BPER: abbiamo un grande futuro alle nostre spalle


Sono stati resi noti i risultati del primo semestre 2023. Un utile netto di periodo che sfiora i 705 milioni, che ha portato l’AD Montani a definirsi “orgoglioso per il miglior semestre di sempre“.

Come dipendenti non possiamo che essere felici del traguardo raggiunto, e sentirci a nostra volta orgogliosi per un dato che è frutto del lavoro quotidiano di ognuno di noi, e che porterà enorme gratificazione ad azionisti e manager (molto meno ai dipendenti).

Qualche giorno prima, la rivista Altroconsumo aveva pubblicato la tabella che riportiamo, che rappresenta l’altra faccia della medaglia del “miglior semestre di sempre”.

La nostra banca risulta la meno gradita al campione degli intervistati, ed è un dato che ci deve preoccupare. Se andiamo a esaminare le ragioni di questo piazzamento, scopriamo che due sono i valori che maggiormente ci penalizzano. “Costi e commissioni” ritenuti eccessivi da metà degli intervistati, ma evidentemente funzionali al raggiungimento del “miglior semestre di sempre”. Ma soprattutto, ed è un dato terribilmente preoccupante, il fatto che oltre 4 intervistati su 10 ci considerino poco trasparenti. Tradotto in termini più chiari: il 41% del campione non ha abbastanza fiducia nella nostra banca, e questo è un dato che getta ombre inquietanti sul nostro futuro.

Come si è arrivati a questo dato?

Da anni, ormai, le banche ragionano solo sul presente: bisogna ottenere tutto e subito, massimizzando i profitti e senza pensare a ciò che avverrà domani. Ciò che conta è far crescere, sempre di più, i dividendi per gli azionisti e i premi per i top manager.

Questo comporta varie conseguenze. Prima di tutto bisogna guadagnare il massimo possibile da ogni cliente, cercando di convincerlo a sottoscrivere tanti prodotti: quindi bombardarlo di offerte e di proposte, in ogni occasione. E’ così strano che cominci a guardarci con sospetto?

Poi c’è la ricerca spasmodica del taglio dei costi, visto esclusivamente come strumento per massimizzare il profitto immediato, senza preoccuparsi delle conseguenze future. Quindi si chiudono le filiali, abbandonando i territori a loro stessi e recidendo il legame con la clientela, illudendosi di sostituire il rapporto personale con una app, spesso bloccata da malfunzionamenti a loro volte fonte di sfiducia verso la banca. Ci sarebbero le risorse per investire e migliorare il sistema informatico, ma farlo significherebbe togliere qualche euro ai dividendi degli azionisti, quindi non si può (e non si vuole)
Con la stessa logica si pensa di vendere pezzi pregiati dell’azienda, privandosi tra l’altro di elevate professionalità, nonostante siano fonte di profitti. E’ il caso della paventata cessione del ramo d’azienda rappresentato da tutta l’attività di recupero: si massimizza il beneficio oggi, rinunciando agli introiti degli anni futuri, che potrebbero dare linfa preziosa ai bilanci qualora l’andamento dovesse rivelarsi meno florido.

Infine c’è la fede, totalmente illogica, nella crescita inarrestabile. Ogni anno bisogna crescere, all’infinito. Ogni anno bisogna aumentare i profitti, le polizze, il gestito, gli impieghi, il numero di clienti. Ed ogni anno la crescita percentuale dev’essere maggiore di tutti gli anni precedenti. Ogni anno dev’essere “il migliore della nostra storia“.
Tutto questo all’interno di un sistema economico che non solo non è infinito, ma presenta popolazione in calo e con età media crescente, oltre a una capacità di spesa delle famiglie in forte riduzione.
Quanto potrà durare questa folle idea di crescita perenne?
Andiamo di corsa come un’auto che sfreccia a fari spenti nella notte, incuranti di ciò che accade intorno a noi. Fare risultati diventa sempre più difficile? Si alza il livello delle pressioni: come se rendere sempre più impossibile la vita dei propri dipendenti potesse sovvertire la realtà (e la matematica). Corriamo fino a quando andremo a sbattere, fino a quando non sarà più possibile crescere, e dovremo fare i conti con i danni prodotti.
E allora ci accorgeremo che, all’insegna del “tutto e subito”, abbiamo distrutto il legame con i territori, abbiamo perso la fiducia dei clienti, abbiamo rinunciato ad importanti flussi di profitto vendendo i gioielli di famiglia.

Davvero possiamo affermare che il primo semestre 2023 sia stato il migliore di sempre? O sarebbe più giusto sostenere che è quello in cui la banca ha massimizzato il profitto come mai aveva saputo fare prima?

Consentiteci di chiudere con una provocazione. Cosa sarebbe successo se invece di 705 milioni di utile ne avessimo realizzati 600, rallentando un pochino per cercare di ricostruire il rapporto con la clientela, per ricominciare ad ascoltare le esigenze di famiglie ed imprese e provare a recuperare una minima parte della fiducia perduta?

Davvero sarebbe stato un risultato peggiore?




Carige ceduta a Bper, nasce il terzo polo bancario italiano

Il Fondo interbancario accetta l’offerta del gruppo emiliano. Il closing entro il 30 giugno, dopo l’ok della Bce.


La notizia era nell’aria ed è arrivata a mercati aperti: Bper Banca ha acquistato Banca Carige, confermandosi così sotto la regia del Gruppo Unipol, come la più convinta candidata all’edificazione di un terzo grande polo bancario italiano, a fianco di Intesa e Unicredit.

L’istituto modenese, assistito da Mediobanca e Rothschild, ha raggiunto un accordo per rilevare dal Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd) l’80% dell’istituto di credito genovese. I valori dell’operazione restano quelli già delineati nell’offerta preliminare dello scorso 10 gennaio: Carige verrà pagata un euro, previa ricapitalizzazione a carico del Fitd per 530 milioni. Seguirà l’offerta pubblica di acquisto degli emiliani sul restante 20% del capitale a 0,8 euro per azione, prezzo a cui si è allineato il titolo a Piazza Affari.

La chiusura dovrà arrivare entro il 30 giugno, così da permettere a Bper di avvalersi degli incentivi fiscali del Governo. L’acquisto della banca genovese, affermano i vertici del gruppo emiliano guidato da Piero Montani ex Carige, presenta una “forte valenza strategica ed industriale” e consentirà “di crescere in territori”, come la Liguria e il Nord della Toscana.

Il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti e il sindaco di Genova Marco Bucci hanno espresso l’auspicio che venga “tutelata la territorialità” di Carige, che – sottolineano – deve restare “centrale” anche dal “punto di vista occupazionale”.




Carige, l’esclusiva va a Bper; dimezzata la dote richiesta

La banca ha migliorato l’offerta dopo la proroga agli incentivi sulle imposte differite


Alla fine l’ha spuntata Bper. Dopo un processo di valutazione «comparativa» e di interlocuzioni con «un numero considerevole di soggetti potenzialmente interessati», il Fondo interbancario di garanzia dei depositi ha deciso di dare alla banca modenese un periodo di esclusiva di un mese, per arrivare «nel più breve tempo possibile» e comunque entro il 15 febbraio alla presentazione di un’offerta vincolante su Carige. In quest’arco di tempo Bper effettuerà una due diligence sulla banca, assistita dai suoi advisor Rothschild e Mediobanca, per arrivare a formalizzare la proposta definitiva.

Per avere la meglio sulla concorrenza (alla fine pare che il Crédit Agricole si sia sfilato, dopo il rilancio di Bper, mentre dovrebbe esserci Cerberus) la banca modenese guidata da Piero Montani ha messo sul tavolo una proposta che chiede al Fondo, titolare dell’80% della banca, una dote finanziaria pari a 530 milioni. Quasi la metà della prima richiesta (un miliardo), a fronte del pagamento di un euro simbolico. La differenza di prezzo viene spiegata dalla banca alla luce di due elementi: la certezza di poter utilizzare subito le Dta (le imposte differite), condizione che un mese fa era prevista nella bozza di Bilancio ma non ancora legge, nonché alcuni miglioramenti nei conti Carige, come minori oneri di ristrutturazione e la chiusura di alcuni contratti commerciali.

Comunque lo sconto, ha tenuto a sottolineare la banca che vede Unipol azionista al 20%, non cambia le pre-condizioni messe sul tavolo fin dal primo momento: «neutralità patrimoniale, miglioramento dell’asset quality e significativo accrescimento della redditività» di Bper fin dal 2023. Tra l’altro, la riduzione della dote chiesta si traduce in un minor esporso anche per Bper, in quanto aderente al Fondo interbancario.

Non è cambiato, invece, il prezzo offerto nell’opa successiva, rivolta al mercato: 0,8 euro per azione, cioè quanto era stato proposto il 14 dicembre scorso. All’epoca però il prezzo rappresentava un premio del 29% mentre adesso a Piazza Affari il titolo vale di più, 0,894 euro. Bisognerà vedere come la prenderà la Borsa; di sicuro è contenta Cassa centrale banca, azionista all’8,3% di Carige: la prima versione dell’offerta a un euro comprendeva anche la loro quota.

Per il Fondo, se si arriverà alla firma della cessione, si chiude così una vicenda cominciata nel 2019, quando entrò con l’80% nel capitale della banca (in quel momento commissariata) sottoscrivendo per la sua quota un aumento di capitale da circa 700 milioni, insieme alla Cassa centrale banca (la holding del Nord Est delle Bcc) che a sua volta prese l’8,3% di Carige pagando 65 di milioni e prendendo un’opzione su una quota futura a un prezzo rivelatosi poi stellare. Quotazioni tra l’altro pre-Covid, tanto che lo stesso Fondo ha più volte svalutato la sua quota, fino ad arrivare a un valore di libro di 103 milioni.

 

Fonte: La Repubblica




Fusione BPER-BPM? Un buon affare per gli azionisti

Gli analisti ritengono che la fusione fra le due banche abbia notevole senso industriale e che potrebbe portare valore fino al 33% in più per i soci della banca modenese, con una parallela emissione di 1,6 miliardi di azioni. Banco Bpm avrebbe il 54%


Fra tutte le possibili combinazioni, Kepler Cheuvreux ritiene che la fusione Bper- Banco Bpm, ma anche la versione Banco Bpm- Bper, a seconda di chi è l’offerente, sia quella che può portare maggiore valore agli azionisti. Nel frattempo, oggi, con un Ftse Mib positivo per lo 0,4% circa, entrambi i titoli viaggiano allineati all’indice, il gruppo modenese scambia a 1,9 euro per 2,7 miliardi di capitalizzazione e l’istituto lombardo a 2,38 euro per 3,6 miliardi di valore a Piazza Affari.

Gli analisti ricordano che Bper è cresciuta notevolmente di dimensione attraverso l’M&A, con una spinta in più da quando il gruppo Unipol, partner nel settore bancassicurativo, è diventato il principale azionista, oggi con una quota del 18,9%. Da allora, infatti, il gruppo ha acquisito Unipol Banca oltre a un pacchetto di sportelli ex Ubi da Intesa Sanpaolo, incrementando il proprio patrimonio di quasi il 50%, scrive Kepler. L’arrivo del nuovo amministratore delegato Piero Montani nell’ambito del rinnovo del consiglio del 21 aprile è un segnale che il mercato e gli specialisti leggono in senso trasformativo.

Montani è un banchiere esperto che ha ricoperto incarichi importanti nel Credito Italiano, oltre che nella Popolare di Novara, in Banca Antonveneta, Banca Popolare di Milano e Carige. Il cambio di leadership dopo sei anni (sebbene l’ex ceo Alessandro Vandelli fosse nel gruppo dal 1984) “non dovrebbe alterare la strategia di Bper, attualmente focalizzata sull’integrazione degli sportelli e dei clienti acquisiti“. È possibile “che il nuovo ceo possa accelerare il de-risking, portando il rapporto Npe lordo dal 7,8% di fine 2020 al 6,2% a fine 2021”, spingendo verso maggiori risparmi sui costi, attesi in calo del 2,3% entro il 2023 (in termini comparabili).

Secondo Kepler esiste un buon accoppiamento tra le due banche in termini di presenza regionale, anche se in Lombardia “sarebbe necessario un aggiustamento per ragioni antitrust, forse su 150 filiali delle 3.400 combinate dei due gruppi. Gli analisti ipotizzano un’offerta di Bper (ma potrebbe avvenire il contrario), calcolando l’impatto teorico completo delle sinergie nel 2023, un’offerta con un rapporto di cambio di 1:1 partendo dai prezzi obiettivo standalone assegnati dai broker alle due banche ( Bper a 1,95 euro, Banco Bpm a 2 euro), rettificato per il contributo delle Dta (soprattutto da Banco Bpm) e senza premi, dal momento che prevedono “una fusione amichevole alla pari”.

Questo richiederebbe l’emissione di oltre 1,6 miliardi di nuove azioni Bper (il 116% delle azioni attuali) da offrire agli azionisti di Banco Bpm, che avrebbero quasi il 54% dell’entità combinata con una partecipazione di Unipol che scenderebbe dal 18,9% di Bper all’8,7% del nuovo gruppo. L’attuale rapporto di cambio implicito nelle quotazioni “è invece di 1,24: 1, che richiederebbe a Bper l’emissione di 1,9 miliardi di nuove azioni, con Banco Bpm che avrebbe, allo stato attuale, il 57% della combined entity e la quota Unipol che scenderebbe all’8,1%”.

Di conseguenza, l’aumento dell’utile per azione per Bper potrebbe essere del 33%, o del 23% ipotizzando un rapporto di cambio basato sui prezzi correnti delle azioni. Il prezzo obiettivo del gruppo modenese, “completamente diluito dopo la fusione potrebbe essere superiore di oltre il 30% rispetto al livello standalone, a 2,6 euro, rispetto a 1,95 euro” (un valore calcolato sulla base dei fair value standalone delle due banche aggiunto il Net present value delle sinergie e della conversione delle Dta meno le spese una tantum). L’aumento del prezzo obiettivo scenderebbe invece al 22%, supponendo che l’accordo avvenga al rapporto di cambio basato sui prezzi correnti delle azioni. Il rapporto P/TBV potrebbe diminuire leggermente da 0,41 volte prima dell’operazione a 0,39 volte dopo.

Le sinergie lorde, secondo i calcoli di Kepler, potrebbero ammontare a oltre 0,6 miliardi di euro, pari al 45% dell’utile ante imposte combinato nel 2023, che deriverebbe totalmente dal risparmio sui costi, perché gli specialisti ritengono che le potenziali sinergie sarebbero compensate dalla perdita di ricavi dalla cessione di attività necessarie per ottemperare ai requisiti antitrust. I costi di integrazione una tantum potrebbero superare 1,5 miliardi di euro al lordo delle tasse, ma il rapporto costi/ricavi potrebbe migliorare dal 62% su base standalone nel 2023 al 53,7%.

Quanto ai crediti deteriorati, l’Npe ratio potrebbe rimanere sostanzialmente stabile al 3,2% nel 2023, dato che le due banche dovrebbero avere lo stesso livello su base autonoma. Il coefficiente Cet1 fully loaded potrebbe diminuire di 100 punti base al 13%, incluso un contributo netto di 1 miliardo di euro da Dta sulla base della legge di bilancio 2021 (per lo più fornito da Banco Bpm), con un contestuale possibile accantonamento netto di 0,7 miliardi di euro per migliorare il rapporto Npe netto di 100 punti base a 2,2 %.

Questo comporterebbe chiedere a Bper di pagare un dividendo limitato per un paio di anni, anche se Kepler nota che l’obiettivo della cedola a medio termine resta comunque molto cauto (25%), così come per Banco Bpm (40%), implicando rendimenti attorno al 3/4% per entrambi su base standalone.

 

Fonte: Milano Finanza