Pressioni malate: quando la finanza è insostenibile

Prontuario per le lavoratrici e i lavoratori

 

LE PRESSIONI COMMERCIALI INDEBITE SONO UN MALE PER I CLIENTI, LE BANCHE E I DIPENDENTI

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L’ultima frontiera di questo fenomeno sono le pressioni malate, cioè vendere a tutti i costi prodotti finanziari e assicurativi, violando direttive interne ed esterne alla banca. Le pressioni, le vessazioni, gli attacchi servono anche a questo.

 

CHE COSA NON TI POSSONO CHIEDERE

  • Vendere contro gli interessi dei clienti
  • Vendere violando leggi e regolamenti
  • Vendere forzando o aggirando le procedure della banca
  • Vendere usando strumenti autogestiti aggiuntivi

Se ti fanno una di queste richieste parlane in ufficio con i colleghi e rivolgiti al tuo sindacalista Fisac Cgil.

 

CHE COSA TI POSSONO CHIEDERE

  • Vendere i prodotti disponibili
  • Vendere garantendo una prestazione attiva e intensa
  • Vendere in modo orientato agli obiettivi
  • Vendere rispettando i target di collocazione

 

Tutto ciò che il lavoratore fa in violazione o al di fuori delle regole e delle leggi, anche se autorizzato, anche se è stato chiesto dal capo o dalla direzione, anche se frutto di pressioni, lo espone a contestazioni.
Non raggiungere il budget non espone a ripercussioni, mentre non rispettare la legge sì.

 

Ecco alcune operazioni a cui bisogna prestare la massima attenzione

PROFILATURA MIFID

Deve contenere dati veritieri e rispondenti alle caratteristiche del cliente; è vietato inserire dati alterati per collocare prodotti non adeguati al profilo di rischio del cliente.

OFFERTE A DISTANZA

Accettare l’adesione solo di quelle ufficiali della banca. Per le altre, chiedere al cliente di usare la filiale on line o effettuare l’adesione in presenza.

POLIZZE ASSICURATIVE

Attenzione alle norme sulla concorrenza e alla libertà di scelta del cliente. Vietato venderle in modo forzoso abbinandole alla concessione di altri prodotti o servizi finanziari. In caso di polizze obbligatorie (mutuo) specificare sempre che si possono sottoscrivere anche con un’altra compagnia.

PRESTITI PERSONALI

In fase di istruttoria inserire sempre dati precisi e veritieri e non “interpretazioni”. Controllare la documentazione e le informazioni (per esempio, accredito dello stipendio, finalità della richiesta, ecc.). Vietate le collaborazioni esterne per portare clienti.

PRIVACY

Tutti i dati (accessi, movimentazioni, consultazioni) sono tracciati e un sistema informatico rileva le operazioni anomale rispetto alle norme del Garante per la privacy.

Questo significa che:

  • Sono vietate le “profilature” fai da te delle abitudini di spesa dei clienti, nemmeno se inseriti nel proprio portafoglio.
  • Sono vietate le interrogazioni su archivi e banche dati esterni su soggetti privi di richieste di finanziamento in corso.
  • Sono vietati i messaggi di movimentazione contanti non conclusi con versamento o prelievo effettivi.
  • Sono monitorati, e quindi vanno eventualmente giustificati, gli annulli di versamento o prelievo di minimo importo.

PROCEDURE CONTABILI

Vietato creare scritture contabili per anticipare la disponibilità di liquidità economica.

USO DEI CONTRATTI INTERNET DEI CLIENTI

Vietato fare le operazioni sul proprio terminale usando le chiavi di accesso dei clienti.

 

Se ricevi pressioni, vessazioni, attacchi, se ti ritrovi in una delle situazioni descritte, puoi:

  • dire di no
  • parlarne in ufficio
  • parlarne con i colleghi
  • chiedere aiuto
  • chiedere un confronto
  • rivolgerti al sindacalista Fisac Cgil



Guide Fisac Cgil: Responsabilità disciplinari e patrimoniali

Pubblichiamo la versione 2021 della guida, aggiornata con molte sentenze. In caso di segnalazioni è possibile scrivere a: [email protected]

Scarica la Guida

Scarica le Sentenze edizione 2021

 

ARTICOLI PUBBLICATI AD INTEGRAZIONE:

 

Ricordiamo che tutte le guide sono disponibili nella nostra sezione Guide e Manuali




È legittimo il controllo della posta elettronica del dipendente?

La sentenza della Corte d’Appello di Milano dell’8 settembre 2020 riguarda una causa di lavoro avente per oggetto il risarcimento dei danni arrecati da alcuni dipendenti per concorrenza sleale. Tuttavia, affronta un argomento ricorrente anche nelle cause d’impugnazione di licenziamenti e sanzioni disciplinari.

In particolare, la sentenza ha affrontato il tema della legittimità o meno dei controlli attuati dal datore di lavoro sulle caselle di posta elettronica – sia aziendale che privata – dei dipendenti, controlli che nel caso in esame erano stati attuati per dimostrare la concorrenza sleale.

La Corte d’Appello ha dichiarato l’illegittimità dell’accesso del datore di lavoro a una casella di posta privata del lavoratore, anche se installata sul computer aziendale.
Questa condotta è sempre illegittima e configura il reato di cui all’art. 616 codice penale.

La Corte ha invece stabilito la legittimità dell’accesso alla posta elettronica aziendale; tuttavia ciò può avvenire solo alle seguenti condizioni:

  • che sia stata fornita al dipendente l’informativa circa i controlli;
  • che vi sia proporzionalità tra il controllo effettuato e la finalità;
  •  che vi sia il fondato sospetto di lesione dell’interesse del datore di lavoro.

Fonte: Fisac/Cgil




BNL: una firma che divide i lavoratori

2 - First Cisl 3 - Fisac Cgil

Come comunicato ieri è stato sottoposto alle scriventi organizzazioni sindacali un “pacchetto di accordi” inerenti le lavoratrici e i lavoratori che vedono la loro attività prevalente in cuffia, e più in particolare il personale del CRSC e del Direct Banking.

Si tratta di:

  1. PROTOCOLLO PER I CANALI AD ACCESSO REMOTO
  2. VERBALE DI ACCORDO IN TEMA DI REGISTRAZIONE E RIASCOLTO DELLE CONVERSAZIONI E DI SISTEMI TECNOLOGICI PER LA GESTIONE DELLA RELAZIONE CON LA CLIENTELA
  3. VERBALE DI ACCORDO IN TEMA DI SVILUPPO PROFESSIONALE

Abbiamo evidenziato all’azienda che l’accelerazione, che è stata data nell’ultimo periodo, nella definizione di questi accordi era per noi preoccupante, anche se il protocollo dei canali remoti era in discussione da ottobre 2019 per il rinnovo.

Sembra invece che l’azienda avesse necessità di firmare questi accordi in vista della ormai fantomatica riorganizzazione che dovrebbe vederci interessati o prima della pausa estiva o subito dopo. Questo è un segnale molto particolare che non possiamo non tenere in considerazione, visto che l’accordo su riascolti e barra telefonica impatta su una platea di lavoratori che va ben oltre CRSC e DIRECT. Leggiamo infatti nell’accordo che questo si applica a “qualsiasi conversazione in entrata e in uscita, relativa ai servizi/strutture ove le telefonate da/verso la clientela sono sottoposte a registrazione – attualmente SAC, CRSC, Direct Banking, Agenam, Assistenza Commerciale PAC, Rete commerciale”: un accordo, dunque, che impatta potenzialmente su tutte le lavoratrici e i lavoratori di Bnl facendo da apripista per l’intero settore bancario.

Teniamo conto che l’azienda sta procedendo spedita su un doppio binario pericolosissimo che impatta una buona fetta di popolazione aziendale, infatti oltre alla barra telefonica un altro strumento che va nella direzione di “parcellizzare le attività controllate per spostare l’attenzione dalla lavoratrice e dal lavoratore all’attività da questo svolta” è il Recap Tool.

Non a caso le organizzazioni sindacali avevano chiesto all’azienda di analizzare l’impatto di questi strumenti sul personale anche verificandone il rispetto dell’articolo 4 della legge 300. Un punto sul quale non si è più avuto alcun confronto in commissione, perché l’azienda ha stabilito di applicare unilateralmente il recap tool e di legare la regolamentazione dell’utilizzo della barra telefonica al rinnovo del protocollo sui canali remoti concedendo anche un accorciamento dei percorsi di carriera ma non per tutti i lavoratori interessati.

Dato lo scenario già poco rassicurante ecco perché abbiamo deciso di non avallare con la nostra firma
quello che viene sancito in questi accordi, ed in particolare:

  • Nella premessa dell’accordo sulla barra telefonica si riporta il “rispetto di quanto previsto dall’art. 4, l. n. 300/1970 e in coerenza con le determinazioni del Min. Lav. … nonché con le leggi vigenti in materia di protezione dei dati personali e con i provvedimenti del Garante della Privacy”. Le scriventi organizzazioni sindacali ritengono che in materia di privacy l’onere di fare certe affermazioni e di rispondere di eventuali violazioni in merito sia della sola azienda e da non condividere con i rappresentanti dei lavoratori.
  • Nel corpo dell’accordo sui riascolti si afferma: La Banca si impegna a non promuovere verso i dipendenti (comprendendo anche i colleghi di altre strutture eventualmente coinvolti) azioni disciplinari, di rivalsa o di risarcimento nel caso in cui l’Azienda, dall’ascolto delle telefonate, venga a conoscenza di eventuali errori dei dipendenti nell’esecuzione della attività lavorativa. Quanto sopra non si applica laddove dagli accertamenti emergano comportamenti fraudolenti o attuati in violazione di specifiche normative regolamentari, contrattuali e/o di legge. Questo punto fondamentale era già presente nell’accordo sui riascolti del 2016 – rientrava in un contesto dove ci si riferiva ad un comparto più piccolo – ma già allora le organizzazioni sindacali avevano evidenziato all’azienda questa criticità che di fatto sancisce che se durante un riascolto la collega o il collega interessati vengono “colti in fallo” per motivi non di dolo ma magari per la distrazione causata dalla pressione della struttura sui tempi e sui numeri da fare, o anche se c’è stata carenza di formazione, in tutti questi casi le organizzazioni sindacali firmatarie avallano i provvedimenti disciplinari promossi nei confronti del personale interessato al riascolto.
  • Per quanto riguarda l’accordo sui percorsi professionali – che annulla gli effetti degli slittamenti per la maturazione degli inquadramenti superiori sanciti dalla riorganizzazione del 22 dicembre 2016 – l’azienda ha avuto il coraggio di proporre ad un tavolo sindacale fatto dalle due più grandi organizzazioni sindacali confederali del paese un accordo che divide le lavoratrici e i lavoratori. Li divide perché quando nel 2016 l’azienda aveva preteso la riduzione del costo del personale con gli slittamenti lo ha fatto per l’intero cluster di entry level (agenzia, CRSC ed Hello Bank, oltre che SAC e tutti i lavoratori inseriti nei percorsi di carriera), mentre oggi ne estrapola una percentuale minimale senza rivedere le competenze ed eventualmente sancire che alcuni ruoli potrebbero non essere considerati ancora entry level. Divide anche perché gli altri due accordi prendono una platea di lavoratori ben più ampia del CRSC e del Direct mentre i percorsi di carriera vengono rivisti solo per le lavoratrici e i lavoratori di questi 2 uffici. Siamo consapevoli di quanto il CRSC ed il Direct siano meritevoli di tutele ed attenzioni: per questo abbiamo proposto un’indennità di cuffia, un riconoscimento economico per il disagio con cui i lavoratori operano tutti i giorni. Cosa ben diversa da un accorciamento dei percorsi di carriera solo per un piccolissimo gruppo di lavoratori, che suona come un elemento divisivo pericoloso sia come principio, che come effetto per di più in un momento di profondo cambiamento aziendale che sancirà sicuramente l’individuazione di nuove figure professionali e quindi la revisione tout court dei percorsi professionali.

Ma ci sono anche tantissime altre cose che non condividiamo degli accordi che andranno a regolare il lavoro di tantissime colleghe e colleghi (il numero delle persone impattate aumenterà sicuramente in virtù della riorganizzazione a venire) per esempio il fatto che un cliente anche senza contestazione possa decidere di riascoltare una telefonata in cui ha disposto una transazione (art 2 punto 2 dell’accordo su barra e riascolti). Questa fattispecie non ha uguali in nessuna altra azienda del settore. Quindi sarebbe possibile aver commesso un errore o omissione rispetto alla normativa che non ha causato danno alla clientela ma che comunque può portare ad una sanzione disciplinare alla collega o al collega oggetto di riascolto.

E ancora: a dispetto delle rassicurazioni sull’utilizzo della reportistica in forma aggregata sappiamo che i dati rilevati dalla barra telefonica sono personali così come la rilevazione degli stati non può non esserlo e visto nell’insieme delle rilevazioni che l’azienda sta operando per controllare i suoi lavoratori (Recap Tool e proprio ieri spacchettamento del Mongior tra Direct e rete fisica fino all’individuazione del singolo collega) c’è poco da sentirsi tutelati.

Visto come sono andate le cose nell’individuazione di questi accordi e visto che First Cisl e Fisac Cgil ritengono di aver agito nell’interesse delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti dagli stessi e visto che l’accordo sul riascolto prevede la possibilità per la lavoratrice e il lavoratore di farsi assistere nel riascolto da un sindacalista non necessariamente della organizzazione sindacale a cui è associato, consigliamo vivamente le colleghe e i colleghi di cercare i rappresentanti di First Cisl e Fisac Cgil.

Siamo, infatti, sicuri che dopo aver letto direttamente gli accordi qui discussi , e non fermandosi ai proclami, i lavoratori e le lavoratrici interessati sapranno giudicare senza bisogno di interpretazioni.

 

Leggi anche

https://www.fisaccgilaq.it/banche/bnl/bnl-se-non-firmo-ti-tutelo.html




UNICREDIT: chi di contestazione disciplinare ferisce….

dal sito Fisac Unicredit
10 settembre 2020


COMUNICATO UNITARIO

Egregi Signori
PEOPLE FOCUS, U-BOOK e FIRMA MIA *
Presso sedi Gruppo Unicredit
di tutta Italia.

Oggetto: Contestazione disciplinare ai sensi della prima e della seconda Legge della Robotica, che Vi impongono di non recare danno all’essere umano, bancario, e di conciliare i tempi vita-lavoro.

Con la presente Vi rivolgiamo formali contestazioni, ai sensi e per gli effetti delle succitate leggi, a fronte di gravissimi fatti e comportamenti “sin da subito” accertati e da Voi posti in essere in perigliosa violazione di rilevanti norme di legge della Robotica e di normativa interna, oltre che di obblighi inerenti il Vostro utilizzo, così come meglio dettagliato di seguito.
Dalla Vostra entrata in servizio si sono riscontrati reiterati e significativi ritardi, errori, blocchi e difficoltà operative a danno dei Lavoratori e delle Lavoratrici del Gruppo Unicredit, tali da inficiare il corretto svolgersi del Vostro rapporto di servizio ai suddetti Lavoratori, impegnati più ad imprecare contro le Vostre manchevolezze, che a poter fruire delle Vostre prestazioni.
A mero titolo esemplificativo e non esaustivo, per quanto attiene gli ASPETTI ECONOMICI rileviamo come :

• People Focus abbia nel tempo :

  • ritardato di mesi il pagamento delle indennità di pendolarismo, causando illegittimamente a Lavoratori e Lavoratrici l’onere di un esborso che avrebbe dovuto trovare ristoro nelle predette indennità non tempestivamente corrisposte;
  • ritardato di mesi – quando non addirittura del tutto omesso – il pagamento delle indennità spettanti per sostituzione, privando illegittimamente del giusto riconoscimento economico, contrattualmente previsto, Lavoratori e Lavoratrici che hanno sostenuto l’onere e la responsabilità della sostituzione dei superiori assenti;
  • ritardato, sempre di diversi mesi, il pagamento delle indennità di rischio, contrattualmente prevista per i Lavoratori e le Lavoratrici che effettuano attività di maneggio contante e che sono esposti al rischio di esborso in caso di differenza di cassa (esborso che peraltro, hanno dovuto sostenere immediatamente in caso di ammanco);
  • omesso reiteratamente l’applicazione dei corretti livelli di inquadramento da riconoscere a norma di contratto e degli accordi di valorizzazione professionale stipulati in data 4 febbraio 2017 con decorrenza 1° luglio 2017 e 8 maggio 2019 con decorrenza 1° settembre 2019;
  • omesso reiteratamente il pagamento delle indennità di turno spettanti già da aprile 2019 a Lavoratori e Lavoratrici ai/alle quali sono stati assegnati turni a seguito di processi riorganizzativi e/o sperimentali;
  • “randomizzato” l’attribuzione di ferie, ex festività, banca ore e permessi, con inevitabili ripercussioni nella corretta fruizione dei periodi di assenza previsti a norma di legge e di contratto;
  • palesato oggettive carenze operative, rendendo impossibile per lungo tempo ai Lavoratori ed alle Lavoratrici qualsivoglia segnalazione di dati necessari, dai famigliari a carico sino alle auto utilizzate per le missioni.

• Firma Mia abbia nel tempo :

  • impedito reiteratamente, risultando pertanto del tutto inadempiente, rispetto al proprio incarico, la sottoscrizione di contratti di svariata natura, emessi in numero quotidiano rilevante da ogni Lavoratore/Lavoratrice in qualsivoglia filiale. A titolo meramente esemplificativo, oltre alla documentazione riferita al servizio da essa stessa fornito, ha impedito la sottoscrizione digitale di contratti di conto corrente, carte di credito e di debito, depositi titoli, consulenze ed operazioni in strumenti finanziari, prestiti.
  • causato blocchi operativi, frequenti e riferibili ad ogni procedura alla quale sia stata collegata, rendendo spesso impossibile la conclusione delle operazioni con conseguente mancata realizzazione della corrispondente redditività oltre che insoddisfazione della clientela;
  • provocato costanti rallentamenti, causando sia un elevato quanto inaccettabile dispendio di tempo ai danni di Lavoratori, Lavoratrici e clientela, sia una rilevante riduzione del numero delle operazioni eseguibili, con conseguente proporzionale diminuzione della relativa redditività;
  • costretto i Lavoratori e le Lavoratrici a sopperire alle Sue manchevolezza attraverso la stampa cartacea dei contratti, con evidente spreco di risorse economiche e di tempo;
  • causato indirettamente, a seguito dell’operatività descritta al punto precedente, l’accumulo di un numero rilevantissimo di documenti cartacei da sistemare/recuperare, ad oggi ancora in corso di lavorazione con conseguente ulteriore perdita di tempo e di risorse nonché significativo aumento dei rischi operativi e reputazionali, oltre che dei possibili reclami/contestazioni da parte della clientela e delle conseguenti potenziali perdite economiche.

• U-Book abbia nel tempo :

  • opposto ingiustificato rifiuto a prestare la propria attività per diverse giornate lavorative e,
    quando attivo, operato in maniera del tutto inadeguata rispetto ai tempi ed all’accuratezza di svolgimento dei compiti assegnati;
  • fissato innumerevoli appuntamenti doppi o con operatori assenti;
  •  ignorato gli effettivi orari di apertura degli sportelli e la corretta allocazione del personale su più filiali;
  • inviato alla clientela indicazioni fuorvianti sulle strutture presso le quali si sarebbero svolti gli incontri;
  • ndicato rigidamente tempi non congrui per le attività da svolgere.

Le si può, Sig. U-BOOK, concedere che, concepito in una fase assai critica per la banca e tutti noi per dare risposta concreta e di sicurezza, non sia stato in questo accompagnato da benigna sorte.
Tutto ciò non solo ha arrecato notevole aggravio all’operatività dei Lavoratori e delle Lavoratrici, ma risulta ancor più grave alla luce del fatto come tali ingiustificabili comportamenti siano stati in parte perpetrati in tempo di oggettiva emergenza occupazionale sulla Rete, causando in molti casi situazioni di elevata criticità con la clientela ed esponendo i Lavoratori e le Lavoratrici sia a rischi operativi che, addirittura, di incolumità personale.

Per quanto attiene gli aspetti di QUALITÀ DEL LAVORO e CLIMA AZIENDALE, sempre a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, elenchiamo alcune delle situazioni, ancorchè gravi, determinate dai Vostri comportamenti “ in difetto “ e dalle reiterate carenze operative.

In particolare:

• People Focus ha:

  • provocato il ritardo di ben 3 mesi nell’accoglimento delle nuove richieste di part time con decorrenza secondo semestre 2019, causando alle Lavoratrici richiedenti ulteriori difficoltà familiari, nonché maggiore dispendio economico per baby sitters, collaboratrici familiari ecc.;
  • determinato l’accumulo di decine di migliaia di ticket inevasi che hanno costretto i Lavoratori e le Lavoratrici a continui solleciti, anch’essi inevasi, con perdite di tempo, aumento dello stress personale e considerevole peggioramento del clima interno;
  • resa incerta qualsiasi ricostruzione di percorso professionale o situazione pregressa, determinando, oltre ai danni economici, situazioni di forte insoddisfazione e ansia da parte di Lavoratori e Lavoratrici.

People Focus, U-Book e Firma Mia, di concerto, hanno inoltre causato esacerbazione estrema degli animi e reso ancor più insopportabili, per Lavoratori e Lavoratrici, condizioni lavorative già allo stremo per carenza di personale e diffuse inefficienze organizzative ed applicative.
I sopra descritti inammissibili ed illegittimi comportamenti – ai quali Voi stessi avete in più occasioni dichiarato di voler porre rapidamente rimedio – sono stati da Voi posti in essere in aperta violazione sia della normativa interna e di legge, sia della vigente normativa di contratto, nonché dei più elementari principi di deontologia, correttezza e diligenza professionale e risultano altresì forieri di potenziali gravi danni economici, oltre che morali e di stress lavoro correlato per i Lavoratori e le Lavoratrici del Gruppo Unicredit.

Nel contestarVi quanto sopra e nel sollevare sin d’ora nei Vostri confronti riserva di rivalsa per i danni che avessero a derivare a Lavoratori e Lavoratrici in conseguenza del Vostro operato, Vi invitiamo – ai sensi della normativa citata in oggetto – a volerVi giustificare nel termine di sette giorni lavorativi dalla data di ricevimento della presente.
Vi ricordiamo inoltre, Egregi Signori People Focus, U-Book e Firma Mia, che comportamenti come quelli da Voi posti in essere Vi espongono al rischio di sanzioni disciplinari, che possono arrivare, nei casi più gravi, sino alla Vostra “ disinstallazione “ definitiva.
Firma mia* sta chiudendo i battenti e sarà sostituita dalla Firma Digitale Innovativa; le auguriamo miglior sorte, auspicando pertanto che non faccia rimpiangere il recente passato.

Distinti saluti.

Milano, 10-09-2020

SEGRETERIE DI COORDINAMENTO GRUPPO UNICREDIT
FABI – FIRST/CISL – FISAC/CGIL – UILCA – UNISIN

N.d.R. – se nella commedia greca Aristofane fece della satira politica uno strumento innovativo e fondamentale, nella quotidianità in banca vorremmo fare della satira “ sindacale “ una prece agli Dei dell’Olimpo, affinchè rivolgano la loro benevola attenzione agli umani bancari.




Responsabili e irresponsabili

C’è un aspetto nell’organizzazione delle banche che in pochi hanno colto, ma del quale è fondamentale prendere coscienza per capire ciò che succede nella quotidianità di chi lavora nelle filiali.


La nostra vita è governata da regole che ne disciplinano ogni singolo aspetto. Questo è ancor più vero per il lavoro in banca: contratti, normative interne, antiriciclaggio, antiterrorismo, antiusura. Codice civile, codice penale, trasparenza, contrasto all’evasione fiscale. E poi circolari, ordini di servizio, email… un numero enorme di disposizioni da seguire, sostanzialmente impossibili da conoscere nel loro complesso ma la cui inosservanza può comportare conseguenze che vanno dal provvedimento disciplinare, al risarcimento del danno, al licenziamento, alla denuncia alla Magistratura.

Eppure, pare che ci siano persone per le quali le norme sembrano non valere.

Molti di noi avranno probabilmente avuto a che fare con dei capi che si comportano in palese violazione di norme e contratti, e che sembrano volerci spingere più o meno apertamente ad aggirare leggi o disposizioni di varia natura. Com’è possibile tutto ciò?

C’è un aspetto nell’organizzazione delle banche che in pochi hanno colto, ma del quale è fondamentale prendere coscienza per capire ciò che succede nella quotidianità di chi lavora nelle filiali.

Esiste una divisione netta che differenzia i dipendenti bancari in due gruppi: quello dei responsabili (cioè coloro che pagano per ogni singolo errore) e quello degli irresponsabili (cioè quelli che, qualunque cosa facciano, non pagano mai).
E’ una divisione che opera in senso verticale.
La responsabilità è piena per chi opera in filiale, dall’operatore di sportello fino al Titolare, la figura più esposta in assoluto. Si azzera magicamente appena si passa al gradino superiore, occupato di norma da Quadri Direttivi con ruolo chiave o da Dirigenti.

E qui possiamo cogliere un primo paradosso: la responsabilità è inversamente proporzionale alla retribuzione. Il cassiere che sbaglia e a fine serata si vede mancare una banconota non può far altro che mettersi le mani in tasca e reintegrare la differenza. Il Dirigente che prende decisioni sbagliate, arrecando anche danni alla sua Banca, si ritroverà, nella peggiore delle ipotesi, assegnato ad altro incarico.

Perché questa differenza incide in modo così forte sulla vita dei bancari?

Riflettiamo su quelli che sono i ruoli all’interno dell’organizzazione aziendale. La corsa forsennata al raggiungimento degli obiettivi ha fatto sì che, nel corso degli anni, le Banche si dotassero di strutture sempre più articolate aventi una sola funzione: pressare, pressare, pressare.
E allora, ecco che le Direzioni Generali pressano i Responsabili Territoriali, che pressano gli Area Manager, che pressano gli Assistenti commerciali, che pressano i Titolari di fIliale, che pressano i referenti, che pressano i singoli operatori. Un sistema che, non senza una certa dose di umorismo, viene definito come “supporto alla vendita”. In realtà non esiste alcun supporto: solo pressioni.

E qui diventa fondamentale la differenza tra “responsabili” e “irresponsabili”. Molti Dirigenti hanno come unico compito quello di non dare pace a chi opera in prima linea; in cambio, le Aziende prevedono premi che non sono neanche lontanamente paragonabili a quelli dei comuni Lavoratori. Per questo diventa concreto il rischio che, di fronte alla prospettiva di perdere incentivi che possono raggiungere o superare il reddito annuale di un impiegato, qualcuno finisca col cedere alla tentazione di ignorare le regole, viste solo come un fastidio che rischia di non far percepire le ricche prebende.

Questo spiega perché, seppur in modo ovviamente non ufficiale e mai per iscritto, alle filiali arrivino indicazioni più o meno palesi che le spingono a violare le norme.
Molti di noi hanno sentito indicazioni del tipo: “Va bene l’adeguatezza, va bene Mifid, ma il budget lo devi fare, quindi chissenefrega se vendi la polizza decennale ad un’ottantenne?
O magari “Può darsi che questo prodotto non sia adatto per tutti, ma tu mica devi spiegarlo fino in fondo! Basta che ti fai firmare i contratti”.
Oppure “OK, dovete fare l’adeguata verifica, ma intanto pensate ad aprire i conti, poi i documenti li porteranno“.
O, peggio ancora “Le commissioni addebitatele, poi se il cliente dovesse lamentarsi potete sempre dirgli che c’è stato un errore e rimborsargliele“.

L’elenco potrebbe proseguire all’infinito; a rendere particolarmente grave ognuna di queste affermazioni c’è la certezza pressoché assoluta, da parte di chi le fa, di non pagare conseguenze grazie alla loro “irresponsabilità”, sapendo che eventuali sanzioni, anche di natura penale, saranno esclusivamente in carico a chi ha effettuato l’operazione.

Facciamo un esempio concreto. Può capitare di sentire un nostro superiore affermare che: “Se il cliente non fa la polizza dovete rifiutargli il prestito“. In effetti lo abbiamo sentito dire tante volte, al punto che qualche Lavoratore potrebbe finire per considerarla quasi una regola non scritta: eppure, chi si prestasse a quello che è a tutti gli effetti un ricatto, senza forse neanche rendersene conto starebbe commettendo un reato, una forma di estorsione. Eppure c’è chi lo fa lo stesso, senza neanche chiedersi: “Cosa potrà mai succedere?”

Per esempio questo, come avevamo già riportato in un precedente articolo:

https://www.fisaccgilaq.it/banche/associazione-a-delinquere-bancari-denunciati-per-aver-costretto-i-clienti-a-sottoscrivere-polizze.html

Quando succedono fatti del genere, la prima reazione dei vertici dell’Istituto (cioè degli “Irresponsabili”) è scaricare ogni colpa sui dipendenti. Per questo dobbiamo ricordarci sempre che ogni operazione fatta in modo scorretto è come un passo su un campo minato: può darsi che ci vada bene e non incontriamo nessuna mina, ma prima o poi salteremo in aria e nessuno verrà a soccorrerci.

 

Gli “irresponsabili” sanno di non rischiare. E se ne vantano

L’aspetto più grave della differenziazione tra “responsabili” e “irresponsabili” sta nel senso di onnipotenza che finisce per pervadere questi ultimi. Per alcuni di loro, moderni “Marchesi del Grillo”, il rispetto delle norme è roba da sfigati, da incapaci, da nemici del progresso e dei budget. Il Direttore di FIliale che obietta il timore di rilievi da parte dell’Ispettorato diventa un pavido, uno che non merita il ruolo che ricopre.
Sembra una logica folle, assurda, da rifiutare senza riserve: e invece è un modo di pensare che si sta diffondendo sempre più nelle filiali degli Istituti di Credito.

Diciamocelo con chiarezza: quando un nostro collega afferma di non poter porre in essere un’operazione perché ritiene che non sia in linea con le regole, capita che in filiale non trovi solidarietà, ma finisca con l’essere isolato. Lui è il piantagrane, quello che vuole impedire ai colleghi di prendere il premio di risultato (come già detto, briciole rispetto alle somme percepite dagli “Irresponsabili”). E quel che è peggio, questo modo di pensare è più diffuso tra i colleghi giovani. Come dire che il futuro della banche rischia di essere popolato da soldatini autolesionisti, carne da macello da sacrificare a piacimento da parte di chi li ha plasmati come voleva: esattamente ciò gli serve per mantenere i propri ricchi emolumenti.

Come ci si difende?

I Sindacati hanno ottenuto un primo, importantissimo passo avanti con la sottoscrizione dell’ Accordo sulle Politiche Commerciali, stipulato nel 2017 e trasportato integralmente nel CCNL 2019. La novità dell’accordo consiste nell’amissione, anche da parte delle Banche, che determinati comportamenti sono sbagliati, con il conseguente divieto di porli in essere. Il grosso limite dell’accordo è che non prevede sanzioni, quindi si è rivelato di difficile applicazione.

L’accordo prevede tra l’altro il divieto di richiedere report “fai da te” e il divieto di comunicazioni commerciali fuori orario o nei weekend: norme che vengono quotidianamente disattese. Prevede inoltre il divieto di pubblicare classifiche: eppure abbiamo visto dirigenti particolarmente spregiudicati (o totalmente ignoranti delle normative) arrivare a pubblicare classifiche con i nomi dei singoli referenti, comportamenti sanzionabili anche in sede penale.
Perché continuano a succedere fatti del genere se sono espressamente vietati?

Ancora una volta la risposta è semplice: molti Dirigenti fanno queste cose perché sanno di poterle fare, perché sanno di essere “Irresponsabili”. Perché sanno di poter contare sull’atteggiamento ambiguo delle Banche, che se pubblicamente annunciano la lotta alle pratiche commerciali scorrette, in realtà finiscono con il premiare e gratificare proprio i Dirigenti più spavaldi e vessatori, a scapito dei loro colleghi più corretti: una vera selezione naturale al contrario.
Alla fine l’accordo ha causato un altro paradosso: segnalare la scorrettezza di un Dirigente o di un Referente Commerciale lo porterà, in qualche caso, a ricevere un buffetto dall’Azienda, ma molte volte significherà attribuirgli una nota di merito agli occhi dei vertici aziendali.

Il più importante strumento di difesa che abbiamo è la consapevolezza. Per questo ognuno di noi ha il dovere di conoscere le norme, di sapere ciò che è giusto o sbagliato, e semplicemente non fare tutto ciò che può metterlo nei guai.

Ognuno di noi può farsi un’idea dei suoi superiori dal modo in cui si comportano: quelli che continuano a chiedere report manuali, che si ostinano ad inviare comunicazioni fuori orario, che chiedono di ricattare i clienti o chiudere un occhio davanti alle normative sono personaggi che disprezzano le regole e dei quali dobbiamo diffidare.

Un ottimo test sull’etica dei nostri Capi abbiamo potuto farlo durante il periodo di lockdown per il coronavirus. E’ evidente che la limitazione dell’operatività e delle presenze abbia rappresentato un danno per le Aziende. Ma è altrettanto evidente che questi provvedimenti abbiano evitato dei contagi, e in ultima analisi salvato delle vite. E questa non poteva che essere la priorità: le operazioni che non abbiamo posto in essere nei mesi scorsi potranno essere recuperate in futuro, la perdita di una sola vita umana in più sarebbe irrecuperabile. In questa ottica s’inquadrava il sacrosanto stop alle campagne commerciali: non si poteva pensare di contattare i clienti e chiedergli di venire in banca, se si è convinti che la priorità sia salvaguardare la salute e la vita di lavoratori e clienti.

Eppure tanti lavoratori hanno riferito di segnali d’insofferenza arrivati da vari capi e capetti, evidentemente preoccupati di veder sfumare i loro ricchi premi annuali. Personaggi che, in sfregio agli accordi ed alle “disposizioni ufficiali” delle Aziende, hanno inviato solleciti per portare avanti le campagne commerciali, anche in piena quarantena.
Se qualcuno si è comportato in questo modo, adesso sappiamo che si tratta di persone per le quali noi, il nostro lavoro, la nostra salute, contiamo molto meno di un budget da raggiungere. Ricordiamocelo, perché in futuro dovremo diffidare di tutto ciò che ci diranno.

In chiusura del discorso, la cosa più importante da fare è segnalare tutto ciò che accade ai propri Rappresentanti Sindacali. Perché possono far arrivare all’Azienda le nostra segnalazioni in modo del tutto anonimo. Perché è vero che non ci sono sanzioni per gli “Irresponsabili”, ma l’esperienza insegna che continuare a segnalare ripetutamente i medesimi comportamenti scorretti posti in essere sempre dagli stessi soggetti, alla fine costringe l’Azienda a intervenire.
Ancora l’esperienza insegna che il senso di onnipotenza che deriva dalla consapevolezza di essere “irresponsabili” porta prima o poi i Dirigenti più spregiudicati a farla più grossa del solito, finendo col mettere per iscritto disposizioni palesemente illecite o a violare in modo troppo spudorato le norme. E allora la possibilità d’intervento diventa concreta, ricorrendo a tutti gli strumenti che le leggi ci mettono a disposizione.

Per questo diventa essenziale lo scambio d’informazioni tra lavoratori e Rappresentanti sindacail.
Ricordandoci sempre che prestarci a lavorare in modo scorretto ci espone a rischi enormi. E ricordando anche che, quando si viene a conoscenza di comportamenti illeciti, la scelta di girarsi dall’altra parte e fare finta di niente ci rende automaticamente complici.




Lavoro dipendente e rispetto delle regole

Abbiamo visto come nel rapporto di lavoro dipendente è l’imprenditore che stabilisce le regole della prestazione lavorativa.

La conseguenza ovvia è che il mancato rispetto di queste regole può comportare l’applicazione di sanzioni disciplinari anche severe (fino al licenziamento) e rispetto alle quali non è opponibile – né in sede di procedura disciplinare, né in sede di eventuale ricorso alla magistratura del lavoro – la mancanza di conoscenza delle regole medesime.

Una conseguenza altrettanto ovvia è che la deliberata violazione delle regole interne e tanto più delle disposizioni legislative e amministrative rilevanti per la normale attività lavorativa, espone alla possibilità delle medesime sanzioni. In aggiunta a ciò, in taluni casi la legge prevede anche responsabilità penali individuali.

A questo proposito è necessario avere ben presente che:

  • l’”invito”, la “pressione” o anche l’autorizzazione certificabile del proprio responsabile ad operare in violazione di regolamenti interni (e tanto più di leggi e regolamenti amministrativi) NON esime in alcun modo dalle responsabilità individuali del lavoratore;
  • l’”invito”, la “pressione” o anche la l’autorizzazione rilasciata in qualità di responsabile ad operare in violazione di regolamenti interni (e tanto più di leggi e regolamenti amministrativi) costituisce una grave violazione dei compiti in capo al responsabile medesimo; tutto ciò deve essere prontamente segnalato al sindacato ogni qual volta si dovesse verificare; il sindacato interverrà per porvi prontamente termine;
  • le pressioni indebite, eccessive, e/o in violazione di deontologia, regolamenti e leggi, se segnalate sono sanzionabili nei confronti di chi le pone in atto; invece in nessun caso sono opponibili ex post come scusanti di comportamenti lavorativi non coerenti con leggi e regolamenti amministrativi; questo né in sede di procedura disciplinare, né in sede di eventuale ricorso alla magistratura del lavoro.

Quindi, è assolutamente necessario che il lavoratore prenda contatto con il sindacato in ogni caso in cui abbia dubbi sull’operatività che sta svolgendo, o ritenga di subire pressioni indirizzate alla violazione o anche al semplice “aggiramento” di leggi e regolamenti.

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Alberto Massaia – Corinna Mangogna
Dipartimento Giuridico Fisac/Cgil

 

 

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Aggiornamento Guida responsabilità disciplinari e patrimoniali

Pubblichiamo la versione 2020 della guida, aggiornata con molte sentenze. In caso di segnalazioni è possibile scrivere a: [email protected]

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Donne al lavoro: può essere lecito il ritardo per portare i figli a scuola

Il giudice dichiara illegittime le discriminazioni in danno delle lavoratrici madri, costrette a ritardare l’ingresso per le necessità scolastiche dei figli.

Se qualche volta fai tardi al lavoro perché devi accompagnare i figli a scuola, d’ora in poi non dovrai più preoccuparti troppo dei rimproveri del capo o dei colleghi: adesso la giustizia ti viene in aiuto. Però devi essere donna e mamma, perché il nuovo principio stabilito dai giudici riguarda la parità tra i sessi e dunque il divieto di discriminazione nei confronti di chi versa in questa doppia situazione di svantaggio.

Le donne che lavorano sono svantaggiate, devono conciliare impegni ed orari con le esigenze della maternità, specialmente quando hanno figli piccoli. E tra le incombenze da svolgere c’è anche quella di portarli a scuola o all’asilo, oppure di andarli a riprendere all’uscita (talvolta anticipata, se non stanno bene e dalla scuola avvisano di venire).

Il caso che ha portato alla ribalta la questione è successo in un ufficio pubblico: si tratta della Regione Toscana, che aveva emanato un ordine di servizio che la consigliera alle Pari Opporunità ha impugnato davanti al giudice del lavoro ritenendolo discriminatorio perchè violava la parità tra lavoratori e lavoratrici.

Il giudice le ha dato ragione: il provvedimento era penalizzante per le lavoratrici madri perché non teneva conto del fatto che i loro ritardi sul lavoro potevano essere dovuti proprio alla necessità di dover accudire i loro figli, anche accompagnandoli a scuola. Il Tribunale ha ritenuto «notorio che i genitori (e a maggior ragione le lavoratrici madri) specialmente se con figli in età da scuola dell’infanzia, materna o primaria, si trovino frequentemente a dover far fronte ad impellenti e imprevedibili esigenze connesse all’accudimento della prole, le quali possono anche comportare l’improvvisa necessità di ritardare l’ingresso al lavoro o di anticiparne l’uscita».

Invece, secondo il giudice fiorentino, l’ordine di servizio emanato dalla Regione era troppo rigido e metteva in una posizione di svantaggio queste lavoratrici madri: in particolare non c’era nessuna flessibilità nel punto che imponeva ai dipendenti di giustificare per iscritto tutti i ritardi d’ingresso dalle ore 09,16 alle 09,30 e prevedeva, in caso di motivi riconosciuti non validi, l’instaurazione di un procedimento disciplinare a loro carico per il ritardo registrato.

Questo, oltre alle penalizzazioni sul recupero successivo dei tempi di lavoro non effettuato, o il computo del ritardo – se l’ingresso avveniva oltre le 09,30 – come “permesso breve”, che però in base a quelle stesse disposizioni avrebbe dovuto essere chiesto ed autorizzato in anticipo, cosa evidentemente inconciliabile con una situazione di necessità e urgenza che potrebbe insorgere improvvisamente e all’ultimo momento.

La conclusione è stata l’annullamento dell’ordine di servizio nella parte in questione: il giudice ha ordinato «la cessazione del comportamento pregiudizievole tramite la rimozione dell’efficacia giuridica o, comunque, la non applicazione delle disposizioni accertate come discriminatorie» ed ha ordinato alla Regione interessata di rimuoverne gli effetti, anche provvedendo a definire e ad attuare un apposito «piano di rimozione» entro 6 mesi, interpellando prima dell’adozione i sindacati di categoria e i consiglieri alle pari opportunità.

Il significato che si può trarre da questa pronuncia giurisprudenziale è che non si può prendersela comoda al mattino derogando all’orario di lavoro, ma se ci sono esigenze particolari – deve trattarsi di necessità improvvise e non programmabili prima – che talvolta fanno fare ritardo alla madre lavoratrice che ha dovuto portare i figli a scuola, non si può essere puniti o penalizzati dal proprio datore di lavoro per il solo fatto del ritardato ingresso, senza aver considerato queste particolari giustificazioni; altrimenti si realizzerebbe una discriminazione vietata dalla legge.

La sentenza del Teibunale del Lavoro di Firenze

 

Fonte: www.laleggepertutti.it




Licenziamento o dimissioni?

Una domanda che talvolta viene posta al sindacalista, quando è ormai chiaro che la contestazione sfocerà in un licenziamento disciplinare, è questa: È meglio accettare il licenziamento oppure rassegnare le dimissioni?

Può sembrare paradossale, ma – salvo il caso in cui le dimissioni siano accompagnate da un incentivo economico – normalmente il licenziamento è preferibile alle dimissioni, per diversi motivi.

1)     Il motivo più semplice è che la NASPI (nuova assicurazione per l’impiego), per quanto sia di un importo non elevato, spetta soltanto in caso di disoccupazione involontaria, ai sensi del decreto legislativo n. 22/2015, art.3.  Ne consegue che la NASPI spetta anche nel caso di licenziamento, invece non spetta in caso di dimissioni volontarie.

2)     Un motivo più sfaccettato è rappresentato da fatto che l’impugnazione in sede giudiziaria di un licenziamento può essere certamente complessa, ma in linea generale, l’impugnazione delle dimissioni è sicuramente più difficile sul piano probatorio.  Inoltre, in caso di licenziamento illegittimo vi sono pur sempre alcune specifiche tutele di legge, per quanto pesantemente decurtate dalle recenti “controriforme”.

3)     Infine, occorre tenere presente che il licenziamento non viene annotato sulla scheda professionale del lavoratore, il documento introdotto dal decreto legislativo n. 297/2002 e che ha sostituito il vecchio libretto di lavoro.

La possibilità da parte di un nuovo datore di lavoro di venire a conoscenza dei motivi delle dimissioni o del licenziamento comminato in precedenza da una banca o da una qualunque altra impresa, può derivare da accertamenti svolti in base a conoscenze e relazioni, non di certo da norme di legge.

 

Articolo ad integrazione della nostra guida alle responsabilità disciplinari e patrimoniali:

 

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Alberto Massaia – Corinna Mangogna
Consulta Giuridica Fisac/Cgil