MPS: primo incontro sulle ricadute del Piano Industriale

Non era presente l’amministratore delegato, Luigi Lovaglio, impegnato in una serie di incontri con potenziali investitori. Si è discusso invece del piano che dovrebbe consentire a Montepaschi di diminuire di 3.500 unità il numero dei dipendenti, come previsto dal piano industriale. Il confronto, durato circa due ore, è servito più che altro a inquadrarsi e prendersi le misure per quando la discussione entrerà nel vivo. Le parti, che non hanno fissato un nuovo faccia a faccia, hanno cinquanta giorni di tempo per trovare un accordo sugli esuberi.

Le uscite, come da decreto Milleproroghe, dovranno essere portate a termine entro il primo dicembre 2022. Diminuzione di personale che permetterà a Mps di risparmiare 270 milioni all’anno a partire dal 2023. La marcia in più alla trattativa potrebbe essere data dall’estensione del fondo di garanzia che consentirà di andare via con un anticipo fino a sette anni. Le uscite sono su base volontaria e da quanto sarebbe stato evidenziato durante l’incontro, ci sarebbero 4.200 persone che rientrano in questo range. La media tuttavia si dovrebbe aggirare sui cinque anni. «Il piano industriale non contiene gli elementi del cosiddetto “spezzatino” della banca, ma prevede il mantenimento dell’intero perimetro aziendale e questo è un elemento che, al momento, ci dà tranquillità» ha detto Federico Di Marcello, segretario Fisac Cgil, che poi ha aggiunto: «Ci interessa tutelare le 3.500 persone in uscita e anche il futuro degli oltre 17 mila dipendenti che rimarranno e che dovranno lavorare in un ambiente sereno».

 

Fonte: Fisac Cgil




Il nuovo piano industriale MPS: utile da 900 milioni nel 2026 e uscite volontarie per 4.000 dipendenti

Il piano, spiega l’ad Luigi Lovaglio, dovrà traghettare il Monte su nuove sponde ripartendo “dalle proprie radici, dalla forza del brand, dal talento delle persone e dalla propria vocazione di banca commerciale”. Previsto un ritorno alla distribuzione dei dividendi a partire dal 2025, sulla base di un pay-out ratio del 30%. In programma anche il completamento dell’aumento di capitale di 2,5 miliardi atteso entro fine 2022, col sostegno del ministero dell’Economia.


 

Utile di circa 900 milioni a fine piano, nel 2026, con un ritorno alla distribuzione dei dividendi dal 2025; completamento dell’aumento di capitale da 2,5 miliardi e un piano di ottimizzazione delle risorse che prevede uscite volontarie per quattromila dipendenti e una riorganizzazione delle filiali. Poggia su questi capisaldi il piano industriale del Monte dei Paschi di Siena presentato oggi dall’amministratore delegato del gruppo, Luigi Lovaglio, che dovrà traghettare la banca su nuove sponde ripartendo – spiega l’ad – “dalle proprie radici, dalla forza del brand, dal talento delle persone e dalla propria vocazione di banca commerciale”.

Nel piano illustrato ad analisti e stampa, Mps prevede un utile ante imposte pari a 705 milioni nel 2024, che salirà a fine arco di piano a 909 milioni con ritorno alla distribuzione dei dividendi a partire dal 2025, sulla base di un pay-out ratio (la percentuale di utili distribuita agli azionisti sotto forma di dividendi) del 30%. Il piano di Mps prevede poi un rafforzamento significativo della posizione di capitale della Banca a seguito del completamento dell’aumento di capitale di 2,5 miliardi atteso entro fine 2022, che vedrà il sostegno del ministero dell’Economia. Il consiglio d’amministrazione, si legge infatti nella nota, “ha preso atto della disponibilità del Mef, titolare di una partecipazione pari al 64,23% del capitale sociale della Banca, a supportare le iniziative sul capitale che la Banca assumerà per il rafforzamento patrimoniale nel quadro del Piano Strategico 2022-2026, per la quota di propria competenza a condizioni di mercato”.

Per raggiungere l’obiettivo è al via un piano di uscite volontarie mediante il Fondo di solidarietà che interesserà circa quattromila persone, con un risparmio dei costi pari a 270 milioni su base annua a partire dal 2023, a fronte di costi di ristrutturazione pari a circa 800 milioni. In vista anche un’ottimizzazione della rete distributiva con la riduzione di 150 filiali (di cui 100 entro il 2024), che porterà il numero totale a circa 1.218. In arrivo anche una nuova organizzazione interna, con la Direzione Chief commercial officer suddivisa in tre Direzioni, ciascuna delle quali sarà guidata da manager interni al Gruppo. Una svolta che per Lovaglio dovrà rappresentare “un primo importante tassello funzionale al raggiungimento degli obiettivi del piano, per snellire e velocizzare i processi con un’organizzazione più semplice e agile e una condivisione all’interno della Banca di tutte le competenze che metteremo al servizio della clientela, a cui saremo sempre più vicini”.

 

Fonte: Il Fatto Quotidiano

 




Mps, Franco dà la linea: rilanciare poi vendere

Il ministro dell’economia in audizione alle commissioni finanze di Camera e Senato parla del futuro di Montepaschi: il governo chiederà una proroga ma il controllo della banca da parte dello Stato deve avere una scadenza


 

I tempi per l’uscita dello Stato dal capitale del Monte dei Paschi di Siena non si prospettano brevi. Il Tesoro, ha ribadito il ministro dell’Economia Daniele Franco alle commissioni Finanze di Camera e Senato, sta infatti chiedendo alla Ue una proroga “congrua”, che consenta all’istituto senese di completare la sua ristrutturazione, per la quale servirà un aumento di capitale “in questo momento” quantificato in 2,5 miliardi di euro ma sul quale l’ultima parola toccherà al nuovo piano affidato al neo amministratore delegato Luigi Lovaglio.

“Eventuali favorevoli opportunità di dismissioni qualora si profilassero potranno esser colte sin da subito” ma è “ragionevole attendersi che solo dopo l’aumento e le iniziative di miglioramento dell’efficienza previste dal piano si creeranno condizioni più favorevoli per procedere alla privatizzazione”, ha detto il ministro, che ha invece definito uno scenario “non ipotizzabile”, perché contrario alle norme Ue, la permanenza “senza limiti di tempo” nel capitale della banca.

All’esito della vendita il Mef intende “assicurare” a Mps “un futuro importante nel sistema bancario italiano ed europeo”, salvaguardando “i livelli occupazionali”, il “marchio” e “il legame con il territorio” di una banca parte del “patrimonio economico, culturale e storico” del Paese, della Toscana e di Siena. No anche a “spezzettamenti” mentre sulla cessione di sportelli – si parla di un pacchetto al Sud diretto verso Mediocredito centrale – deciderà la banca. A queste condizioni la nazionalità del partner – “straniero” o “italiano” – non avrà importanza.

Lovaglio, in sella dallo scorso 7 febbraio, avrà Il compito di scrivere “un piano ambizioso e credibile” che convinca la Borsa a sottoscrivere, assieme al Tesoro, l’aumento di Mps in una “operazione di mercato” che scongiuri il rischio di un nuovo salvataggio statale. Al tal riguardo il Mef sta negoziando con l’Europa “misure compensative” per il mancato rispetto dei target al 2021, che si traducano in obiettivi “sufficientemente ambiziosi ma realistici e sostenibili”, specialmente sul fronte dei costi, dal 2017 vero tallone d’Achille della banca. 

 

Con Lovaglio, ha spiegato Franco, si vuole “imprimere alla gestione un cambio di passo per accelerare il processo di ristrutturazione necessario a dare maggiore credibilità alle prospettive di risanamento e sviluppo”, facendo leva sulla reputazione di un manager che “ha gestito operazioni complesse e completato ristrutturazioni aziendali di successo”.

“La prima sfida” a cui sarà chiamato l’ex ad del Creval sarà proprio l’aumento di capitale, il cui ammontare – ha detto Franco – “lo vedremo con il piano industriale”. “In questo momento” i 2,5 miliardi indicati nel dal suo predecessore Guido Bastianini sono una “cifra ancora adeguata”, che dunque dovrebbe finire in maniera inerziale nel capital plan da sottoporre alla Bce entro il 31 marzo.

Franco ha anche chiarito i motivi dell’avvicendamento con Bastianini, sfiduciato dal cda dopo che il Tesoro, all’inizio del 2021, ne aveva chiesto le dimissioni. I risultati 2021, chiusi con 310 milioni di utili, il miglior risultato dal 2015, “sono stati relativamente buoni ma nettamente meno buoni di quelli delle altre banche”, ha detto Franco, indicando come il risultato sia stato spinto da alcune componenti straordinarie e dai sostegni pubblici al credito legati al Covid. Una “relativa debolezza” evidenziata, a detta del ministro, anche dall’andamento del titolo in Borsa (che ha sottoperformato durante il biennio di Bastianini e sovraperformato dopo l’arrivo di Lovaglio).

A Bastianini è stato infine imputato il mancato conseguimento degli obiettivi di costo, rimasti fermi al 70% dei ricavi, livello sotto il quale non era riuscito a scendere neppure il suo predecessore Marco Morelli, che pure quei target aveva concordato con la Ue.

 

Fonte: Il Tirreno