Montani (Bper): “18mila dipendenti sono parecchi, dovremmo ridurli”

“Con un’operazione di digitalizzazione potremmo lavorare con molti meno sportelli.

Questo il proposito dell’amministratore delegato del gruppo Bper, Piero Luigi Montani, ma aggiunge «comunque lavoreremo sempre con più di mille sportelli, e con 18mila dipendenti, che sono comunque parecchi e che dovremmo ridurre e probabilmente nel piano industriale lo prenderemo in considerazione».
Ha detto Montani  nel corso della conference call con gli analisti sui risultati.

Per quanto riguarda l’M&A (operazioni di acquisizione e fusione) stiamo lavorando intorno al piano industriale, termineremo per la fine dell’anno e l’inizio del nuovo». E anche se «valutiamo tutte le opzioni», ha detto Montani, «l’acquisizione di questo ramo per questa banca è stata una cosa molto importante, rappresenta il 30% del personale e il 40% circa degli sportelli».

Si tratta di «una dimensione molto elevata” ma comunque «l’impatto è importante anche per il peso specifico che ne deriva: oggi la banca lavora per il 60% nel Nord Italia, specialmente in Lombardia e in Emilia».

«Sono convinto che ci sarà sempre un’opportunità di integrazione che potrà essere interessante anche perché insistiamo su territori di un certo interesse e sarà difficile rimanere fuori da qualche processo di questo genere, però al momento dobbiamo concentrarci sulle cose che abbiamo sotto i piedi e non su quelle troppo distanti dagli occhi», ha risposto a chi chiedeva se Bper non rischiasse di perdere il “treno” delle fusioni.

 

Fonte: www.riparteitalia.it




Se vai in questi Paesi, BPER Banca non la trovi più

In questi giorni sulle reti televisive nazionali, sui giornali e sui siti internet capita frequentemente di imbattersi nella campagna pubblicitaria di BPER Banca. Si tratta di spot molto accattivanti, che puntano a lanciare il messaggio di una banca vicina alle persone e allo loro esigenze.

Questo lo slogan dalla campagna:

 

 

In realtà, BPER Banca non la trovi se vai a Pisticci. O a Pacentro. O a Consandolo. O in una delle decine di località e Comuni che la BPER ha deciso di abbandonare.

Non si tratta, ovviamente, di una scelta che riguarda solo il nostro Istituto. C’è stato un passato in cui le banche facevano a gara per aprire nuove filiali, sforzandosi di coprire capillarmente l’intero territorio nazionale. Oggi la sfida è a chi chiude più sportelli: chiusure concentrate ovviamente nelle zone meno floride economicamente.

Apparentemente la scelta non fa una grinza: una filiale chiusa significa risparmiare molti soldi, tanto chi vuole può utilizzare i servizi online. E se poi non è in grado, pazienza, il problema è suo: è il mercato, baby!

Ma siamo sicuri che sia una scelta vincente?

Chiudere una filiale in un paesino di una zona interna significa escludere dai servizi bancari diverse categorie di persone: anziani, stranieri che non conoscono bene la lingua, soggetti economicamente fragili che non hanno accesso alla rete. Pensiamo solo al disagio di un anziano che vive da solo in una località di montagna ed ha il problema di andare a ritirare la pensione: anche uno spostamento di pochi chilometri diventerebbe un ostacolo insormontabile.
Chiudere una filiale in un paesino di una zona interna significa accelerarne lo spopolamento, contribuendo a trasformarlo in una città fantasma.

Dal punto di vista delle banche è indubbiamente una mossa vantaggiosa nel breve periodo: dal prossimo bilancio le voci di spesa diminuiranno in modo significativo, e anche se questo comporterà una lieve flessione dei ricavi provenienti dalle zone abbandonate il saldo sarà fortemente positivo. Peccato che quella “lieve flessione” arrivi da persone che saranno costrette a trasferirsi, da piccole aziende che dovranno spostare la sede o cessare l’attività, da posti di lavoro che verranno a mancare. Dietro i freddi numeri c’è la desertificazione di aree del paese sempre più ampie, con la perdita irrimediabile di un patrimonio culturale, storico, ed economico.

Quella che può sembrare una buona idea nel breve periodo diventa una scelta suicida se si guarda più in là nel tempo. Perché l’idea di un’Italia con zone ricche sempre più concentrate, e zone disagiate e abbandonate a sé stesse sempre più estese, non appare compatibile con i progetti di aziende che anche in futuro vorranno continuare a produrre utili.
Pensare di ottenere ricchezza diffondendo povertà è a dir poco folle.

Tempo fa, quando a comandare non era la legge del profitto immediato a tutti i costi, si parlava di responsabilità sociale dell’impresa. Il concetto è semplice: un’azienda deve contribuire a creare e diffondere benessere nel contesto in cui opera. E non deve farlo perché è buona e brava, ma perché le conviene: nessuna azienda può prosperare se tutt’intorno aumenta il disagio sociale. Per chiarire il concetto pensiamo ad un lussuosissimo negozio di abbigliamento, pieno di luci e di colori, posto tra le baracche di una favela: quanto potrebbe durare?

In realtà i manager delle banche non sono impazziti. Il punto è che a loro interessa solo il prossimo bilancio: di quello che accadrà da qui a qualche anno non gli importa assolutamente nulla. E questo perché da un lato puntano ad ottenere i ricchi premi che derivano dal raggiungimento degli obiettivi loro assegnati, dall’altro perché sanno che da qui a qualche anno l’assetto del sistema bancario sarà molto diverso viste le continue fusioni e incorporazioni, e quindi in definitiva perché stare a preoccuparsi del futuro di aziende che tra qualche anno potrebbero non esistere più?

Nei giorni scorsi ha creato enorme scalpore l’Assessora alla Sanità della Regione Lombardia quando ha proposto di dare priorità, per le vaccinazioni contro il Covid, alle Regioni che maggiormente contribuiscono a produrre PIL. Come dire che chi non è utile allo sforzo produttivo ha meno diritto di curarsi e vivere rispetto a chi produce. Un concetto aberrante, che ha suscitato reazioni tali da spingere l’improvvida assessora a fare marcia indietro con l’abusata formula di rito: “Sono stata fraintesa”.

Ma questo è esattamente ciò che le banche stanno ponendo in essere da anni: se sei nato in una regione che non produce abbastanza PIL, o sei colpevole di risiedere in un comune isolato, non hai il diritto di accedere ad una serie di servizi che in altre zone si considerano scontati. E questo perché con te la banca non guadagna a sufficienza.

Tra qualche settimana partirà il progetto “Gemini”, l’accorpamento in BPER di oltre 500 filiali ex UBI Banca, sforzo che vedrà tutti noi impegnati in un modo o nell’altro. Diamo ovviamente il benvenuto ai nuovi colleghi, che siamo felici di accogliere nella nostra Azienda, ma qualche preoccupazione per il futuro c’è. L’acquisizione di tante filiali rischia seriamente di produrre un’ accelerazione nelle chiusure degli sportelli, ovviamente concentrandole laddove l’Azienda ritiene di avere minori margini di guadagno.
Col risultato di contribuire a rendere più povere e disagiate zone del Paese sempre più vaste.

Speriamo di sbagliarci. Speriamo che come dice lo spot, BPER voglia davvero aiutare Bianca ad aprire il suo ortofrutta, anche se dovesse ostinarsi a non voler risiedere in una grande città.
Altrimenti dovremmo pensare che questo spot non sia altro che una foglia di fico, un modo per celare la realtà mostrando qualcosa che non esiste.

E’ il mercato, baby!




BPER chiude 5 filiali in Provincia: l’allarme del “Passo Possibile”

Siamo venuti a conoscenza della determinazione di BPER di chiudere, a partire dal prossimo 23 ottobre, alcune filiali sul territorio aquilano, nello specifico quella cittadina di San Bernardino oltre alle Agenzie di riferimento a Coppito, Campo di Giove, Rivisondoli e Ofena, che si aggiungerebbero a quelle già chiuse negli ultimi mesi a Bazzano, Introdacqua e Pacentro”.

Così interviene in una nota l’associazione civico-politica Il Passo Possibile, per voce del Presidente Fabrizio Ciccarelli e di Marcello De Carolis, responsabile dell’Area Attività Produttive, manifestando forte preoccupazione per la situazione che si sta venendo a creare nel sistema bancario di L’Aquila e Provincia.

“Le banche hanno un’importante responsabilità sociale, motivo per cui riteniamo fondamentale mantenere e difendere sia la capillarità del servizio offerto, con particolare riferimento alla presenza di presidi nelle zone più decentrate, come per esempio le aree periferiche e di montagna, che le opportunità di lavoro sul territorio che da esso promanano”.

La rete dei servizi si sta impoverendo sempre più, gli sportelli bancari di vari Istituti di credito diminuiscono a vista d’occhio, e a farne le spese sono soprattutto i centri abitati più piccoli, dove spesso rappresentano l’ultimo punto di riferimento economico presente: “basti pensare ai tanti pensionati che li abitano che, per gestire la pensione e i propri risparmi, sono poco propensi ad accettare un progressivo abbandono del modello di banca del territorio per uno con servizi automatizzati e a distanza, evidentemente utili e comodi solo per le nuove generazioni e che, peraltro, necessitano di una effettiva copertura della linea internet veloce”.

Un dato incontrovertibile è quello sulle filiali cittadine e sugli uffici interni di Bper attualmente ubicati nello stabile ‘Strinella 88’: “si pensi che nel 2013, anno della fusione per incorporazione di Carispaq in Bper, l’organico complessivo presente nel solo comune dell’Aquila era di circa 240 unità, mentre oggi se ne contano soltanto circa 145” sottolinea Il Passo Possibile.

“È necessario, in tal senso, che la politica e le forze sociali si facciano carico del problema, trovando soluzioni per frenare l’impoverimento del tessuto economico del nostro territorio, la progressiva diminuzione dei posti di lavoro e la forzata mobilità cui saranno sottoposti i dipendenti, così umiliando un patrimonio di risorse professionali, oltre che la conseguente delocalizzazione degli interessi economici e finanziari dalla nostra Provincia altrove, preferendo soluzioni solo apparentemente più convenienti e remunerative”.

Fonte: www.newstown.it

 

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Sindaco di Ofena occupa la Filiale BPER per contestare la chiusura

Con un gesto simbolico e provocatorio il sindaco di Ofena Antonio Silveri, insieme ai consiglieri comunali, nel corso della mattinata di venerdì 11 settembre occuperà i locali della Filiale Bper del paese per protestare e manifestare il malcontento della sua comunità alla luce delle decisioni prese dalla direzione centrale della Banca Popolare dell’Emilia Romagna circa la chiusura dell’ufficio.

Tale decisione è ritenuta dal primo cittadino e dall’amministrazione comunale di Ofena “ingiusta e irrispettosa delle esigenze dei cittadini, soprattutto in considerazione del fatto che nel piccolo paese non ci sono banche e solo un ufficio postale aperto a giorni alterni”. 

“Ciò recherebbe notevoli disagi alla popolazione”, si legge nella nota, “principalmente in considerazione del fatto che si tratta di una comunità a prevalenza di anziani che hanno notevole difficoltà nello spostarsi”.

 

Fonte: Abruzzo Live




Tinari (Pres. Consiglio Comunale AQ): no alla chiusura filiale BPER Coppito

“Se venisse confermata la notizia dell’imminente chiusura della filiale Bper di Coppito, ci troveremmo di fronte all’ennesima scelta illogica di chi non ha a cuore gli interessi della nostra città e del nostro territorio, dove a fatica e con grande sacrificio si fanno passi avanti ma non possiamo permetterci di fare passi indietro”. A lanciare l’allarme Roberto Tinari, presidente del Consiglio comunale aquilano.

“Privare i cittadini di un territorio altamente popolato come quello di Coppito, di un servizio essenziale quale la presenza di un istituto di credito è un fatto gravissimo, soprattutto se la scelta non è giustificata dalla mancanza di utili ma da altre logiche. Ritengo che tale decisione, se confermata, sia frutto di un ragionamento incomprensibile e scellerato”.

E conclude: “Useremo ogni modo e mezzo, sempre nel pieno rispetto delle leggi e del libero mercato, per scongiurare la chiusura degli sportelli e mantenere la Bper a Coppito”.

 

 

Fonte: www.laquilablog.it

 

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Piani industriali grandi gruppi bancari = ulteriore impoverimento del territorio.

Da mesi, come Fisac e CGIL L’Aquila, stiamo lanciando il grido d’allarme riguardo l’ abbandono del nostro territorio da parte dei grandi Gruppi bancari. Oggi si sta concretamente verificando quanto da noi paventato.

Un esempio lampante (ma non l’unico) è rappresentato dal piano industriale della BPER e dai suoi effetti nella nostra Provincia, per la quale rappresenta la più importante realtà nel mercato del Credito.
Dal mese di aprile di quest’anno sono circa 30 i lavoratori della Provincia dell’Aquila usciti dall’Azienda, contando anche quelli che cesseranno alla fine del mese di settembre; pur trattandosi di lavoratori che verranno accompagnati alla pensione, il mancato turn-over rappresenta un innegabile impoverimento per il territorio. L’accordo che disciplina gli esodi, datato 29/10/19, prevede 2 nuove assunzioni ogni 10 uscite: ad oggi, a fronte di circa 30 esodati, le assunzioni effettuate in Provincia sono state solo 2. Il timore è che alla riduzione dell’occupazione si accompagni un’ulteriore delocalizzazione verso altri territori, considerati più allettanti dalla Banca: un timore che si estende alle ulteriori uscite previste dal piano fino al 31 marzo 2021.

Segnali in tal senso ce ne sono già diversi. Temevamo da tempo che gli uffici di Viale Pescara si avviassero verso un progressivo smantellamento, sulla scia di quanto già accaduto all’Ufficio Ricostruzione; oggi ci preoccupa apprendere che lavoratori prossimi all’esodo siano stati chiamati a passare le consegne a colleghi che opereranno da altri territori, a riprova dell’intento di spostare il lavoro dalla nostra Provincia.
A giorni l’Azienda dovrebbe comunicare l’elenco delle filiali destinate a chiudere entro la fine dell’anno: abbiamo ragione di temere che il nostro territorio possa essere pesantemente colpito da nuove chiusure, che si aggiungerebbero ai due sportelli che hanno già abbassato le saracinesche nel corso dell’anno, senza contare gli ulteriori tagli in arrivo nel 2021. Non si tratta, purtroppo, di un fenomeno che riguarda la sola BPER: basti pensare alle 4 filiali chiuse in Provincia dal MPS nei mesi scorsi, ed alle prevedibili ulteriori chiusure che saranno prodotte dall’accorpamento di UBI in Banca Intesa o dal previsto ridimensionamento di Banca Popolare di Bari.

Il fenomeno dell’abbandono bancario ha conseguenze gravissime: non rappresenta soltanto una perdita di posti di lavoro ma costituisce un forte limite nell’accesso al credito ed ai servizi bancari da parte delle imprese locali, minandone pesantemente le prospettive di crescita. E’ appena il caso di ricordare che in Provincia dell’Aquila circa due terzi dei Comuni sono sprovvisti di sportelli bancari; la chiusura di una filiale in un comune montano contribuisce in maniera decisiva ad accelerarne lo spopolamento.

Colpisce il fatto che l’importanza della questione sia totalmente ignorata dalla politica locale, che finora si è mostrata del tutto indifferente ai nostri appelli, mostrando di non comprendere quanto il fenomeno contribuisca al declino economico ed anagrafico delle aree interne.

 

CGIL – CDLT L’AQUILA                                                           FISAC/CGIL PROV.LE L’AQUILA
IL SEGRETARIO                                                                       IL SEGRETARIO
FRANCESCO MARRELLI                                                           LUCA COPERSINI

 

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La mappa delle filiali cedute da UBI a BPER

Sul sito istituzionale del Gruppo BPER è stato pubblicato il report di presentazione del bilancio semestrale al 30/6.

Fra le varie slides è presente anche la rappresentazione grafica dell’operazione di acquisto delle filiali che UBI dovrà cedere seguendo le indicazioni dell’Antitrust.

  • La prima figura indica il numero di filiali BPER attualmente presenti in ogni singola regione.
  • La seconda riporta il numero di filiali che entreranno a far parte del Gruppo BPER.
  • La terza rappresenta la situazione una volta completate le operazioni di cessione.

 

Fonte: Sito istituzionale BPER




BPER Banca, approvato progetto incorporazione Cr Bra e Cr Saluzzo

L’assemblea ordinaria e straordinaria di BPER Banca ha approvato in data 6 luglio il progetto di fusione per incorporazione in BPER Banca delle due controllate Cassa di Risparmio di Saluzzo e Cassa di Risparmio di Bra nonché l’aumento del capitale sociale di BPER al servizio della fusione per incorporazione di Cr di Bra.

Ok dall’assemblea anche alla integrazione del CdA con la sostituzione di Roberta Marracino, nominata in occasione dell’assemblea del 14 aprile 2018 con Elisabetta Candini eletta per il residuo del triennio 2018- 2020.

“Prosegue, pertanto, il processo di semplificazione e di razionalizzazione del gruppo BPER Banca – sottolinea l’istituto in una nota – con la fusione per incorporazione delle due Casse piemontesi, enunciato nel Piano industriale 2019-2021. L’attuazione della fusione delle due controllate potrà avvenire solo dopo il decorso del termine di cui all’art 57 del Decreto legislativo 385/93. Salvo ostacoli, si prevede di stipulare l’atto di fusione in tempo utile per poter dare efficacia alla fusione a decorrere dal prossimo 27 luglio. Da quella data avrà effetto anche la predetta statutaria”.

“Si tratta di un’operazione importante che completa l’ampio progetto di integrazione portato avanti negli ultimi anni, con una serie di Banche via via entrate nel perimetro di BPER. Arriviamo al termine di un percorso che ha valorizzato questi Istituti e le realtà territoriali da essi rappresentate, in cui la clientela ha potuto contare sui servizi qualificati e sulle capacità operative di un importante Gruppo bancario. Ora l’assetto raggiunto è definitivo, con la Capogruppo BPER Banca che conta circa 1000 sportelli e controlla come unica banca commerciale il Banco di Sardegna, il cui focus specifico è sulla regione di appartenenza, dove, con circa 330 filiali, è leader di mercato”, ha dichiarato l’Amministratore delegato di BPER Banca, Alessandro Vandelli.

Fonte: www.lastampa.it




BPER: anche ad Introdacqua Sindaco e Giunta contro chiusura della filiale

La Banca popolare dell’Emilia Romagna abbandona anche Introdacqua.

L’annuncio è stato dato ieri dalla stessa amministrazione comunale, precisando che già dal 22 maggio prossimo la filiale bancaria sarà chiusa, senza preavviso. Un brutto colpo per Introdacqua considerando che lo stesso istituto di credito gestisce la tesoreria comunale.

La richiesta di un incontro e di valutare un rinvio della chiusura della filiale a dopo l’emergenza sanitaria è arrivata dagli amministratori comunali.
Inoltre sindaco e maggioranza esprimono meraviglia per il fatto che in un momento delicato la Bper abbia deciso di abbandonare Introdacqua e i suoi utenti, cittadini e imprese, provocando proprio in periodo di emergenza ulteriori disagi per quanti dovranno in tempi rapidi provvedere a trasferire i conti in altre aziende.

Secondo gli amministratori è da stigmatizzare anche il fatto che la decisione della Bper sia stata frettolosa, lasciando una realtà di duemila abitanti, in gran parte anziani, con tutte le conseguenze immaginabili che tale decisione può provocare.
Pochi giorni fa era stata chiusa anche la filiale di Pacentro.

 

Fonte: Il Centro

 

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Il Sindaco di Pacentro: BPER chiude la filiale senza alcuna comunicazione

Chiude la filiale della Banca popolare dell’Emilia Romagna di Pacentro.

Ad annunciarlo il sindaco Guido Angelilli.
«Carissimi cittadini», ha detto, «abbiamo appreso che, nell’ambito di un processo di riorganizzazione a livello nazionale, la Bper ha deciso di chiudere la filiale di Pacentro, unitamente a molte altre. Questa notizia ci lascia perplessi, soprattutto rispetto al metodo utilizzato, vale a dire senza alcuna concertazione o comunicazione ufficiale che tiene comunque ai cittadini sulla priorità che tale questione ha già sulla attività amministrativa che sta provando a far recedere l’istituto di credito dai suoi passi”. «Stiamo lavorando, infatti, a vari livelli, cercando soluzioni per eliminare o almeno per ridurre al minimo il disservizio che tale evento potrà provocare».

Angelilli si dice basito per il modo con il quale si è arrivati alla decisione.
«Quello che mi colpisce è il metodo e quindi la mancanza di comunicazione», conclude il primo cittadino, «tenendo conto che il Comune come soggetto istituzionale è anche cliente della Bper. Noi faremo il possibile per ridurre al minimo il disservizio anche perché la chiusura della filiale della Bper avrà un impatto particolare nella fase due di questa emergenza sanitaria che stiamo attraversando».

Il Centro
ha contattato l’ufficio relazioni esterne della banca per conoscere le motivazioni della decisione di chiudere la filiale di Pacentro. Tuttavia, per ora, dall’istituto di credito non sono arrivate dichiarazioni in merito.

Fonte: www.ilcentro.it

 

Per approfondire il tema del problematico rapporto tra banche e aree interne della nostra Provincia, leggi

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