L’assurda sentenza che condanna il Rls per la morte del collega

Con la sentenza del 25 settembre 2023 la Corte di Cassazione ha per la prima volta attribuito al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (Rls) la responsabilità dell’omicidio di un lavoratore «per aver omesso di promuovere l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica dei lavoratori, di sollecitare il datore di lavoro ad effettuare la formazione dei dipendenti … e di informare i responsabili dell’azienda dei rischi connessi all’utilizzo, da parte del C.C., del carrello elevatore».
Si tratta di una sentenza che capovolge la logica dell’attribuzione della responsabilità dell’elaborazione e dell’applicazione dei sistemi di sicurezza che, finora, com’è noto, gravava sul datore di lavoro e i suoi collaboratori.

Si apre, dunque, un capitolo nuovo rispetto al passato: al giudice incomberebbe l’obbligo di valutare non solo il comportamento dei soggetti tenuti, (decreto n. 81/2008), ad organizzare ed applicare i sistemi di sicurezza sul lavoro, cioè i datori di lavoro e i collaboratori, ma anche i comportamenti di chi è stato eletto o designato come rappresentante dei lavoratori.
Nella motivazione la Suprema Corte mostra di ritenere che «l’art. ’50 D.Lgs. n. 81 del 2008 attribuisca al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza un ruolo di primaria importanza». Per la Corte non è importante stabilire se l’imputato «ricoprisse o meno una posizione di garanzia» come titolare di un dovere giuridico di garantire condizioni di sicurezza, «quanto piuttosto se egli abbia, con la sua condotta, contribuito causalmente con il suo comportamento alla verificazione dell’evento». E quali sarebbero i comportamenti con i quali il Rls avrebbe contribuito a causare la morte del lavoratore? Secondo la Corte egli non ha ottemperato «ai compiti che gli erano stati attribuiti per legge», consentendo che l’operaio «fosse adibito a mansioni diverse rispetto a quelle contrattuali, senza aver ricevuto alcuna adeguata formazione e non sollecitando in alcun modo l’adozione da parte del responsabile dell’azienda di modelli organizzativi in grado di preservare la sicurezza dei lavoratori».

Una motivazione che lascia perplessi perché ignora la funzione del Rls all’interno dei luoghi di lavoro. La quale non consiste nell’esercizio di obblighi di alcun genere, ma solo nella facoltà di intervenire, in rappresentanza dei lavoratori, nel procedimento di adozione delle misure di sicurezza a garanzia dell’incolumità dei lavoratori. L’esercizio di questa facoltà del Rls è del tutto discrezionale. Della sua opera il Rls rende conto solo ai lavoratori che lo hanno eletto o designato.

Proprio l’art. 50, il cui senso è stato travisato nella sentenza, stabilisce che il Rls è titolare di diritti di consultazione, di informazione, di accesso e di formulazione di proposte. Ma non ha compiti o obblighi che lo vincolino a fare alcunché.

Un rappresentante dei lavoratori, (un lavoratore, dunque) avrebbe dovuto ricordare al datore di lavoro di provvedere alla formazione dei dipendenti! Cioè spronarlo ad ottemperare ad un obbligo tipico del datore, già previsto dalla legge e sanzionato penalmente! Sembra incredibile.
Ma c’è di peggio: il Rls avrebbe dovuto far presente al datore di lavoro i rischi che una certa operazione di lavoro comportava per l’operatore! Cioè informare il datore di lavoro dei rischi lavorativi, mentre la legge impone al datore di lavoro di effettuare «la valutazione dei rischi» e ad adottare le misure relative .

La sentenza, pur riconoscendo che il Rls non ha alcuna posizione di garante della sicurezza, sorprendentemente sceglie la via della «cooperazione colposa» del Rls nell’omicidio. Egli avrebbe contribuito a causare la morte del lavoratore, «consentendo» che il datore di lavoro adibisse l’operaio a mansioni pericolose senza aver proceduto alla sua formazione e «non informando»(!) il datore di lavoro dei rischi che quella mansione comportava. Questa sarebbe dunque la «colpa» su cui si fonda la pronunzia di condanna.

In conclusione anche chi non è un giurista si rende conto che manca ogni rapporto causale tra il comportamento del Rls e la morte dell’operaio non potendosi tra l’altro dimostrare che le sue sollecitazioni al datore di lavoro avrebbero sicuramente evitato l’evento mortale.

Siamo di fronte ad uno scivolone della Suprema Corte, che andrebbe rapidamente archiviato. Sono tempi duri per i lavoratori e per i loro rappresentanti. Non solo da molti lustri continuano a morire al ritmo di almeno mille ogni anno a causa delle precarie condizioni di sicurezza. Ora si trova il modo di attribuire loro la colpa, perché non hanno informato i datori di lavoro che di lavoro si può anche morire. Becchi e bastonati.

 

Beniamino Deidda – Ex Procuratore Generale di Firenze

 

Fonte: Il Manifesto




Intesa Sanpaolo: riaccensione degli impianti del’acqua calda sanitaria

ISP ripristina l’erogazione dell’acqua calda sanitaria

 

Grazie all’intervento unitario degli RLS che avevano inviato all’azienda specifica lettera di diffida, la banca ha deciso di ritornare sulla sua decisione unilaterale di procedere allo spegnimento delle apparecchiature di produzione di acqua calda nei luoghi di lavoro.

È stato infatti comunicato dalla funzione aziendale competente che la Direzione immobili procederà progressivamente alla riaccensione degli impianti.

Come FISAC CGIL siamo certamente favorevoli all’adozione di iniziative di sensibilizzazione per la gestione responsabile dei consumi energetici, ma riteniamo che ogni iniziativa debba essere il frutto di un percorso di informazione preventiva e di condivisione con le Rappresentanze di lavoratrici e lavoratori.

Giudichiamo quindi il ripensamento aziendale un importante successo del lavoro svolto con dedizione e competenza dagli RLS.

 

dal sito fisacgruppointesasanpaolo.it




Gli RLS scrivono a ISP: no a maggiori rischi per attuare progetti aziendali

Al Datore di Lavoro di
Intesa Sanpaolo S.p.A.
Dott. Fabio Rastrelli

 

Al R.S.P.P. di
Intesa Sanpaolo S.p.A.
Arch. Dario Russignaga

Al Medico Coordinatore di
Intesa Sanpaolo S.p.A.
Dott. Maurizio Coggiola


Su periodicità riunioni e urgenze legate alla fase

Buongiorno,
gli RLS rispetto alla riunione plenaria di venerdì scorso, il cui O.d.g. era il seguente:

– Quadro epidemiologico
– Quadro normativo
– Attività di affiancamento integrazione UBI
– Approfondimento Lettera RLS Next WOW

evidenziano che, in considerazione della ristrettezza del tempo concesso alla riunione, i punti 1 e 4 non sono stati minimamente toccati, in quanto si è proceduto ad una interessante illustrazione dei provvedimenti riguardo le future vaccinazioni in azienda, comprimendo il tempo a disposizione per la trattazione degli altri punti all’O.d.g.

Consideriamo una grave mancanza aziendale la sostanziale assenza di confronto sull’imminente partenza del modello New WOW.

Ci troviamo in una fase cruciale di ristrutturazione aziendale, dalle cospicue ricadute in termini di salute e sicurezza, per giunta in corrispondenza di inediti picchi dei contagi, pervasività delle zone rosse e tuttora insufficiente diffusione dei vaccini. Chiediamo di ritornare, per il momento, alla cadenza settimanale delle riunioni plenarie e di organizzare, nel medesimo arco temporale, anche le riunioni territoriali di raccordo e di coordinamento.

Riteniamo non adeguata la durata di due ore delle riunioni plenarie in questo particolare contesto di riorganizzazione aziendale e di pesanti cambiamenti del modello organizzativo del lavoro; il tempo é insufficiente per consentire l’esposizione delle nostre ragioni e per affrontare un esauriente confronto con la parte aziendale: richiediamo pertanto un’ulteriore riunione, entro questa settimana, sugli argomenti richiamati con la presenza di BDT, di durata congrua rispetto ai temi da affrontare (es. un’intera mattinata o pomeriggio).

Per quanto appreso venerdì scorso, riteniamo molto rischiosa dal punto di vista epidemiologico la previsione di affiancamenti fisici ai colleghi UBI, a nostro avviso riguardanti conoscenze trasmissibili anche da remoto; in ultimo sottolineiamo i numerosi trasferimenti che avverranno a far tempo dal 12 c.m. in ogni ruolo organizzativo (Direttori, Coordinatori, Gestori) e le eccezioni espresse dai tecnici dell’ASL di Torino 3 Rivoli relativamente all’idoneità al rischio biologico per le visiere fornite dall’Azienda.

Per questo motivo ribadiamo la richiesta che gli affiancamenti vengano effettuati prioritariamente in remoto, salvo casi del tutto sporadici, nei quali andrà garantito comunque il distanziamento minimo di legge, pari a un metro, con le necessarie pause, vista la difficoltà che i colleghi avranno dato l’utilizzo continuativo delle visiere durante le ore lavorative, come già evidenziato dai medici competenti aziendali. Nel caso di affiancamento in presenza, particolare attenzione dovrà essere posta affinché ai colleghi dell’ex rete Ubi siano forniti per tempo idonei DPI, quali le visiere.

Altresì riteniamo che la mobilità interna, ancorché non più espressamente vietata dal legislatore, resti un elemento di forte rischio contagio. Chiediamo quindi il mantenimento delle attuali limitazioni alle trasferte.

In ottemperanza al Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Sar-Cov2 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 6 aprile 2021, ribadiamo la richiesta di un corposo utilizzo dello smart working, trovando irrazionale ed ingiustificato il ricorso ad attività quasi esclusivamente in presenza vista la situazione di grave crisi pandemica, che espone il personale ad un potenziale rischio di contagio.

Occorre non abbassare l’attenzione sul rispetto delle distanze e sul contenimento degli affollamenti nei luoghi di lavoro, in ogni contesto: a titolo esemplificativo e non esaustivo, appaiono particolarmente critiche le imminenti introduzioni delle filiali Agribusiness, in un contesto di forti accorpamenti.

Riteniamo che nessuno debba essere esposto a maggior rischio per attuare un progetto aziendale posto in essere in un momento critico, e non possiamo che evidenziare un elemento stridente: in altri frangenti, nonostante richieste contrarie da parte sindacale, la formazione non viene mai erogata in presenza.

Ricordiamo che è compito del Datore di Lavoro, ai sensi del D. 81/2008, garantire in ogni frangente, ed in ogni passaggio aziendale, la massima tutela possibile della salute delle lavoratrici e dei lavoratori.

Milano, 12 aprile 2021

 

GLI RLS DI GRUPPO INTESA SANPAOLO




Manuale per gli RLS

Alleghiamo di seguito il manuale della CGIL Lombardia, in versione digitale, certi che sia un valido ausilio per tutti i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza.

Il manuale sarà disponibile anche nella sezione guide e manuali.

Scarica il manuale