIALE SUI SOCIAL NETWORK IN ORARIO DI LAVORO, ANCHE DA DISPOSITIVI PRIVATI.

Fermo restando il diritto alla libertà di espressione, garantito anche sul luogo di lavoro, dobbiamo ricordarci che in ufficio siamo tenuti a svolgere le mansioni che ci competono, e ripetute interruzioni della nostra attività possono comportare conseguenze disciplinari, fino al licenziamento per giusta causa.
Ogni post inserito sui social, ma anche ogni commento o un semplice “mi piace”, costituiscono la traccia di comportamenti passibili di sanzioni, e quindi vanno assolutamente evitati.

 

MAI INSERIRE RIFERIMENTI DI QUALSIASI TIPO LEGATI ALLA PROPRIA AZIENDA

Anche senza citarla espressamente, qualsiasi contenuto critico o lesivo nei confronti della propria azienda può rappresentare un motivo sufficiente per il licenziamento.
Va detto che alcune aziende vietano ai propri dipendenti anche di inserire contenuti che possano tendere a sminuire o dileggiare la concorrenza.
Appare inoltre decisamente inopportuno – e pericoloso – raccontare sui social episodi avvenuti sul posto di lavoro, magari irridendo il comportamento di clienti, anche se non si riportano elementi che ne consentano l’identificazione.
Inopportuno (e per molte aziende espressamente vietato) pubblicare foto o video realizzati nell’ambiente di lavoro.
Esistono anche norme che vietano espressamente di fornire informazioni su prodotti e servizi bancari sui social e, in generale, di dare l’impressione di parlare a nome dell’azienda senza esserne espressamente autorizzati.
E’ invece consentito diffondere annunci pubblicitari pubblicati dalla pagina ufficiale del proprio datore di lavoro.
Ferma restando la necessità di acquisire e leggere attentamente la policy dell’azienda in cui si opera, il buon senso suggerisce di tenere nettamente distinti i social network, destinati essenzialmente allo svago ed allo scambio di opinioni con conoscenti ed amici, da tutto ciò che attiene il nostro lavoro.

 

MAI UTILIZZARE ESPRESSIONI INGIURIOSE E OFFENSIVE VERSO SUPERIORI O COLLEGHI

L’inserimento di post tesi ad insultare o deridere colleghi o superiori, oltre ad esporci al rischio di possibili azioni in sede giudiziaria, è ancora una volta sufficiente a giustificare un licenziamento.
Aggiungiamo che anche l’inserimento di commenti ingiuriosi nei confronti di personaggi più o meno noti, in linea con il triste fenomeno della diffusione dell’odio online, ci espone ad una meritata querela che, a sua volta, può giustificare l’espulsione dell’azienda.

 

MAI UTILIZZARE I BENI AZIENDALI SENZA CONOSCERE LA POLICY AZIENDALE IN MERITO

L’utilizzo di personal computer, tablets o smartphone che l’azienda ci mette a disposizione è sempre finalizzato allo svolgimento del nostro lavoro. Qualsiasi utilizzo diverso rischia di metterci nei guai.
Per questo, ancora una volta, ribadiamo la necessita di procurarsi e leggere con attenzione le norme aziendali che disciplinano l’utilizzo di tali dispositivi.

Raccomandiamo infine attenzione all’utilizzo delle caselle di posta elettronica aziendali. A prescindere dalla normativa interna, che anche in questo caso è necessario conoscere, bisogna sempre evitare di utilizzarle per la registrazione a siti o newsletter che non siano legati all’attività lavorativa.