Come scoppiano le guerre?

La lezione dimenticata delle due guerre mondiali è che le guerre possono scoppiare anche quando nessuno le vuole.

Inizia con queste parole l’avvincente, ma davvero preoccupante, video nel quale il Prof. Barbero spiega gli eventi che possono portare alla nascita di una guerra spaventosa mentre tuti pensavano che non sarebbe potuto accadere.

Leggendo o ascoltando il suo racconto, colpiscono le tante analogie che si possono trovare con quanto sta accadendo in Ucraina. Una lezione essenziale per capire dove egoismi e incapacità dei governanti di leggere le situazioni, sottovalutando le conseguenze delle loro scelte, possono portare.

Una lezione che speriamo venga ricordata e compresa dagli attuali protagonisti.


 

La lezione dimenticata delle due guerre mondiali è che le guerre possono scoppiare anche quando nessuno le vuole.

Pensate alla prima guerra mondiale. Comincia tutto con un attentato, qualcosa che nel mondo di oggi possiamo capire benissimo: un atto di di terrorismo internazionale che sconvolge il mondo. A Sarajevo, nei Balcani, ammazzano l’Arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono dell’Impero Austriaco: una delle 6 grandi potenze europee che all’epoca si consideravano padrone del mondo.

Tutto il mondo è scioccato, ma nessuno s’immagina che ne verrà fuori una guerra mondiale. Neanche lontanamente! Nemmeno gli Austriaci, che hanno subìto questo attentato e che pensano però che potrebbero approfittarne per regolare i conti con un vicino scomodo: la Serbia.

Gli attentatori sono Serbi, l’Austria-Ungheria e la Serbia sono da sempre rivali . In Austria sono convinti che in questo attentato ci sia lo zampino dei servizi segreti serbi; e il bello è che hanno ragione, le complicità c’erano davvero. A questo punto l’Austria ragiona come hanno ragionato in tempi più vicini a noi certi paesi che, dopo un attentato – pensiamo alle Torri Gemelle, per esempio – hanno deciso che bisognava punire gli “Stati canaglia” che finanziano il terrorismo internazionale. Per l’Austria-Ungheria quello stato canaglia è la piccola Serbia. Perciò l’Austria è convinta che il mondo non batterà ciglio se gli Austriaci impartiscono ai Serbi la lezione che si meritano.

L’Austria manda alla Serbia un ultimatum inaccettabile: se il governo serbo dovesse accettare, praticamente perderebbe la sua indipendenza. Perciò la Serbia rifiuta, e l’Austria-Ungheria dichiara guerra. Ma nessuno s’immagina che ne verrà fuori una guerra mondiale: sarà una piccola guerra balcanica. Salvo che la piccola Serbia ha un grande fratello: la Russia. La Russia dello zar Nicola II: un grande paese slavo come la Serbia, ortodosso come la Serbia. La Russia decide che la Serbia dev’essere difesa, e dichiara guerra all’Austria.

Ma anche l’Austria ha un grande fratello. L’Austria è una grande potenza, non un piccolo paese come la Serbia, ma è una grande potenza non di prima qualità. Un paese ancora molto arretrato, un po’ come l’Italia di allora, non ancora pienamente industrializzato. Però ha un grande fratello molto più potente: la Germania. Germania che in quel momento forse è il paese più potente del mondo, di sicuro il meglio armato. La Germania del kaiser Guglielmo II. Il secondo reich, come dicono loro. Ed è alleato dell’Austria-Ungheria.

Come mai i Russi, lo zar di Russia, dichiara guerra all’Austria credendo che la Germania non interverrà? Perché lo zar Nicola e il Kaiser Guglielmo sono cugini acquisiti, si conoscono da tanto tempo e sono amici. Si chiamano per nome, anzi si chiamano “Nicky” e “WillY”. E perciò Nicky – lo zar – è convinto che suo cugino Willy gli permetterà di far guerra all’Austria senza intervenire.
E per qualche giorno c’è uno scambio di telegrammi, in inglese, tra lo zar di Russia e il Kaiser di Germania, in cui lo zar scrive al cugino dicendo “Ma tu capisci, io non posso permettere che un piccolo paese come la Serbia venga distrutto ingiustamente, ma tu non interverrai, vero?” E si firma Nicky.
E suo cugino il kaiser gli risponde “Tu non capisci. Io sono alleato con l’Austria. E’ impossibile che io non entri in questa guerra, se voi davvero la fate”.
Vanno avanti così per qualche giorno finché Willy dichiara guerra a Nicky.

E così a questo punto tre delle sei grandi potenze europee sono in guerra, ma entra subito una quarta che fino a pochi giorni prima non ci pensava neanche lontanamente.
La Francia è alleata della Russia. Bisogna pensare a com’è fatta l’Europa di allora: c’erano meno stati di adesso, non c’erano la Polonia e gli altri stati dell’Europa Orientale. La Germania confinava da un lato con la Francia e dall’altra parte con la Russia: perciò la Russia e la Francia, che avevano una gran paura della Germania, erano alleate, per forza. E quando la Germania dichiara guerra alla Russia, la Francia dichiara guerra alla Germania.

A questo punto rimangono fuori la più debole delle sei potenze europee, l’Italia, e la più forte, la Gran Bretagna, padrona del commercio mondiale, padrona dei mari. La Gran Bretagna non è alleata ufficialmente con nessuno, può restare fuori. E avrebbe una gran voglia di restare fuori. I giornali inglesi lo scrivono: “Morire per Sarajevo? Mai!” Però la Gran Bretagna ha una preoccupazione: il Belgio. La neutralità del Belgio. Perché gli’interessa il Belgio? Pensate a dov’è il Belgio, sul canale della Manica, affacciato davanti all’Inghilterra coi suoi grandi porti: Ostenda, Anversa, che sono la garanzia per l’Inghilterra di avere un collegamento con l’Europa anche se l’Europa sprofondasse nella guerra, purché il Belgio rimanga neutrale. Il Belgio è un’invenzione della politica inglese, è stato inventato nell’800 dagli Inglesi a questo scopo. Persone inglesi fanno sapere alle potenze belligeranti che loro resteranno neutrali, purché nessuno tocchi il Belgio.
La Francia risponde immediatamente che non ne ha nessuna intenzione. A Berlino, capitale del Reich, il Kaiser Gugliemo convoca il fedmaresciallo Von Moltke, comandante in capo dell’esercito, per dargli la buona notizia: “La Gran Bretagna resta fuori, basta che non tocchiamo il Belgio”.
Il maresciallo Von Moltke risponde: “Ah, peccato! Perché noi abbiamo un piano perfetto per vincere la guerra. Un piano che studiamo da decenni, perfetto in ogni particolare: ci porterà a Parigi in poche settimane. Però prevede d’invadere il Belgio.”
Il kaiser chiede ai generali se non è possibile fermare questo piano. Von Moltke si mette a piangere: non è possibile, è tutto già in movimento. Migliaia di treni. E così il Belgio il giorno dopo viene invaso.
E anche la Gran Bretagna entra in guerra.

Nel giro di poche settimane si è scatenata una guerra mondiale che nessuno immaginava e nessuno voleva.

 


 

Poi c’è la seconda guerra mondiale. Qui la storia è un po’ diversa, ma fa rabbrividire anche quella. Perché anche quella guerra nessuno la voleva. Si era in un’Europa ancora così traumatizzata dai milioni di morti della prima, che veramente l’idea di un’altra guerra era l’ultima cosa che volevano.
Non la voleva neanche Hitler, il quale però era andato al potere in Germania promettendo ai Tedeschi che avrebbe di nuovo trasformato la Germania in una grande potenza. Che avrebbe messo fine alla vergogna del Trattato di Versailles, il trattato con cui si era conclusa la prima guerra mondiale, che aveva punito la Germania, che l’aveva privata di territori abitati da tedeschi. I trattati, dopo la prima guerra mondiale, avevano anche sciolto il grande impero Austro-Ungarico, fatto nascere nuovi stati: la Cecoslovacchia, la Polonia. Questi stati avevano minoranze tedesche. La stessa Austria era diventata un piccolo paese tedesco dove molti desideravano di far parte di una grande Germania.

Hitler non ha nessuna intenzione di scatenare una guerra mondiale, ma vuole riprendersi un po’ per volta quello che pensa appartenga alla Germania, ed è convinto che il mondo lo lascerà fare. E ci prova, e vede che il mondo davvero lascia fare.
Il primo passo è l’Anschluss, l’annessione dell’Austria nel marzo del ’38.
L’esercito tedesco entra in Austria, dove non incontra nessuna resistenza, anzi è accolto da folle plaudenti. Si fa un plebiscito: il 99% degli Austriaci vota a favore dell’Anschluss, l’annessione alla Grande Germania. Il cardinale di Vienna, Innitzer, invita gli Austriaci a pregare per il loro nuovo fuhrer che li proteggerà dal Comunismo. E nei paesi democratici, in Inghilterra, in Francia, nessuno dice niente. Anzi, in Inghilterra qualcuno dice: “In fondo noi due secoli fa abbiamo fatto l’unione della Scozia all’Inghilterra, perché non possono farlo anche loro?”
Hitler prende nota: nessuno ha detto niente.

La prossima vittima è la Cecoslovacchia dove c’è una regione, i Sudeti, abitata da una minoranza tedesca. Hitler da tempo insiste che quella regione deve tornare alla Germania. Nei Sudeti, tra i Tedeschi dei Sudeti, c’è un partito nazista agli ordini di Hitler, che comincia a creare disordini e compiere atti di terrorismo. La Cecoslovacchia comincia a sprofondare nel caos e i governi democratici, la Francia, l’Inghilterra, spiegano ai Cecoslovacchi che Hitler in fondo non ha tutti i torni, che alla Germania davvero il Trattato di Versailles sta stretto. Perché la Cecoslovacchia non vuole cedere questa regione alla Germania, visto che è abitata da tedeschi? In Inghilterra, in Francia hanno un tale terrore di una nuova guerra, e hanno anche una cattiva coscienza perché in fondo lo sanno che il Trattato di Versailles ha dato tutte le colpe alla Germania e non era proprio giusto. Insomma, i Cecoslovacchi sono sotto pressione. E alla fine sono costretti a cedere. E’ il mondo che li costringe a cedere.
Nel settembre del ’38 viene fuori una conferenza tra quattro grandi potenze: la Germania di Hitler, l’Italia di Mussolini, la Francia e l’Inghilterra. Si tiene, questa conferenza, a Monaco di Baviera, dove i Cecoslovacchi non vengono invitati: aspettano fuori dalla porta per sapere quale sarà il loro destino. E a Monaco, le quattro potenze – di cui due dittature e due democrazie – decidono che la Cecoslovacchia deve cedere i Sudeti alla Germania.
Per noi oggi la conferenza di Monaco è un episodio vergognoso, ma allora non lo vedevano così. Il Primo Ministro inglese, Chamberlain, torna a casa convinto di aver vinto, perché ha evitato una guerra.
Ci sono i filmanti di lui che scende dall’aereo sventolando il trattato e dice ai giornalisti: “Qui c’è la mia firma, qui c’è la firma di herr Hitler: vi ho portato la pace, la pace per il nostro tempo.” Chamberlain conclude rivolgendosi agli Inglesi e dicendo: “Cari amici, andate pure a casa e stanotte andate e dormire, e dormite tranquilli”.
C’è solo un uomo, in Inghilterra, che sa che questo accordo è stato una vergogna, e che porterà male: E’ Winston Chuchill, il principale avversario di Chamberlain nel suo stesso partito, il Partito Conservatore.
Churchill dirà a Chamberlain:Avevate la scelta fra la guerra e il disonore. Avete scelto il disonore, e avrete la guerra”.

Hitler non viole la guerra, beninteso, ma quello che ha imparato è che gli lasciano fare tutto. Adesso vuola anche il resto della Cecoslovacchia. Nella primavera del ’39 in Cecoslovacchia – in quel che resta della Cecoslovacchia – scoppiano disordini fomentati dai nazisti, e finalmente Hitler convoca a Berlino il Presidente Cecoslovacco per dirgli che la Wermacht, l’esercito tedesco, è pronto a entrare in Cecoslovacchia peer garantire l’ordine, per garantire la pace e che se non firma una richiesta in questo senso, il Presidente cecoslovacco, la Luftwaffe è pronta a bombardare e radere al suolo Praga.
Al Presidente cecoslovacco viene un infarto, e poi lo costringono a firmare. E l’esercito tedesco entra in Cecoslovacchia che con i Sudeti ha perso la maggior parte delle sue industrie, ha perso tutte le sue fortificazioni di frontiera e quindi non è più in grado di resistere.
E Hitler prende nota: anche questo me l’hanno lasciato fare. Nessuno ha detto niente.

In verità qualcuno dice qualcosa. A Londra Neville Chamberlain comincia a pensare che forse si è sbagliato. E’ costretto ad andare alla camera e rendere conto di quello che è successo, e il suo discorso è impressionante, perché si vede un uomo che non vuole credere di essersi sbagliato. Chamberlain dice in sostanza: “Avevamo assicurazioni precise con la firma di herr Hitler, adesso viene quasi da temere che forse non ci possiamo proprio fidare veramente fino in fondo di queste assicurazioni, visto quello che poi ogni volta succede…”
Ma sta di fatto che nessuno muove un dito, e Hitler passa alla prossima vittima: la Polonia.

La Polonia che ha un regime autoritario, militarista, e che si è presa anche lei un pezzetto di Cecoslovacchia, convinta di essere amica della Germania perché Hitler ha rassicurato più volte i Polacchi: non vuole niente da loro.
invece adesso scopre che vuole qualcosa anche da loro. Anche la Polonia ha dei cittadini tedeschi, in particolare la città di Danzica che è abitata da tedeschi ma, con il Trattato di Versailles, è stata assegnata alla Polonia. E anchge a Danzica, tra la sua popolazione tedesca, c’è un partito nazista che comincia a seminare il disordine, a provocare attentati. Hitler comincia a spiegare al mondo che bisogna proteggere i tedeschi che vivono in Polonia, bisogna proteggere questa minoranza oppressa. La propaganda nazista comincia a mettere in giro storie terribili dell’oppressione polacca contro i Tedeschi, e i governi dell’Inghilterra, della Francia non sanno cosa fare. Perché nessuno vuole la guerra. Ecco, i governi hanno promesso ai loro popoli che mai più ci sarà una guerra. Però sono anche alleati della Polonia. E hanno anche capito che Hitler non si fermerà se si continuerà a lasciarlo andare avanti.
All’inizio l’Inghiterra e la Francia cercano di convincere i Polacchi a cedere, cercano di convincere la Polonia a regalare Danzica a Hitler e tutto quello che vuole pur di evitare una guerra. I Polacchi tengono duro: ancora il primo settembre del ’39 l’ambasciatore inglese a Varsavia riceve un telegramma dal suo ministro, Lord Halifax che gli dice:” Ma dovete assolutamente convincere i Polacchi a trattare, andare dai tedeschi a chiedere cosa vogliono, mettersi d’accordo”.
L’ambasciatore britannico risponde quella sera con un telegramma a Londra e dicendo “non mi sembra che sia il caso di seguire le istruzioni che mi avete mandato sta
mattina in vista del fatto che, oggi all’alba, l’esercito tedesco ha invaso la Polonia.

Ci metteranno ancora tre o quattro giorni la Francia e l’Inghilterra a decidere di dichiarare guerra. Per tre o quattro giorni Hitler credi di farla franca anche questa volta. Non la voleva neanche lui quella guerra: aveva scommesso: Tante scommesse gli erano andate bene, quella gli è andata male.




 “Ucraina 2022. Vicini ai bambini e agli adolescenti” Raccolta fondi del Credito Cooperativo

“UCRAINA 2022. VICINI AI BAMBINI
E AGLI ADOLESCENTI”

Iniziativa di raccolta fondi del Credito Cooperativo

 

Le Segreterie Nazionali e i Coordinamenti dei Gruppi Bancari Cooperativi Iccrea Banca, Cassa Centrale Banca e Cassa Centrale Raiffeisen hanno ritenuto tanto necessario quanto indispensabile condividere con Federcasse l’iniziativa di raccolta fondi denominata “UCRAINA 2022. VICINI AI BAMBINI E AGLI ADOLESCENTI”.

Tale iniziativa è strutturata su un progetto definito con la Caritas italiana al fine raccogliere risorse e mettere a disposizione un aiuto concreto a pieno sostegno dell’intervento umanitario avviato dalla Caritas italiana stessa in Ucraina.

Di fronte a questa immane tragedia, il forte spirito distintivo che permea tutte le Lavoratrici ed i Lavoratori del Credito Cooperativo, nel porre sempre al centro delle loro azioni il “valore” della persona umana, assume in questo tragico contesto il più alto distillato della vera solidarietà’ tra esseri umani, con piena consapevolezza che un futuro migliore si costruisce proteggendo la pace e le future generazioni del genere “umano”.

Chiediamo pertanto a tutte le Lavoratrici ed i Lavoratori del Credito Cooperativo, con la loro piena libera e consapevole autonomia di pensiero, di fare la loro parte e di sostenere per come sarà loro possibile questa iniziativa umanitaria.

Vi ricordiamo pertanto i riferimenti bancari dei 3 conti correnti dedicati a questa raccolta fondi con causale “Ucraina 2022. Vicini ai bambini e agli adolescenti”:

Iccrea Banca: IBAN IT45P0800003200000800032010 intestato a Caritas Italiana;

Cassa Centrale Banca: IBAN IT55M0359901800000000159114 intestato a Caritas Italiana;

Cassa Centrale Raiffeisen: IBAN IT42F0349311600000300200018 intestato a Caritas Diocesi Bolzano-Bressanone.

 

Roma. 04 marzo 2022

 

LE SEGRETERIE NAZIONALI
I COORDINAMENTI DEI GRUPPI BANCARI COOPERATIVI
FABI   FIRST/CISL   FISAC/CGIL   UGL CREDITO   UILCA

 

Scarica la dichiarazione congiunta




BNL: la banalità del male

3 - Fisac Cgil

BNL

Questo l’invito ricevuto dalle colleghe e dai colleghi del mercato individuals per il giorno 2 marzo 2022. Si parla di opportunità.

Questo l’invito ricevuto dalle colleghe e dai colleghi del mercato individuals per il giorno 2 marzo 2022. Si parla di opportunità.

  • Migliaia di morti.
  • Migliaia di sfollati.
  • Migliaia di uomini, donne, bambini, anziani in fuga. Senza più una casa, senza più un futuro.
  • Migliaia di essere umani che invece dei propri sogni, della propria serenità, della propria voglia di vivere, hanno di fronte nient’altro che macerie, il terrore e l’orrore della guerra.

Lo spettro di una guerra che aleggia sull’Europa, l’angoscia di poter rivivere quegli eventi letti sui libri di storia che pensavamo non avessero più spazio nei nostri confini – anche se non possiamo dimenticare che sono la realtà di tante altre parti del mondo, di cui spesso fatichiamo a prendere consapevolezza.

Migliaia di famiglie che rischiano di non potersi più permettere di pagare le bollette a causa dei rincari del gas e dell’elettricità. Persone che rischiano di oltrepassare quella soglia di povertà che demarca il confine fra il vivere dignitoso e una condizione esistenziale drammatica.

Tutto questo, per chi scrive l’ignobile testo riportato sopra, rappresenta SOPRATTUTTO un’opportunità. Con la mente sembra di tornare a quegli imprenditori che si felicitavano per il terremoto dell’Aquila, che gli avrebbe dato modo di ingrassarsi ancora di più con nuovi appalti e nuove commesse. Sciacalli che banchettano sulle rovine insanguinate delle tragedie umane.

Avremmo voluto gridare “vergogna” a chi, sia un singolo o una funzione, abbia partorito questo spregevole messaggio.

Ma sarebbe stato fiato sprecato: chi non ha dignità, chi non ha empatia, chi non ha neanche quel briciolo di sensibilità che gli suggerisce di tacere di fronte alla morte di un essere umano, non ha spazio neanche per la vergogna. Ha spazio solo per quella ricerca vuota di profitto senza etica, che è propria degli spiriti mediocri e senza prospettiva di crescita.

Persone come queste non dovrebbero trovare alcuno spazio in una banca che si professa etica, socialmente responsabile e che da anni sostiene iniziative come Telethon.

Così, ci rimane solo l’umano sconforto di dover percorrere gli stessi corridoi e poggiare i nostri piedi sulle loro orme.

 

Segreterie di Coordinamento Nazionale Gruppo BNL
FABI – FIRST CISL – FISAC CGIL – UILCA – UNISIN




Cgil, Cisl e Uil: tutti in piazza per la pace

CGIL                                CISL                                 UIL

Tutti in piazza per la Pace

 

CGIL CISL UIL condannano l’aggressione militare Russa e richiedono uno stop immediato delle ostilità: il primo obiettivo deve essere la protezione umanitaria dei civili.

Esprimiamo la nostra solidarietà al popolo ed ai lavoratori dell’Ucraina!

Necessario attivare urgentemente tutti i canali della politica e della diplomazia, in sede europea ed in sede ONU.

“Si fermi la guerra in Ucraina e parta un vero processo di Pace”

Mai come oggi è evidente che la pace ed il ripudio delle guerre debbano essere la priorità dell’agenda politica italiana, europea e mondiale.

L’Unione Europea agisca ispirata dai suoi principi costitutivi a difesa di pace e democrazia.

CGIL CISL UIL aderiscono all’appello della Rete italiana Pace e Disarmo e promuovono con le altre organizzazioni la manifestazione a Roma, a Piazza Santi Apostoli, sabato 26 febbraio alle ore 11:00 ed invitano tutti a partecipare.

 

Roma, 24 febbraio 2022




Guerra, l’appello di Anpi, Arci, Cgil e Legambiente: “Fermare subito le ostilità, i Curdi sono stati decisivi per fermare l’ISIS”

La Turchia ha invaso il Rojava e la Federazione della Siria del Nord con il benestare di Donald Trump. E’ guerra. Con l’operazione “Peace Spring”, il Presidente turco RecepTayyip Erdoğan ha dato avvio ai raid e ai bombardamenti sui villaggi e all’avanzata dell’esercito nelle zone storicamente abitate dalle popolazioni curde e presidiate dall’Ypg, il cui contributo è stato decisivo nella vittoria contro l’IsisL’Anpi, l’Arci, la Cgil e Legambiente hanno diffuso un appello alle istituzioni. Reagiamo. Qui l’appello.

Al Presidente del consiglio dei ministri, Giuseppe Conte

Al Ministro degli Affari Esteri, Luigi Di Maio

Alla Presidente del Senato della Repubblica, Maria Elisabetta Alberti Casellati

Al presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico

Alla Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen

All’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell

Al Presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli

Viviamo con angoscia queste ore nelle quali si sta minacciosamente aggravando la situazione al confine traTurchia e Siria, una regione già funestata da una guerra cruenta di molti anni che ha prodotto innumerevolivittime, soprattutto tra i civili. A seguito delle improvvide dichiarazioni del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump – che annunciavano il ritiro delle truppe americane dai quei territori, anche se oggi smentite – il Presidente della Turchia Recep Tayyip Erdoğan ha dato avvio ai bombardamenti e all’avanzata dell’esercito nelle zone storicamente abitate dalle popolazioni curde, con le quali lo Stato Turco ha ormai da diversi decenni un rapporto più che conflittuale. L’esercito formato interamente da donne e uomini di etnia curda è stato negli ultimi anni alleato delle forze occidentali e protagonista nel respingimento dell’avanzata dell’Isis, per la cui causa ha pagato un ingente prezzo di sangue. La convivenza tra la popolazione turca e curda in queste regioni è stata storicamente possibile e potrà esserlo ancora solo se lo Stato Turco accetti di sedersi a un tavolo di trattative con i rappresentanti curdi, con pari dignità, per trovare un accordo sul riconoscimento e indipendenza dei loro territori.
La comunità internazionale, l’Europa, l’Italia, hanno ancora fresco un debito di riconoscenza nei confronti delle donne e degli uomini curdi che si sono battuti fino alla morte per fermare il comune nemico Daesh e salvaguardare la sicurezza e serenità dell’Europa e del nostro Paese, di noi tutti. Chiediamo che si avvii immediatamente una forte e decisa azione diplomatica perché: cessino immediatamente le ostilità e si fermino le manovre di invasione del territorio siriano abitato storicamente dalla popolazione curda; si dia mandato senza esitazioni a una delegazione internazionale che garantisca in loco la fine delle ostilità, il rispetto dei confini, il diritto internazionale; si provveda all’invio di soccorsi per eventuali feriti; si apra una sessione di discussione dedicata, tanto nel Parlamento europeo quanto in quelloitaliano; si chieda che il caso sia messo con urgenza all’ordine del giorno del Consiglio di Sicurezza delleNazioni Unite.

ARCI, ANPI, CGIL, Legambiente

Qui l’appello in originale