Esodati: Sindacati e Abi bussano insieme alla porta del fisco

È datata 27 maggio la richiesta congiunta dei sindacati bancari (Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca, Unisin Falcri-Silcea-Sinfub) e dell’Abi, l’associazione delle banche italiane. Destinatari: Ernesto Maria Ruffini, direttore dell’Agenzia delle Entrate, e Gabriella Di Michele, direttore generale dell’Inps.

La vicenda è quella relativa agli 11mila bancari esodati che, per l’anno 2016, hanno ricevuto a fine aprile una raffica di avvisi bonari in cui il Fisco chiedeva mediamente di pagare 2mila euro l’anno per via del ricalcolo (riliquidazione). Meccanismo che si applica al Tfr e che invece non è mai stato utilizzato per gli assegni di accompagnamento alla pensione erogati dal Fondo straordinario per il personale del credito, istituito 20 anni fa, gestito dall’Inps a cui le banche versano di volta in volta la provvista necessaria.

Scadenze, risposte, futuri esodi

Tre le questioni urgenti da risolvere.
La prima riguarda la scadenza degli avvisi bonari: 30 giorni che per alcuni destinatari sono già finiti. Che fare? Pagare tutto, pagare una rata o agire in autotutela? I sindacati bancari hanno già dato i loro suggerimenti sul tema.
Il problema, e qui arriviamo alla seconda questione, è che gli uffici territoriali del Fisco hanno risposto in modo differente alle numerose richieste di sospensione dei termini giunte dai bancari esodati: la sede di Parma, per esempio, si è detta disponibile a dare altri 30 giorni in attesa dei chiarimenti da Roma. Quella di Genova, invece, il 26 maggio ha respinto una richiesta di sospensione dei termini. Da qui la presa di posizione di sindacati e di Abi che pretendono una posizione uniforme da parte del Fisco sull’intero territorio nazionale.
Infine la terza questione sul tavolo. Gli avvisi del Fisco rischiano di minare i futuri esodi (che sono volontari) dei bancari. Ecco perché nella lettera a Ruffini e Di Michele si chiede di «restituire piena fiducia nell’ammortizzatore sociale di settore che ha consentito e continua a consentire la gestione socialmente sostenibile degli articolati processi di trasformazione delle banche senza oneri per la fiscalità generale».

Manca una X

Tutte da verificare sono invece le “indagini” che alcuni bancari stanno facendo sulle loro certificazioni (CU). Mettendo a confronto i documenti dal 2015 al 2017, alcuni hanno rilevato che mancano una X e una data nel CU del 2016, proprio quello che ha fatto scattare gli avvisi del Fisco su indicazione dell’Inps che gestisce gli assegni.

La data è quella dell’inizio dell’erogazione dell’assegno sotto la voce “Rapporto di lavoro”; e la X è quella della casella “In forza al 31/12”. Lì forse è il problema. Da Inps, interpellata più volte via mail e telefono, non è arrivata alcuna risposta.

Il documento

Il Fisco amico di Parma
«Coerentemente con i dati contabili forniti dall’Inps nelle CU rilasciate ai percipienti le somme sono state assoggettate a tassazione separata dall’Agenzia delle Entrate». È la risposta della direzione provinciale dell’Agenzia delle Entrate di Parma che attende indicazioni dagli uffici centrali di Roma: quest’ultimi, a loro volta, si stanno confrontando con Inps per «verificare la corretta qualificazione dei predetti redditi dal punto di vista fiscale».
Quindi anche dagli uffici territoriali del Fisco emiliano emergono i dubbi sulla «corretta qualificazione» nei CU ovvero le certificazioni dei redditi consegnate ai bancari (vedi anche articolo a fianco).
In attesa di questi chiarimenti, l’ufficio di Parma annuncia il riaggiornamento dei termini per il contribuente. In sostanza verranno dati altri 30 giorni per rispondere all’avviso bonario nel caso in cui da Roma, le disposizioni arrivino in ritardo.
Della serie “Fisco amico”. Anche perché in questo caso la responsabilità non è del contribuente.

 

Fonte: www.ilsole24ore.it

 

Leggi anche:

https://www.fisaccgilaq.it/banche/avvisi-di-pagamento-agenzia-entrate-il-punto-sulla-situazione.html?preview_id=49594&preview_nonce=214788754a&post_format=standard&_thumbnail_id=49595&preview=true

 




Bancari esodati, sorpresa dal fisco: chieste altre imposte per il 2016

Centinaia di avvisi bonari sugli assegni di cinque anni fa. I dubbi dei sindacati.


 

Trenta giorni per decidere se pagare o no l’integrazione alle imposte chiesta dal Fisco con avviso bonario inviato il 30 aprile. E’ quanto dovranno decidere gli ex bancari che, nel 2016, ricevevano l’assegno straordinario di accompagnamento alla pensione erogato dal Fondo di Solidarietà per il sostegno del reddito del personale del credito. Cinque anni fa – dati INPS – erano 11.021 le persone che ricevevano l’assegno e, secondo stime sindacali , almeno il 70% (quasi 8mila) dovrebbe aver ricevuto l’avviso dell’Agenzia delle Entrate. L’ammontare da pagare è in media di circa 2mila euro (sull’anno).

Il caso
Perché il Fisco ha inviato gli avvisi bonari? Spieghiamo subito che i bancari che anticipano l’uscita grazie al Fondo di solidarietà ricevono, per un massimo di 5 anni, l’equivalente di quanto prenderanno come pensione al netto delle imposte. A versare l’assegno straordinario è l’INPS che a sua volta riceve il denaro dalla banche. All’assegno, come per il TFR, viene applicata la tassazione separata che è un tipo di imposizione agevolata rispetto alla ordinaria Irpef: la tassazione separata impedisce che, nell’anno in cui vengono percepiti, i redditi maturati in più anni si sommino agli altri redditi del lavoratore.

Il ricalcolo mai applicato
Fin qui tutto abbastanza logico. Al Fisco e al legislatore italiano non piacciono però le cose semplici. Nella tassazione separata, il datore di lavoro (in questo caso le banche) infatti applica una trattenuta fiscale “provvisoria” sul Tfr e sugli assegni straordinari: successivamente viene ricalcolata dall’Agenzia delle Entrate quella definitiva detta “riliquidazione”. Qui non ci addentriamo nelle contorte questioni fiscali. E’ sufficiente sapere che non tutti ricevono la richiesta di ulteriori imposte e il Fisco non può, come noto, spingersi oltre i cinque anni.
Tornando agli ex bancari, questi ultimi si aspettano le richieste di ricalcolo dell’Agenzia delle Entrate su Tfr. Invece, fino ad oggi (il Fondo di solidarietà esiste dal 2000), il Fisco non aveva mai richiesto la riliquidazione sugli assegni.

Sindacati in campo
Gli ex bancari e le associazioni pensionati che li rappresentano a fine aprile si sono subito attivati. Tanto che il 3 maggio è stato diffuso il primo comunicato sindacale sul caso dalle cinque principali sigle sindacali: Fabi, First/Cisl, Fisac/Cgil, Uilca e Unisin hanno annunciato il loro impegno a chiarire subito la situazione. A distanza di 8 giorni, il secondo comunicato sindacale congiunto dove si spiega che “in stretto contatto con l’ABI” (l’Associazione Bancaria Italiana) “l’iniziativa di chiarimento prosegue”. In allegato al Comunicato c’è il documento INPS dove si spiega che “sono in corso approfondimenti sulla questione fra l’Istituto, in qualità di sostituto d’imposta, e l’Agenzia delle Entrate.”

Tempi, soluzioni e futuri esodi
I tempi stringono. Il 30 maggio, giorno di scadenza dell’avviso, è vicino. Sindacati e ABI non commentano “in attesa di evidenze” da parte di Inps e Agenzia. A quanto emerge. però, non è chiaro se ci sia stato un errore tecnico nei codici di comunicazione INPS o una diversa interpretazione del Fisco dopo vent’anni.
Secondo indiscrezioni, gli ex bancari si sono rivolti agli avvocati per capire come agire per le vie legali: ma potrebbero esserci problemi anche per i futuri esodi. Gli accordi erano stati stipulati su cifre che non prevedevano l’ulteriore aggravio emerso nei giorni scorsi. Cos’accadrà ora?

 

Articolo di Vitaliano D’Angelo su “Il Sole 24 Ore” del 15/05/2021




Sei un lavoratore somministrato? Potresti avere diritto ad un bonus di € 2.400

Tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori che tra il 1 gennaio 2019 e il 23 marzo 2021 hanno avuto un contratto di somministrazione con un’agenzia per il lavoro, anche in un settore diverso da turismo e stabilimenti termali, possono richiedere l’indennità onnicomprensiva di € 2.400 prevista dal Decreto Sostegni.

 

REQUISITI

  • Rapporto di lavoro cessato tra il 1° gennaio 2019 e il 23 marzo 2021
  • Almeno 30 giornate lavorative effettuate tra il 1° gennaio 2019 e il 23 marzo 2021
  • Alla data di presentazione della domanda non essere titolari di:
    • Pensione diretta
    • Rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato
    • REM
    • Indennità per i lavoratori sportivi

L’indennità è compatibile con la NASPI e con eventuale rapporto di lavoro subordinato a termine in essere.

 

Per la verifica dei requisiti e per inoltrare la domanda rivolgiti all’INCA/CGIL.

Se hai bisogno di informazioni e supporto contattaci:
CGIL L’AQUILA tel. 0862/66001

 




Riscossione: vicina la soluzione per il Fondo Nazionale Previdenza

2 - First Cisl 3 - Fisac Cgil 6 - Uilca Unisin nuovo logo

Nel pomeriggio odierno le Scriventi Organizzazioni Sindacali, a seguito della richiesta inoltrata nei giorni scorsi, hanno incontrato in video conferenza la Direzione Centrale Pensioni dell’INPS per aggiornamenti sull’emanazione della Circolare attuativa del D.M. n. 55/2018.

I Rappresentanti dell’Ente di Previdenza hanno comunicato che il Ministero del Lavoro, a fine aprile, ha autorizzato la soluzione amministrativa da loro proposta a luglio 2020 per valorizzare l’intera contribuzione versata.

Nel merito hanno chiarito che le novità normative avranno decorrenza dal 1° luglio 2017 e riguarderanno tutti i lavoratori iscritti al Fondo. La Circolare, che è in fase di definizione, verrà poi inviata al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali per la bollinatura.

Le Scriventi esprimono soddisfazione per quanto è stato rappresentato nella riunione odierna poiché il contenuto illustrato è in linea con la piena attuazione del D.M. n.55/2018 e quindi realizza l’obiettivo di una pensione aggiuntiva per i lavoratori iscritti al Fondo con la valorizzazione di tutti i contributi versati nell’intera vita lavorativa.

Con questo risultato si sta per concludere positivamente il complicato e lungo percorso di riforma, indispensabile in quanto il Fondo di previdenza dei lavoratori esattoriali, alimentato da una contribuzione obbligatoria, nella quasi totalità dei casi non erogava più alcuna prestazione da molti anni.

Pur con la cautela dovuta alla necessità di attendere l’emanazione della suddetta Circolare, le Scriventi Organizzazioni Sindacali rivendicano di aver messo in campo con costanza e tenacia tutte le iniziative istituzionali e di mobilitazione, sempre sostenuti dalle lavoratrici e dai lavoratori del Settore, che hanno finalmente consentito di raggiungere l’obiettivo del legittimo riconoscimento di tutti i contributi versati.




Come richiedere l’Isee precompilato

Con l’istituzione dell’Assegno unico per i figli, in arrivo dal prossimo 1 luglio, tutti i lavoratori con figli fino a 21 anni dovranno richiedere la certificazione ISEE per l’anno in corso.

La CGIL è in grado di assistere tutti i lavoratori, iscritti e non, con i propri CAF per la richiesta dell’ISEE. Esiste tuttavia una modalità più rapida, alla quale tutti possono fare ricorso, che consiste nell’effettuare online la richiesta direttamente dal sito dell’INPS, avvalendosi dell’ISEE precompilato. La procedura, pur presentando diversi passaggi, non è particolarmente complicata; crediamo di fare cosa utile fornendo qualche indicazione operativa.

 

GUIDA ALL’ISEE PRECOMPILATO

Cosa occorre:

  • Identità Digitale (SPID), oppure Carta d’Identità Elettronica (CIE) o PIN INPS.
  • Tesserino sanitario non scaduto per ognuno dei componenti il nucleo familiare.
  • Dichiarazioni dei redditi eventualmente presentate dai familiari del richiedente (consigliabile acquisire anche la dichiarazione del richiedente).
  • Giacenza puntuale al 31/12/2019 di almeno un rapporto bancario o finanziario per ognuno dei componenti il nucleo familiare (consigliabile la certificazione di tutti i rapporti del nucleo familiare).
  • Visure immobiliari per il richiedente ed il suo nucleo familiare.
  • Situazione eventuali mutui ipotecari al 31/12/2019
  • Targhe dei veicoli posseduti al 31/12/2019, per il richiedente ed il resto del nucleo familiare.

 

Per accedere alla richiesta dell’attestazione ISEE bisogna cliccare su questo link.

Questa la videata che apparirà:

Cliccando su ACQUISIZIONE verremo reindirizzati sulla pagina di autenticazione. Per accedere bisogna essere in possesso dell’Identità Digitale (SPID) o della Carta d’Identità Elettronica (CIE). Negli ultimi mesi sono in tanti da essersi dotati di SPID in quanto necessaria per registrarsi al Cashback sugli acquisti effettuati con carte e bancomat, quindi questo requisiti non dovrebbe costituire un problema.
Per chi lo avesse ancora si può accedere anche con il PIN INPS.

Una volta effettuato l’accesso si dovrà cliccare sul tasto INIZIA ACQUISIZIONE per cominciare ad inserire i dati.

Il primo passaggio è la compilazione della DSU mini: un modello che serve ad inserire le informazioni relative al proprio nucleo familiare, e che è sufficiente per la richiesta dell’Assegno Unico.

ATTENZIONE: non è possibile inserire la DSU Mini nei seguenti casi:

  1. SI INTENDONO RICHIEDERE prestazioni per il diritto allo studio universitario;
  2. Nel nucleo familiare SONO PRESENTI persone DISABILI O NON AUTOSUFFICIENTI;
  3. Nel nucleo familiare SONO PRESENTI FIGLI i cui GENITORI NON SONO CONIUGATI TRA LORO NE’ CONVIVENTI;
  4. Nel nucleo familiare SONO PRESENTI PERSONE ESONERATE DALLA PRESENTAZIONE DELLA DICHIARAZIONE DEI REDDITI E PRIVE DI CERTIFICAZIONE UNICA O PER CUI GLI ADEMPIMENTI TRIBUTARI SIANO SOSPESI A CAUSA DI EVENTI ECCEZIONALI;
  5. SI INTENDONO RICHIEDERE prestazioni connesse ai corsi di DOTTORATO DI RICERCA utilizzando un NUCLEO FAMILIARE RISTRETTO.

Al verificarsi di una di queste circostanze, la DSU mini non può essere utilizzata e bisogna compilare la DSU integrale (presente sulla stessa pagina internet). In questo caso può essere opportuno valutare l’opportunità di farsi assistere dal CAF.

Cliccando su COMPILA LA DSU MINI ci verrà chiesto di confermare la scelta, e quindi passeremo all’acquisizione dei dati del nucleo familiare.

Se nel recente passato abbiamo già richiesto un modello ISEE, possiamo saltare questo passaggio attivando il pulsante COPIA I DATI DEL NUCLEO FAMILIARE DELLA DSU PIU’ RECENTE, altrimenti cliccheremo su ACQUISISCI IL NUCLEO FAMILIARE. Nuova richiesta di conferma.

Si accederà alla schermata relativa alla composizione del nucleo familiare:

Dobbiamo cliccare su INSERISCI SOGGETTO per ognuno dei componenti il nucleo familiare. Ci viene richiesto il codice fiscale del nominativo da inserire. In questa fase la procedura propone i dati anagrafici del soggetto, da confermare con il tasto SALVA MODIFICHE.

Per tornare all’inserimento dei componenti il nucleo familiare bisogna premere il tasto oppure cliccare su TORNA INDIETRO nella barra grigia posta sulla sinistra dello schermo.

Tornando alla pagina SOGGETTI DEL NUCLEO FAMILIARE troveremo il nominativo appena inserito, da completare. Per farlo dobbiamo cliccare sul tasto
e scegliere, dal menù a tendina, Delega e Riscontro.
Prima di tutto ci verrà chiesto di confermare di essere stati autorizzati dal nostro familiare a trattare i suoi dati personali, conferma che daremo cliccando sul pulsante ARANCIONE facendolo diventare VERDE.
Per confermare l’identità del familiare ci viene richiesto di digitare il numero della Tessera Sanitaria (posto in basso a destra sul retro del tesserino) e la scadenza della stessa. 

Scorrendo la videata troviamo il modulo DATI DI RISCONTRO REDDITUALE, nel quale ci viene chiesto di indicare se il nostro familiare ha presentato, nel 2020, il modello 730 o il modello Redditi Persone Fisiche con riferimento ai redditi 2019.

In caso non abbia presentato dichiarazione (o sia in possesso della sola CU) si può cliccare sulla prima opzione e passare al modulo successivo.
Nel caso invece in cui la dichiarazione sia stata presentata, bisognerà riportare nell’apposito riquadro l’importo esposto al rigo “differenza” nella dichiarazione dei redditi risultante dal prospetto di liquidazione del modello 730 (modello 730-3)
oppure al rigo “differenza” nel quadro RN del modello Redditi Persone fisiche.

Scorrendo ancora arriveremo all’ultimo modulo di questa sezione: DATI DI RISCONTRO PATRIMONIALE

La procedura ci chiede di indicare se il familiare di cui stiamo riportando i dati possiede rapporti bancari o finanziari, ed eventualmente se la somma di tali rapporti (sempre con riferimento al 31/12/2019) sia inferiore o superiore ad € 10/mila.
Nel caso in cui il soggetto non possieda rapporti a lui intestati o il totale sia inferiore a tale soglia, basterà cliccare sulla risposta corrispondente.

In caso di rapporti il cui ammontare totale superi la somma di € 10/mila bisognerà indicare nell’apposito riquadro il saldo contabile alla data del 31/12/2019 di uno solo dei rapporti detenuti, arrotondato per eccesso o difetto all’unità di euro.
In caso di rapporto cointestato, va indicato il saldo complessivo e non la quota parte di competenza.

Ultimato l’inserimento dei dati, bisognerà cliccare sul tasto SALVA MODIFICHE per confermarli, e tornare al modulo Soggetti del nucleo familiare cliccando su TORNA INDIETRO. 

Le operazioni suriportate vanno ripetute per ognuno dei familiari a carico.

Nella parte inferiore dello schermo c’è la sezione COMPILAZIONE DEL MODELLO BASE ORDINARIO. Cliccando sul pulsante COMPILA IL MODULO si apriranno due nuove caselle.
In quella di sinistra verranno richiesti approfondimenti sul nucleo familiare con domande specifiche a cui rispondere SI o NO, confermando poi le risposte con il tasto SALVA INFORMAZIONI AGGIUNTIVE.

In quella di destra si dovrà cliccare sul tasto MODIFICA I DATI per accedere alla videata che consentirà di riportare i dati relativi all’abitazione del nucleo familiare. Una volta completato l’inserimento, cliccare su  SALVA . Cliccando su TORNA ALLA DICHIARAZIONE si verrà riportati al modulo SOGGETTI DEL NUCLEO FAMILIARE.

A questo punto, cliccando il tasto SOTTOSCRIVI, indicando il luogo di sottoscrizione della dichiarazione e confermando con ACCETTA E SOTTOSCRIVI, avremo concluso la prima fase di acquisizione dei dati.

L’INPS provvederà all’elaborazione di quanto inserito finora e ci informerà per email appena sarà possibile procedere alla fase successiva. Per ricevere l’email bisogna verificare che l’email riportata a video sia corretta, quindi cliccare su RICHIEDI LA NOTIFICA E VERIFICA.


 

Per andare avanti dobbiamo attendere l’email che ci avverte dell’avvenuta elaborazione dei dati, oppure rientrare in procedura a distanza di 24 ore per verificare che sia avvenuta.

Se tutto è stato inserito correttamente, troveremo la scritta ELABORATA accanto al nostro nome, e più sotto la spunta verde.
Per proseguire dobbiamo scegliere l’opzione CONFERMA cliccando sul pulsante In tal modo avremo accesso alla seconda parte dell’inserimento dei dati richiesti. Per ognuno dei nominativi componenti il nucleo familiare bisognerà cliccare sull’opzione COMPLETA E VERIFICA.

Dalla videata con i dati anagrafici dobbiamo cliccare su VAI AI DATI DI RESIDENZA in basso a destra.

I campi relativi ai dati di residenza non vanno indicati se coincidono con quelli precedentemente indicati.

Più in basso ci viene chiesto di indicare la nostra attività lavorativa scegliendo da un menù a tendina. Procediamo con SALVA E VAI AVANTI.

Il modulo successivo è quello relativo al PATRIMONIO MOBILIARE e ci propone saldi puntuali al 31/12/2019 e giacenza media dei rapporti a noi intestati, rilevati automaticamente. I saldi vanno verificati con le certificazione precedentemente acquisite; se sono corretti si può procedere cliccando sul tasto CONFERMAaltrimenti cliccare sul tasto ATTIVA MODIFICHE e procedere ad effettuare le rettifiche del caso.

Il calcolo dell’ISEE viene effettuato sul maggior importo tra giacenza media 2019 e saldo puntuale al 31/12/2019. Questo potrebbe portare delle distorsioni se nel corso dell’anno, soprattutto se negli ultimi mesi, siano stati effettuati acquisti di immobili o investimenti in titoli in quanto verrebbe calcolato sia il saldo puntuale degli investimenti, sia la giacenza media del conto (che ovviamente si riduce in modo minore rispetto al saldo puntuale).

Per questo motivo, se nel corso del 2019 sono stati effettuati investimenti o acquisti di immobili, e nel caso in cui l’ammontare di tali uscite sia superiore alla differenza tra giacenza media e saldo puntuale dei rapporti di conto, nel successivo modulo INCREMENTO DEL PATRIMONIO bisognerà spuntare la casella che segnale tale situazione ed indicare l’ammontare degli acquisti o degli investimenti effettuati, confermando con AGGIORNA INCREMENTO DEL PATRIMONIO.
Per accedere al modulo successivo si può utilizzare il menù posto sulla sinistra dello schermo, o cliccare in alto a destra sulla freccetta azzurra che indica a destra. 

Nel successivo modulo PATRIMONIO IMMOBILIARE vengono riportati gli immobili intestati al richiedenti. Tali dati vanno verificati con la visura immobiliare, ricordando che il dato è sempre riferito al 31/12/2019. In ogni caso, anche se i dati coincidono, bisognerà comunque cliccare sul tasto ATTIVA MODIFICHE per poter indicare quale tra queste sia l’abitazione principale. Entrando su modifica dovremo spuntare la casella che indica che l’immobile è dichiarato come casa di abitazione del nucleo familiare. Tale indicazione va fatta solo per l’abitazione e non per le pertinenze.
Per ogni immobile va indicato il debito residuo al 31/12/2019 di eventuali mutui, relativo alla quota posseduta.
Una volta completate, confermare le modifiche cliccando sul pulsante SALVA.

Cliccando come di consueto sulla freccetta azzurra che indica a destra o utilizzando il menù posto alla sinistra dello schermo, si accede al modulo REDDITI E TRATTAMENTI DA DICHIARARE non riportati sul modello 730, sempre riferiti all’anno 2019.
Una volta inseriti, o nel caso non ci sia nulla da inserire, si procederà cliccando sul tasto SALVA E VAI AVANTI.

Il successivo modulo è relativo agli assegni periodici eventualmente percepiti per il mantenimento dei figli o corrisposti al coniuge o ai figli. Ricordiamo sempre che gli importi devono essere riferiti al 2019.
Procediamo con SALVA E VAI AVANTI.

Modulo successivo: VEICOLI. Clicchiamo su AGGIUNGI VEICOLO e nella pagina successiva selezioniamo la tipologia del veicolo ed indichiamo la targa: procediamo ancora con SALVA E VAI AVANTI.

Il modulo successivo è quello dei REDDITI ORDINARIAMENTE DICHIARATI ALL’AGENZIA DELLE ENTRATE. I dati vengono presi in automatico dall’ultima dichiarazione e per questo non sono modificabili, quindi in caso di differenze bisognerebbe necessariamente rivolgersi al CAF. Per andare avanti clicchiamo su PRESA VISIONE.

Per accedere ai dati del successivo componente del nucleo familiare possiamo cliccare su TORNA ALLA DICHIARAZIONE nel menù posto a sinistra della pagina, oppure sulla freccetta arancione verso l’alto posta in alto a destra dello schermo.
le stesse operazioni vanno ripetute per ognuno dei componenti il nucleo familiare.

Una volta completato l’inserimento, verificato che accanto a tutti i nominativi compaia la spunta verde, possiamo cliccare su CONFERMA I DATI E RICHIEDI L’ATTESTAZIONE e poi CONFERMA E ATTESTA.

A questo punto l’attestazione ISEE è pronta. Si può stampare o salvare sul PC. Analoga possibilità per la dichiarazione DSU rilasciata dal richiedente.

I documenti così ottenuti potranno essere recuperati in qualsiasi momento accedendo alla pagina per la richiesta dell’Isee e cliccando sul pulsante CONSULTAZIONE.




Tutte le possibilità per andare in pensione nel 2021

L’INPS mette a disposizione degli utenti il nuovo dossier “Criteri generali per la pensione” nel quale si potranno consultare tutte le informazioni sui requisiti previsti, nel 2021, per andare in pensione.In sintesi le indicazioni contenute nel nuovo Dossier riguardano:

  • tutti i trattamenti pensionistici del sistema italiano
  • i requisiti richiesti ai lavoratori in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 e ai lavoratori in possesso di anzianità contributiva dal 1° gennaio 1996
  • la finestra utile per andare in pensione
  • e il cumulo dei periodi assicurativi.

Pensioni 2021: dossier INPS su criteri generali per tutti i trattamenti

Dal 1° gennaio 2023 i requisiti indicati dovranno essere adeguati agli incrementi della speranza di vita indicati nel rapporto del MEF n. 21 del 2020 (si vedano le tabelle presenti sull’applicativo Unicarpe).

Per i lavoratori addetti a lavori particolarmente faticosi e pesanti il requisito anagrafico e quello della quota devono essere adeguati agli incrementi della speranza di vita solo a decorrere dal 1° gennaio 2027.

Inoltre, i requisiti di accesso all’indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale e all’APE Sociale non vanno adeguati agli incrementi della speranza di vita.

Si ricorda che gli appartenenti al comparto Scuola sono tutti gli insegnanti e il personale amministrativo tecnico e ausiliario (cd. ATA) delle scuole statali con rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Infine il comparto AFAM (Alta Formazione Artistica E Musicale) fa riferimento a personale docente e tecnico amministrativo dei Conservatori statali, dalle Accademie di Belle Arti (statali e non statali), dagli Istituti musicali ex pareggiati promossi dagli enti locali, dalle Accademie statali di Danza e di Arte Drammatica, dagli Istituti Statali Superiori per le Industrie Artistiche.

Il dossier completo

La tabella è consultabile a questo link:

INPS requisiti anno 2021

 

Fonte: www.lentepubblica.it




Congedo genitori 2021 per lavoratori dipendenti: le istruzioni INPS

Congedo genitori 2021 per lavoratori dipendenti: disponibili le istruzioni dell’INPS.


Nello specifico il nuovo congedo parentale è rivolto ai lavoratori dipendenti:

  • con figli affetti da Covid-19, in quarantena da contatto
  • oppure nei casi di sospensione dell’attività didattica in presenza o di chiusura dei centri diurni assistenziali.

Scopriamo qui di seguito le istruzioni amministrative fornite dall’INPS.

Congedo genitori 2021 per lavoratori dipendenti: le istruzioni INPS

Con la circolare INPS 2021, n. 63 l’Istituto fornisce infatti le istruzioni amministrative in tema di fruizione del Congedo 2021 per genitori, introdotto dal decreto-legge 13 marzo 2021, n. 30, a favore dei genitori lavoratori dipendenti per figli conviventi minori di anni 14 o con disabilità grave.

Il congedo, indennizzato al 50% della retribuzione e coperto da contribuzione figurativa, è previsto per il periodo corrispondente – in tutto o in parte – alla durata dell’infezione da Covid-19 dei figli, alla durata della quarantena del figlio, alla durata del periodo di sospensione dell’attività didattica in presenza o di chiusura dei centri diurni assistenziali.

Il decreto-legge n. 30/2021, inoltre, ha previsto per i genitori di figli fra i 14 e i 16 anni, il diritto di astenersi dal lavoro senza corresponsione di retribuzione, né riconoscimento di contribuzione figurativa, con divieto di licenziamento e diritto alla conservazione del posto di lavoro. In questi casi però, le domande di astensione dal lavoro devono essere presentate ai datori di lavoro e non all’INPS.

I destinatari del Congedo 2021 per genitori sono i genitori lavoratori dipendenti che non possono svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile. Sono esclusi dalla misura sia i genitori lavoratori autonomi sia i genitori iscritti alla Gestione separata INPS.

La circolare dettaglia i requisiti per fruire del congedo, la sua durata, le modalità di indennizzo, le situazioni di compatibilità e di incompatibilità, e detta le istruzioni ai datori di lavoro per la compilazione delle denunce contributive.

Con successivo messaggio l’Istituto comunicherà l’avvenuta pubblicazione della procedura informatica per presentare le domande di congedo. Intanto, è possibile fruire del Congedo 2021 per genitori inoltrando la richiesta al proprio datore di lavoro, per poi regolarizzare con presentazione della domanda telematica all’INPS.

Il testo della Circolare con allegato

A questo link potete consultare il testo completo della Circolare.

Invece a questo link potete consultare il testo completo dell’allegato alla Circolare.

 

Fonte: www.lentepubblica.it

 



Congedo obbligatorio maternità: tutte le informazioni utili

Ecco una guida sintetica, ma approfondita, con tutte le informazioni utili riguardanti il congedo obbligatorio di maternità.


In articoli passati abbiamo parlato a vario titolo del congedo parentale (maggiori informazioni qui): in questo articolo, invece, ci concentreremo nello specifico sul congedo obbligatorio di maternità.

La legge, infatti, tutela la lavoratrice madre nelle diverse fasi della gravidanza e nei primi anni di vita del bambino.

 

Congedo obbligatorio maternità: di cosa si tratta?

Il congedo di maternità è il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro riconosciuto alle lavoratrici dipendenti durante la gravidanza. 

In presenza di determinate condizioni che impediscono alla madre di beneficiare del congedo, l’astensione dal lavoro spetta al padre (congedo di paternità). Il diritto al congedo e alla relativa indennità è previsto anche in caso di adozione o affidamento di minori.

Esso consiste in un periodo di astensione obbligatoria dal lavoro per la madre che copre:

  • un arco di tempo pari a 5 mesi a cavallo del parto
  • o due mesi precedenti la data presunta del parto e tre dopo
  • oppure 1 mese e 4
  • o infine, novità dal 2019, 5 mesi subito dopo il parto.

La scelta di avvalersi del congedo di maternità flessibile (1+4) è della lavoratrice, purché vi sia un attestato del medico del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato avallato dal medico competente in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro nel quale certifichino l’assenza di rischio alla salute della lavoratrice e alla corretta prosecuzione della gravidanza.

Le novità nel congedo dal 2019

Come accennato sopra, la ovità per la maternità per il 2019 è la possibilità di fruire del congedo obbligatorio nei 5 mesi successivi al parto.

Questa possibilità ulteriore è stata introdotta con l’ultima legge di bilancio e stabilisce che le madri lavoratrici possano fruire del congedo obbligatorio di 5 mesi a partire dalla data del parto.

Anche in questo caso, come nel precedente congedo flessibile 1+4, vi deve essere una specifica autorizzazione da parte del medico del SSN avallato dal medico competente che attesti l’assenza di rischi per la madre e per il nascituro.

Che cosa si intende per obbligatorietà?

Oltre ad essere un obbligo del datore di lavoro si tratta anche di un diritto indisponibile per la lavoratrice, ciò significa che in nessun caso l’astensione può essere oggetto di rinuncia, neppure a fronte di comprovata certificazione medica attestante le condizioni di buona salute della lavoratrice.

L’obbligatorietà del congedo per le lavoratrici dipendenti è sancita dal Testo Unico sulla maternità e paternità (decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151) che vieta ai datori di lavoro di adibire le donne al lavoro durante il periodo di congedo di maternità.

Dal 14 giugno 2017, data di entrata in vigore della legge 22 maggio 2017, n. 81, il congedo di maternità non è più obbligatorio per le lavoratrici iscritte alla Gestione Separata. La relativa indennità, pertanto, è riconosciuta a prescindere dall’effettiva astensione dall’attività lavorativa.

A chi, cosa e quando

Qui di seguito alcune informazioni essenziali sui beneficiari della misura, le specifiche e le casistiche varie.

A chi spetta?

  • alle lavoratrici dipendenti assicurate all’Inps anche per la maternità, comprese le lavoratrici assicurate ex IPSEMA
  • (apprendiste, operaie, impiegate, dirigenti) aventi un rapporto di lavoro in corso alla data di inizio del congedo
  • poi alle disoccupate o sospese se ricorre una delle seguenti condizioni (art. 24 T.U.):
    • il congedo di maternità sia iniziato entro 60 giorni dall’ultimo giorno di lavoro
    • il congedo di maternità sia iniziato oltre i predetti 60 giorni, ma sussiste il diritto all’indennità di disoccupazione, alla mobilità oppure alla cassa integrazione. Per le disoccupate che negli ultimi due anni hanno svolto lavori esclusi dal contributo per la disoccupazione, il diritto all’indennità  di maternità sussiste a condizione che il congedo di maternità sia iniziato entro 180 giorni dall’ultimo giorno di lavoro e che siano stati versati all’Inps 26 contributi settimanali negli ultimi due anni precedenti l’inizio del congedo stesso
  • e anche alle lavoratrici agricole a tempo indeterminato ed alle lavoratrici agricole tempo determinato che nell’anno di inizio del congedo siano in possesso della qualità di bracciante comprovata dall’iscrizione negli elenchi nominativi annuali per almeno 51 giornate di lavoro agricolo (art. 63 T.U.)
  • poi alle lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari (colf e badanti) che hanno
    26 contributi settimanali nell’anno precedente l’inizio del congedo di maternità oppure 52 contributi settimanali nei due anni precedenti l’inizio del congedo stesso (art. 62 del T.U.)
  • alle lavoratrici a domicilio (art. 61 T.U.)
  • infine alle lavoratrici LSU o APU (attività socialmente utili o di pubblica utilità di cui all’art. 65 del T.U.)

A chi non spetta?

Non spetta alle lavoratrici dipendenti da Amministrazioni Pubbliche (incluse le lavoratrici dipendenti dai soppressi enti Inpdap ed Enpals) le quali sono tenute agli adempimenti previsti dalla legge in caso di maternità verso l’amministrazione pubblica dalla quale dipendono (artt. 2 e 57 del T.U.)

Cosa spetta ai beneficiari, quando e quanto dura?

A chi fruisce del congedo obbligatorio, nello specifico, tocca un periodo di astensione obbligatoria dal lavoro che comprende (artt. 16 e seguenti del T.U.):

  • prima del parto
    • i 2 mesi precedenti la data presunta del parto (salvo flessibilità) e il giorno del parto
    • i periodi di interdizione anticipata disposti dall’azienda sanitaria locale (per gravidanza a rischio) oppure dalla direzione territoriale del lavoro (per mansioni incompatibili)
  • dopo il parto
    • i 3 mesi successivi al parto (salvo flessibilità) e, in caso di parto avvenuto dopo la data presunta, i giorni compresi tra la data presunta e la data effettiva.
    • In caso di parto anticipato rispetto alla data presunta (parto prematuro o precoce), ai tre mesi dopo il parto si aggiungono i giorni non goduti prima del parto, anche qualora la somma dei 3 mesi di post partum e dei giorni compresi tra la data effettiva del parto ed la data presunta del parto, superi il limite complessivo di cinque mesi;
    • i periodi di interdizione prorogata disposti dalla direzione territoriale del lavoro (per mansioni incompatibili con il periodo successivo al parto).

Quanto spetta?

Durante i periodi di congedo di maternità la lavoratrice  ha diritto a percepire un’indennità pari all’80% della retribuzione media globale giornaliera calcolata sulla base dell’ultimo periodo di paga precedente l’inizio del congedo di maternità. Quindi, solitamente, l’ultimo mese di lavoro precedente il mese di inizio del congedo (articoli 22 e seguenti del TU).

Per gli iscritti alla Gestione Separata, se il reddito deriva da attività libero professionale o di collaborazione coordinata e continuativa parasubordinata, l’indennità di congedo è pari all’80% di 1/365 del reddito.

L’indennità:

  • è anticipata in busta paga dal datore di lavoro
  • mentre invece è pagata direttamente dall’INPS con bonifico postale o accredito su conto corrente bancario o postale a:
    • lavoratrici stagionali;
    • operaie agricole (salva la facoltà di anticipazione dell’indennità, da parte del datore di lavoro, in favore delle operaie agricole a tempo indeterminato);
    • lavoratrici dello spettacolo saltuarie o a termine;
    • addette ai servizi domestici e familiari (colf e badanti);
    • lavoratrici disoccupate o sospese

Casi particolari

Ci sono una serie di casi particolari che influiscono direttamente o indirettamente sul congedo che andiamo a elencare qui di seguito.

Parto gemellare e data del parto

Ad esempio, in caso di parto gemellare la durata del congedo di maternità non varia.

Inoltre, la data del parto è giorno a sé rispetto ai due mesi di ante partum e ai tre mesi post partum e, pertanto, tale giorno deve essere sempre aggiunto ai consueti cinque mesi di congedo di maternità.

Ricovero in una struttura e congedo successivo al parto

Occorre aggiungere che se il neonato è ricoverato in una struttura, pubblica o privata, la madre può sospendere anche parzialmente il congedo successivo al parto (articolo 16 bis, comma 1 del TU) e riprendere l’attività lavorativa. La madre usufruirà del periodo di congedo residuo a partire dalle dimissioni del bambino. Questo diritto può essere esercitato una sola volta per ogni figlio, solo se le condizioni di salute della madre sono compatibili con la ripresa dell’attività lavorativa (articolo 16 bis, comma 2 del TU) e accertate da attestazione medica.

Adozione o affidamento

Poi, in caso di adozione o affidamento, la sospensione del periodo di congedo di maternità per il ricovero del minore è prevista solo per le lavoratrici e i lavoratori dipendenti, sempre che sia stata ripresa l’attività lavorativa (articolo 26, comma 6 bis).

Secondo quanto previsto dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, per l’adozione o l’affidamento nazionale di minore il congedo di maternità spetta per cinque mesi a partire dall’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato prima dell’adozione.

Adozioni o gli affidamenti preadottivi internazionali

Per le adozioni o gli affidamenti preadottivi internazionali, il congedo spetta per cinque mesi a partire dall’ingresso in Italia del minore adottato o affidato, con il periodo di congedo che può essere fruito anche parzialmente prima dell’ingresso in Italia del minore. Se l’affidamento non è preadottivo, il congedo spetta alle lavoratrici e ai lavoratori dipendenti per tre mesi, anche frazionato su cinque mesi, a partire dall’affidamento del minore. Tale congedo non spetta invece alle lavoratrici e ai lavoratori iscritti alla Gestione Separata.

Interruzione di gravidanza

Infine, in caso di interruzione di gravidanza dopo 180 giorni dall’inizio della gestazione o di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità, la lavoratrice – dipendente o iscritta alla Gestione Separata – può astenersi dal lavoro per l’intero periodo di congedo di maternità, tranne se rinuncia alla facoltà di fruire del congedo di maternità (articolo 16, comma 1 bis del TU, modificato dal decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119).

 

Fonte: www.lentepubblica.it

 

Per approfondimenti leggi la Guida Fisac Maternità, Paternità e Adozione

 




Guida alle assenze per malattia

GUIDA ALLE ASSENZE PER MALATTIA

ASPETTI NORMATIVI – CERTIFICAZIONE – SPECIFICITÀ COVID

 

Guida redatta da:
FISAC/CGIL Emilia Romagna



COVID – PARIFICATI TEST RAPIDI e TEST MOLECOLARI
: I Test Rapidi possono fornire una risposta qualitativa (si/no) in tempi rapidi, tipicamente entro 15-30 minuti, e non richiedono apparecchiature di laboratorio ma la sensibilità e specificità di questo test risultano ancora inferiori a quelle del test molecolare e per questo il Ministero non aveva inteso parificarne da subito la validità.

Adesso con la Circolare del Ministero della Salute n. 705 del 08/01/2021 la valenza dei test è stata equiparata, con la precisazione che i tamponi rapidi di ultima generazione (la terza) sono stati parificati ai “Tamponi Molecolari” in tutto e per tutto facendo scattare sia la segnalazione di positività che le coperture annesse. Nella stessa circolare viene comunque specificato che poiché la sensibilità e specificità di questo test risultano ancora inferiori a quelle del test molecolare quest’ultimo “rappresenta il gold standard internazionale per la diagnosi di COVID-19 in termini di sensibilità e specificità”.

Per tenerci aggiornati e informati sui vari aspetti di questa estremamente difficile situazione abbiamo aggiornato la nostra GUIDA ALLE ASSENZE PER MALATTIA con la normativa Covid.
I delegati FISAC sono a disposizione per ogni approfondimento.

 

SPECIFICITÀ COVID

Le indicazioni a questo proposito sono sempre in evoluzione, ci rimandiamo alle Circolari del Ministero della Salute che aggiornano periodicamente le indicazioni riguardo la durata e il termine dell’isolamento e della quarantena, in considerazione dell’evoluzione della situazione epidemiologica. Di seguito un estratto delle ultime previsioni.

CASI POSITIVI SINTOMATICI Le persone sintomatiche risultate positive alla ricerca di SARS-CoV2 possono rientrare dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa dei sintomi (non considerando anosmia e ageusia/disgeusia che possono avere prolungata persistenza nel tempo) accompagnato da un test molecolare con riscontro negativo eseguito dopo almeno 3 giorni senza sintomi (10 giorni, di cui almeno 3 giorni senza sintomi + test) e disposizione di fine quarantena da parte di Istituto di Igiene Pubblica.

CASI POSITIVI ASINTOMATICI E PRESTAZIONE LAVORATIVA Nel caso di positività al Covid, seppure in modo asintomatico, persiste il divieto alla prestazione lavorativa anche da casa. A disciplinare la questione sono i decreti Cura Italia e Rilancio, poi convertiti in leggi, oltre al «messaggio» Inps 2584 del 24 giugno e al dpcm 7 agosto del 2020. Le persone asintomatiche risultate positive alla ricerca di SARS-CoV-2 possono rientrare dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa della positività, al termine del quale risulti eseguito un test molecolare con risultato negativo (10 giorni + test) e disposizione di fine quarantena da parte dell’Istituto di Igiene Pubblica

OBBLIGO DI QUARANTENA I contatti stretti di casi con infezione da SARS-CoV-2 confermati e identificati dalle autorità sanitarie, devono osservare:

  • un periodo di quarantena di 14 giorni dall’ultima esposizione al caso; oppure
  • un periodo di quarantena di 10 giorni dall’ultima esposizione con un test antigenico o molecolare negativo effettuato il decimo giorno.

e disposizione di fine quarantena da parte dell’Istituto di Igiene Pubblica

QUARANTENA E MALATTIA Per legge è stato disposta l’equiparazione della quarantena alla malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento. (Dlgs 18/2020 art. 26 comma 1)

In primo luogo, come appare chiaramente dalla lettura testuale della norma, si evidenzia che il periodo al quale si fa riferimento è quello della quarantena con sorveglianza attiva o permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva

QUARANTENA E CERTIFICAZIONE SANITARIA Ai fini del riconoscimento della tutela di cui sopra il lavoratore deve produrre il certificato di malattia attestante il periodo di quarantena nel quale il medico curante dovrà indicare gli estremi del provvedimento emesso dall’operatore di sanità pubblica (comma 3 dell’articolo 26). Sulla base delle disposizioni vigenti in materia di tutela della malattia, il certificato deve essere redatto sin dal primo giorno in modalità telematica.

QUARANTENA PER ORDINANZA AMMINISTRATIVA Si tratta della quarantena per ordinanza emessa dall’autorità amministrativa locale che dispone il divieto di allontanamento dei cittadini da un determinato territorio, a motivo della necessità di contenere il diffondersi dell’epidemia.

In questo caso L’INPS non ha riconosciuto la possibilità di procedere con il riconoscimento della tutela della quarantena ai sensi del comma 1 dell’articolo 26, in quanto la stessa prevede un provvedimento dell’operatore di sanità pubblica.” E pertanto la stessa non viene equiparata a malattia.

FASCE REPERIBILITÀ E VISITE DI CONTROLLO se ci sono sintomi sospetti di Covid il medico fiscale è autorizzato a non procedere con la visita di controllo

FIGLI IN QUARANTENA O POSITIVI: nel caso di Figli positivi al SARS-CoV-2 i genitori possono prendere malattia sulla base delle disposizioni di quarantena.

MALATTIA E RIENTRO AL LAVORO IN EMERGENZA PANDEMICA: In precedenza il rientro al lavoro era “automatico” nel senso che alla scadenza del periodo di malattia era necessario ripresentarsi al proprio posto di lavoro. La pandemia ha comportato una profonda e sostanziale modifica del percorso di rientro al lavoro in fase post-malattia. Nel rispetto delle norme di legge nelle aziende si sono adottati dei protocolli stringenti a salvaguardia della salute dei colleghi, al fine di evitare rientri al lavoro da parte di chi potrebbe risultare ancora potenzialmente fonte di trasmissione del virus, per cui occorre ricevere specifica autorizzazione al rientro.

In proposito va anche ricordato che il lavoratore è a sua volta obbligato, ai sensi dell’art. 20 del D.lgs. 81/2008 (testo unico sulla sicurezza), non solo a prendersi cura della propria salute ma anche di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro. Per le specificità in merito alle procedure di rientro rimandiamo alle previsioni aziendali che di norma coinvolgono la figura del Medico Competente Aziendale a cui spetta dare il via libera al rientro sul lavoro.

MALATTIA – LA NORMATIVA IN GENERALE

RILASCIO DEL CERTIFICATO DAL PROPRIO MEDICO CURANTE In caso di malattia, vale a dire di un’infermità che determini incapacità temporanea al lavoro, è il medico curante a redigere l’apposito certificato di malattia e trasmetterlo all’Inps con modalità telematica, immediatamente o al più il giorno dopo.

È consigliabile prendere sempre nota del numero di protocollo del certificato (PUC) o chiederne una copia cartacea. Se espressamente richiesto il medico è tenuto ad inviare la medesima certificazione all’indirizzo di posta elettronica personale del lavoratore/lavoratrice (art. 7 della legge n. 221 del 17 dicembre 2012).

Nei giorni festivi e prefestivi ci si può rivolgere al medico di Continuità assistenziale per il rilascio del certificato di malattia sia per eventi insorti nei suddetti giorni sia per giustificare la continuazione di un evento certificato sino al venerdì.

RILASCIO DEL CERTIFICATO DA PARTE DI ALTRE STRUTTURE MEDICHE nei casi di RICOVERO o ACCESSO AL PRONTO SOCCORSO, devi richiedere alla Struttura ospedaliera il rilascio della certificazione attestante il periodo di degenza e la eventuale successiva prognosi di malattia. Anche in tali casi è bene assicurarsi che l’eventuale trasmissione telematica sia stata regolarmente effettuata o, diversamente, recarsi dal proprio medico per il rilascio del certificato.

Qualora invece la Struttura Ospedaliera sia impossibilitata al rilascio del certificato telematico e consegna un certificato cartaceo, accertati che siano presenti tutti i dati fondamentali (dati anagrafici e codice fiscale del lavoratore, diagnosi in chiaro, data di dichiarato inizio malattia, data di rilascio del certificato, data di presunta fine malattia, se si tratta di inizio, continuazione o ricaduta, visita ambulatoriale o domiciliare residenza o domicilio abituale e domicilio di reperibilità durante la malattia) e provvedi all’inoltro dello stesso accertandoti che nello stesso sia riportato l’esplicito riferimento allo stato di “incapacità lavorativa”.

MEDICI CONVENZIONATI o LIBERI PROFESSIONISTI possono certificare al massimo, come da previsioni Inps, assenze per malattia inferiori a 10 giorni e cmq fino al secondo evento nell’anno solare.

VERIFICA DEI DATI è bene controllare sempre la correttezza dei seguenti dati obbligatori, di cui sei unico responsabile

  • i tuoi dati anagrafici,
  • l’indirizzo di reperibilità durante la malattia e ogni informazione ritenuta utile (specificando eventuale località, frazione, borgo, contrada, precisando se si tratta di via, piazza, vicolo e aggiungendo, se occorre, palazzina, residence…).

TRASMISSIONE DEL CERTIFICATO TELEMATICO Con il certificato telematico di malattia, l’invio dell’attestato al datore di lavoro avviene senza trasmissione cartacea. La Corte di Cassazione con sentenza 22 luglio 2016 n.15226 ha stabilito che permane l’onere del lavoratore a far pervenire tempestivamente il certificato medico all’azienda e pertanto, ove l’invio avvenga ad opera del medico per via telematica, egli ha l’onere di verificarne l’effettività. A questo proposito suggeriamo di chiedere al medico e comunicare all’azienda il numero di protocollo del certificato (PUC). Inoltre è possibile verificare la corretta trasmissione del certificato telematico visualizzando certificato e attestato (certificato privo di diagnosi) sul sito web www.inps.it, entrando con le credenziali personali nei servizi on line.

L’INPS ha previsto che l’invio telematico del certificato, per il medico, è un obbligo normativamente previsto e l’inosservanza, salvo i casi di impedimenti tecnici di trasmissione, costituisce illecito disciplinare. In caso di reiterazione sono previste sanzioni (D.lgs. n. 165/2001, art. 55-septies, comma 4)

CONTENUTI DEL CERTIFICATO TELEMATICO Al fine di garantire la correttezza delle informazioni riportate nel certificato (le modalità di redazione del certificato telematico di malattia sono contenute nel disciplinare tecnico allegato al decreto del Ministero della Salute 18 aprile 2012 ed illustrate nella circolare Inps n. 113 del 25 luglio 2013) è necessario che il medico redattore ponga la massima attenzione nell’inserimento di tutti i dati.

In particolare, il medico è tenuto ad inserire correttamente, se ne ricorrono i presupposti;

  • l’indicazione di evento traumatico (anche ai sensi dell’articolo 42 della legge n. 183 del 4 novembre 2010). L’informazione è indispensabile affinché l’Inps possa valutare se vi sono le condizioni per attivare un’azione surrogatoria verso i terzi responsabili. In caso di azione surrogatoria con esito positivo, per il lavoratore c’è il vantaggio che le giornate di indennità di malattia in tal modo recuperate dall’Inps non rientrano nel computo del periodo massimo assistibile per malattia;
  • segnalazione delle eventuali “agevolazioni” per le quali il lavoratore è esonerato dall’obbligo del rispetto delle fasce di reperibilità come sotto riportato.

Il medico può anche inserire eventuali ulteriori dettagli nelle note di diagnosi al fine di completare e/o caratterizzare meglio la diagnosi stessa.

CERTIFICATO CARTACEO IN ALTERNATIVA Il certificato di malattia e l’attestato redatti su carta sono accettati solo quando non sia tecnicamente possibile la trasmissione telematica. In tal caso, ai fini della validità della certificazione prodotta, devono risultare inseriti comunque tutti i citati dati obbligatori (art. 8 del DPCM 26 marzo 2008). Ricorda di provvedere alla trasmissione al datore di lavoro.

GIORNO DI INIZIO DELLA MALATTIA L’Inps, sulla base della normativa vigente, riconosce la prestazione di malattia dal giorno di rilascio del certificato. Il medico per legge non può giustificare giorni di assenza precedenti alla visita tranne il giorno precedente (solo se feriale) ma Inps stabilisce che occorra a questo proposito una espressa indicazione del medico con la modalità “dichiara di essere malato dal …..” (circ. Inps 147 del 15/7/96).

MALATTIA E CICLI DI CURA RICORRENTI Nei casi di cicli di cura ricorrenti per patologie di natura specialistica comportanti incapacità al lavoro (compresi i trattamenti emodialitici, chemioterapia…), è possibile produrre un’unica certificazione attestante la necessità di trattamenti ricorrenti e che qualifichi ciascun periodo come ricaduta del precedente. La certificazione di tali cicli deve essere inviata all’Inps e al proprio datore di lavoro prima dell’inizio della terapia con l’indicazione dei giorni previsti per l’esecuzione ed è utile a considerare, ai fini dell’indennità previdenziale, i diversi giorni di malattia come un unico evento. A prestazioni effettivamente eseguite, l’interessato deve presentare periodiche dichiarazioni della struttura sanitaria con il relativo calendario delle cure eseguite.

Le assenze dal lavoro per le terapie devono, comunque, essere certificate, nelle consuete modalità, mediante certificazione telematica o, ove questa non sia possibile, cartacea.

FASCE ORARIE DI REPERIBILITÀ Le visite mediche di controllo possono essere disposte d’ufficio dall’Inps o su richiesta dei datori di lavoro per i propri dipendenti. È opportuno accertarsi che sul campanello del domicilio di reperibilità sia indicato il giusto nominativo, per permettere al medico fiscale l’eventuale visita di controllo.
Non dimenticare di rispettare le fasce orarie di reperibilità (10.00 – 12.00 /17.00 – 19.00) per le visite mediche di controllo, anche nei giorni festivi, di sabato e domenica.

Non ci si può assentare dall’indirizzo di abituale dimora durante le fasce orarie di reperibilità in cui viene effettuato il controllo se non per:

  • necessità di sottoporsi a visite mediche generiche urgenti e ad accertamenti specialistici che non possono essere effettuati in orari diversi da quelli compresi nelle fasce orarie di reperibilità;
  • provati gravi motivi personali o familiari;
  • cause di forza maggiore.

ESENZIONE DALLA REPERIBILITÀ PER PARTICOLARI PATOLOGIE Il medico certificatore può segnalare l’“agevolazione” che esonera dalla reperibilità nei casi previsti e secondo le regole stabilite nella circolare n. 95/2016 dell’Inps. È bene sapere che può essere disposta comunque una visita di controllo previo appuntamento. I casi previsti dalla circolare n. 95/2016 dell’Inps sono:

  • una patologia grave che richieda terapie salvavita
  • stato patologico connesso alla situazione di invalidità già riconosciuta maggiore o uguale al 67%;

Tuttavia, la norma fornisce solo una previsione astratta delle situazioni di esonero senza dettagliare le concrete fattispecie che, oggetto di valutazione da parte di una consistente platea di medici curanti estensori della certificazione, potrebbero essere suscettibili di diversificata interpretazione.

ESENZIONE DALLA REPERIBILITÀ IN CASO DI INFORTUNIO SUL LAVORO O MALATTIA PROFESSIONALE Nei casi di eventi determinati da infortunio sul lavoro o malattia professionale (anche quando sia ancora in corso la relativa istruttoria) non possono essere disposte visite di controllo da parte dell’Inps per non interferire nell’attività di competenza esclusiva dell’Inail in materia (art. 12 della legge n. 67/1988).

ASSENZA IN CASO DI VISITA DI CONTROLLO In caso di assenza in occasione della visita medica di controllo domiciliare, si viene invitati, con apposito avviso, a presentarsi in data specifica presso gli ambulatori della struttura territoriale Inps di competenza. Si può essere soggetti a sanzioni in termine di giorni di malattia non riconosciuta e persino a provvedimento disciplinare da parte aziendale.
Se nel giorno della prevista visita ambulatoriale hai ripreso l’attività lavorativa, non sei tenuto a sottoporti a quella visita, ma devi comunque comunicarlo alla medesima Struttura Inps.
In ogni caso, devi presentare idoneo giustificativo per l’assenza alla visita di controllo domiciliare per non incorrere nelle sanzioni amministrative previste dalla legge e, in tutti i casi, in eventuali azioni disciplinari da parte del datore di lavoro.

MODIFICA INDIRIZZO DI REPERIBILITÀ Per variare l’indirizzo di reperibilità durante la malattia è attivo il nuovo servizio nel portale web dell’Inps che consente di comunicare al medico fiscale la variazione del domicilio rispetto a quello indicato nel certificato. Va contestualmente avvisato con tempestività anche il datore di lavoro.

MODIFICA DEL PERIODO DI MALATTIA Il datore di lavoro in presenza di un certificato “in corso” non può e non deve permettere al lavoratore la ripresa dell’attività lavorativa. Pertanto nel caso si intenda rientrare al lavoro prima della fine prognosi indicata sul certificato occorre chiedere al medico che ha redatto il certificato la  RETTIFICA della prognosi. Anche in questo caso la rettifica va inoltrata attraverso il servizio di trasmissione telematica. Nessun certificato può essere rettificato se è finito il periodo prognostico originariamente assegnato.

FERIE E MALATTIA la malattia interrompe la fruizione delle ferie, occorre darne tempestiva
comunicazione al proprio datore di lavoro.

LEGGE 104 E MALATTIA: I giorni di malattia non incidono sul numero dei giorni di permesso ai sensi della Legge 104/92 pertanto questi spettano sempre nella stessa misura. La malattia può interrompere il periodo di Congedo Straordinario da legge 104/92, occorre fare specifica richiesta e, a questo proposito, rimandiamo agli uffici del patronato INCA in quanto sono previste delle limitazioni per il pagamento dell’indennità di malattia. Tra un periodo di malattia e la successiva fruizione dei giorni di permesso legge 104/92, non è necessaria la ripresa dell’attività lavorativa.

CONGEDO PARENTALE E MALATTIA: la malattia interrompe il congedo parentale.

 

Bollettino informativo a cura di Davide Foschi – Segretario FISAC/CGIL ER con delega alla Comunicazione




Congedo straordinario per DAD, ok alla presentazione delle domande

Via libera alle domande di congedo Covid per la sospensione dell’attività didattica in presenza nelle classi II e III media nelle cd. zone rossa oppure su tutto il territorio nazionale per figlio con disabilità grave per scuole di ogni ordine o grado o per chiusura centri assistenziali.

Lo rende noto l’Inps nel messaggio n. 515/2021 annunciando il rilascio dell’applicativo per la presentazione delle domande da parte dei genitori lavoratori dipendenti.

Beneficiari

Le domande riguardano il congedo Covid indennizzato al 50% della retribuzione nei casi di stop all’attività didattica in presenza introdotto dall’articolo 22-bis del dl n. 137/2020 e già anticipato dall’Inps con circolare n. 2/2021. Il beneficio è a disposizione dei genitori lavoratori dipendenti per astenersi dal lavoro, in tutto o in parte, durante il periodo di sospensione dell’attività didattica in presenza per le sole classi seconde e terze delle scuole secondarie di primo grado situate nelle aree del territorio nazionale caratterizzate da uno scenario di massima gravità e da un livello di rischio alto (c.d. zone rosse) oppure su tutto il territorio nazionale per figlio con disabilità grave per scuole di ogni ordine o grado o per chiusura centri assistenziali.

Il congedo è fruibile, esclusivamente ove la prestazione lavorativa non possa essere svolta in modalità “agile” e per periodi temporali decorrenti dal 9 novembre 2020 per tutta la durata della sospensione delle attività didattiche in frequenza a seguito delle disposizioni contenute nelle Ordinanze del Ministero della Salute (l’ultima risale al 14 gennaio 2021). Sono escluse altre ordinanze come quelle regionali o locali. Il congedo può essere richiesto per tutto il periodo o una sola parte da entrambi i genitori che possono alternarsi nella fruizione, mai negli stessi giorni.

Congedo straordinario per DAD: Domande online

La domanda può riguardare anche periodi d’astensione antecedenti alla data di presentazione, ma comunque non anteriori al 9 novembre 2020. Va presentata esclusivamente in modalità telematica attraverso uno dei seguenti canali:

  • Patronati, utilizzando i servizi offerti gratuitamente dagli stessi;
  • portale web dell’Inps, se si è in possesso di codice PIN rilasciato dall’istituto oppure di SPID, CIE, CNS;
  • contact center integrato, chiamando il numero verde 803.164 (gratuito da rete fissa) o il numero 06 164.164 (da rete mobile a pagamento, in base alla tariffa del gestore utilizzato).

 

Fonte: www.lentepubblica.it