“La via maestra, insieme per la Costituzione”: Cgil e associazioni il 7 ottobre in piazza a Roma

“La via maestra, insieme per la Costituzione”: è questo lo slogan scelto dalla Cgil e da più di cento associazioni e reti associative, che a loro volta raccolgono tantissime realtà della società civile, per la grande manifestazione nazionale che si terrà il prossimo 7 ottobre a Roma.
Si sfilerà per le strade della Capitale per il lavoro, contro la precarietà, per il contrasto alla povertà, contro tutte le guerre e per la pace, per l’aumento dei salari e delle pensioni, per la sanità e la scuola pubblica, per la tutela dell’ambiente, per la difesa e l’attuazione della Costituzione contro l’autonomia differenziata e lo stravolgimento della nostra Repubblica parlamentare.

Sono già in programma assemblee in tutti i posti di lavoro e nelle realtà territoriali per una consultazione straordinaria delle lavoratrici, dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati, delle donne, dei giovani, affinché siano protagonisti di una battaglia comune per unire e cambiare il Paese, per dare vita a un nuovo modello di sviluppo fondato sul lavoro, sulla centralità della persona, sulla sostenibilità ambientale.

In allegato l’appello integrale:

– Per i materiali e ulteriori informazioni www.collettiva.it
– Per i promotori dell’appello e tutte le adesioni, in continuo aggiornamento, CLICCA QUI
– Per aderire all’appello: [email protected]

Appello 7 Ottobre 2023 La via maestra


Promotori e adesioni




La guerra Russia-Ucraina spiegata semplice. Il 24 e il 25 anche in Abruzzo in piazza per dire basta!

ll 24 febbraio ricorre il primo anno dall’attacco russo all’Ucraina. Dire che la guerra sia iniziata allora sarebbe un falso storico: in effetti la guerra del Donbass , che ha opposto il Governo Ucraino alle regioni separatiste russofone, ha avuto inizio nel 2014, fornendo a Putin il pretesto per il successivo attacco all’Ucraina.

Fino a un anno fa non ci siamo interessati più di tanto al conflitto, considerandolo come una delle tante guerre regionali di cui parlano ogni tanto i TG. Quando la Russia ha attaccato, tutta la Nato si è mobilitata a difesa dell’Ucraina. In realtà la guerra è stata sfruttata dagli Stati Uniti come un modo per indebolire la Russia (e la stessa Unione Europea), facendo combattere – e soprattutto morire – altri, sacrificandoli per raggiungere i propri scopi. Il fatto che la Russia sia alleata con la Cina, e che i Russi dispongano di armi atomiche che probabilmente userebbero se messi alle strette, dà a questo conflitto una luce a dir poco inquietante.

L’atteggiamento dei nostri governi, Draghi prima e Meloni poi, è stato a dir poco ipocrita e reticente.

Da subito sulla qualità e quantità delle armi inviate in Ucraina è stato posto il segreto di Stato. All’inizio si parlo di inviare soltanto armi non letali (già da allora era evidente che non ce la stessero contando giusta). Dopo solo una settimana Draghi ci ripensò, decidendo di inviare mitragliatrici e missili, comunque a corto raggio e da usare solo a scopi difensivi. Progressivamente si è passati all’invio di mezzi pesanti, di missili a lungo raggio (perché non basta difendersi, bisogna contrattaccare) ed ora, con il governo Meloni, abbiamo condiviso la scelta di inviare carri armati di ultima generazione, pur non potendo partecipare direttamente perché, per fortuna, non ne abbiamo.

Ogni volta che abbiamo contribuito ad incrementare la qualità e la quantità di armi inviate, la Russia si è adeguata potenziando gli armamenti e le truppe utilizzati sul campo di battaglia. Ogni nuovo invio di armi ha comportato un aumento di morti nella popolazione civile Ucraina, senza incidere sulle sorti del conflitto, che resta in una situazione di sostanziale stallo. A guadagnarci sono stati solo i fabbricanti e i venditori di armi.

Cosa succederà adesso? Zelensky continua a chiedere armi sempre più potenti, non accontentandosi dei carri armati ma chiedendo l’invio di aerei da guerra. Giorgia Meloni ha già dato segnali di disponibilità in tal senso, segnando un ulteriore salto di qualità nel conflitto e spingendo i Russi ad aumentare a loro volta il volume di fuoco, causando la morte di altri innocenti.

E dopo? Il nostro governo, i governi europei, la NATO, si sono posti un limite da non oltrepassare? Cosa succederà se Zelensky chiederà l’invio di truppe?

Una simile richiesta, se accolta, sarebbe a tutti gli effetti l’inizio della terza guerra mondiale. Ed è uno scenario da evitare a tutti i costi.

Ma se – come tutti speriamo – si ritenga questo limite come il punto da non superare, e quindi una eventuale richiesta di truppe sarebbe destinata ad essere ignorata, allora che senso ha avuto tutto questo? Che senso ha avuto la morte di migliaia di Ucraini in più se arrivati ad un certo punto si dirà loro: “Da ora in poi arrangiatevi, noi non andiamo oltre”?
Non sarebbe stato più sensato percorrere da subito la via del negoziato, che resta l’unica alternativa ad un conflitto che altrimenti si allargherà sempre di più?

Questa follia va fermata. E possiamo farlo facendo crescere l’ostilità degli Italiani verso la guerra, facendo sentire con forza la nostra voce. E ognuno di noi ha il dovere di fare la sua parte.

Per questo motivo è importante esserci il 24 e il 25 febbraio, partecipando alle manifestazioni che si svolgeranno in tutta Italia. Insieme, per far sentire con forza la nostra voce.

Per l’Abruzzo gli appuntamenti sono:

  • Pescara, 24 febbraio ore 18.00 Piazza Sacro Cuore (e non alle 17.30 come inizialmente previsto)
  • L’Aquila, 24 febbraio ore 18.30 Piazza Regina Margherita
  • Sulmona, 25 febbraio ore 11.00 Fontana Del Vecchio – Corso Ovidio

 

 




Europe for Peace: il 5 novembre tutti a Roma per dire no alla guerra

La Cgil aderisce alla grande manifestazione organizzata per il prossimo 5 novembre, per chiedere tutti insieme al governo di attivarsi per avviare un percorso di pace e porre fine alla guerra in Ucraina.

Non si tratta di una manifestazione sindacale ma di un’occasione per urlare, in modo civile ma forte, che bisogna assolutamente arrestare questa follia che rischia di trascinarci un conflitto nucleare. Per questo, più che mai, è importante esserci, ed essere in tantissimi.

La Cgil dell’Aquila organizza pullman dall’Aquila, Avezzano e Sulmona.

Chi volesse partecipare può contattarci per email sulla casella [email protected] o telefonando al numero 346 1493811 o ai numeri riportati in fondo all’articolo.

 

 

 

 




Landini dal palco di Piazza del Popolo: “Tassare anche extraprofitti banche”

A un anno dall’assalto alla sede nazionale, la manifestazione dal titolo: “Italia, Europa, ascoltate il lavoro”

ROMA – “Non abbiamo bisogno di uomini soli al comando. Abbiamo già pagato pesantemente in questi anni, sia per quelli che dicevano di essere di destra che di sinistra e poi facevano le stesse politiche. Bisogna trovare tutti insieme le soluzioni”. Così il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, dal palco di piazza del Popolo, durante la manifestazione dal titolo: Italia, Europa, ascoltate il lavoro’. L’obiettivo è chiedere all’Italia e all’Europa di rimettere al centro i temi del lavoro e della giustizia sociale e al prossimo Governo rilancerà le sue dieci proposteLa manifestazione della Cgil si svolge a un anno dall’assalto alla sede nazionale di corso d’Italia.

 

LANDINI: POLITICA INERTE, SCIOGLIERE PARTITI FASCISTI

Chi non ha fatto ancora il proprio mestiere sono quelli che siedono in Parlamento perché abbiamo chiesto una cosa molto precisa. Abbiamo chiesto un anno fa che si applicasse la Costituzione: tutte le forze che si richiamano al fascismo devono essere sciolte. Chi siede in Parlamento non ha fatto il suo dovere”, prosegue Landini.

fascismo
LANDINI: GOVERNO PRENDA SOLDI DOVE SONO E AVRA’ IL NOSTRO CONSENSO

Per affrontare la crisi energetica e gli extracosti che pesano su lavoratori e imprese “il governo vuole fare una cosa che abbia consenso? Vada a prendere i soldi dove sono e faccia una cosa che non ha fatto nemmeno il governo che abbiamo, e avrà il nostro consenso“, spiega Landini.

Il segretario generale della Cgil propone di attingere agli extraprofitti “non solo delle imprese energetiche ma anche di altri settori, come le banche”, e questo fondo “sia usato anche per le imprese”, perché “noi vogliamo salvare le imprese e i lavoratori”.


LANDINI: NO SCOSTAMENTI BILANCIO, LI PAGHIAMO NOI CON TAGLI A SOCIALE

C’è chi chiede scostamenti di bilancio” per affrontare la crisi energetica e gli extracosti, “ma gli scostamenti di bilancio poi li fanno pagare a noi, perché tagliano la sanità e la scuola”, prosegue Landini.


LANDINI: LE TASSE VANNO RIDOTTE A CHI LE PAGA NON A CHI EVADE

A chi dice che le tasse vanno abbassate a tutti diciamo che le tasse vanno ridotte a chi le paga, non a quelli che le evadono o non ne pagano abbastanza”. Maurizio Landini, segretario generale della CGIL, lo dice a piazza del Popolo.


Non è vero che questo paese è tutto povero, ci sono diseguaglianze”, sottolinea Landini, “siccome quelli che hanno vinto le elezioni dicono che hanno chiesto a tutti responsabilità, vadano a prendere i soldi dove sono”.


LANDINI: PRONTI A LAVORARE A MANIFESTAZIONE PER LA PACE

“Siamo pronti a lavorare per una grande manifestazione nazionale per la pace”.

 

Fonte: www.dire.it

 

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Come si promuove una guerra

Il brano che segue è tratto dai colloqui che lo psicologo Gustave Gilbert ebbe con Göring durante il processo di Norimberga, nel 1946, raccolti in Nuremberg Diary .

Herman Göring era l’imputato più importante al Processo di Norimberga. Considerato il numero 2 del regime nazista, è stato uno dei principali artefici dell’incredibile macchina propagandistica che ha portato un intero popolo ad appoggiare una folle guerra di conquista, oltre al genocidio degli ebrei in tutta Europa.
Per questo motivo, sforzandosi di andare al di là della repulsione per il personaggio e per quello che rappresenta, leggere queste parole è molto importante per capire ciò che è accaduto allora, e che continua ad accadere ogni volta che c’è da giustificare una guerra. Ciò che accade anche oggi. Anche in Italia.

Göring: “Ma è ovvio, la gente non vuole la guerra. Perché mai un povero contadino zoticone vorrebbe rischiare la propria vita in guerra quando il meglio che gli possa succedere è tornare alla sua fattoria sano e salvo? Naturalmente la gente comune non vuole la guerra. Non la vuole in Russia né in Inghilterra né in America, e neanche in Germania, per quel che vale. Si capisce. Ma dopotutto sono i leader del Paese che determinano le politiche, ed è facile trascinare la gente dietro a tali politiche, sia tale Paese una democrazia o una dittatura fascista o un Parlamento o una dittatura comunista”.
Gilbert: “C’è una differenza . In una democrazia la gente ha diritto di dire la propria sulla questione attraverso i suoi rappresentanti eletti, e negli Stati Uniti solo il Congresso può dichiarare guerre.”
Göring: “Oh, tutto questo è bellissimo, ma, che abbia o meno diritto a dire la propria, la gente può sempre essere trascinata dai propri leader. È facile. Tutto quello che c’è da fare è dire alla gente che sta per essere attaccata, denunciare i pacifisti per mancanza di patriottismo e perché mettono in pericolo il Paese. Funziona allo stesso modo in ogni Paese”

 




Il significato del Primo Maggio

Intervento di Luca Copersini, Segretario Provinciale Fisac L’Aquila, alla manifestazione del Primo Maggio svoltasi a Paganica (AQ)

E’ un onore per me oggi rappresentare la CGIL in questa importante giornata del Primo Maggio.

Sono un segretario di categoria. Rappresento dei lavoratori, i bancari, che fino a qualche anno fa sembravano immuni rispetto ai problemi che affliggono il mondo del lavoro; poi anche loro hanno cominciato a fare i conti con chiusure di sedi, tagli del personale, mobbing, demansionamenti… Benvenuti nel fantastico mondo del lavoro!
Ma intorno a noi le cose vanno ancora peggio.

Ho preso spunto dalle notizie che abbiamo letto o sentito negli ultimi tempi per fare un quadro della realtà.

E il primo spunto da cui voglio partire è Renatino.

Non so se ricordate, qualche mese fa, un’orribile pubblicità del Parmigiano Reggiano. Protagonista dello spot era questo ragazzone, Renatino, che raccontava la sua vita. Un racconto semplicissimo: 365 giorni l’anno passati nello stabilimento produttivo, senza aver mai preso un giorno di vacanza. Senza aver mai visto il mare. E’ passato un po’ di tempo, ma ho voluto ricordare questo spot per il forte valore simbolico: secondo una visione sempre più diffusa, il lavoratore perfetto è quello che rinuncia del tutto ad avere una vita sua, che non chiede nulla, che desidera soltanto fare in modo che il suo datore di lavoro guadagni. Così, almeno lui, al mare ci potrà andare…
Ovviamente quello non è il mondo reale; quella è una pubblicità. Nel mondo reale queste cose non succedono. Nel mondo reale succedono cose più normali. O meglio, succedono cose che abbiamo imparato a considerare normali.

Nel mondo reale succede che una dipendente della sede Amazon di Torino venga sospesa dal lavoro per essere rimasta troppo a lungo nel bagno. La sanzione è stata annullata dal giudice del lavoro (grazie alla CGIL) ma il messaggio è stato recapitato: il vostro tempo appartiene all’azienda.
E in effetti è normale che sia così, come è normale che chi effettua le consegne per conto di quell’azienda si porti nel furgone una bottiglietta di plastica nella quale fare i bisogni senza perdere tempo.

Nel mondo reale succede quello che è accaduto in un supermercato di Pescara, dove le dipendenti sono state minacciate, sentendosi intimare dalla titolare (tra l’altro, una donna) “Ditemi chi di voi ha il ciclo, altrimenti vi controllo personalmente le mutandine”. Aggiungendo la minaccia di non rinnovare i contratti in scadenza se non fosse saltata fuori la colpevole. Colpevole di aver gettato un assorbente nel cestino sbagliato. Anche in questo caso la CGIL è intervenuta, tanto che la Conad ritirerà probabilmente l’affiliazione al supermercato.
Eppure è normale che il datore di lavoro, visto che paga le sue dipendenti, possa avere il diritto di disporne come crede, fino ad infilargli le mani nelle mutandine.

Nel mondo reale succede che chef stellati o imprenditori affermati attacchino i giovani accusandoli di essere sfaticati, visto che non sono disposti a lavorare gratis o ad accettare gli stipendi che loro vorrebbero pagare, inferiori ad un sussidio di povertà.
E in effetti, è normale: cominci a lavorare, non conosci il lavoro, ti viene data la possibilità di imparare. Non dico che dovresti pagare, ma almeno lavorare gratis

Si potrebbero fare tanti altri esempi, ma la sostanza è che di normale, in tutte queste situazioni, non c’è proprio nulla!
Si sta purtroppo affermando una visione del mondo del lavoro per cui il lavoratore debba essere grato a chi gli permette di lavorare. Una visione del mondo per cui lo stipendio non è la contropartita per la sua prestazione, ma una sorta di elemosina, che generosamente gli viene elargita. E guardando in prospettiva, c’è poco da essere ottimisti. C’è l’illusione per il capitale di arrivare a riprodursi in modo autonomo, senza necessità di condividerne con nessuno i frutti.

Mi spiego con un esempio.

Pensiamo ad una fabbrica di scarpe. Nella fabbrica entra il materiale: qualche pezzo di cuoio, un po’ di gomma, per un valore di qualche euro. Quello che esce fuori è un paio di scarpe, che viene venduto a 100-150 euro. E’ evidente che c’è stato un notevole aumento di valore, ma cos’ha prodotto questo aumento? E’ stato il lavoro degli operai, che hanno saputo creare un oggetto che vale molto di più della somma delle sue parti. In un sistema economico sano, questo aumento di valore va giustamente a premiare l’imprenditore, ma una parte va a riconoscere l’importante opera del lavoratore, ricompensandolo in modo adeguato. Quando l’imprenditore vuole tenere per sé una quota troppo alta di questo aumento di valore, retribuendo in modo non adeguato i lavoratori, parliamo di sfruttamento.

Oggi il sogno del capitale è andare oltre lo sfruttamento. Il sogno è eliminare del tutto l’apporto dei lavoratori. Tornando alla nostra fabbrica di scarpe, il sogno del proprietario sarebbe una catena produttiva fatta esclusivamente di macchine. Così si potrebbero produrre scarpe ad un prezzo nettamente inferiore… salvo poi scoprire che nessuno le può comprare. Perché se il processo produttivo riesce ad eliminare del tutto le persone, chi ce li ha i soldi per comprare ciò che viene prodotto?
Basterebbe un minimo di buon senso per capire che l’idea di economia che si sta affermando nel mondo non può portare da nessuna parte.

Quando fu scritta la nostra Costituzione, nell’articolo 1 i membri dell’Assemblea Costituente vollero inserire le famose parole “fondata sul lavoro”. Le abbiamo sentite tante volte, ma ci siamo mai soffermati a riflettere su queste parole? Perché ritenevano che il lavoro fosse importante a tal punto da costituire l’elemento fondante della Repubblica?
Perché il lavoro dà dignità alle persone. Le rende autonome, libere, non le obbliga a dipendere dall’elemosina di un sussidio calato dall’alto, perché in quel caso sì che dovrebbero sottostare a tutti i capricci di chi glielo elargisce . Consente di realizzarsi, di sentirsi utili per sé e per gli altri.
Il lavoro dà dignità. E di questo, i Costituenti erano talmente convinti da scrivere, nell’art. 36, qualcosa che oggi appare assolutamente rivoluzionario: chi lavora ha diritto ad una retribuzione adeguata. Ha diritto a trarre dal suo lavoro quanto basta per vivere in modo libero e dignitoso, ed assicurare lo stesso alla sua famiglia.

Tutto questo andatelo a raccontare a un giovane laureato, costretto a sopravvivere con  lavoretti estemporanei e sottopagati, senza  poterci neanche pensare a creare una famiglia o a comprarsi una casa. Dove sta la libertà di quella persona?

Cosa c’è di dignitoso in un mondo del lavoro che discrimina le donne, costringendole ad accettare retribuzioni più basse in media del 30%, limitando le loro prospettive di carriera, considerando che oltre due dirigenti su tre sono uomini? E’ un retaggio del passato? Non direi, visto che i posti di lavoro persi a causa della pandemia erano, per il 75%, occupati da donne.

Come si può parlare di libertà quando tanti lavoratori sono costretti ad operare in condizioni di pericolo pur di riportare a casa il necessario per la sopravvivenza? Viviamo in un paese in cui ogni giorno mediamente 2 persone escono per andare a lavorare e non tornano più a casa. E ogni volta sentiamo parlare di tragiche fatalità, salvo poi scoprire, come nel caso di Luana D’Orazio, morta a 22 anni perché risucchiata da un macchinario di un’industria tessile, che i dispositivi di sicurezza erano stati disattivati per poter produrre qualche pezzo in più.

Quanto vale una vita umana?

E parlando del valore della vita umana, non si può non fare un riferimento alla guerra che sta infiammando l’Europa in questi giorni. Una guerra alla quale l’Italia sta partecipando attivamente, seppur in modo indiretto. Una guerra sulla quale ho una sola certezza: che è scoppiata a causa dell’aggressione russa ad uno stato confinante, l’Ucraina. Ma poi ho tanti dubbi, tante domande.
Perché l’invio delle armi non è stato mai discusso dal Parlamento? Che tipo di armi stiamo inviando, visto che su questo è stato posto il segreto di Stato? Qual é l’obiettivo che ci prefiggiamo? Ascoltando le ultime dichiarazioni di Biden e Johnson, sembrerebbe che l’occidente stia combattendo una guerra “per procura” contro la Russia. Una guerra nella quale abbiamo delegato gli Ucraini a morire per conto nostro. Perché nessuno sta lavorando per la pace, visto che tutto ciò che viene fatto o detto sembra mirare ad allungare ed espandere la guerra?
Di certezza ne ho un’altra: stiamo giocando con il fuoco. Ed è indispensabile cambiare rotta, prima che sia troppo tardi.

Ho parlato solo di cose brutte, quindi vorrei concludere il mio intervento con un segnale positivo. e per farlo cito un’ultima notizia.

Lo scorso anno lo studio legale LabLaw di Milano è stato premiato come miglior studio legale d’Italia. Il suo merito? Aver assistito la GKN di Campi Bisenzio nel licenziamento di 430 lavoratori. E qui farei una riflessione sul fatto che stravolgere la vita di tante persone, mettere sul lastrico 430 famiglie, diventi un trofeo da esibire. Però qualcuno non si è arreso. Non si è arresa la FIOM di Firenze, che pur avendo di fronte il miglior studio legale d’Italia, ha portato l’azienda in tribunale, riuscendo a far annullare i licenziamenti.

E’ esempio che ci spinge a non rassegnarci, come quelli citati in precedenza. Resistere – perché anche questa è una forma di resistenza – a un mondo nel quale le persone valgono sempre meno è difficile, e spesso i risultati che riusciamo a portare a casa sono spesso minori di quelli che vorremmo. Ma se smettiamo di crederci e di impegnarci, quel poco che riusciamo ad ottenere non lo otterrà più nessuno.

Alla fine è questo il valore del Primo Maggio: ricordarci che dobbiamo continuare a lottare. Perché di arrenderci non ce lo possiamo permettere.

 

 




Pane e pistole

Pubblichiamo un breve testo scritto 10 anni fa da Ascanio Celestini.

Il protagonista del monologo a un certo punto dice “il prezzo del pane andrà alle stelle e regaleranno le pistole al mercato. Da quel giorno nessuno potrà più comprare il pane. Tutti si armeranno e assalteranno i forni”.

Inverosimile? intanto il nostro Governo ha tolto l’IVA sulle armi, lasciandola immutata sul pane…

PANE E PISTOLE

Cittadini e cittadine, scusate se parlo sottovoce.

Lo so che siamo in una democrazia e possiamo dire quello che vogliamo. Ma la situazione sta mutando velocemente.

Vedete, in una dittatura devi tacere perché anche i muri hanno orecchi. Invece in una democrazia puoi dire quello che vuoi tanto non ti sente nessuno, e oggi probabilmente non siamo più in uno stato democratico. Forse non ancora in una dittatura… Non si sa.

Secondo qualcuno siamo già in guerra. Voi mi direte “se c’era una guerra ce ne saremmo accorti”.
E invece la guerra c’è proprio perché la maggioranza ancora non lo sa; la stanno combattendo contro di noi e sono sicuri di vincerla.
E’ più facile vincere una guerra se il nemico non sa che la sta combattendo.

Per farvi capire la situazione vi faccio un esempio semplice.
Se io vi do un mucchio di semi, voi vangate la terra e li seminate, cresce il grano, lo raccogliete, lo portate al mulino che lo macina, poi lo impastate, aspettate che lieviti e poi vi cuocete una pagnotta di pane.
Quanto tempo è passato dalla distribuzione dei semi alla cottura della pagnotta? Mesi!
Se io fossi una grande azienda quotata in borsa che compra e vende pane in tutto il paese, in pochi minuti potrei guadagnare milioni o bruciare milioni: per una dichiarazione sbagliata al momento giusto, per qualche pettegolezzo, una voce di corridoio, la mia azienda può fallire, e tutto questo accade in un attimo.
In un tempo così breve nessuno è in grado nemmeno di piantare un mucchio di semi, figuriamoci se è possibile avere la pagnotta calda.

A me piace la marmellata. Mi piace quella di arance.
Se vi do il seme per piantare l’albero quanto ci mettete a portarmi un vasetto di marmellata? Due? Tre anni?
Se io sono una multinazionale nel settore confetturiero in quel tempo posso fallire e cambiare lavoro decine di volte.

Capite quale guerra si sta combattendo? E’ la guerra tra il capitalismo e la natura.
La natura e soprattutto l’uomo sono troppo lenti rispetto al capitalismo e al suo braccio armato: la finanza.
Quando vi darò un mucchietto di semi e in 10 minuti mi porterete una fetta di pane e marmellata… il capitalismo sarà sconfitto.
Ma non credo che succederà mai.

Provate ad andare in visita a casa di qualche ricco borghese. Non troverete opere d’arte, gioielli, vasi cinesi.
Oggi acquistano sacchetti di sabbia per le barricate, carne in scatola, acqua potabile e soprattutto armi.
Questa guerra che è già scoppiata, che qualcuno sta combattendo, prima o poi verrà dichiarata.

Sarà una rivoluzione o una guerra civile?
La prima è improbabile, serve una coscienza di classe. Senza coscienza di classe non si fa la rivoluzione.
Invece per la guerra civile bastano fucili e pistole.

Sapete come faranno a farla scoppiare apertamente? A dichiararla?
Saranno gli economisti a spiegarcelo.
Ce lo diranno con le loro facce da giacca e cravatta, col loro sorriso in gessato doppiopetto grigio.
Ci diranno che per fare una pagnotta servono mesi, mentre in catena di montaggio si monta una pistola in meno di un’ora.
Così il prezzo del pane andrà alle stelle e regaleranno le pistole al mercato: da quel giorno nessuno potrà più comprare il pane.
Tutti si armeranno e assalteranno i forni.

Cittadini e cittadine, scusate se parlo sottovoce.

Lo so che siamo in una democrazia e possiamo dire quello che vogliamo. Ma la situazione sta mutando velocemente.
E poi siete davvero sicuri che la nostra sia ancora una democrazia? Il nostro governo è formato da individui che non hanno ricevuto un solo voto dal popolo. Non li ha votati nessuno… Eppure ci governano.
Io una cosa del genere me la ricordo solo in quel famoso ventennio.

Perciò anche tu cittadino, segui il mio consiglio. Compra scatolette di carne in gelatina.
Quando incominceremo a sparare varranno più dei titoli di stato tedeschi.
E se non puoi permetterti le scatolette vai al mercato a prendere un arma: le stanno già distribuendo.

Ma mi raccomando: parla sottovoce, non farti sentire.

Ascanio Celestini, 16 febbraio 2012

 




Ucraina: lavoratori banche potranno donare 10 euro a testa su base volontaria


 

COMUNICATO STAMPA

Iniziativa di solidarietà per la popolazione ucraina: sottoscritto un accordo da Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin con Abi. Nella stessa riunione è stato firmato il testo coordinato del contratto collettivo nazionale di lavoro rinnovato a fine 2019

Roma, 24 marzo 2022. Una campagna straordinaria di raccolta fondi per la popolazione ucraina colpita dalla guerra: le lavoratrici e i lavoratori delle banche italiane potranno donare, su base volontaria, 10 euro a testa e le banche, al termine della raccolta, contribuiranno con una somma equivalente. È quanto è stato concordato oggi dai sindacati bancari Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin con l’Abi che hanno espresso solidarietà e vicinanza all’Ucraina e ai suoi cittadini. L’accordo è stato firmato dai segretari generali della Fabi, Lando Maria Sileoni, della First Cisl, Riccardo Colombani, della Fisac Cgil, Nino Baseotto, della Uilca, Fulvio Furlan, e di Unisin, Emilio Contrasto. Le somme raccolte saranno destinate alla fondazione Prosolidar-Onlus, ente bilaterale costituito dalle parti sociali.

Durante la stessa riunione, è stato firmato il testo coordinato del contratto collettivo nazionale di lavoro del settore del credito rinnovato il 19 dicembre 2019. Il testo coordinato è il documento ufficiale che mette insieme gli articoli del ccnl modificati o introdotti con il rinnovo del 2019 e le norme lasciate intatte rispetto al precedente rinnovo del 2015, allegati compresi. Il ccnl del settore del credito scade alla fine di quest’anno.




BNL: se questo è lavoro

3 - Fisac Cgil

Ci stiamo chiedendo da un mesetto oramai, se questo è lavoro, se c’è un limite al peggio, se in fondo al tunnel ve ne sia un altro. Non pensavamo di cadere più in basso di così, eppure pare stiamo sprofondando senza dignità.

La pandemia ci aveva già abituati a certe scene, ci aveva già insegnato che le mele marce sono marce. Perché non approfittare di una pandemia, tragedia assoluta mai vista, e cogliere l’attimo proponendo ai clienti la polizza salute?!

Guerra in corso a un tiro di schioppo da casa nostra e cosa ci dicono? Questo è il momento dell’opportunità, fate investire i vostri clienti!!

Pensavamo qualche tempo fa di averle viste e sentite tutte, eppure pare che i nostri manager siano pieni di risorse e inventiva, ne escogitano sempre di nuove!

I lavoratori non accettano prese in giro a danno della loro dignità, a danno dei clienti!!

Siamo saturi delle pressioni che quotidianamente i gestori, i direttori, gli assistenti, gli analisti, gli addetti tutti sono costretti a vivere, e non basta fare salti mortali per tenere aperte le agenzie, per mandare avanti la baracca… per arrivare a fine giornata senza perdere il senno!

Evitiamo di cadere nel ridicolo con richieste improponibili e fuori da ogni logica: non ricevere i clienti preoccupati per i loro risparmi che ci fanno solo perdere tempo; darsi una mossa con c-ready, attivazione preconto, cuf full, oc prestiti e quant’altro.

E ovviamente se il budget non si chiude a fine giornata è il direttore che non è in grado di gestire le sue risorse e si cazziano risorse e direttori!!!

Noi proponiamo questo: egregi manager, dateci un esempio concreto, illuminateci con la vostra scienza e lungimiranza, scendete a sporcarvi le mani, venite a vedere come si lavora nelle agenzie, nei poli direct,

negli uffici Corporate, SME, analisti, assistenti, addetti MLT, nei CRSC e poi parliamo di produzione!

E dietro l’angolo c’è anche lo spettro del piano ferie…

Cari colleghi, non rischiate la vostra salute per le millemila mail che vi arrivano ogni giorno, con toni più o meno consoni… nessuno si curerà di voi quando decideranno di cedervi all’accenture di turno, continueranno a farci credere che siamo stronger together finché serviamo al padrone, e poi avanti il prossimo!

Cari colleghi, ribellatevi alle pressioni che vi arrivano dall’alto: attenetevi scrupolosamente alla normativa perché nel momento in cui al padrone arriva la notizia di un danno non vi darà alcun sostegno! E se tutto va bene forse arriva la pacca sulla spalla, forse vi ringraziano per il premio certo che riceveranno.

Cari colleghi, ribellatevi al lavoro durante le ferie: non cadete nell’errore di dimostrare responsabilità nel lavoro. Nel momento in cui al padrone arriva la notizia di un danno non vi darà alcun sostegno! E se tutto va bene forse arriva la pacca sulla spalla, forse vi ringraziano per il premio certo che riceveranno.

Cari colleghi, il Sindacato siamo noi tutti e la difesa della dignità nel lavoro passa attraverso tutti noi.

Rivolgetevi al vostro RSA nel caso in cui siete vittime o assistete ad atti di pressione sotto qualunque forma, siano esse commerciali, improprie o di richieste fuori normativa o di lavoro durante il sacrosanto periodo di ferie o permessi di qualsivoglia tipo.

Ai nuovi, vecchi manager, alle risorse umane (esistete ancora o siete state esternalizzate?), chiediamo un incontro immediato per parlare di tutti i problemi che stanno creando a chi lavora, a chi ogni giorno ci mette la faccia per arginare e superare i numerosi ostacoli che trova lungo il cammino.

 

Fisac BNL Toscana e Umbria

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Come scoppiano le guerre?

La lezione dimenticata delle due guerre mondiali è che le guerre possono scoppiare anche quando nessuno le vuole.

Inizia con queste parole l’avvincente, ma davvero preoccupante, video nel quale il Prof. Barbero spiega gli eventi che possono portare alla nascita di una guerra spaventosa mentre tuti pensavano che non sarebbe potuto accadere.

Leggendo o ascoltando il suo racconto, colpiscono le tante analogie che si possono trovare con quanto sta accadendo in Ucraina. Una lezione essenziale per capire dove egoismi e incapacità dei governanti di leggere le situazioni, sottovalutando le conseguenze delle loro scelte, possono portare.

Una lezione che speriamo venga ricordata e compresa dagli attuali protagonisti.


 

La lezione dimenticata delle due guerre mondiali è che le guerre possono scoppiare anche quando nessuno le vuole.

Pensate alla prima guerra mondiale. Comincia tutto con un attentato, qualcosa che nel mondo di oggi possiamo capire benissimo: un atto di di terrorismo internazionale che sconvolge il mondo. A Sarajevo, nei Balcani, ammazzano l’Arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono dell’Impero Austriaco: una delle 6 grandi potenze europee che all’epoca si consideravano padrone del mondo.

Tutto il mondo è scioccato, ma nessuno s’immagina che ne verrà fuori una guerra mondiale. Neanche lontanamente! Nemmeno gli Austriaci, che hanno subìto questo attentato e che pensano però che potrebbero approfittarne per regolare i conti con un vicino scomodo: la Serbia.

Gli attentatori sono Serbi, l’Austria-Ungheria e la Serbia sono da sempre rivali . In Austria sono convinti che in questo attentato ci sia lo zampino dei servizi segreti serbi; e il bello è che hanno ragione, le complicità c’erano davvero. A questo punto l’Austria ragiona come hanno ragionato in tempi più vicini a noi certi paesi che, dopo un attentato – pensiamo alle Torri Gemelle, per esempio – hanno deciso che bisognava punire gli “Stati canaglia” che finanziano il terrorismo internazionale. Per l’Austria-Ungheria quello stato canaglia è la piccola Serbia. Perciò l’Austria è convinta che il mondo non batterà ciglio se gli Austriaci impartiscono ai Serbi la lezione che si meritano.

L’Austria manda alla Serbia un ultimatum inaccettabile: se il governo serbo dovesse accettare, praticamente perderebbe la sua indipendenza. Perciò la Serbia rifiuta, e l’Austria-Ungheria dichiara guerra. Ma nessuno s’immagina che ne verrà fuori una guerra mondiale: sarà una piccola guerra balcanica. Salvo che la piccola Serbia ha un grande fratello: la Russia. La Russia dello zar Nicola II: un grande paese slavo come la Serbia, ortodosso come la Serbia. La Russia decide che la Serbia dev’essere difesa, e dichiara guerra all’Austria.

Ma anche l’Austria ha un grande fratello. L’Austria è una grande potenza, non un piccolo paese come la Serbia, ma è una grande potenza non di prima qualità. Un paese ancora molto arretrato, un po’ come l’Italia di allora, non ancora pienamente industrializzato. Però ha un grande fratello molto più potente: la Germania. Germania che in quel momento forse è il paese più potente del mondo, di sicuro il meglio armato. La Germania del kaiser Guglielmo II. Il secondo reich, come dicono loro. Ed è alleato dell’Austria-Ungheria.

Come mai i Russi, lo zar di Russia, dichiara guerra all’Austria credendo che la Germania non interverrà? Perché lo zar Nicola e il Kaiser Guglielmo sono cugini acquisiti, si conoscono da tanto tempo e sono amici. Si chiamano per nome, anzi si chiamano “Nicky” e “WillY”. E perciò Nicky – lo zar – è convinto che suo cugino Willy gli permetterà di far guerra all’Austria senza intervenire.
E per qualche giorno c’è uno scambio di telegrammi, in inglese, tra lo zar di Russia e il Kaiser di Germania, in cui lo zar scrive al cugino dicendo “Ma tu capisci, io non posso permettere che un piccolo paese come la Serbia venga distrutto ingiustamente, ma tu non interverrai, vero?” E si firma Nicky.
E suo cugino il kaiser gli risponde “Tu non capisci. Io sono alleato con l’Austria. E’ impossibile che io non entri in questa guerra, se voi davvero la fate”.
Vanno avanti così per qualche giorno finché Willy dichiara guerra a Nicky.

E così a questo punto tre delle sei grandi potenze europee sono in guerra, ma entra subito una quarta che fino a pochi giorni prima non ci pensava neanche lontanamente.
La Francia è alleata della Russia. Bisogna pensare a com’è fatta l’Europa di allora: c’erano meno stati di adesso, non c’erano la Polonia e gli altri stati dell’Europa Orientale. La Germania confinava da un lato con la Francia e dall’altra parte con la Russia: perciò la Russia e la Francia, che avevano una gran paura della Germania, erano alleate, per forza. E quando la Germania dichiara guerra alla Russia, la Francia dichiara guerra alla Germania.

A questo punto rimangono fuori la più debole delle sei potenze europee, l’Italia, e la più forte, la Gran Bretagna, padrona del commercio mondiale, padrona dei mari. La Gran Bretagna non è alleata ufficialmente con nessuno, può restare fuori. E avrebbe una gran voglia di restare fuori. I giornali inglesi lo scrivono: “Morire per Sarajevo? Mai!” Però la Gran Bretagna ha una preoccupazione: il Belgio. La neutralità del Belgio. Perché gli’interessa il Belgio? Pensate a dov’è il Belgio, sul canale della Manica, affacciato davanti all’Inghilterra coi suoi grandi porti: Ostenda, Anversa, che sono la garanzia per l’Inghilterra di avere un collegamento con l’Europa anche se l’Europa sprofondasse nella guerra, purché il Belgio rimanga neutrale. Il Belgio è un’invenzione della politica inglese, è stato inventato nell’800 dagli Inglesi a questo scopo. Persone inglesi fanno sapere alle potenze belligeranti che loro resteranno neutrali, purché nessuno tocchi il Belgio.
La Francia risponde immediatamente che non ne ha nessuna intenzione. A Berlino, capitale del Reich, il Kaiser Gugliemo convoca il fedmaresciallo Von Moltke, comandante in capo dell’esercito, per dargli la buona notizia: “La Gran Bretagna resta fuori, basta che non tocchiamo il Belgio”.
Il maresciallo Von Moltke risponde: “Ah, peccato! Perché noi abbiamo un piano perfetto per vincere la guerra. Un piano che studiamo da decenni, perfetto in ogni particolare: ci porterà a Parigi in poche settimane. Però prevede d’invadere il Belgio.”
Il kaiser chiede ai generali se non è possibile fermare questo piano. Von Moltke si mette a piangere: non è possibile, è tutto già in movimento. Migliaia di treni. E così il Belgio il giorno dopo viene invaso.
E anche la Gran Bretagna entra in guerra.

Nel giro di poche settimane si è scatenata una guerra mondiale che nessuno immaginava e nessuno voleva.

 


 

Poi c’è la seconda guerra mondiale. Qui la storia è un po’ diversa, ma fa rabbrividire anche quella. Perché anche quella guerra nessuno la voleva. Si era in un’Europa ancora così traumatizzata dai milioni di morti della prima, che veramente l’idea di un’altra guerra era l’ultima cosa che volevano.
Non la voleva neanche Hitler, il quale però era andato al potere in Germania promettendo ai Tedeschi che avrebbe di nuovo trasformato la Germania in una grande potenza. Che avrebbe messo fine alla vergogna del Trattato di Versailles, il trattato con cui si era conclusa la prima guerra mondiale, che aveva punito la Germania, che l’aveva privata di territori abitati da tedeschi. I trattati, dopo la prima guerra mondiale, avevano anche sciolto il grande impero Austro-Ungarico, fatto nascere nuovi stati: la Cecoslovacchia, la Polonia. Questi stati avevano minoranze tedesche. La stessa Austria era diventata un piccolo paese tedesco dove molti desideravano di far parte di una grande Germania.

Hitler non ha nessuna intenzione di scatenare una guerra mondiale, ma vuole riprendersi un po’ per volta quello che pensa appartenga alla Germania, ed è convinto che il mondo lo lascerà fare. E ci prova, e vede che il mondo davvero lascia fare.
Il primo passo è l’Anschluss, l’annessione dell’Austria nel marzo del ’38.
L’esercito tedesco entra in Austria, dove non incontra nessuna resistenza, anzi è accolto da folle plaudenti. Si fa un plebiscito: il 99% degli Austriaci vota a favore dell’Anschluss, l’annessione alla Grande Germania. Il cardinale di Vienna, Innitzer, invita gli Austriaci a pregare per il loro nuovo fuhrer che li proteggerà dal Comunismo. E nei paesi democratici, in Inghilterra, in Francia, nessuno dice niente. Anzi, in Inghilterra qualcuno dice: “In fondo noi due secoli fa abbiamo fatto l’unione della Scozia all’Inghilterra, perché non possono farlo anche loro?”
Hitler prende nota: nessuno ha detto niente.

La prossima vittima è la Cecoslovacchia dove c’è una regione, i Sudeti, abitata da una minoranza tedesca. Hitler da tempo insiste che quella regione deve tornare alla Germania. Nei Sudeti, tra i Tedeschi dei Sudeti, c’è un partito nazista agli ordini di Hitler, che comincia a creare disordini e compiere atti di terrorismo. La Cecoslovacchia comincia a sprofondare nel caos e i governi democratici, la Francia, l’Inghilterra, spiegano ai Cecoslovacchi che Hitler in fondo non ha tutti i torni, che alla Germania davvero il Trattato di Versailles sta stretto. Perché la Cecoslovacchia non vuole cedere questa regione alla Germania, visto che è abitata da tedeschi? In Inghilterra, in Francia hanno un tale terrore di una nuova guerra, e hanno anche una cattiva coscienza perché in fondo lo sanno che il Trattato di Versailles ha dato tutte le colpe alla Germania e non era proprio giusto. Insomma, i Cecoslovacchi sono sotto pressione. E alla fine sono costretti a cedere. E’ il mondo che li costringe a cedere.
Nel settembre del ’38 viene fuori una conferenza tra quattro grandi potenze: la Germania di Hitler, l’Italia di Mussolini, la Francia e l’Inghilterra. Si tiene, questa conferenza, a Monaco di Baviera, dove i Cecoslovacchi non vengono invitati: aspettano fuori dalla porta per sapere quale sarà il loro destino. E a Monaco, le quattro potenze – di cui due dittature e due democrazie – decidono che la Cecoslovacchia deve cedere i Sudeti alla Germania.
Per noi oggi la conferenza di Monaco è un episodio vergognoso, ma allora non lo vedevano così. Il Primo Ministro inglese, Chamberlain, torna a casa convinto di aver vinto, perché ha evitato una guerra.
Ci sono i filmanti di lui che scende dall’aereo sventolando il trattato e dice ai giornalisti: “Qui c’è la mia firma, qui c’è la firma di herr Hitler: vi ho portato la pace, la pace per il nostro tempo.” Chamberlain conclude rivolgendosi agli Inglesi e dicendo: “Cari amici, andate pure a casa e stanotte andate e dormire, e dormite tranquilli”.
C’è solo un uomo, in Inghilterra, che sa che questo accordo è stato una vergogna, e che porterà male: E’ Winston Chuchill, il principale avversario di Chamberlain nel suo stesso partito, il Partito Conservatore.
Churchill dirà a Chamberlain:Avevate la scelta fra la guerra e il disonore. Avete scelto il disonore, e avrete la guerra”.

Hitler non viole la guerra, beninteso, ma quello che ha imparato è che gli lasciano fare tutto. Adesso vuola anche il resto della Cecoslovacchia. Nella primavera del ’39 in Cecoslovacchia – in quel che resta della Cecoslovacchia – scoppiano disordini fomentati dai nazisti, e finalmente Hitler convoca a Berlino il Presidente Cecoslovacco per dirgli che la Wermacht, l’esercito tedesco, è pronto a entrare in Cecoslovacchia peer garantire l’ordine, per garantire la pace e che se non firma una richiesta in questo senso, il Presidente cecoslovacco, la Luftwaffe è pronta a bombardare e radere al suolo Praga.
Al Presidente cecoslovacco viene un infarto, e poi lo costringono a firmare. E l’esercito tedesco entra in Cecoslovacchia che con i Sudeti ha perso la maggior parte delle sue industrie, ha perso tutte le sue fortificazioni di frontiera e quindi non è più in grado di resistere.
E Hitler prende nota: anche questo me l’hanno lasciato fare. Nessuno ha detto niente.

In verità qualcuno dice qualcosa. A Londra Neville Chamberlain comincia a pensare che forse si è sbagliato. E’ costretto ad andare alla camera e rendere conto di quello che è successo, e il suo discorso è impressionante, perché si vede un uomo che non vuole credere di essersi sbagliato. Chamberlain dice in sostanza: “Avevamo assicurazioni precise con la firma di herr Hitler, adesso viene quasi da temere che forse non ci possiamo proprio fidare veramente fino in fondo di queste assicurazioni, visto quello che poi ogni volta succede…”
Ma sta di fatto che nessuno muove un dito, e Hitler passa alla prossima vittima: la Polonia.

La Polonia che ha un regime autoritario, militarista, e che si è presa anche lei un pezzetto di Cecoslovacchia, convinta di essere amica della Germania perché Hitler ha rassicurato più volte i Polacchi: non vuole niente da loro.
invece adesso scopre che vuole qualcosa anche da loro. Anche la Polonia ha dei cittadini tedeschi, in particolare la città di Danzica che è abitata da tedeschi ma, con il Trattato di Versailles, è stata assegnata alla Polonia. E anchge a Danzica, tra la sua popolazione tedesca, c’è un partito nazista che comincia a seminare il disordine, a provocare attentati. Hitler comincia a spiegare al mondo che bisogna proteggere i tedeschi che vivono in Polonia, bisogna proteggere questa minoranza oppressa. La propaganda nazista comincia a mettere in giro storie terribili dell’oppressione polacca contro i Tedeschi, e i governi dell’Inghilterra, della Francia non sanno cosa fare. Perché nessuno vuole la guerra. Ecco, i governi hanno promesso ai loro popoli che mai più ci sarà una guerra. Però sono anche alleati della Polonia. E hanno anche capito che Hitler non si fermerà se si continuerà a lasciarlo andare avanti.
All’inizio l’Inghiterra e la Francia cercano di convincere i Polacchi a cedere, cercano di convincere la Polonia a regalare Danzica a Hitler e tutto quello che vuole pur di evitare una guerra. I Polacchi tengono duro: ancora il primo settembre del ’39 l’ambasciatore inglese a Varsavia riceve un telegramma dal suo ministro, Lord Halifax che gli dice:” Ma dovete assolutamente convincere i Polacchi a trattare, andare dai tedeschi a chiedere cosa vogliono, mettersi d’accordo”.
L’ambasciatore britannico risponde quella sera con un telegramma a Londra e dicendo “non mi sembra che sia il caso di seguire le istruzioni che mi avete mandato sta
mattina in vista del fatto che, oggi all’alba, l’esercito tedesco ha invaso la Polonia.

Ci metteranno ancora tre o quattro giorni la Francia e l’Inghilterra a decidere di dichiarare guerra. Per tre o quattro giorni Hitler credi di farla franca anche questa volta. Non la voleva neanche lui quella guerra: aveva scommesso: Tante scommesse gli erano andate bene, quella gli è andata male.