Bollette, ora è ufficiale: l’addio alle tutele è una gran fregatura

Clienti divisi in 4 categorie, prezzi più alti, incertezza e il paradosso dei vulnerabili penalizzati: ecco com’è la “riforma”


Ora che il disastro è compiuto, i giornali parlano di “beffa bollette”, le associazioni dei consumatori s’infuriano e l’Autorità per l’energia (Arera) richiama gli operatori. In realtà era tutto già scritto. Forse solo gli storici potranno raccontare quale follia collettiva sia stata la fine del cosiddetto “mercato tutelato dell’energia” attuata dal governo Meloni e che oggi ha segmentato la clientela domestica in 4 categorie, consegnandoci un meccanismo che di mercato non ha nulla se non la certezza che milioni di clienti vedranno in futuro salire i costi in bolletta, anche chi era già penalizzato.

La fine del mercato tutelato è stata decisa nel 2017 (ministro Carlo Calenda) e poi sempre rinviata nella consapevolezza che fosse, appunto, una follia. È stato il governo Draghi a blindarla – inserendola come “riforma abilitante del Pnrr” – su spinta del consigliere economico Francesco Giavazzi e senza spiegare perché (le riforme sono così): il solco tracciato è stato infine difeso, nel governo Meloni, dal ministro del Pnrr Raffele Fitto, per evitare grane con l’Ue essendo stata inserita come obiettivo della terza rata del piano. A disastro compiuto, Meloni è riuscita solo a lamentarsi con le opposizioni per averle “legato le mani” votando il Pnrr al tempo di Draghi.

La decisione comporterà la deportazione forzata di 5 milioni di clienti dal cosiddetto “servizio a maggior tutela” verso il libero mercato, cioè in una giungla dove 700 e rotti operatori si contendono i clienti a suon di chiamate moleste e offerte incomprensibili. Il passaggio però non avverrà subito: i clienti finiranno prima, da luglio, nelle “tutele graduali”, cioè saranno serviti per tre anni da operatori che se li sono accaparrati con delle aste.

Il mercato tutelato era nato con la stessa liberalizzazione del settore decisa nel 1999 dal ministro Pier Luigi Bersani e prevede che la corrente la acquisti una società statale, l’Acquirente Unico, che poi la rivende agli operatori a prezzi stabiliti dall’Arera. L’AU non è sovvenzionato, funziona come un enorme gruppo d’acquisto collettivo che può (o meglio poteva) strappare i prezzi migliori. Si badi bene: ulteriore cifra della disonestà è data dal fatto che dalla deportazione nel libero mercato sono stati esentati quasi 5 milioni di clienti cosiddetti “vulnerabili”, cioè i malati, gli over 75, gli alluvionati e i terremotati. Gente a cui si vuole evitare di finire in pasto alle centinaia di operatori di mercato, ammettendo implicitamente che di giungla si tratta.

E veniamo all’oggi. Nei giorni scorsi il presidente di Arera, Stefano Besseghini, è andato in audizione alla Camera e, a domanda dei parlamentari, ha lanciato la bomba: i dieci milioni di clienti che oggi sono ancora nel mercato tutelato pagano molto meno in bolletta di quelli nel mercato libero. Da qui i titoli dei giornali sulla “beffa”. Il problema è che è sempre stato così. Dal 2012 al 2020 (dati Arera) il risparmio medio è variato da 0,8 a 4,39 centesimi per kilowattora (il 16% del prezzo totale); nel 2019, al netto delle imposte, i clienti del mercato tutelato hanno pagato in media il 13% in meno di quelli passati al libero, nel 2020 il 24% in meno (189 euro contro 234).

L’unica inversione di tendenza si è avuta nel 2021 (i prezzi si sono di fatto equivalsi) e nel 2022 quando l’esplosione dei prezzi energetici ha invertito il trend. Questo è avvenuto perché nel 2016 si è deciso di “azzoppare l’acquirente Unico”, per usare le parole di Bersani, costringendolo a comprare l’energia solo a prezzi “spot”, cioè sul mercato giornaliero, senza poter operare in quello “a termine” potendo valutare così i prezzi convenienti per il futuro. Da allora le tariffe del mercato tutelato sono decise da Arera sulla base dei prezzi spot trimestrali, che sono esplosi nel 2021-22 mentre sul libero sono stati bloccati dalla decisione del governo Draghi di non consentire agli operatori di rivedere i contratti (una decisione “anti-mercato”).

Besseghini ha spiegato che nella seconda metà del 2023 il trend è tornato quello storico e cioè “molto significativamente a favore del mercato tutelato”, dove il prezzo medio totale pagato dai clienti è stato di 28 centesimi il kilowattora contro i 39 del mercato libero (una differenza del 39%). La causa, secondo Arera, è dovuta alla “componente energia”, cioè alla materia prima, i cui prezzi nel mercato libero sono saliti del 4,5%, mentre nel tutelato sono crollati del 59% anche se nel primo gli operatori non hanno le mani legate come l’Acquirente unico. Non solo. Besseghini ha spiegato anche che, da luglio, i clienti che finiranno nelle “tutele graduali” pagheranno molto meno di quelli sul libero mercato, ma meno persino di quelli “vulnerabili” rimasti nella “maggior tutela”: in media 130 euro nel 2024. Un paradosso per cui, di nuovo, si è strillato alla “beffa”, ma che è scontato visto il meccanismo infernale voluto dal governo nel passaggio.

Semplificando molto, oggi il prezzo applicato ai clienti nel “mercato tutelato” è fatto dalla materia prima (l’energia) – che è quello che l’Acquirente Unico paga sul mercato giornaliero – più una voce stabilita da Arera che remunera l’operatore che vende l’energia. Le aste per accaparrarsi i 5 milioni di clienti “non vulnerabili” che finiranno nelle tutele graduali avevano di fatto come base la remunerazione del “mercato tutelato”: siccome gli operatori hanno fatto offerte a forte sconto per prendersi i clienti, è normale che i prezzi saranno più bassi di quelli applicati ai vulnerabili rimasti nel mercato tutelato.

Se vi sembra una follia, avete perfettamente ragione, ma non è finita qua visto che si è deciso che anche i vulnerabili andranno all’asta dal 2025.

La dozzina di operatori (Enel, Hera, A2a, Illumia, Edison, eccetera) che si sono accaparrati “gli ex tutelati” ha fatto offerte davvero scontate, addirittura negative per quasi tutti i lotti, in media -70euro l’anno a contatore. Qualcosa potranno recuperare sulla componente energia e, ovviamente, tra tre anni potranno alzare i prezzi.

Il senso comune e il parere degli operatori di settore, però, suggeriscono che difficilmente società di mercato decidono di lavorare sottocosto per un triennio. L’ipotesi più probabile – ma in realtà è una cosa che sta già avvenendo e su cui Arera ha promesso di vigilare – è che quei clienti “in perdita” vengano poi tempestati di proposte per farli passare subito al mercato libero. L’altra ipotesi è che le compagnie si rifaranno piazzandogli altri servizi – internet, abbonamenti a pay tv, etc – sempre a colpi di telefonate.

Resta un’ultima ipotesi, e cioè che parte delle perdite venga fatta pagare ai clienti già nel libero mercato attraverso un ulteriore aumento dei prezzi. Problema: fino a luglio chi è nel libero mercato può chiedere di rientrare nel tutelato e finire poi nelle “tutele graduali” per tre anni risparmiando così sulla bolletta. Sarebbe una scelta logica, che infatti secondo alcune sigle di consumatori avrebbe già compiuto un milione di clienti, numeri però non confermati da Arera.

Se succedesse, sarebbe una bizzarra eterogenesi dei fini per la riforma Calenda-Giavazzi-Meloni, ma in ogni caso resterebbe una follia.

 

Fonte: Il Fatto quotidiano dell’8/4/2024




La guerra Russia-Ucraina spiegata semplice. Il 24 e il 25 anche in Abruzzo in piazza per dire basta!

ll 24 febbraio ricorre il primo anno dall’attacco russo all’Ucraina. Dire che la guerra sia iniziata allora sarebbe un falso storico: in effetti la guerra del Donbass , che ha opposto il Governo Ucraino alle regioni separatiste russofone, ha avuto inizio nel 2014, fornendo a Putin il pretesto per il successivo attacco all’Ucraina.

Fino a un anno fa non ci siamo interessati più di tanto al conflitto, considerandolo come una delle tante guerre regionali di cui parlano ogni tanto i TG. Quando la Russia ha attaccato, tutta la Nato si è mobilitata a difesa dell’Ucraina. In realtà la guerra è stata sfruttata dagli Stati Uniti come un modo per indebolire la Russia (e la stessa Unione Europea), facendo combattere – e soprattutto morire – altri, sacrificandoli per raggiungere i propri scopi. Il fatto che la Russia sia alleata con la Cina, e che i Russi dispongano di armi atomiche che probabilmente userebbero se messi alle strette, dà a questo conflitto una luce a dir poco inquietante.

L’atteggiamento dei nostri governi, Draghi prima e Meloni poi, è stato a dir poco ipocrita e reticente.

Da subito sulla qualità e quantità delle armi inviate in Ucraina è stato posto il segreto di Stato. All’inizio si parlo di inviare soltanto armi non letali (già da allora era evidente che non ce la stessero contando giusta). Dopo solo una settimana Draghi ci ripensò, decidendo di inviare mitragliatrici e missili, comunque a corto raggio e da usare solo a scopi difensivi. Progressivamente si è passati all’invio di mezzi pesanti, di missili a lungo raggio (perché non basta difendersi, bisogna contrattaccare) ed ora, con il governo Meloni, abbiamo condiviso la scelta di inviare carri armati di ultima generazione, pur non potendo partecipare direttamente perché, per fortuna, non ne abbiamo.

Ogni volta che abbiamo contribuito ad incrementare la qualità e la quantità di armi inviate, la Russia si è adeguata potenziando gli armamenti e le truppe utilizzati sul campo di battaglia. Ogni nuovo invio di armi ha comportato un aumento di morti nella popolazione civile Ucraina, senza incidere sulle sorti del conflitto, che resta in una situazione di sostanziale stallo. A guadagnarci sono stati solo i fabbricanti e i venditori di armi.

Cosa succederà adesso? Zelensky continua a chiedere armi sempre più potenti, non accontentandosi dei carri armati ma chiedendo l’invio di aerei da guerra. Giorgia Meloni ha già dato segnali di disponibilità in tal senso, segnando un ulteriore salto di qualità nel conflitto e spingendo i Russi ad aumentare a loro volta il volume di fuoco, causando la morte di altri innocenti.

E dopo? Il nostro governo, i governi europei, la NATO, si sono posti un limite da non oltrepassare? Cosa succederà se Zelensky chiederà l’invio di truppe?

Una simile richiesta, se accolta, sarebbe a tutti gli effetti l’inizio della terza guerra mondiale. Ed è uno scenario da evitare a tutti i costi.

Ma se – come tutti speriamo – si ritenga questo limite come il punto da non superare, e quindi una eventuale richiesta di truppe sarebbe destinata ad essere ignorata, allora che senso ha avuto tutto questo? Che senso ha avuto la morte di migliaia di Ucraini in più se arrivati ad un certo punto si dirà loro: “Da ora in poi arrangiatevi, noi non andiamo oltre”?
Non sarebbe stato più sensato percorrere da subito la via del negoziato, che resta l’unica alternativa ad un conflitto che altrimenti si allargherà sempre di più?

Questa follia va fermata. E possiamo farlo facendo crescere l’ostilità degli Italiani verso la guerra, facendo sentire con forza la nostra voce. E ognuno di noi ha il dovere di fare la sua parte.

Per questo motivo è importante esserci il 24 e il 25 febbraio, partecipando alle manifestazioni che si svolgeranno in tutta Italia. Insieme, per far sentire con forza la nostra voce.

Per l’Abruzzo gli appuntamenti sono:

  • Pescara, 24 febbraio ore 18.00 Piazza Sacro Cuore (e non alle 17.30 come inizialmente previsto)
  • L’Aquila, 24 febbraio ore 18.30 Piazza Regina Margherita
  • Sulmona, 25 febbraio ore 11.00 Fontana Del Vecchio – Corso Ovidio

 

 




MPS & c. morti di freddo: i crac bancari senza padri

In fumo 35 mld, ma nessun colpevole. Sollievo per Draghi e per Bankitalia. Che, come con Etruria e le altre, non vide nulla


Il delitto perfetto? In Italia esiste, paga moltissimo (ma ad altri costa altrettanto), resta quasi sempre senza colpevoli. È il crac bancario. Lo attesta l’ultima sentenza della Corte di Appello di Milano, che l’altroieri ha ribaltato la sentenza di primo grado del novembre 2019 e ha assolto i 13 imputati per i derivati Alexandria e Santorini, il prestito ibrido Fresh e la cartolarizzazione Chianti Classico. I reati ipotizzati erano manipolazione di mercato, falso in bilancio e prospetto, ostacolo alla vigilanza. Secondo l’accusa, le operazioni sarebbero servite per occultare nei conti del Monte le perdite causate dall’acquisizione di AntonVeneta del 2008.
Ma per la corte d’appello invece “il fatto non sussiste”: per l’ex presidente Giuseppe Mussari e l’ex dg Antonio Vigni tre capi d’imputazione sono prescritti, a Deutsche Bank e Nomura sono state revocate le confische per oltre 150 milioni. In attesa delle motivazioni e dell’eventuale timbro della Cassazione, molte domande restano senza risposte certe.
Una su tutte: il Monte dei Paschi di Siena è dunque “morto di freddo”?
Forse, ma solo forse, è proprio andata così.

Il collasso di Siena è costato oltre 32 miliardi, ai quali secondo la banca stessa nei prossimi mesi dovranno aggiungersene altri 2 e mezzo (almeno) per ricapitalizzarla ancora. A salvare il Monte non è bastato piazzare aumenti di capitale a ripetizione: sono andati bruciati quello da 5 miliardi del 2008, da 2 del 2011, da 2,5 del 2012, da 5 del 2014 e da 3 del 2015. Anche la “ricapitalizzazione prudenziale” del 10 agosto 2017 è ormai scialacquata, se la banca (che ormai in Borsa capitalizza appena 726 milioni) reclama a breve un’ulteriore iniezione di capitale da almeno 2,5 miliardi.
A rimetterci non sono stati solo gli azionisti privati ma anche il Tesoro (dunque i contribuenti), primo azionista con il 64,23%, che su 6,9 miliardi investiti ne sta perdendo 5,74 (quasi il 90%) e ora dovrà rimettere mano al portafoglio. In fumo anche le obbligazioni subordinate: da quelle degli investitori istituzionali al bond retail da oltre 2,16 miliardi piazzato a 37 mila piccoli risparmiatori, spesso anziani, a tagli da mille euro durante l’operazione del 2008 per acquistare AntonVeneta.
Era ben prima che esistesse la direttiva europea sul bail in e agli albori del recepimento in Italia della direttiva Mifid sulla tutela dei risparmiatori. Eppure questa devastante distruzione di valore non ha un responsabile. Gli imputati sono stati assolti più volte dall’accusa di ostacolo alla Vigilanza di Banca d’Italia. Non hanno commesso falso in bilancio o prospetto né, tantomeno, manipolazione di mercato. Con Mussari, Vigni e colleghi assolti, la condanna di primo grado dei loro successori, l’ex presidente Alessandro Profumo e l’ex ad Fabrizio Viola potrebbe essere ribaltata in appello. In attesa delle motivazioni della sentenza, la crisi dell’istituto per la legge è stata causata (e non aggravata dopo la mala gestio) dalla grande crisi finanziaria globale innescata nel 2007 dai mutui subprime Usa e dalla recessione che ne derivò. Nessun reato nelle scelte disastrose compiute.

Il falò delle vanità creditizie italiane però non si è limitato a incenerire Rocca Salimbeni. Per restare agli istituti maggiori, negli ultimi due decenni analoghi incendi hanno colpito BiPop-Carire, Italease, Carige, Banca Etruria, Banca Marche, CariFerrara, CariChieti, Popolare di Vicenza, Veneto Banca, Popolare di Bari. Sinora ben poche son state le condanne per quei crac, nessuna delle quali è definitiva, mentre tutte le accuse paiono indirizzate verso la prescrizione. Parrebbe dunque essersi trattato di un incredibile filotto di rarissimi casi di autocombustione bancaria. D’altronde la crisi bancaria, sempre negata dall’Abi, fu poi dichiarata “superata”: strano esempio di problema inesistente e poi risolto.
Solo qualche mela marcia”, ebbe a dire il presidente Antonio Patuelli a chi gli chiedeva ragguagli sulle responsabilità nei dissesti degli istituti. Affermazione giustizialista, letta col senno di oggi, perché ormai sono sparite pure le mele marce.

Ma la sentenza d’appello di Milano sul crac Mps non è stata accolta con gioia solo dai 13 imputati assolti. A tirare un sospiro di sollievo c’è anche Banca d’Italia la quale, regnante il Governatore Mario Draghi, diede via libera all’acquisizione di AntonVeneta: paradossale esempio di controllore che viene graziato per non aver controllato e tuttavia potrà ora affermare di aver sempre vigilato con attenzione.
In questa galleria dell’assurdo, di sicuro sul campo restano solo le vittime. Tra queste la Procura di Milano, sconfitta in appello dopo indagini e due processi durati un decennio. C’è, soprattutto, la via crucis di famiglie e piccole imprese: alla faccia dell’articolo 47 della Costituzione (“La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme”), da inizio secolo i collassi bancari sono costati oltre 72 miliardi a quasi un milione di azionisti e bondisti subordinati. Nessuna mala gestio, la vigilanza non ha colpa e non è stata neppure ostacolata. Chissà però se la fiducia, unico vero carburante del credito, tornerà mai a riprendersi.

 

Articolo di Nicola Borzi su Il Fatto Quotidiano dell’8/5/2022




Covid, finisce l’emergenza. Rientro al lavoro per gli over 50 non vaccinati

Covid, il Consiglio dei Ministri annuncia l’addio allo stato di emergenza a fine marzo: ecco quando abbandoneremo mascherine e green pass.


 

Il Consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità la road map per allentare allentare le misure anti-Covid da aprile, dopo la fine dello stato di emergenza.

Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, e il Ministro della Salute, Roberto Speranza, hanno illustrato le decisioni sull’uscita dalla fase di emergenza in conferenza stampa.

Scopriamo nello specifico tutto ciò che riguarda l’addio allo stato di emergenza già da fine marzo e su quando potremmo riporre nel cassetto mascherine e green pass.

Covid, addio a stato di emergenza a fine marzo: quando abbandoneremo mascherine e green pass?

Con il Consiglio dei ministri di venerdì si fanno passi fondamentali verso la riapertura.

Il provvedimento stabilisce:

  1. obbligo di mascherine: viene reiterato fino al 30 aprile l’obbligo di mascherine ffp2 negli ambienti al chiuso quali i mezzi di trasporto e i luoghi dove si tengono spettacoli aperti al pubblico. Nei luoghi di lavoro sarà invece sufficiente indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie;
  2. fine del sistema delle zone colorate;
  3. capienze impianti sportivi: ritorno al 100% all’aperto e al chiuso dal 1° aprile;
  4. protocolli e linee guida: verranno adottati eventuali protocolli e linee guida con ordinanza del Ministro della salute.

Il 31 marzo cesserà lo stato di emergenza Covid-19. Il percorso per il graduale ritorno all’ordinario prevede alcuni step:

  • fine del sistema delle zone colorate
  • graduale superamento del green pass
  • eliminazione delle quarantene precauzionali

Accesso al luogo di lavoro

Dal 1° aprile sarà possibile per tutti, compresi gli over 50, accedere ai luoghi di lavoro con il Green Pass Base per il quale dal 1° maggio sarà eliminato l’obbligo

Fino al 31 dicembre 2022 resta l’obbligo vaccinale con la sospensione dal lavoro per gli esercenti le professioni sanitarie e i lavoratori negli ospedali e nelle RSA; fino alla stessa data rimane il green pass per visitatori in RSA, hospice e reparti di degenza degli ospedali (oggi 2Gplus).

Scuola

Per quanto riguarda la scuola il decreto prevede nuove misure in merito alla gestione dei casi di positività:

Scuole dell’infanzia – Servizi educativi per l’infanzia

In presenza di almeno quattro casi tra gli alunni nella stessa sezione/gruppo classe, le attività proseguono in presenza e docenti, educatori e bambini che abbiano superato i sei anni utilizzano le mascherine FFP2 per dieci giorni dall’ultimo contatto con un soggetto positivo.

In caso di comparsa di sintomi e, se ancora sintomatici, al quinto giorno successivo all’ultimo contatto, va effettuato un test antigenico rapido o molecolare o un test antigenico autosomministrato. In quest’ultimo caso l’esito negativo del test è attestato con autocertificazione.

Scuole primaria, secondaria di primo grado, secondaria di secondo grado e sistema di istruzione e formazione professionale

In presenza di almeno quattro casi di positività tra gli alunni, le attività proseguono in presenza e per i docenti e per gli alunni che abbiano superato i sei anni di età è previsto l’utilizzo delle mascherine FFP2 per dieci giorni dall’ultimo contatto con un soggetto positivo.

In caso di comparsa di sintomi e, se ancora sintomatici, al quinto giorno successivo all’ultimo contatto, va effettuato un test antigenico rapido o molecolare o un test antigenico autosomministrato. In quest’ultimo caso l’esito negativo del test è attestato con autocertificazione.

L’isolamento

Gli alunni delle scuole primarie, secondarie di primo grado, secondarie di secondo grado e del sistema di istruzione e formazione professionale, in isolamento per infezione da Covid, possono seguire l’attività scolastica nella modalità di didattica digitale integrata accompagnata da specifica certificazione medica che attesti le condizioni di salute dell’alunno. La riammissione in classe è subordinata alla sola dimostrazione di aver effettuato un test antigenico rapido o molecolare con esito negativo.

Personale Covid

Il personale per l’emergenza viene prorogato fino alla fine delle lezioni e comunque non oltre il 15 giugno 2022. Per la proroga sono disponibili ulteriori 204 milioni, oltre le somme già stanziate.

Strutture dell’emergenza

Il decreto inoltre stabilisce le seguenti misure:

  • Capo della Protezione civile: cessazione dei poteri emergenziali e attribuzione di poteri per gestire il rientro alla normalità
  • Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19: è istituita un’Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l’adozione di altre misure di contrasto alla pandemia, che si coordinerà con il ministero della Salute. Dal 1° gennaio 2023 il ministero della Salute subentra nelle funzioni.

Le dichiarazioni del Premier Draghi

Ecco cosa ha detto  il premier Mario Draghi in conferenza stampa.

“A fine marzo terminerà lo stato di emergenza, per quella data scioglieremo il Cts, il cui lavoro non è finito, continuerà con l’Istituto superiore di sanità e il Consiglio superiore di sanità […] 

Anche a nome del governo, ringrazio il professor Locatelli e il professor Brusaferro e tutti i membri presenti e passati del Comitato tecnico scientifico. Se uno esamina la situazione di questi anni , il Cts ha dato un supporto straordinario a decisioni difficilissime prese da questo e dal precedente governo. Ha dato il supporto psicologico per dire che le decisioni erano prese con il supporto della scienza, non sulla base di sensazioni. Questo per chi prende decisioni è essenziale.

Osserviamo con grande attenzione l’andamento della curva epidemica e siamo pronti ad adattare il nostro apparato alla sua evoluzione, anche in senso più espansivo, se è il caso. Ma attualmente abbiamo preso questi provvedimenti”.

 

Fonte: www.lentepubblica.it




Natale arriva per tutti.. più o meno

Non #vatuttobene. Non siamo tutti più buoni. E c’è una parte sempre più consistente della popolazione che scivola sotto la soglia di povertà, e che magari non ha tanta voglia di festeggiare il Natale.
Intanto la stampa tesse le lodi di una classe politica che sembra avere la soluzione a portata di mano per tutto, e che per questo nessuno osa criticare. Aver organizzato addirittura uno sciopero contro le scelte di questi illuminati è stato presentato come una bestemmia, una lesa maestà, un voler mettere in discussione il dogma dell’infallibilità politica di quello che è stato premiato come il miglior paese al mondo per il 2021.

Ad un artista come Makkox bastano meno di due minuti per rappresentare, in modo mirabile, queste contraddizioni.

Guardiamo il cartoon, e poi proviamo a farci pervadere davvero dallo spirito natalizio. Ricordando che, nonostante tutti i gravi problemi che non possono essere sottovalutati, la nostra è comunque una categoria privilegiata rispetto ai troppi lavoratori che non hanno prospettive, ricevono stipendi miseri e non sanno neanche per quanto tempo continueranno a prenderli. Anche se non siamo noi, in questa condizione ci sono i nostri parenti, i nostri amici, i nostri vicini di casa. I nostri figli.

Calarsi nello spirito natalizio significa anche provare ad impegnarsi per una società meno ingiusta, e capire che sono questi i motivi per cui siamo scesi in piazza lo scorso 16 dicembre. E che siamo pronti a farlo ancora.

A voi, e a tutte le persone che vi stanno a cuore, gli auguri di buon Natale dalla Fisac L’Aquila.

 




10 motivi per festeggiare il Natale con uno sciopero generale

Ci sono vari modi per spiegare uno sciopero.

Questo video lo fa con ironia, e probabilmente con una chiarezza maggiore rispetto a tutto quanto è stato scritto finora. Dedicategli qualche minuto: non ve ne pentirete.




Covid-19: il piano delle riaperture

Le riaperture previste dal governo inizieranno tra fine Aprile e inizio Maggio e proseguiranno nei prossimi 45 giorni, in crescendo.

Noi abbiamo preso questo rischio ragionato, con i comportamenti ragionati di distanziamento e mascherine i passi indietro saranno più lontani.”

Questo il fulcro dell’intervento di Mario Draghi nella Conferenza Stampa.

Il calendario delle riaperture

La data chiave sarà il 26 aprile, prima data per le riaperture.

Si seguirà una road map: ad esempio dal 15 Maggio si potrebbero riaprire le piscine, da Giugno le palestre e a Luglio si potrebbero anche riaprire le attività fieristiche.

Queste sono però tutte idee che verranno valutate durante i prossimi step e in base, ovviamente, ai dati dell’emergenza sanitaria.

Speranza però ha precisato che non sarebbe corretto indicare una data X che segna tutte le riaperture.

Zone gialle e zone gialle “rafforzate”

In particolare, dal 26 aprile tornano le zone gialle, con un “giallo rafforzato” e l’apertura di tutte le attività di ristorazione (anche la sera per i ristoranti), sport e spettacolo nelle aree a basso contagio da Covid. La novità è che si dà precedenza alle attività all’aperto.

In maniera graduale saranno aperte anche le altre attività in base a un principio di evidenza scientifica. Un principio che sarà rivolto alle attività della ristorazione, ma non solo, vale a dire anche a tutte le altre attività che non si svolgono all’aperto.

Le riaperture sono ovviamente condizionate a una maggiore sensibilizzazione sulla popolazione su pratiche di distanziamento sociale e mascherine, che dovranno essere supportate da autorità locali e autorità di polizia.

Spostamenti

Gli spostamenti saranno consentiti tra le Regioni Gialle e verrà adottato uno specifico “pass” per muoversi.

Campagna vaccinale

La campagna di vaccinazione prosegue ed ha contribuito alla decisione delle riaperture. Il numero di persone vaccinate aumenterà, soprattutto nella popolazione più sensibile alla minaccia pandemica.

Lezioni in presenza a Scuola

Le scuole riaprono in tutti i gradi e gli ordini ma solo in zona gialla ed arancione, mentre per le zone rosse ci saranno delle differenziazioni.

Comunque il punto forte della riaperturà sarà far tornare in aula al 100% anche gli studenti delle Scuole Superiori, finora i più penalizzati dalle chiusure.

Coprifuoco

Come di consueto, infine, rimane il coprifuoco alle 22.

 

Il documento con le proposte delle Regioni

In parallelo alla Conferenza Stampa del Premier le Regioni hanno inviato un documento programmatico con le proposte per la riapertura.

Ad esempio, per quanto riguarda le riaperture di ristoranti anche nelle regioni rosse, le Regioni hanno proposto di integrare le misure attuali “con strategie di screening/testing”. Misurazione della temperatura all’ingresso, divieto di assembramento davanti ai locali, ingresso su servizio prenotazione (non obbligatorio).

 

Sostegni

Infine sul lato Sostegni per le attività cambierà qualcosa: non si calcolerà più solo il fatturato ma anche un altro criterio che tiene conte dell’utile d’impresa e dell’imponibile fiscale per vedere chi è stato maggiormente colpito dalla crisi economica.

 

Fonte: www.lentepubblica.it

 

 




Piano vaccini: Sindacati e Abi scrivono a Draghi

 

2 - First Cisl 3 - Fisac Cgil 6 - Uilca Unisin nuovo logo

ABI e Organizzazioni sindacali Fabi, First-Cisl, Fisac-Cgil, Uilca, Unisin hanno oggi inviato una lettera al Presidente del Consiglio, al Ministro dell’Economia e delle Finanze, al Ministro della Salute, al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, al Governatore della Banca d’Italia e al Commissario Straordinario per l’emergenza epidemiologica Covid-19, per chiedere che nella realizzazione del piano per la somministrazione dei vaccini – ferma naturalmente la priorità per le persone più fragili e quelle impegnate in prima linea nella lotta contro la pandemia – sia tenuto in particolare considerazione il personale impegnato nell’erogazione dei servizi bancari, in quanto inclusi tra quelli pubblici essenziali ai sensi della legge n. 146 del 1990.

I DPCM che si sono succeduti fin dall’inizio dell’emergenza pandemica (da ultimo il 2 marzo 2021, art. 29) hanno sempre previsto – anche nelle fasi più acute – che fossero garantiti, nel rispetto delle norme igienico-sanitarie, i servizi bancari, finanziari e assicurativi, in considerazione del loro ruolo di sostegno all’economia, alle famiglie e alle imprese.

La garanzia di tali servizi è stata possibile anche grazie al forte e costante impegno di ABI e delle Organizzazioni sindacali di settore che hanno condiviso, in specifici Protocolli di settore, misure di prevenzione, contrasto e contenimento della diffusione del virus Covid-19, aggiornandone costantemente i contenuti (da ultimo il 21 dicembre 2020), e allo straordinario impegno e senso di responsabilità delle lavoratrici e dei lavoratori che lavorano in banca.

Lettera congiunta ABI-OOSS sul piano vaccinale

 

Leggi anche

https://www.fisaccgilaq.it/banche/sindacati-e-abi-scrivono-a-conte-il-piano-di-vaccinazione-includa-i-bancari-tra-i-lavoratori-essenziali.html




Mps: Nuovo Governo e situazione Banca.

1 - Fabi 2 - First Cisl 3 - Fisac Cgil 6 - Uilca Unisin nuovo logo

La fase politica che l’Italia sta vivendo con la formazione di un nuovo Governo non ha finora contribuito a fare chiarezza sulla situazione in cui si trovano da mesi il Gruppo Monte dei Paschi e i suoi 21.000 Lavoratori e Lavoratrici.

All’azionista di maggioranza chiediamo come OOSS di farsi carico della situazione della Banca e quindi garante di un percorso, avviato e non ancora completato, di normalizzazione e risanamento definitivo della Banca stessa.
Tale percorso deve necessariamente prevedere un impegno da parte del MEF a superare i vincoli a suo tempo concordati con i regolatori europei, riguardanti anche la permanenza dello Stato nel capitale azionario del Gruppo, garantendo i livelli occupazionali, la salvaguardia delle professionalità e il mantenimento dell’integrità organizzativa del Gruppo stesso.

Al nuovo Governo chiediamo inoltre di individuare in tempi rapidi una sede di confronto negoziale che coinvolga le Organizzazioni Sindacali per individuare soluzioni condivise finalizzate a poter dare un assetto stabile al Gruppo in modo che possa continuare a operare efficacemente sul mercato, visto anche il ruolo di sostegno all’economia reale del Paese che la banca sta svolgendo in questi difficili momenti.

 

Siena, 1 marzo 2021

 

Le Segreterie di Coordinamento
Banca Monte dei Paschi Siena




La crisi di Governo? Un bel thriller

Se fosse un romanzo, qualche mese fa ci sarebbe stata una riunione.

In un posto lussuoso e segreto, con una ampia vetrata che dà sul mare e consente di guardare gli yacht ondeggianti placidamente, coi marinai a bordo che preparano un perfetto pranzo a base di pesce.

Alla riunione avrebbero partecipato pochi uomini, sei o sette. Di mezza età ma ben tenuti, nessuno dei quali noto alla stampa o alla televisione, abituati a non farsi vedere e a dare secchi comandi a qualche collaboratore incaricato di muovere le fila. Una riunione rara, perché normalmente si sentono attraverso linee criptate e sicure: ma il momento è grave, meglio parlarsi de visu.

Se fosse un romanzo, l’occasione sarebbe enorme e pressoché irripetibile: arrivano duecentodieci miliardi dal cielo in questo piccolo povero paese che la mezza dozzina di uomini riuniti ha già spolpato fino all’osso. Non si può lasciare che tutto questo ben di Dio venga gestito da quattro politici inconsapevoli e ignoranti, peraltro in gran parte provenienti da movimenti populisti, da vecchi partiti allo sbando e da sovranisti arrabbiati. Bisogna intervenire.

Gli uomini riuniti di fronte al mare non portano la mascherina, perché appena trovato il vaccino hanno ricevuto le primissime dosi. Ma sono preoccupati lo stesso, perché non possono lasciare che la faccenda gli sfugga dalle rapaci mani. Tutto rimonta a loro: la grande finanza, l’industria, la comunicazione; e anche il riciclaggio, l’evasione, le organizzazioni criminali. Sono a monte di tutto, nel romanzo. Sono la cupola delle cupole.

Nel romanzo si apre una porta ed entra il Consulente, il braccio armato, quello che in genere si occupa della messa in opera delle soluzioni concordate. Resta rispettosamente in piedi, e nessuno lo invita a sedersi. Fuori le barche ondeggiano, i marinai sfaccendano e il mare è più azzurro che mai.

Il Consulente ascolta le paure degli uomini riuniti. Resta in silenzio e pondera, come è abituato a fare. Poi propone la soluzione.

Basta trovare un politico giovane e in gamba, determinato a un’azione apparentemente suicida che faccia saltare il banco, pilotando le cose in maniera da evitare stravolgimenti elettorali dall’esito imprevedibile. L’azione peraltro sembrerà così onesta e idealista da non essere accusabile di interesse privato. Certo, costerà: ma il giovane politico coi poteri forti ha già una stretta consuetudine, magari qualche vecchio debito da saldare che può essere messo all’incasso, e farà sempre in tempo a rimettersi all’impiedi, magari tra una legislatura o due. Nel romanzo qualcuno degli uomini, preoccupato, chiede al Consulente che cosa succederà dopo che il giovane politico avrà fatto saltare il banco.

Il Consulente, con la voce calma di chi ha già visto tutto e il contrario di tutto, spiegherà che il pallino andrà necessariamente a un nome super partes, di grande prestigio internazionale e che, guarda caso, proviene proprio dal mondo della finanza e della gestione delle risorse continentali. Nel romanzo questo Personaggio esiste, e ognuno degli uomini presenti alla riunione in qualche modo ci avrà avuto a che fare.

Qualcuno a quel punto chiede, con residua inquietudine, come se la caverebbe il Personaggio col parlamento litigioso e violento, impossibile da mettere d’accordo su qualsiasi fesseria, figurarsi su una cosa grossa come questa.

Il Consulente, nel romanzo, sorride sornione. Dice che di fronte all’eventualità di tornarsene a casa perdendo poltrone e stipendi e soprattutto il potere di gestire formalmente, perché nella sostanza tutto resterebbe saldamente nelle mani dei presenti, tutto quel ben di Dio, l’accordo lo troverebbero. Eccome, se lo troverebbero.

E il Consulente nel romanzo parlerebbe di un governo politico nella gestione ordinaria e tecnico per i ministeri seri, quelli che dovranno ricevere i recovery funds. Dell’alleggerimento sostanziale della presenza meridionale, privilegiando ministri provenienti dai luoghi dove hanno sede grandi banche e grandi industrie, non sia mai che qualcuno abbia ripensamenti territoriali. Della ricompensa per il Personaggio che dovrà guidare il governo, in corrispondenza dell’elezione di un presidente che potrebbe tornare sempre utile.

Nel romanzo la strategia del Consulente provocherebbe un progressivo, largo sorriso dei presenti. E la riunione sarebbe sciolta in corrispondenza della perfetta cottura dello spaghetto allo scoglio sulla più bella delle navi alla fonda nel piccolo porticciolo privato, al di là della vetrata.

Fortuna che i romanzi non sono la realtà. Per questo sono sempre così belli.

 

Articolo di Maurizio De Giovanni su Il Fatto Quotidiano del 14/2/2021