Mps, Franco dà la linea: rilanciare poi vendere

Il ministro dell’economia in audizione alle commissioni finanze di Camera e Senato parla del futuro di Montepaschi: il governo chiederà una proroga ma il controllo della banca da parte dello Stato deve avere una scadenza


 

I tempi per l’uscita dello Stato dal capitale del Monte dei Paschi di Siena non si prospettano brevi. Il Tesoro, ha ribadito il ministro dell’Economia Daniele Franco alle commissioni Finanze di Camera e Senato, sta infatti chiedendo alla Ue una proroga “congrua”, che consenta all’istituto senese di completare la sua ristrutturazione, per la quale servirà un aumento di capitale “in questo momento” quantificato in 2,5 miliardi di euro ma sul quale l’ultima parola toccherà al nuovo piano affidato al neo amministratore delegato Luigi Lovaglio.

“Eventuali favorevoli opportunità di dismissioni qualora si profilassero potranno esser colte sin da subito” ma è “ragionevole attendersi che solo dopo l’aumento e le iniziative di miglioramento dell’efficienza previste dal piano si creeranno condizioni più favorevoli per procedere alla privatizzazione”, ha detto il ministro, che ha invece definito uno scenario “non ipotizzabile”, perché contrario alle norme Ue, la permanenza “senza limiti di tempo” nel capitale della banca.

All’esito della vendita il Mef intende “assicurare” a Mps “un futuro importante nel sistema bancario italiano ed europeo”, salvaguardando “i livelli occupazionali”, il “marchio” e “il legame con il territorio” di una banca parte del “patrimonio economico, culturale e storico” del Paese, della Toscana e di Siena. No anche a “spezzettamenti” mentre sulla cessione di sportelli – si parla di un pacchetto al Sud diretto verso Mediocredito centrale – deciderà la banca. A queste condizioni la nazionalità del partner – “straniero” o “italiano” – non avrà importanza.

Lovaglio, in sella dallo scorso 7 febbraio, avrà Il compito di scrivere “un piano ambizioso e credibile” che convinca la Borsa a sottoscrivere, assieme al Tesoro, l’aumento di Mps in una “operazione di mercato” che scongiuri il rischio di un nuovo salvataggio statale. Al tal riguardo il Mef sta negoziando con l’Europa “misure compensative” per il mancato rispetto dei target al 2021, che si traducano in obiettivi “sufficientemente ambiziosi ma realistici e sostenibili”, specialmente sul fronte dei costi, dal 2017 vero tallone d’Achille della banca. 

 

Con Lovaglio, ha spiegato Franco, si vuole “imprimere alla gestione un cambio di passo per accelerare il processo di ristrutturazione necessario a dare maggiore credibilità alle prospettive di risanamento e sviluppo”, facendo leva sulla reputazione di un manager che “ha gestito operazioni complesse e completato ristrutturazioni aziendali di successo”.

“La prima sfida” a cui sarà chiamato l’ex ad del Creval sarà proprio l’aumento di capitale, il cui ammontare – ha detto Franco – “lo vedremo con il piano industriale”. “In questo momento” i 2,5 miliardi indicati nel dal suo predecessore Guido Bastianini sono una “cifra ancora adeguata”, che dunque dovrebbe finire in maniera inerziale nel capital plan da sottoporre alla Bce entro il 31 marzo.

Franco ha anche chiarito i motivi dell’avvicendamento con Bastianini, sfiduciato dal cda dopo che il Tesoro, all’inizio del 2021, ne aveva chiesto le dimissioni. I risultati 2021, chiusi con 310 milioni di utili, il miglior risultato dal 2015, “sono stati relativamente buoni ma nettamente meno buoni di quelli delle altre banche”, ha detto Franco, indicando come il risultato sia stato spinto da alcune componenti straordinarie e dai sostegni pubblici al credito legati al Covid. Una “relativa debolezza” evidenziata, a detta del ministro, anche dall’andamento del titolo in Borsa (che ha sottoperformato durante il biennio di Bastianini e sovraperformato dopo l’arrivo di Lovaglio).

A Bastianini è stato infine imputato il mancato conseguimento degli obiettivi di costo, rimasti fermi al 70% dei ricavi, livello sotto il quale non era riuscito a scendere neppure il suo predecessore Marco Morelli, che pure quei target aveva concordato con la Ue.

 

Fonte: Il Tirreno




MPS: quello che il MEF e Unicredit non dicono

1 - Fabi 2 - First Cisl 3 - Fisac Cgil 6 - Uilca Unisin nuovo logo

Dopo giorni di inutile attesa, appare evidente come il Ministro Franco ritenga di non dover convocare i rappresentanti dei 21mila Lavoratori del Gruppo MPS, nonostante saranno questi ultimi a subire gli effetti dell’operazione che si sta profilando con molti punti oscuri.
Faremo sentire comunque la nostra voce, da Nord a Sud, dalle Filiali, dalla Direzione Generale, dal Consorzio, dalle Società del Gruppo, dai poli distaccati presso società terze.

NON PROTESTIAMO CONTRO
una possibile soluzione per risolvere i problemi della Banca, la nostra non è una critica aprioristica, vorremmo capire i motivi e il perimetro di una trattativa in esclusiva caratterizzata da una moral suasion esercitata dall’azionista pubblico – lo Stato – che intende accordare una serie di indubbie agevolazioni in favore del soggetto acquirente, Unicredit. Vorremmo capire inoltre perché non vengono prese in considerazione soluzioni alternative.

PROTESTIAMO PER avere chiarezza su un’acquisizione che si gioca sulla pelle delle persone e pertanto non può essere condotta al buio o sulla fiducia. Non deleghiamo la tutela dei Lavoratori a nessuno, perché compete a noi.

PROTESTIAMO PER definire i destini dei 21mila dipendenti del Gruppo, nessuno escluso.

PROTESTIAMO PER delineare un’operazione dai contorni chiari e non divisa in due tempi (prima quello che piace, senza che quello che non piace abbia una prospettiva).

PROTESTIAMO PER avere contezza sull’acquisizione della rete filiali di tutt’Italia. Le filiali MPS del perimetro che sarà acquisito da Unicredit come si collocano nella legislazione antimonopolistica (Antitrust)? Le sovrapposizioni
saranno chiuse? Cedute a terzi? Analogamente, le filiali MPS del perimetro che non sarà acquisito da Unicredit – esclusione che sembra interessare intere aree geografiche – saranno chiuse o cedute a terzi? I colleghi di tutte queste filiali resteranno al loro posto? Continueranno a fare il loro mestiere? Oppure saranno oggetto di mobilità professionale e territoriale?

PROTESTIAMO PER chiarire il futuro delle strutture non prettamente commerciali. Quali sono? Solo la Direzione Generale, peraltro avente significativi presidi sparsi in tutte le regioni d’Italia, oppure anche gli uffici considerati di
supporto, come le direzioni le aree territoriali ed i poli di consorzio? E se Unicredit è interessata alle attività commerciali, disponendo di supporti suoi, a quale altro soggetto potrà interessare un supporto alla rete senza più la rete?

PROTESTIAMO PER capire come si collocano nella possibile acquisizione le società del gruppo, tutte nate dalla costola della banca e anche finanziate con personale proveniente dalla banca, nonché i colleghi reintegrati in MPS e tuttora distaccati sulla società terza Fruendo Srl.

PROTESTIAMO PER avere garanzie che la quantificazione degli esuberi sia coerente con la platea degli aventi diritto al Fondo di Solidarietà delle realtà eventualmente interessate, che il calcolo dell’assegno non subisca modifiche peggiorative e che l’accesso sia realmente volontario.
Dopo tanti anni di duro lavoro e sacrifici, non dobbiamo lasciarci sopraffare dalla paura o dalla rassegnazione proprio ora. Tocca a noi farci sentire dallo Stato, dal Governo, da Unicredit.

Abbiamo avviato le procedure per la proclamazione dello sciopero e, nei tempi previsti dalle normative, daremo vita a un ciclo di assemblee per fare il punto della situazione. Siamo determinati a giocare il nostro ruolo in questa partita perché la posta è altissima, ma dovremo conquistarcelo insieme alle Lavoratrici e ai Lavoratori del Gruppo.

 

Siena, 24 agosto 2021

 

Le Segreterie di Coordinamento
Banca Monte dei Paschi Siena