Aggiornamento del Manuale sulla Previdenza Complementare

Ritenendo di fare cosa utile, visto il numero elevato di lavoratori del settore interessati da esodi e ricambi generazionali, pubblichiamo la versione aggiornata del manuale redatto dalla Fisac L’Aquila, che esamina i molteplici aspetti della previdenza complementare con particolare attenzione alle varie modalità di tassazione.

Il manuale è disponibile, al pari di tutte le guide Fisac, nella nostra sezione Guide e manuali

 

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La fiscalità nella Previdenza Complementare – 3^ Ed




Fondi pensione, salgono gli iscritti ma calano i rendimenti

Le turbolenze che hanno investito i mercati nel primo trimestre dell’anno non hanno risparmiato le previdenza complementare: il rendimento è sceso del 3,4% per i fondi negoziali, del 3,6% per quelli aperti e del 3,5% per i Piani pensionistici individuali (Pip) nuovi. Crescono invece gli iscritti, arrivati a quota 8,9 milioni, e anche i contributi incassati, che fanno registrare un +3,4 per cento.


Anche nei primi tre mesi del 2022 il trend delle adesioni alla previdenza complementare si è confermato in crescita, con gli iscritti arrivati a 8,9 milioni. Ma le turbolenze che hanno investito i mercati finanziari non hanno risparmiato le forme integrative: i rendimenti sono stati negativi. Con un -3,4% per i fondi negoziali, -3,6% per i Fondi aperti e -3,5% nei Piani individuali pensionistici (Pip) di ramo III. Per le gestioni separate di ramo I il risultato è stato marginalmente positivo: 0,3%.

Questa è la fotografia scattata dall’ultimo monitoraggio della Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip), che mette in evidenza come a fine marzo le risorse destinate alle prestazioni siano a quota 210 miliardi, 3,3 miliardi in meno rispetto alla fine di dicembre 2021 per effetto delle perdite in conto capitale determinate sempre dall’andamento dei mercati finanziari. I contributi incassati sono invece cresciuti del 3,4 per cento.

 

A marzo 8,9 milioni di iscritti

Dall’ultima rilevazione della Covip emerge che alla fine di marzo 2022 le «posizioni in essere» presso le forme pensionistiche complementari erano 9,846 milioni, con una crescita di 112.000 unità (+1,1%) rispetto al 2021. Considerando chi aderisce contemporaneamente a più forme integrative, gli iscritti hanno raggiunto quota 8,9 milioni. E a salire sono soprattutto gli aderenti ai fondi negoziali (+1,8%) mentre nelle forme pensionistiche di mercato le adesioni risultano cresciute dell’1,7% nei fondi aperti, e dello 0,3% nei Pip “nuovi”.

 

Rendimenti in calo per crisi energetica e guerra sui mercati

Le forti oscillazioni dei mercati, anche per le ricadute della crisi energetica, con la conseguente corsa dell’inflazione, e dello scoppio del conflitto russo-ucraino, non hanno risparmiato i fondi pensione. La Covip sottolinea che, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i rendimenti sono risultati negativi e pari a -3,4% e a -3,6%, rispettivamente, per fondi negoziali e fondi aperti. Il calo ha riguardato anche i Pip di ramo III (-3,5%). L’Authority fa però anche notare che, valutando i rendimenti nell’arco di tempo compreso tra il 2012 e il primo trimestre di quest’anno, i risultati medi annui restano positivi: 3,7% per i fondi negoziali, 4,1% per i fondi aperti, 4,5% per i Pip di ramo III e 2,2% i prodotti di ramo I. Nello stesso periodo la rivalutazione del Tfr è stata del 2,1 per cento.

 

Leggermente giù le risorse in gestione ma più contributi

Per effetto delle perdite in conto capitale determinate dall’andamento dei mercati finanziari, a marzo del 2022 le risorse destinate alle prestazioni (210 miliardi) sono risultate leggermente assottigliate di circa 3,3 miliardi rispetto alla fine del 2021. La Covip, in particolare, osserva che nei fondi negoziali l’attivo netto è di 63,7 miliardi di euro, il 2,5% in meno, mentre nelle forme di mercato ammonta a 28,4 miliardi per i fondi aperti e a 43,9 miliardi nei Pip “nuovi” diminuendo, rispettivamente, dell’1,8 e dello 0,2 per cento. Sul versante dei contributi invece i risultati restano positivi. Fondi negoziali, fondi aperti e Pip nuovi hanno incassato 3,4 miliardi: circa 150 milioni in più (+4,8%) del corrispondente periodo del 2021. La Covip afferma che l’incremento si riscontra in tutte le forme pensionistiche, con variazioni tendenziali che vanno dal 3,4% dei fondi negoziali, al 4,4% dei Pip fino al 9,3% dei fondi aperti.

 

Fonte: Il Sole 24 Ore

 




BPER: occhio alla scadenza. Entro il 31/12 vanno comunicati i contributi al Fondo Pensione non dedotti

 


 

Entro il 31/12/2020 vanno comunicati al fondo pensione:

  • i contributi non dedotti per l’anno 2019
  • la quota del Premio di Risultato (VAP) eventualmente conferito al fondo, nel corso del 2019, proveniente da somme inizialmente confluite sul welfare aziendale.

La dichiarazione serve ad evitare che somme che già sono state tassate siano sottoposte ad ulteriore tassazione in occasione delle prestazioni del fondo (anticipazioni, riscatti, rendite).

 

Contributi versati nell’anno 2019 e non dedotti  

Ricordiamo che il 31 dicembre p.v. è il termine ultimo per la comunicazione dei contributi versati al Fondo Pensione che non sono stati dedotti dal reddito dell’anno 2019 (C.U. , Modello 730 o Unico 2020).

La comunicazione riguarda i contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore, con esclusione delle quote TFR, che hanno superato la soglia di deducibilità di € 5164,57 (1) e per i quali il datore di lavoro non ha proceduto alla deduzione dal reddito. Per i redditi relativi al 2019 tale dato è riportato nella casella 413 del modello CU 2020. Vanno inoltre considerati i versamenti eventualmente effettuati in forma diretta al Fondo Pensione, o versamenti ad altra ulteriore posizione di previdenza complementare, che potrebbero aver fatto superare il limite di deducibilità di cui sopra.

N.B.: Se la casella 413 della CU 2020 non è avvalorata e l’iscritto al Fondo non ha fatto versamenti diretti al Fondo Pensioni o ad altra posizione di previdenza complementare, non dovrà inviare alcuna comunicazione.

 

Come fare la comunicazione dei contributi non dedotti

Una volta accertata l’esistenza di contributi non dedotti occorre dichiararli. Le modalità variano a seconda del fondo al quale si è iscritti.

Per gli iscritti al Fondo Pensione ARCA la comunicazione avviene attraverso la procedura Abacus. L’inserimento va fatto per il tramite di un collega che si di occupa investimenti, abilitato all’utilizzo di tale procedura. Il percorso per effettuare la dichiarazione è il seguente:
DISPOSITIVO FP (FILIALE) → GESTIONE PRATICHE CICLO ATTIVO → CONTRIBUTI NON DEDOTTI.

Per gli iscritti al Fondo Pensione Previbank la dichiarazione dev’essere inserita online accedendo all’area riservata attraverso questo link.

Per i colleghi iscritti al Fondo Pensione Unipol Banca la dichiarazione può essere inserita online accedendo all’area riservata attraverso questo link. In alternativa, la dichiarazione può essere effettuata scaricando e compilando il modulo reperibile a questo link, inviandolo in forma cartacea al Fondo unitamente alla copia di un documento d’identità. In questo caso è fortemente consigliabile anticipare l’invio a mezzo posta elettronica, all’indirizzo [email protected] .

Versamenti effettuati per i familiari fiscalmente a carico.

La deduzione, per un massimale complessivo di euro 5.164,57, spetta, in tutto o in parte a seconda delle condizioni di reddito, al soggetto che ha a fiscalmente a carico i familiari oppure – in casi particolari – a questi ultimi.

Nel caso in cui non sia possibile, in tutto o in parte, usufruire della deduzione, l’importo “non dedotto” dovrà essere comunicato al Fondo Pensione, entro il 31 dicembre 2020, imputandolo sulla posizione del soggetto fiscalmente a carico.  

Quote del Premio di Rendimento (VAP) destinato a previdenza complementare nell’anno 2019

Se nel corso dell’anno 2019 hai conferito tutto o parte del Premio di Rendimento (VAP) sul welfare aziendale, destinando successivamente tali somme a versamenti integrativi sul Fondo Pensione,  si renderà necessario un ulteriore adempimento. Questo può riguardare anche le somme non utilizzate, che vengono automaticamente conferite al Fondo Pensione alla scadenza dell’anno successivo a quello di accantonamento a welfare aziendale.

 

La normativa

La Legge di Bilancio 2017 ha stabilito che, in presenza di un accordo sindacale riguardante l’erogazione del Premio di Risultato che preveda la possibilità far confluire al conto Welfare il premio stesso, siano previste particolari misure di incentivazione fiscale nel limite massimo di € 3.000 annui (€ 4.000 in casi particolari). Nel caso in cui gli importi del Premio di risultato siano destinati a previdenza complementare la Legge prevede che gli stessi:

  • non concorrano alla determinazione del già citato limite di deducibilità massimo di € 5.164,57 annui;
  • possano essere esclusi dalla formazione del reddito complessivo del lavoratore per un importo massimo di € 3.000;
  • non siano fiscalmente imponibili all’atto dell’erogazione della prestazione pensionistica complementare al momento dell’erogazione della pensione complementare o in caso di anticipazione o di riscatto.

Di conseguenza, per far sì che tali situazioni possano essere conosciute dal Fondo Pensione al quale si è conferito il valore del Premio di Rendimento e beneficiare delle agevolazioni previste, la circolare Agenzia delle Entrate 5/E del marzo 2018 prevede che:

“Entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui i contributi sono stati versati alla forma di previdenza complementare, il contribuente è tenuto a comunicare a questa ultima sia l’eventuale ammontare di contributi non dedotti, che l’importo dei contributi sostitutivi del Premio di risultato che, seppur non assoggettati ad imposizione, non dovranno concorrere alla formazione della base imponibile della prestazione previdenziale.”

Importante

Il valore del Premio di Risultato eventualmente convertito in contribuzione a previdenza complementare è verificabile controllando il valore riportato nella casella 574 della CU 2020 (redditi 2019)

Quindi:
se nel corso dell’anno 2019 hai versato, attraverso la formula del Welfare aziendale, quote del Premio di Rendimento al Fondo Pensione, entro il 31 dicembre 2020 dovrai comunicare il valore del Premio di Risultato versato al Fondo stesso. Le modalità operative sono le medesime già indicate per la comunicazione dei contributi non dedotti

N.B: Molti fondi negoziali, come ad esempio ARCA, sono in grado di distinguere autonomamente i versamenti derivanti dalla conversione del Premio di Rendimento. Questo vuol dire che la mancata comunicazione non dovrebbe causare la doppia tassazione delle somme. Riteniamo comunque opportuno procedere alla comunicazione, come disposto dall’Agenzia delle Entrate.

Come sempre, i rappresentanti sindacali e le strutture territoriali della FISAC CGIL sono a tua disposizione per ogni eventuale necessità di assistenza.

 

FISAC CGIL
Coordinamento Aziendale BPER Banca


(1) L’importo del plafond previsto per la deducibilità fiscale, nella generalità dei casi, è pari a € 5.164,57 annui. La normativa in vigore prevede, inoltre, che “ai lavoratori di prima occupazione successiva al 1° gennaio 2007 e, limitatamente ai primi cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari, è consentito, nei venti anni successivi al quinto anno di partecipazione a tali forme, di dedurre dal reddito complessivo i contributi eccedenti il limite di 5.164,57 euro pari alla differenza positiva tra l’importo di 25.822,85 euro e i contributi effettivamente versati nei primi cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche e, comunque, per un importo annuo non superiore a 2.582,29 euro”.

 




Aggiornamento manuale “La fiscalità nella Previdenza Complementare”

Di seguito riportiamo il link alla seconda edizione del manuale “La fiscalità nella Previdenza Complementare”, redatto a cura della Fisac AQ, aggiornato al mese di ottobre 2020.

Eventuali segnalazioni di refusi o di integrazioni saranno assolutamente graditi: si tratta di uno strumento utile per dare risposte a gran parte delle domande sull’argomento, che insieme possiamo migliorare.

Il manuale si può scaricare anche dalla sezione “Guide e manuali”

 

Scarica il manuale La fiscalità nella Previdenza Complementare – 2^ Ed.




MPS : modifiche statutarie Fondi di Previdenza

PERCHE’ VOTARE?

Perché è un mio diritto e per esercitare la mia partecipazione attiva a supporto dell’iter di revisione statutaria.


COSA CAMBIA CON LE MODIFICHE STATUTARIE DEL FONDO PENSIONE COMPLEMENTARE PER I DIPENDENTI DELLA BANCA MPS DIVENUTI TALI DALL’1.1.1991?

  1. Adeguamento dell’evoluzione normativa e alle indicazioni della Commissione di Vigilanza sui Fondi pensione (COVIP) in materia di gestione del patrimonio finanziario, aggiornamento della struttura organizzativa, della struttura operativa e regolamentazione del conflitto di interessi.
  2. Adesione dei soggetti fiscalmente a carico: sarà consentita l’adesione al Fondo anche ai familiari fiscalmente a carico degli iscritti attraverso l’alimentazione delle singole posizioni secondo le modalità operative che saranno definiti dal Consiglio di Amministrazione del Fondo, avendo come riferimento la RAL dell’iscritto.
  3. Facoltà di iscrizione al Fondo Pensione Monte dei Paschi di Siena (nuova denominazione) da parte dei lavoratori dipendenti di MPS Capital Services Banca per le Imprese, MPS Leasing&Factoring e Widiba, con l’attribuzione del ruolo di riferimento per la previdenza complementare di Gruppo.
  4. Sarà consentito il mantenimento dell’iscrizione in caso di cessazione del rapporto di lavoro o, comunque, in caso di cessione, anche individuale, del contratto di lavoro per effetto di procedure collettive per riduzione di organici ed altre operazioni societarie in genere.
  5. Completamento del percorso di razionalizzazione delle preesistenti e residuali forme di previdenza a prestazione definita interne al Gruppo con un percorso di accentramento ed unificazione delle diverse forme di previdenza ancora attive che confluiranno in una sezione dedicata del Fondo.

 

 

COSA CAMBIA CON LE MODIFICHE STATUTARIE DELLA CASSA DI PREVIDENZA AZIENDALE PER IL PERSONALE DEL MONTE DEI PASCHI DI SIENA?

  1. Adeguamento dell’evoluzione normativa e alle indicazioni della Commissione di Vigilanza sui Fondi pensione (COVIP) in materia di gestione del patrimonio finanziario, aggiornamento della struttura organizzativa, della struttura operativa e regolamentazione del conflitto di interessi.
  2. Sarà consentito il mantenimento dell’iscrizione in caso di cessazione del rapporto di lavoro o, comunque, in caso di cessione, anche individuale, del contratto di lavoro per effetto di procedure collettive per riduzione di organici ed altre operazioni societarie in genere.
  3. Per gli iscritti alla CPA a Prestazione Definita, saranno adeguati i coefficienti di calcolo della pensione integrata.

 

COME VOTARE?

Accedendo alla ”Area Riservata” nel proprio sito di riferimento (www.fondopensionemps.itwww.cassadiprevidenzamps.it) oppure direttamente dalla intranet aziendale, sezione Fondo Pensione; nelle stesse sezioni saranno disponibili tutte le modifiche proposte con gli statuti comparati.

Siena, 04/02/2020

 

LE SEGRETERIE




Le anticipazioni da Fondo Pensione e TFR

Anticipazioni per spese sanitarie

Questa tipologia di anticipazione può essere richiesta in qualsiasi momento, a fronte di spese sanitarie dovute a gravissime situazioni relative a sé, al coniuge e ai figli per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche. Il limite massimo richiedibile è pari al 75% del montante maturato fino alla data della richiesta.
complessiva delle anticipazioni richiedibili non potrà pertanto superare il 75% del montante complessivamente maturato durante tutto il periodo di contribuzione al fondo.

Un esempio aiuterà a capire meglio il meccanismo di calcolo.
Passano gli anni, il lavoratore accumula ulteriori € 10.000 di versamenti riportando il montante complessivo ad € 15.000.
Totale dei montanti accumulati: (€ 20.000 + € 10.000) = € 30.000.
Percentuale massima di anticipazione: 75% su € 30.000 = € 22.500.

A questo totale va sottratta la precedente anticipazione, quindi:
Il meccanismo di tassazione delle anticipazioni per spese sanitarie è lo stesso applicato alle prestazioni finali erogate sotto forma di capitale per i “nuovi iscritti”, riepilogato nella seguente tabella. Si tratta di una tassazione da considerare “provvisoria” in quanto soggetta a conguaglio in sede di riscatto o prestazione finale.

Periodo fiscale

Imponibile

Aliquota applicata

Fino al 31/12/2000

Montante al netto delle seguenti voci:

  • contributi del lavoratore non eccedenti il 4% della retribuzione

  • franchigia di € 309,87 per ogni anno di conferimento del TFR

Tassazione separata con “aliquota interna” calcolata con gli stessi criteri utilizzati per il TFR

Dal 2001 al 2006

Montante al netto delle seguenti voci:

  • rendimenti (già tassati alla fonte)

  • eventuali contributi non dedotti (in quanto superiori al limite annuo di deducibilità)

Tassazione separata con “aliquota interna” calcolata con gli stessi criteri utilizzati per il TFR

Montante al netto delle seguenti voci:

  • rendimenti (già tassati alla fonte

  • eventuali contributi non dedotti (in quanto superiori al limite annuo di deducibilità)

  • eventuali contributi versati in sostituzione del premio di risultato tramite welfare aziendale

Anticipazioni per acquisto o ristrutturazione prima casa

la richiesta può essere effettuata solo dopo 8 anni di iscrizione ad una forma di previdenza complementare.

mposta sostitutiva con unica aliquota del 23%.

Anche in questo caso la tassazione è soggetta a successivo conguaglio.

Anticipazioni per ulteriori esigenze

.

La tassazione di questo tipo di anticipazioni segue le stesse regole già viste per la prima casa, quindi meno favorevoli rispetto alle anticipazioni per spese sanitarie.

Differenze con il TFR

anticipazione per motivi di salute anche prima di questo termine).

  • non può superare il 70% del montante accantonato (contro il 75% anticipabile nella previdenza integrativa).

  • Reintegro delle anticipazioni

    Per maggiori approfondimenti sul tema dei fondi pensione è possibile scaricare il manuale “La fiscalità nella previdenza complementare”

     




    ISP: eccezionale risultato dei candidati fisac alle elezioni per il fondo pensione di gruppo

    Si è concluso lo spoglio dei voti per le elezioni Fondo Pensione a Contribuzione Definita di Gruppo e siamo molto contenti di comunicarvi i risultati definitivi che testimoniano la fiducia e l’enorme consenso che i nostri candidati sono riusciti a raccogliere in questa consultazione.

    Tutti i nostri candidati, come dichiarato anche nei vari documenti redatti in campagna elettorale, sono ricchi di competenza, entusiasmo e determinazione: metteranno fin da subito queste loro qualità al servizio del nostro Fondo per garantirci la migliore gestione di questo pilastro fondamentale del nostro welfare.

    Siamo molto felici di unirci a tutti loro nel ringraziarvi per la grande fiducia e sostegno che ancora una volta avete voluto riservarci.

    Qui di seguito i dati delle preferenze assegnate ai vari candidati.

    CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE

    CANDIDATO PREFERENZE
    Laura Sostegni
    con Luca Ongaro
    FISAC
    2.726
    Stefano Casati
    con Felice Bonfanti
    FISAC
    2.711
    Mauro Bossola
    con Gianfranco Bertinotti
    2.705
    Tiberio Carello
    con Daniele Perri
    1.659
    Donato Demarchi
    con Dario Cerri
    1.545
    Ernesto Tagliarini
    con Anna Gammarota
    1.536
    Vincenzo Mocati
    con Felice Coco
    1.519
    Giuseppe Angelucci
    con Carlo Sabetta
    1.471
    Massimiliano Lanzini
    con Angela Ciccarelli
    977
    Daniele Forloni
    con Roberto Bertanza
    746

    ASSEMBLEA DEI DELEGATI

    CANDIDATO PREFERENZE
    Valeria Arleri 1.829
    Stefano Fornari – FISAC 1.282
    Giuliana Ciriello – FISAC 1.264
    Assunta Pagliaro – FISAC 1.221
    Barbara Avaltroni 916
    Emilia Milesi 887
    Antonio Francesco Mesiano – FISAC 885
    Romina Leodardi 679
    Mariarosa Cannatà 635
    Guido Napoli 629
    Donato Cucco 585
    Pinton Luca 559
    Bruno Ita – FISAC 557
    Giovanni Conte 542
    Mario Martinovich 512
    Fabrizio Michelacci 497
    Elisa Zivelonghi 491
    Luca Brocchin 467
    Lorenzo Leo 416
    Stefano Barni 394
    Giuseppe Buono 385
    Fabrizio Rigo 356
    Giovanni Precoma 317
    Luca Ravaglia 302
    Daniele Tancorra 282
    Isacco Cicala 196
    Maurizio Lavizzari 184

    COLLEGIO DEI SINDACI

    CANDIDATO PREFERENZE
    Roberto Boninsegni
    con Pierluigi Mazzotta
    3.276
    Umberto Colombrino
    con Massimiliano Mazzeo
    FISAC
    2.960
    Giuseppe Fontana
    con Stefania Faedda
    2.466



    34 miliardi spariti: il Tfr “espropriato” dallo Stato

    “Vorrei l’ultima relazione sull’uso delle somme del Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto istituito dalla legge 296/2006 (commi 755 ss.). Potreste cortesemente inviarmela?”.

    La domanda dev’essere stata posta all’interlocutore sbagliato. Il ministero del Tesoro, infatti non si ritiene competente in materia: “La richiesta va fatta all’Inps e al Ministero del Lavoro”, è l’asciutta risposta di un portavoce.

    Peccato che neanche al dicastero guidato da Luigi Di Maio ne sappiano nulla.
    “I dati da lei richiesti sono in possesso dell’Inps”, rispondono.
    Bingo? No, all’istituto di previdenza presieduto da Pasquale Tridico suggeriscono “di rivolgersi per competenza al ministero dell’Economia e delle Finanze in relazione a quanto previsto dalla legge 296/2006”.

    Conclusione: nessuno sa che fine abbiano fatto i quasi 35 miliardi di euro che l’Inps ha girato allo Stato dal 2007 al 2017 attingendoli dal Fondo di Tesoreria. Quello dove le imprese private con oltre 50 dipendenti sono obbligate a versare le quote di Tfr dei lavoratori che non hanno scelto di depositare il proprio trattamento di fine rapporto in fondi pensione.

    Il flusso medio al lordo delle prestazioni erogate, per intenderci, è di oltre 5 miliardi l’anno. Denaro che aveva dei precisi vincoli di investimento. Sia qualitativi che quantitativi. E i ministeri interessati, così come l’Inps sono già stati messi in guardia dalla Corte dei Conti che, in una dettagliata relazione del marzo 2011, aveva espresso severi giudizi e grandi timori sui rischi di un uso sconsiderato di queste grosse quantità di soldi, parlando tra il resto di “prelievo forzoso” ai danni delle imprese private, di “tassa occulta” e di rischio di squilibri per i conti dello Stato a carico delle generazioni future e a danno dei lavoratori veri proprietari dei soldi.

    Nelle intenzioni del legislatore, lo Stato avrebbe dovuto utilizzare i Tfr depositati per stimolare crescita e occupazione, finanziando infrastrutture attraverso fondi per favorire la crescita o aziende pubbliche come Anas e Ferrovie dello Stato, con precisi tetti di spesa per ogni voce. Ma cosa sia poi successo, non si sa.
    Nonostante la legge prevedesse anche l’obbligo, per il ministero del Tesoro e quello del Lavoro, di presentare al Parlamento una relazione dettagliata sulla consistenza e l’utilizzo del Fondo entro il 30 settembre di ogni anno. Gli ultimi ad affrontare la questione in modo analitico sono stati appunto i magistrati contabili, che nel 2011 hanno dedicato un’intera deliberazione della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato proprio all’utilizzo del Tfr depositato dalle imprese presso l’Inps.

     

    L’alt dei giudici contabili: “È un prelievo forzoso”

    “La Corte sottolinea il pericolo derivante dall’utilizzazione del fondo per mere finalità di provvista finanziaria: detta pratica potrebbe pregiudicare i futuri equilibri di bilancio e creare problemi di equità intergenerazionale a danno dei futuri contribuenti e percettori dei servizi”, si legge nel documento, che paventa “il concreto rischio di far ricadere sulle future generazioni il possibile sbilanciamento economico del sistema, che non potrà essere colmato, se non attraverso l’inasprimento delle aliquote contributive o del prelievo fiscale”. L’anno prima, la magistratura contabile aveva rilevato come tra il 2007 e il 2009 il Ministero dell’Interno avesse utilizzato il denaro raccolto per finanziare la spesa corrente, pagando con il Tfr dei lavoratori gli oneri di ammortamenti dei mutui per i comuni dissestati, la gratuità dei libri di testo e la spesa per i lavoratori socialmente utili dei Comuni di Napoli e Palermo e della Provincia di Napoli. Voci che “non corrispondevano alle finalità delle norme in tema di utilizzazione del Tfr”.
    Dall’incidente con il Viminale, poi chiuso, a questioni di rilevanza ancora maggiore, il passo è stato breve. Nella sua ricognizione la Corte dei Conti è infatti giunta presto al nocciolo: “L’Amministrazione statale non sta predisponendo alcun meccanismo di reintegrazione del fondo Tfr gestito dall’Inps, in relazione alle somme già prelevate per il triennio 2007-2009 e per quelle dell’anno in corso. Anzi, il contestato meccanismo risulta confermato almeno fino allo scadere del decennio dalla sua introduzione: a fronte delle somme ad oggi prelevate, pari a 15,86 miliardi di euro, sono previsti introiti di analoga natura fino a raggiungere, a tale scadenza, i 30 miliardi complessivi”.

     

    Giulio Tremonti spende, poi cambia la norma

    In pratica il dicastero all’epoca guidato da Giulio Tremonti riteneva di poter continuare, almeno fino al 2017, a finanziare i conti pubblici attingendo a fondo perduto dal denaro dei lavoratori depositato temporaneamente presso l’Inps, senza prevedere dei meccanismi di restituzione nel tempo, meno che mai con gli interessi. Anzi, in seguito alle rimostranze della magistratura contabile circa l’uso dei fondi non a norma, è stata la norma ad essere modificata, non l’usanza, con la possibilità di utilizzare il Tfr depositato presso l’Inps anche per sostenere l’equilibrio della gestione sanitaria. Da qui la pesante accusa dei magistrati contabili secondo i quali un “simile prelievo, senza il correlato onere di ricostituzione del fondo, costituisce una operazione di natura espropriativa senza indennizzo o comunque di prelievo fiscale indiretto nei confronti delle categorie interessate a versamenti finalizzati a scopi ben diversi dal sostegno alla finanza pubblica”. Per di più basato su “dati statistici elementari”. Che al contrario, se confermati, dovrebbero “servire a garantire le categorie interessate, attraverso un migliore rendimento di quello attualmente fissato dalla legge. Non vi è nessuna norma in grado di giustificare una utilizzazione delle somme prelevate diversa dalle finalità per le quali datori di lavoro e prestatori le conferiscono”.
    In altre parole, è il ragionamento, visto che il denaro non è dello Stato ma dei lavoratori o delle aziende, i suoi frutti dovrebbero andare ai lavoratori e alle aziende, non allo Stato. Che per di più se ne serve senza preoccuparsi di doverlo restituire. Purtroppo poi, “il trend economico-finanziario affermato non appare comunque attendibile e sussistono buone ragioni per prevedere esiti molto diversi rispetto a tale previsione”.

     

    Nessuna rendicontazione: l’opacità della politica

    Il conto rischia di essere ancora più salato: “La carenza dei dati istruttori e la sottovalutazione di importanti fattori di criticità è idonea a creare squilibri nel tempo, dei quali potrebbero fare le spese i futuri contribuenti e percettori delle prestazioni”, tuonava la Corte. I magistrati quindi fin dal 2011 contestavano “l’assenza di analitica individuazione delle partite di spesa finalizzate con il Tfr”, completando “il criticato percorso di prelievo e utilizzazione della risorsa a scopo di riequilibrio del bilancio statale”, con un “deficit di trasparenza nell’utilizzazione delle risorse”.
    Non solo. “Si può fin d’ora precisare che alle suddette problematiche, sollevate da questa Corte sulla base di incontrovertibili elementi obiettivi, non è stata data adeguata risposta, anzi le risultanze della presente indagine hanno posto in luce questioni e disfunzioni ancor più complesse di quelle precedentemente accertate”. Mentre “allo stato degli atti si deve ragionevolmente dedurre che a partire dal 2010 questi fondi serviranno semplicemente a finanziare il bilancio confondendosi con le altre entrate correnti dello Stato”.

    Viste le risposte ricevute, impossibile verificare come sia andata davvero. Quel che è certo è che l’Inps ha continuato a girare allo Stato gli accantonamenti per il Tfr non utilizzati per coprire le prestazioni, per un totale che a fine 2016 superava i 30 miliardi stimati dal Tesoro di Tremonti. Delle relazioni però non c’è traccia come sottolinea il professor Francesco Vallacqua, docente di Economia e gestione delle Assicurazioni vita e dei fondi pensione presso l’Università Bocconi di Milano. “Vorrei un’analitica descrizione di dove sono andati a finire ogni anno i circa 5 miliardi di euro che dovevano servire per finanziare le infrastrutture come previsto dalla legge 296/06 – spiega a Il Fatto Quotidiano – Mi andrebbe bene anche se, legittimamente, qualcuno istituzionalmente indicasse che c’erano esigenze più contingenti di spesa corrente e che i soldi sono stati utilizzati per altro. Però aboliamo quella legge che dice che vanno da un’altra parte, altrimenti rimane una norma non rispettata. Intanto sarebbe interessante leggere le relazioni dei vari ministri del Lavoro sul tema”. Peccato che al ministero non ne sappiano niente.

     

    Articolo di Fiorina Capozzi e Gaia Scacciavillani su “Il Fatto Quotidiano” del 10/6/2019




    La tassazione dei fondi pensione

    Allegato a questo post troverete il manuale “La fiscalità nella previdenza complementare”.

    Si tratta di un lavoro interamente curato dalla Fisac L’Aquila, che si propone di trattare un argomento complesso in modo possibilmente chiaro e comprensibile, sperando di fornire un valido strumento di lavoro.

    Si tratta ovviamente di una prima versione; il manuale è destinato ad essere aggiornato di pari passo con le modifiche alla normativa di riferimento.
    Qualunque suggerimento in merito a rettifiche o integrazioni sarà ben accetto.

     

    Scarica il manuale    La fiscalità nella previdenza complementare

     

     




    MPS. Previdenza complementare: ripristino TFR

    Qualche giorno fa tutti i colleghi sono stati destinatari di una comunicazione del Fondo Pensione relativa all’apertura di una finestra straordinaria per la variazione del contributo volontario, dopo il ripristino, con decorrenza dal 1° Aprile, della base di calcolo per il TFR, attraverso il recupero della tredicesima mensilità e di conseguenza senza la decurtazione del 23%.

    L’aumento della base di calcolo del TFR, secondo le previsioni del CCNL, si riverbera anche sul contributo datoriale a Previdenza Complementare con un 2,50% (versato dall’azienda) calcolato per il futuro su una base più ampia.

    A tale importantissimo risultato si è giunti grazie all’accordo sindacale del 31/12/2018 che, tra le altre previsioni, ha sancito (anche) la fine della penalizzazione dei lavoratori sul calcolo del TFR e di conseguenza un forte recupero, soprattutto per i giovani, sul salario differito, dopo sei anni di sacrifici imposti da politiche di contenimento dei costi finalizzate al risanamento e al ritorno alla redditività della Banca.

    Alla luce dei dati del primo trimestre che registrano un utile netto di 28 milioni di euro e dopo le dichiarazioni dell’A.D. su possibili scenari di “aggregazioni o diversificazioni dimensionali” corre l’obbligo di ricordare che in questi anni i lavoratori hanno già pagato un prezzo altissimo e che, pertanto, eventuali operazioni che coinvolgeranno questo Gruppo, dovranno tener conto di quanto già espresso dagli stessi in termini di sacrifici economici e professionali, in uno scenario in cui le responsabilità per quanto accaduto alla nostra realtà creditizia sono rimaste, ad oggi, impunite.

    Siena, 14 Maggio 2019