Politiche commerciali Gruppo Bper: confronto con l’azienda

Venerdì 12 aprile si è svolto l’incontro della Commissione Politiche Commerciali, che ha visto confrontarsi i rappresentanti della Fisac e delle altre Organizzazioni Sindacali con la delegazione aziendale. Tema dell’incontro: organizzazione del lavoro e considerazioni sulle segnalazioni pervenute alla commissione nei mesi scorsi.

Riunioni online

In apertura abbiamo presentato i risultati della nostra ricerca sul numero abnorme di riunioni che si svolgono con frequenza pressoché quotidiana in tutte le regioni. Pur non potendo rappresentare il fenomeno in modo esaustivo, abbiamo rilevato come ci siano lavoratori e lavoratrici impegnate per il 25% del loro tempo da incontri online. Tutto questo ostacola l’attività commerciale ed alimenta l’ansia in chi si trova a fronteggiare pressanti richieste di risultati. Abbiamo inoltre fatto notare che le riunioni si svolgono quasi sempre in orario di apertura al pubblico, costringendo a cercare improbabili compromessi tra operatività giornaliera e partecipazione agli incontri online. Non è raro, in filiale, trovare colleghe e colleghi che parlano con i clienti mentre sullo schermo appaiono i tanti volti di una riunione via Teams.

Siamo poi passati ad illustrare gli aspetti salienti che emergono dalle segnalazioni che ci pervengono. Il numero delle segnalazioni è in aumento, e questo è indice di un malessere crescente, ma anche un segnale di maggior consapevolezza che si diffonde tra lavoratrici e lavoratori.

Rispetto delle normative

Dall’esame degli episodi riportatici emerge una diffusa, quanto preoccupante, insofferenza da parte di chi ricopre ruoli importanti rispetto ai vincoli normativi. Abbiamo sottolineato come certi episodi mostrino una dimestichezza frammentaria con Ivass, Mifid, Privacy, diritto del lavoro, a nostro avviso incompatibile con determinati ruoli, ed abbiamo quindi sollecitato l’Azienda ad intervenire efficacemente per colmare le carenze culturali che emergono dalle segnalazioni.

Abbiamo fatto notare come si stia purtroppo diffondendo la convinzione che il fatto di esercitare un ruolo direttivo attribuisca il diritto a maltrattare e mortificare i propri collaboratori, diritto che non afferisce a nessun rapporto tra esseri umani, nemmeno se di tipo gerarchico.

Abbiamo espresso il timore che questi comportamenti nascano anche dal fatto che in tanti ritengano che mostrare un orientamento al risultato come fine che giustifica i mezzi significhi in definitiva fare ciò che l’Azienda si aspetta da loro.

La delegazione aziendale ha risposto che sul rispetto delle regole non transige, che comportamenti difformi sono in assoluto contrasto con la filosofia aziendale, impegnandosi ad intervenire in modo tempestivo ogni qualvolta arrivasse una segnalazione di comportamenti non adeguati.

Collocamento prodotti finanziari

Abbiamo espresso la nostra preoccupazione per le modalità con cui talora si sollecita il collocamento di prodotti finanziari emessi dalla banca, paragonandole alla pubblicità di una nota marca di divani: la promozione termina domenica”. In sostanza si crea un clima di falsa urgenza per alimentare una insensata competizione tra filiali, della quale non si comprende la reale utilità.

Abbiamo inoltre ribadito la richiesta della Fisac CGIL, già espressa in precedenti incontri, di vietare in modo esplicito la diffusione di classifiche e comparazioni tra le filiali in quanto, lungi dal fungere da stimolo, servono solo a mettere alla gogna quelle che occupano le posizioni inferiori.

Appuntamenti e agende elettroniche

L’argomento su cui si è concentrata una particolare attenzione di tutta la delegazione sindacale, è stato il tema “appuntamenti”.

Prima di tutto abbiamo ricordato che, nel momento in cui gli appuntamenti cessano di essere un mezzo per raggiungere gli obiettivi, ma diventano essi stessi un obiettivo numerico, l’Azienda può legittimamente chiedere il massimo impegno, ma non può pretendere un numero minimo di appuntamenti giornalieri. Può sembrare un dettaglio, ma è invece un aspetto molto importante. Dire “dovete obbligatoriamente fissare 5 appuntamenti al giorno” come abbiamo visto fare in diversi territori implica che possano esserci conseguenze per chi non si adegua. E infatti sono numerosi i casi di persone redarguite per non aver riempito a sufficienza la loro agenda.

Molto si è dibattuto sulla reale funzione dell’agenda elettronica: per l’Azienda un valido strumento di lavoro, per noi anche un mezzo per effettuare un controllo a distanza particolarmente invasivo. Segnali di forzatura arrivano da tutta Italia, portandoci ad affermare che il controllo a distanza rappresenti il principale scopo perseguito dal semicentro attraverso lo strumento Salesforce. Un esempio: Salesforce e il calendario di Outlook non riescono sempre a dialogare correttamente, tanto che alcuni appuntamenti, inseriti dalla filiale, potrebbero non essere visibili al semicentro. Anche su questo i colleghi sono stati redarguiti: “Se non inserite correttamente gli appuntamenti, noi come facciamo a vederli?” E noi, nel riportare l’episodio, abbiamo chiesto all’Azienda: “Perché dovrebbero vederli?

La posizione aziendale è che delle procedure si debba fare un uso legittimo sulla base delle normative esistenti, che comportamenti difformi vadano considerati abusi, che la condivisione degli appuntamenti serve a conoscere gli spazi occupati e quelli liberi per pianificare riunioni congiunte. Se lo scopo è questo, potrebbe essere resa evidente solo l’occupazione degli spazi, senza che si possa accertare dall’esterno se l’occupazione è dovuta ad appuntamenti, riunioni, formazione o impegni di altro genere. Ma su questa proposta di Fisac l’azienda si è espressa in termini di totale contrarietà.

Gli effetti delle segnalazioni

Il quadro che emerge è quello di un diffuso peggioramento del clima; rileviamo, però, che laddove ci arrivino segnalazioni da colleghe e colleghi, riusciamo ad incidere, potendo effettivamente riscontrare gli effetti dell’intervento da parte dell’Azienda. Le segnalazioni arrivano in numero crescente, ma rappresentano ancora una goccia nell’oceano di tutto ciò che di spiacevole accade ogni giorno nei nostri luoghi di lavoro.

Possiamo affermare con soddisfazione che in tutte le segnalazioni che inoltriamo riusciamo a tutelare pienamente l’anonimato, e che nessuno ha mai avuto problemi per averci riferito quanto stava accadendo.

Per questo riteniamo che la strada sia quella giusta, ma abbiamo bisogno dell’aiuto di tutte e tutti per percorrerla. Vi chiediamo quindi di continuare ad inviarci le segnalazioni sulla casella (non accessibile all’azienda, ma solo a rappresentanti sindacali Fisac)
[email protected]

Un’ultima raccomandazione. In questi giorni tanti colleghi e colleghe stanno ricevendo un questionario avente come scopo un’analisi di clima nei nostri posti di lavoro.
E’ molto importante che emerga un quadro realistico di tutto il disagio che viviamo quotidianamente.
Per questo vi esortiamo a rispondere al questionario con la massima sincerità, ricordando che le risposte sono totalmente anonime.

Fisac Cgil Coordinamento Gruppo Bper




Basta riunioni inutili: all’estero si fa strada il modello zero meeting

La canadese Shopify dice stop a tempo indeterminato a tutte quelle da più di due persone, con il divieto tassativo il mercoledì. Altre aziende Usa si muovono in questo senso. Con l’esplosione del lavoro ibrido il tempo trascorso in riunione è cresciuto del 252%. E con pochi o nulli benefici in termini di maggiore produttività


 

Da possibile vantaggio lavorativo a tormento il passo è stato brevissimo. La moltiplicazione incontrollata delle riunioni online prodotta dalla diffusione dello smart working e degli strumenti per il lavoro ibrido in molte imprese ha toccato il livello di saturazione, costringendole alle prime contromisure. In sintesi: basta riunioni inutili.
A dettare la linea è arrivata qualche giorno fa la canadese Shopify che ha detto stop “a tempo indeterminato” a tutte le riunioni da più di due persone, proibendole in toto il mercoledì e fissando una sola finestra settimanale il giovedì per quelle più grandi da almeno 50 persone. “È molto più facile aggiungere cose che toglierne. Se si dice sì a una cosa, in realtà si dice no a tutte le altre cose che si sarebbero potute fare in quel periodo di tempo“, ha spiegato l’ad e co-fondatore dell’azienda Tobi Lutke.

La mossa di Shopify non arriva comunque come un fulmine a ciel sereno. Il tema dell’eccesso di meeting è stato affrontato negli ultimi mesi anche da altre realtà come Dropbox o Zapier. Meta, la società proprietaria di Facebook, l’azienda americana di prodotti per la casa Clorox e la tech compact Twilio sono tra quelle ad esempio che hanno fissato dei giorni senza riunioni.

E proprio da qui molte imprese pensano di ripartire. Da quello che alcuni hanno definito un meeting reset, un azzeramento delle riunioni programmate. Tutte e senza esclusioni. Ricominciando da capo e aggiungendo solo quelle che ci si accorge essere davvero utili.

Che l’esplosione del lavoro agile abbia fatto da booster alla proliferazione di riunioni lo testimoniano anche i dati. Un recente rapporto Microsoft ha rilevato che l’utente medio di Teams ha registrato un aumento del 252% del tempo di riunione settimanale dal febbraio 2020. A crescere sarebbe stato anche il numero di riunioni settimanali, salito del 153% in tutto il mondo.

 

Gli effetti sulla produttività

L’enigma non ancora risolto è se l’abbondanza di riunioni contribuisca a migliorare il flusso di lavoro. Un studio recente citato da Quartz suggerisce che un terzo delle riunioni presenti nei calendari dei lavoratori non siano necessarie. Un altro pubblicato sul Journal of Business Research ha evidenziato che nelle realtà in cui le riunioni sono state ridotte dell’80%, la produttività dei dipendenti è aumentata di quasi il 75%. Non solo, secondo lo stesso studio lo stress dei dipendenti è diminuito di oltre il 60%.


L’esperto: “Le aziende provano a rendere le riunioni più produttive”

Le aziende stanno cercando di acquisire un metodo per rendere le riunioni più produttive, provando a portare un rigore che, specialmente in Italia, è tollerato fino ad una certo punto: ad esempio convocando le persone solo strettamente necessarie, fissando un orario tassativo di inizio e fine, definendo una scaletta e un follow up“, spiega Lorenzo Cavalieri, coach e formatore e fondatore della società Sparring. Certo l’esplosione delle tecnologie non ha aiutato. ” È diminuito il costo di convocazione: un quarto d’ora su Teams non costa niente a nessuno. Però è anche vero che dopo 2 o 3 anni tutti abbiamo sperimentato che il livello di attenzione è molto basso. Anche per questo le aziende se possono, cercano di svolgere le riunioni più importanti in presenza“, aggiunge Cavalieri.

I casi italiani: Satispay e Engineering

Che la ricetta della produttività non passi dalla moltiplicazione di riunioni se ne sono accorti anche nelle più promettenti realtà imprenditoriali italiane. È il caso di Engineering, gigante italiano della digitalizzazione da 12 mila dipendenti:”Qui sta prendendo piede la buona prassi, incoraggiata dai vertici, di tenere la durata di call e riunioni entro il limite di 30 minuti, evitando di fissarle durante l’ora di pranzo“, spiegano dall’azienda. A Satispay, la società italiana leader nei pagamenti digitali via app, prima delle riunioni importanti viene distribuito ai partecipanti il materiale, in modo che tutti abbiano da offrire un proprio contributo costruttivo, senza limitarsi ad accogliere passivamente quello che viene detto. Regole orientate all’efficienza anche sulla lista degli “invitati”. “No a presenze superflue: partecipa solo chi deve effettivamente decidere“, fanno sapere dalla società. Gli altri possono spendere meglio il loro tempo: lavorando.

 

Fonte: La Repubblica

 




BPER: errare è umano, perseverare … non va bene!

Coordinamenti Sindacali Aziendali BPER Banca

 

ERRARE E’ UMANO, PERSEVERARE… NON VA BENE!

 

In data 11 settembre (comunicato: Invito “urgente e necessario”) ci siamo visti costretti a segnalare la convocazione da parte dell’Azienda di una serie di riunioni “in presenza” ponendo alla stessa, di riflesso, alcune domande rimaste ovviamente senza risposte convincenti… perché non ce ne sarebbero potute essere!

Solo a seguito di contagi in alcune filiali della zona interessata dalla riunione, l’Azienda ha deciso di predisporre anche un collegamento online!!!

Ribadiamo la nostra ferma contrarietà per quanto riguarda il metodo e il merito dell’iniziativa, ancor più alla luce di decisioni contrastanti intervenute non per prevenire ma dopo l’inasprimento dei contagi.

Questa Azienda, aldilà delle belle parole e degli intenti che tali spesso rimangono, magari ad uso di un “effetto vetrina”, dimostra di sottovalutare una situazione che ancora non consente fughe in avanti o allentamenti di alcun genere, stante il perdurare dell’emergenza e la necessaria massima attenzione per la salute e sicurezza dei colleghi. Anziché operare fattivamente a favore di una maggior sicurezza, sembra si faccia di tutto per nascondersi dietro interpretazioni errate di regole molto chiare, senza al contrario dar seguito alle disposizioni sulla sicurezza con atteggiamenti coerenti da parte in particolare dei vertici aziendali: da questi ultimi dovrebbero arrivare gli esempi per lo svolgimento corretto delle proprie funzioni.

Sarebbe disdicevole immolare la prudenza imposta dalla situazione sull’altare degli obiettivi aziendali e lo sarebbe ancor più quando si potrebbero e si dovrebbero utilizzare altri strumenti che consentirebbero comunque di raggiungere lo scopo.

Evidentemente però in Bper Banca il “virus” pare abbia colpito, speriamo non a morte, il rispetto e il buon senso.

Modena, 14/10/2020

 

COORDINAMENTI SINDACALI AZIENDALI BPER BANCA
FABI – FIRST/CISL – FISAC/CGIL – UILCA – UNISIN




BPER: una riunione non si nega a nessuno

All’inizio del mese di luglio c’è stata l’iniziativa di una delle aree del nostro territorio di convocare tutti i dipendenti di alcune filiali per volta arrivando poi a coinvolgere tutta l’area, subito dopo l’orario di sportello, presso alcune sedi (l’area, filiali). La comunicazione mandata all’indirizzo di direzione di filiale prevedeva un calendario di riunioni dove partecipavano le filiali convocate e i colleghi dell’area; l’argomento era l’andamento commerciale dell’area.

Successivamente è giunta la comunicazione del rinvio a data a destinarsi dell’iniziativa.
La scelta del momento (mese di luglio), il convocare l’intera filiale, l’orario di convocazione alle 16,30, ecc…, ponevano una serie di problemi gestionali ed operativi. Inoltre la motivazione appariva quantomeno discutibile.
E grazie alla segnalazione di alcuni di voi è stato possibile per il sindacato poter ragionare con l’azienda su questo argomento.

Lo diciamo subito: in azienda le riunioni sono un momento molto frequente.
Rimaniamo perplessi sulla loro utilità in rapporto a tale frequenza e agli argomenti affrontati, ma tant’è…
E’ continua la risposta dall’altra parte del telefono, sia che si chiami in uffici interni sia che si chiami in filiale, sentirsi rispondere che il collega è in riunione. Ritornando alla nostra questione di area, è indubbio che sempre più parte della nostra attività nelle filiali è occupata da quella commerciale, o meglio l’attività commerciale è cambiata; una volta un mutuo era attività commerciale, ora no, non proprio, lo è se si è anche “venduta” una polizza assicurativa insieme al mutuo , per esempio.
Ora avrebbe più senso che, se la struttura di area ha la necessità di relazionarsi con le filiali, fosse essa, i colleghi ivi assegnati, a recarsi nelle rispettive filiali, attività peraltro che già svolgono.

Il secondo aspetto da evidenziare è la motivazione della convocazione: se le filiali con tutte le comunicazioni, solleciti, mail, telefonate, ecc , che quotidianamente ricevono non hanno ancora compreso com’è l’andamento dell’area anche la riunione potrebbe servire a poco.
A meno che non serva a ribadire, ripetere, concetti già espressi, a voler sottolineare l’insufficienza dell’impegno finora espresso. Ecco anche su questo aspetto noi non siamo d’accordo: intanto l’impegno è rilevante, in qualche caso eccessivo.

Forse ad essere valutati insufficienti sono i risultati.
Rispetto a quest’ultimi, essi sono stati stabiliti in base al risultato economico che si voleva ricavare, senza tenere in considerazione quelle che potevano considerarsi le potenzialità rispetto alla clientela, la piazza, le esigenze che da tale territorio emergono. Aggiungiamo che i risultati di tale attività attengono, per i dipendenti, a remunerazioni incentivate, considerato che è un’attività che si aggiunge al resto del lavoro quotidiano, affatto cessato o ridotto, solo molto meno remunerativo appunto. Per poter essere commercialmente competitivi occorre che gli incentivi non siano solo economici ma anche di crescita professionale: viceversa un atteggiamento sanzionatorio, denigratorio, difficilmente può rivelarsi motivante.

All’interno di tale cornice, pensare di ottenere un ulteriore risultato intervenendo a sollecitare, e in sostanza a sminuire l’impegno e il lavoro profuso, a noi sembra contraddittorio se non addirittura controproducente. Il meccanismo del sollecitare costante, senza intervenire realmente sulle priorità, funziona solo nel breve periodo. Quando il periodo si protrae gli effetti sono contrari in quanto emergono tutte quelle necessità che erano state accantonate.

Occorrerebbe tendere verso un reale efficientamento aziendale che inizi dalle funzioni centrali, da mettere al servizio, a supporto della rete, quest’ultima intesa come cuore per la creazione di ricchezza aziendale. Occorre ripartire dalle attività tipiche del nostro settore, la raccolta e gli impieghi.

Per tutto ciò occorre avere iniziativa d’impresa, sperimentare e investire, per intercettare l’esigenza del cliente, nel dare le soluzioni più adatte e funzionali sempre alle necessità del cliente.
Il cliente  va inteso come portatore di esigenze a cui la nostra attività, il nostro lavoro, può dare delle risposte, delle soluzioni. In questo modo si valorizza anche la professionalità e si riesce a svolgere una funzione sociale.
Diversamente si rincorrono risultati sempre più in salita, di breve periodo, sempre più occasionali, che considerano la base di partenza, di misurazione e di valutazione, il risultato parziale del giorno prima e non l’attività nel suo complesso ottenendo – a tendere – la desertificazione del panorama economico che ci circonda.

E noi, e siamo convinti nemmeno l’azienda, questo non lo vogliamo

 

 

Anna Trovato
Segretaria Organizzativa Fisac/Cgil BPER Banca

 




Torturati dalle riunioni: inutili, noiose, controproducenti.

Prendete una classica riunione in ufficio di metà mattina: nella stragrande maggioranza dei casi, dopo appena cinque minuti, ci sarà qualcuno con lo sguardo rivolto allo schermo del cellulare. Non mancherà chi farà battute per aumentare l’empatia tra colleghi, o chi si impegnerà in un intervento di mezz’ora per legittimare il suo status o la sua qualifica e chi non farà altro che annuire di fronte al capo.

«Siamo torturati dalle riunioni» ha scritto un po’ di tempo fa L’Economist. Perché il rischio della vita in ufficio è che le giornate si trasformino in affollate sequele di impegni e appuntamenti di lavoro. Riunioni appunto, che spesso però finiscono per rendere tutti meno produttivi e ammazzare la creatività.
Come ha ammesso Fiorello parlando del suo impegno in radio e del suo lento allontanamento dalla tv: «La tv mi costa fatica — ha spiegato al Corriere — perché è un continuo uscire da una riunione per entrare in un’altra. Con i produttori, con gli autori, con gli scenografi, con le maestranze… L’ultima cosa a cui si pensa è lo spettacolo e io alla seconda riunione mi sono già stufato.»

Jeff Bezos, il fondatore e amministratore delegato di Amazon, applica in azienda una regola di base: mai programmare un meeting in cui due pizze non siano sufficienti per sfamare l’intero gruppo di partecipanti. Il motivo è semplice: più alto è il numero dei partecipanti, più aumenta la probabilità di insuccesso.
Steve Jobs ai tempi della Pixar, per capire cosa andava storto in azienda, organizzava gli incontri con i vari team facendo due precise domande: «Dimmi cosa non funziona». La persona rispondeva e Jobs chiedeva agli altri se erano d’accordo. Poi sceglieva un altro dipendente e chiedeva: «Dimmi cosa funziona».

Secondo molti esperti, è il tempo la chiave del successo di qualsiasi riunione.
Nel 1957, C.Northcote Parkinson, professore e leggendario esperto di management, ha elaborato una regola molto efficace: «più tempo a disposizione si avrà in riunione, più se ne sprecherà». Gran parte del problema sta nel fatto che spesso, sebbene i lavoratori detestino partecipare alle riunioni, sopportino ancora meno il fatto di esserne esclusi. «Nulla è così efficace nell’indurre paranoia e malessere di un meeting di lavoro a cui tu sei stato escluso» ha scritto l’Economist.
Succede così che per evitare malcontento generale, i manager cerchino di invitare alle riunioni quante più persone possibili, con un rischio di insuccesso che può arrivare al 99,9%. È dimostrato infatti che più la riunione coinvolge piccoli team di persone, più è alta la probabilità di successo. Perché i partecipanti tenderanno a essere brevi, efficaci, e si aggiorneranno a turno sui progressi del loro lavoro senza perdere tempo.

C’è poi la regola di HIPPO: nell’80% delle riunioni, tutte le decisioni prese sono in linea con quello che dice mr HIPPO. Ossia l’«highest-paid person’s opinion»: il manager. Colui che ha indetto la riunione, il capo o meglio quello che nel meeting è il più alto in grado e guadagna di più. E così meno della metà delle persone presenti si prenderà la briga di parlare perché sa già di sprecare solo fiato. E la metà del gruppo si impegnerà diversamente con lo smartphone.

Secondo Maurice Schweitzer, professore di management alla Wharton School dell’Università di Pennsylvania, le riunioni sono destinate al successo quando la preparazione è già fatta prima ancora di iniziare. «Informare in anticipo le persone sull’agenda impedisce loro di essere colti alla sprovvista, le sorprese spesso portano a una reazione negativa ai piani. Purtroppo — ha aggiunto — è un impegno neanche così divertente e per questo il management raramente lo fa».
Stabilire un obiettivo dovrebbe essere prioritario: bisogna spingere lo staff ad andare avanti su un progetto oppure solo aggiornare il team? Si vogliono capire i problemi dei dipendenti o conoscere le loro idee? Si vuole stimolare il lavoratore a condividere idee e soluzioni? Ma soprattutto, la domanda regina, quella da farsi più e più volte prima di mandare una convocazione è: ma questa riunione è davvero necessaria?

 

Fonte: www.corriere.it