Cgil e Uil, giovedì 11 aprile sciopero generale di 4 ore per tutti i settori privati

Cgil e Uil proclamano per tutti i settori privati 4 ore di sciopero generale per giovedì 11 aprile 2024 ed invitano tutte le lavoratrici e i lavoratori a aderire e a partecipare alle iniziative e mobilitazioni che saranno organizzate a livello territoriale.

GLI OBIETTIVI E LE RAGIONI DELLO SCIOPERO SONO:

 

1. ZERO MORTI SUL LAVORO

  • La salute e la sicurezza sul lavoro devono diventare un vincolo per poter esercitare l’attività d’impresa;
  • Cancellare le leggi che negli anni hanno reso il lavoro precario e frammentato;
  • Superare il subappalto a cascata e ripristinare la parità di trattamento economico e normativo per le lavoratrici e i lavoratori di tutti gli appalti pubblici e privati;
  • Rafforzare le attività di vigilanza e prevenzione incrementando le assunzioni nell’Ispettorato del Lavoro e nelle Aziende Sanitarie Locali;
  • Mai al lavoro senza un’adeguata formazione e diritto alla formazione continua per tutte le lavoratrici e i lavoratori;
  • Una vera patente a punti, per tutte le aziende e per tutti i settori, che blocchi le attività alle imprese che non rispettano le norme di sicurezza;
  • Diritto delle lavoratrici e dei lavoratori di eleggere in tutti i luoghi di lavoro i propri Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza;
  • Obbligo delle imprese ad applicare i CCNL firmati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative ed al rispetto delle norme sulla sicurezza; quali condizioni per poter accedere a finanziamenti/incentivi pubblici.

 

2. PER UNA GIUSTA RIFORMA FISCALE

Lavoratori dipendenti e Pensionati pagano oltre il 90% del gettito IRPEF, mentre intere categorie economiche continuano a non pagare fino al 70% delle imposte dovute. L’evasione complessiva continua ad essere pari a 90 miliardi all’anno.

  • La delega che il governo sta applicando invece di combattere l’evasione fiscale e contributiva introduce nuove sanatorie, condoni e concordati. Non tassa gli extraprofitti, favorisce le rendite finanziare e immobiliari, il lavoro autonomo benestante e le grandi ricchezze; Questa impostazione del governo va contrastata ed invertita:
  • È necessario ridurre la tassazione sul lavoro dipendente ed i pensionati, tassare le rendite e contrastare l’evasione;
  • Promuovere così un fisco progressivo abolendo la flat tax, estendendo la base imponibile dell’IRPEF a tutti i redditi;
  • Indicizzare all’inflazione reale le detrazioni da lavoro e da pensione e detassare gli aumenti contrattuali;
  • Occorre andare a prendere le risorse dove sono per finanziare sanità istruzionenon autosufficienzadiritti sociali e investimenti pubblici.

 

3. PER UN NUOVO MODELLO SOCIALE E DI FARE IMPRESA

Vogliamo rimettere al centro delle politiche economiche e sociali del governo e delle Imprese il valore del lavoro a partire dal rinnovo dei CONTRATTI NAZIONALI e da una legge sulla rappresentanza, la centralità della salute e della persona, la qualità di un’occupazione stabile e non precaria, una seria riforma delle pensioni, il rilancio degli investimenti pubblici e privati per riconvertire e innovare il nostro sistema produttivo e puntare alla piena e buona occupazione a partire dal Mezzogiorno.

 

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Non si può andare avanti così! Qualcuno faccia qualcosa (al posto mio)!

Ormai lo sappiamo: per il giorno 17 novembre Cgil e UIL hanno proclamato uno sciopero generale di 8 ore per protestare contro le politiche economiche del governo.

L’esperienza insegna che mobilitazioni su temi non strettamente legati al nostro lavoro non riescono a coinvolgere più di tanto il nostro settore: sembra quasi che chi lavora in banca, nelle assicurazioni o nelle esattorie sia al disopra dei problemi che stiamo evidenziando. Ma è  davvero così?

Ragioniamo su alcuni aspetti.

PENSIONI
Sintetizzando i provvedimenti del governo, possiamo dire che in pensione si andrà più tardi e si prenderà di meno. Questo per effetto delle penalizzazioni su quota 103, per l’aumento delle finestre d’uscita, per il ripristino dell’adeguamento alle aspettative di vita, per il taglio dell’indicizzazione delle pensioni al costo della vita.
E tutto questo dopo che uno dei punti forti del programma sbandierato dal governo era stato il stato il superamento della legge Fornero. Invece l’hanno peggiorata.

FISCO
Se c’è un tema al quale dovremmo essere particolarmente sensibili è proprio quello relativo al fisco. Noi non abbiamo la possibilità di sottrarci al pagamento delle imposte, che ci vengono trattenute direttamente in busta paga. E questo il governo lo sa bene, quindi ci penalizza pesantemente rispetto ai lavoratori autonomi.
Un solo dato basta a chiarire il concetto. Su un reddito lordo superiore ai 50mila euro un lavoratore autonomo paga un’aliquota del 15%. Un lavoratore dipendente o un pensionato arrivano a pagare un’aliquota del 43%: cioè quasi il triplo.
Discorso a parte merita l’evasione fiscale: in Italia vengono sottratti al fisco quasi 100 miliardi l’anno. Soldi, sia chiaro, che alla fine vanno a gravare su chi le tasse le paga. Cioè noi. 
Il governo non solo non fa nulla per ridurre l’evasione, ma riserva trattamenti di favore agli evasori sotto forma di condoni e sanatorie : in tal modo li incoraggia a continuare ad evadere.
Parlando di fisco, dobbiamo accennare anche all’aumento dell’IVA su assorbenti e prodotti per l’infanzia, in totale contraddizione con un governo che afferma di sostenere le famiglie, e le accise sui carburanti, che avevano promesso di eliminare e invece hanno aumentato, azzerando i tagli del governo Draghi.
Dulcis in fundo, la tassazione dei mutui ai dipendenti, contro la quale la Fisac si sta battendo con tutte le sue forze senza trovare – per ora – nessuna disponibilità all’ascolto.
Un tema che riguarda espressamente i bancari, e nessun’altra categoria.

SANITÀ
Il governo prevede di tagliare, negli anni a venire, la quota di Pil da destinare alla sanità, riducendola progressivamente dal 6,6% di quest’anno al 6,1% del 2026. Quindi non è un problema di minori entrate (dovute anche all’evasione), ma di scelte: si sceglie di togliere soldi alla sanità per destinarli ad altro (le armi, per esempio).
La sanità è uno degli aspetti su cui tendiamo a sentirci più tutelati, forti delle polizze sanitarie frutto di tanti accordi aziendali in vigore. Ma anche questa è una falsa sicurezza.
Lo sviluppo della sanità privata significa progressivo smantellamento degli ospedali, e impossibilità di curarsi per chi non può permetterselo. Per la sanità si va verso un modello hub e spoke: chi lavora in banca sa cosa significa e quanto sia limitante per l’attività giornaliera. Immaginate di vedere applicato questo modello, basato solo sul risparmio dei costi, alle vostre esigenze di salute.

STIPENDI
A noi cosa ci frega? Ai bancari arriverà presto il rinnovo del contratto con l’aumento. Possiamo stare a preoccuparci se in due famiglie italiane su tre, pur lavorando, si fatica ad arrivare a fine mese? Possiamo stare a preoccuparci se l’Italia è l’unico paese europeo in cui i salari perdono potere d’acquisto da oltre 30 anni?
In realtà sì. Perché abbiamo dei figli che non hanno speranze per il futuro. Perché la precarietà, l’incertezza, i bassi stipendi, portano le giovani coppie a non mettere al mondo bambini. E questo, ragionando egoisticamente, è un bel problema: chi ci pagherà la pensione?

Potremmo proseguire a lungo. Siamo abituati a ragionare in modo egoistico: finché non mi toccano personalmente, io non mi preoccupo dei fatti che succedono intorno a me. Senza capire che in questo modo sto segando il ramo su cui sono seduto.
Non aderisco allo sciopero, e così facendo tolgo forza al sindacato; salvo poi accorgermi, quando ho bisogno di aiuto, che non è abbastanza forte per risolvere il mio problema.

Venerdì 17 c’è l’occasione per fare la nostra piccola, piccolissima parte, per provare a cambiare le tante cose che non ci piacciono. Possiamo impegnarci in prima persona. Oppure continuare a pensare che “Per carità, lo sciopero è giusto, ma magari lo faccio la prossima volta. E intanto me la prendo con i sindacati che non fanno abbastanza…”

 

 

 

 

 

 




Adesso basta! Il 17 novembre 8 ore di sciopero generale

Venerdì 17 novembre 8 ore di sciopero: per alzare i salari, per estendere i diritti e per contrastare una legge di bilancio che non ferma il drammatico impoverimento di lavoratrici, lavoratori, pensionate e pensionati e non offre futuro ai giovani


  • Non c’è alcuna risposta all’emergenza salariale: hanno annunciato “100 euro in più nelle buste paga”, ma si limitano a confermare quelle in essere, già falcidiate – in media del 17% – da un’inflazione da profitti e speculazione.
  • Hanno detto di “rilanciare la contrattazione collettiva”, ma non stanziano le risorse necessarie a rinnovare i contratti del pubblico impiego e a sostenere e detassare i rinnovi nei settori privati.
  • Hanno dichiarato di voler incrementare la spesa sanitaria, ma continuano a indebolire il Servizio Sanitario Nazionale spingendo cittadini e personale verso la sanità privata.
  • Tagliano le risorse alla scuola pubblica, alle politiche sociali (casa, affitti, bollette, povertà), alla disabilità e non mettono nulla per la non autosufficienza e sul trasporto pubblico locale.
  • Avevano promesso di “cancellare la Legge Fornero” e invece la confermano e la peggiorano: restringendo le già limitate misure di flessibilità in uscita (quota 103, opzione donna, ape sociale); tagliando i futuri assegni dei pubblici e la rivalutazione delle pensioni in essere; e di fatto stabilendo – dal 2024 – le uscite per tutti con i 67 anni di vecchiaia, i 42 anni e 10 mesi di anticipata (uno in meno per le lavoratrici) e i 71 anni per giovani e donne nel sistema contributivo.
  • Non fanno nulla per il lavoro stabile e di qualità e non intervengono contro la precarietà, anzi: reintroducono i voucher e liberalizzano il lavoro a termine.
  • Nessun investimento concreto per migliorare la vita e il lavoro delle donne: solo propaganda patriarcale e regressiva.
  • Portano avanti una riforma fiscale che – a parità di reddito – tassa di più i salari e le pensioni dei profitti, delle rendite finanziarie e immobiliari, del lavoro autonomo benestante, dei grandi patrimoni e dei redditi alti e altissimi.
  • Non tassano gli extraprofitti e incentivano un’evasione fiscale che, ogni anno, sottrae 100 miliardi di euro alle politiche sociali e di sviluppo del paese.
  • Non investono in salute e sicurezza, nonostante la strage che si consuma ogni giorno nei luoghi di lavoro.
  • Non ci sono politiche industriali e di investimento in grado di creare lavoro buono e ben retribuito soprattutto peri giovani; dare risposte a lavoratrici e lavoratori coinvolti nelle tante crisi aziendali aperte a cui il governo non dà soluzioni; e governare la transizione ambientale, digitale ed energetica: si continua con gli incentivi a pioggia alle imprese e si rilanciano le privatizzazioni.
  • Tagliano gli investimenti pubblici e sulle infrastrutture, dimenticano il Mezzogiorno

 

8 ore di sciopero generale a sostegno di un’altra politica economica, sociale e contrattuale, che non solo è possibile, ma necessaria e urgente

  • LAVORO Aumentare stipendi e pensioni; rinnovare i contratti nazionali rafforzando il potere d’acquisto e detassando gli aumenti; abbattere i divari che colpiscono le donne.
  • FISCO Combattere l’evasione fiscale: basta sanatorie, basta condoni e basta premiare settori economici che presentano una propensione all’evasione fino al 70%; indicizzazione automatica all’inflazione delle detrazioni da lavoro e da pensione; promuovere un fisco progressivo: no alla flat tax; riportare all’interno della base imponibile irpef tutti i redditi oggi esclusi e tassati separatamente con aliquote più basse; tassare gli extraprofitti e le grandi ricchezze.
  • GIOVANI Favorire il lavoro stabile a tempo indeterminato; cancellare la precarietà; introdurre una pensione contributiva di garanzia; garantire il diritto allo studio attraverso investimenti per servizi, alloggi e borse di studio.
  • PENSIONI Approvare una vera riforma delle pensioni, che superi la legge Monti-Fornero; garantire la piena tutela del potere d’acquisto delle pensioni in essere.
  • STATO SOCIALE Difendere e rilanciare il servizio sanitario nazionale anche aumentando i livelli sala riali; approvare un piano straordinario di assunzioni nella sanità e in tutti i settori pubblici e della conoscenza; finanziare le leggi su non autosufficienza e disabilità; aumentare le risorse per il trasporto pubblico locale; rifinanziare il fondo sostegno agli affitti.
  • SALUTE E SICUREZZA Investire su salute e sicurezza: basta morti sul lavoro!!
  • POLITICHE PER L’ACCOGLIENZA Abbandonare la politica securitaria a partire dalla cancellazione della legge Bossi-Fini e di tutti i recenti provvedimenti in materia di immigrazione e definire nuove politiche di accoglienza e integrazione dei cittadini migranti.
  • POLITICHE INDUSTRIALI Serve una nuova strategia e un nuovo intervento pubblico per affrontare le crisi vecchie e nuove, puntare sulla transizione ambientale ed energetica, riconvertire e innovare il nostro sistema produttivo governando i processi di digitalizzazione, difendere e incrementare la qualità e la quantità dell’occupazione a partire dal mezzogiorno.

 

Per Abruzzo e Molise sono previste manifestazioni a Lanciano e Campobasso. 

 

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Fisco e pensioni: il 7/12 manifestazione regionale all’Aquila. La lotta non si ferma

Su fisco e pensioni non ci siamo. E continueremo a lottare: vogliamo partecipare per cambiare le cose, non fare da spettatori. Questo il succo dell’intervento del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, dal palco di piazza Santi Apostoli a Roma nel corso della manifestazione organizzata dalle tre confederazioni nell’ambito del percorso di mobilitazione per modificare le misure previste nella bozza della legge di bilancio 2022. Intervento che si è concluso con un invito perentorio al governo: “Nella prossima settimana bisogna arrivare a quel confronto sul quale l’esecutivo si era impegnato. Se questo non avverrà, andremo avanti fino a ottenere i risultati che ci siamo prefissati”.

Per il segretario generale della Cgil, questa scelta è la conseguenza di un giudizio molto negativo su una manovra che  “non dà risposte sufficienti per contrastare le diseguaglianze sociali, economiche e geografiche del Paese”. A partire dal fisco. Le risorse, 8 miliardi, “sono inadeguate”. In ogni caso, con  queste prime risorse devono servire ad “aumentare i redditi da lavoro e da pensione a partire da quelli più bassi. Non ci può essere un’operazione che tutela i redditi medio alti e per i redditi bassi non c’è una risposta”.

I sindacati, come detto, chiedono di essere coinvolti nella trattativa: “Non siamo disponibili a fare da spettatori  – ha scandito tra gli applausi –. Lo dico prima: non pensino di venirci a informare di qualcosa che hanno già deciso. Se è così meglio che non ci convochino”. Deve infatti “essere chiaro che il confronto con il mondo del lavoro e delle parti sociali deve servire a far davvero le riforme di questo paese”. Anche perché, ha osservato il leader della Cgil, “un’ipotesi che sta circolando in queste ore dice che fino a 15 mila euro di reddito l’anno non c’è alcun beneficio fiscale: è qualcosa che non si giustifica in un Paese che ha salari e pensioni basse”.

Molto articolato il ragionamento sull’altro tema chiave, quello delle pensioni, che va letto in profondità: “Una vera riforma delle pensioni – ha sottolineato Landini –  passa da una vera riforma del mercato del lavoro. Combattere la precarietà è importante perché un lavoro non precario è una condizione per avere una dignità adesso e un futuro al momento del pensionamento”.

Landini ha poi ricordato ancora una volta che il governo “si è impegnato ad aprire con noi a dicembre una trattativa per ridisegnare la Fornero. Noi abbiamo pazienza, sono 10 anni che aspettiamo e qualcuno di voi può dire che abbiamo aspettato fin troppo”. La pazienza dunque c’è,  ma “vogliamo fare questa discussione sul serio e se non abbiamo risposte né su questo né sul fisco deve essere chiaro che non abbiamo nessuna intenzione di fermarci nelle nostre proteste e iniziative. Abbiamo intenzione di portare a casa dei risultati concreti per le persone che rappresentiamo”.

Del resto lo spirito della mobilitazione unitaria messa in campo da Cgil, Cisl e Uil è proprio questo: “Le nostre manifestazioni non sono semplicemente manifestazioni contro qualcosa o qualcuno, ma parlano al paese e chiedono una cosa fondamentale: per cambiare questo paese bisogna farlo insieme e non contro il mondo del lavoro”.

 




Bancari esodati, sorpresa dal fisco: chieste altre imposte per il 2016

Centinaia di avvisi bonari sugli assegni di cinque anni fa. I dubbi dei sindacati.


 

Trenta giorni per decidere se pagare o no l’integrazione alle imposte chiesta dal Fisco con avviso bonario inviato il 30 aprile. E’ quanto dovranno decidere gli ex bancari che, nel 2016, ricevevano l’assegno straordinario di accompagnamento alla pensione erogato dal Fondo di Solidarietà per il sostegno del reddito del personale del credito. Cinque anni fa – dati INPS – erano 11.021 le persone che ricevevano l’assegno e, secondo stime sindacali , almeno il 70% (quasi 8mila) dovrebbe aver ricevuto l’avviso dell’Agenzia delle Entrate. L’ammontare da pagare è in media di circa 2mila euro (sull’anno).

Il caso
Perché il Fisco ha inviato gli avvisi bonari? Spieghiamo subito che i bancari che anticipano l’uscita grazie al Fondo di solidarietà ricevono, per un massimo di 5 anni, l’equivalente di quanto prenderanno come pensione al netto delle imposte. A versare l’assegno straordinario è l’INPS che a sua volta riceve il denaro dalla banche. All’assegno, come per il TFR, viene applicata la tassazione separata che è un tipo di imposizione agevolata rispetto alla ordinaria Irpef: la tassazione separata impedisce che, nell’anno in cui vengono percepiti, i redditi maturati in più anni si sommino agli altri redditi del lavoratore.

Il ricalcolo mai applicato
Fin qui tutto abbastanza logico. Al Fisco e al legislatore italiano non piacciono però le cose semplici. Nella tassazione separata, il datore di lavoro (in questo caso le banche) infatti applica una trattenuta fiscale “provvisoria” sul Tfr e sugli assegni straordinari: successivamente viene ricalcolata dall’Agenzia delle Entrate quella definitiva detta “riliquidazione”. Qui non ci addentriamo nelle contorte questioni fiscali. E’ sufficiente sapere che non tutti ricevono la richiesta di ulteriori imposte e il Fisco non può, come noto, spingersi oltre i cinque anni.
Tornando agli ex bancari, questi ultimi si aspettano le richieste di ricalcolo dell’Agenzia delle Entrate su Tfr. Invece, fino ad oggi (il Fondo di solidarietà esiste dal 2000), il Fisco non aveva mai richiesto la riliquidazione sugli assegni.

Sindacati in campo
Gli ex bancari e le associazioni pensionati che li rappresentano a fine aprile si sono subito attivati. Tanto che il 3 maggio è stato diffuso il primo comunicato sindacale sul caso dalle cinque principali sigle sindacali: Fabi, First/Cisl, Fisac/Cgil, Uilca e Unisin hanno annunciato il loro impegno a chiarire subito la situazione. A distanza di 8 giorni, il secondo comunicato sindacale congiunto dove si spiega che “in stretto contatto con l’ABI” (l’Associazione Bancaria Italiana) “l’iniziativa di chiarimento prosegue”. In allegato al Comunicato c’è il documento INPS dove si spiega che “sono in corso approfondimenti sulla questione fra l’Istituto, in qualità di sostituto d’imposta, e l’Agenzia delle Entrate.”

Tempi, soluzioni e futuri esodi
I tempi stringono. Il 30 maggio, giorno di scadenza dell’avviso, è vicino. Sindacati e ABI non commentano “in attesa di evidenze” da parte di Inps e Agenzia. A quanto emerge. però, non è chiaro se ci sia stato un errore tecnico nei codici di comunicazione INPS o una diversa interpretazione del Fisco dopo vent’anni.
Secondo indiscrezioni, gli ex bancari si sono rivolti agli avvocati per capire come agire per le vie legali: ma potrebbero esserci problemi anche per i futuri esodi. Gli accordi erano stati stipulati su cifre che non prevedevano l’ulteriore aggravio emerso nei giorni scorsi. Cos’accadrà ora?

 

Articolo di Vitaliano D’Angelo su “Il Sole 24 Ore” del 15/05/2021