Il Gruppo Bper chiude 140 filiali. E il Sindacato cosa fa?


Assistiamo sempre più spesso, nel sistema bancario, a operazioni definite di “razionalizzazione”: altro non sono che chiusure di sportelli.

Si tratta di decisioni fonte di frequente mortificazione e rabbia nei colleghi, che riversano sul sindacato aspettative spesso deluse. Forse allora è opportuno chiarire di chi sono le responsabilità esclusive di tali decisioni e gli ambiti entro cui l’azione sindacale si può esplicare.

Art. 19 CCNL
– Ristrutturazioni e/o riorganizzazioni

1. Nei casi di rilevanti ristrutturazioni e/o riorganizzazioni (anche se derivanti da innovazioni tecnologiche) l’informazione e la consultazione sono successive alla fase decisionale.

Come si può leggere, la responsabilità della riorganizzazione è interamente dell’azienda. Una volta assunta la decisione, l’azienda la comunica. A che scopo? Il CCNL continua così:

L’informazione scritta deve riguardare i motivi della programmata ristrutturazione e/o riorganizzazione, le conseguenze giuridiche, economiche e sociali per le lavoratrici/lavoratori, le eventuali misure previste nei confronti di questi ultimi.

Le ricadute sulle condizioni di lavoro del personale … formano oggetto di apposita procedura di contrattazione prima dell’attuazione operativa. I relativi incontri si svolgono tra l’impresa e gli organismi sindacali aziendali.
(Tali incontri)… devono esaurirsi entro 35 giorni, trascorsi i quali l’impresa può attuare i provvedimenti deliberati, per la parte concernente il personale.

Lo scopo della procedura è quindi la gestione delle ricadute sui lavoratori (attenzione: non stiamo parlando di riduzione del personale a seguito dichiarazione esuberi).

Alla fine della procedura, se il tavolo non raggiunge una condivisione sulle ricadute, l’azienda attua comunque i provvedimenti da lei decisi. Non è necessario un accordo affinché la scelta aziendale dispieghi i suoi effetti. Per questo nel gergo si usa indicarla come “procedura debole”.

Ma quindi, in caso di chiusure di filiali, il sindacato non può fare niente? Sulla decisione di chiudere, a parte cercare di convincere della negatività delle scelte e coinvolgere le istituzioni dei territori per fare pressione sull’azienda, il sindacato non ha strumenti vincolanti per opporsi.

Viceversa, sulle ricadute può dire la sua, ma l’accordo tra azienda e sindacato è una possibilità: non è obbligatorio. Quindi, qualora un verbale venga sottoscritto dalle organizzazioni sindacali, non significa che il sindacato sia d’accordo sulla chiusura delle filiali, ma solo che è stata trovata un’intesa per gestire le ricadute professionali e territoriali sulle persone. Se quest’ intesa non si trova, l’azienda procede comunque nel rispetto delle norme vigenti (legge, CCNL, CIA, ecc…).

Si può essere d’accordo o meno sul fatto che l’organizzazione aziendale (e di conseguenza anche la scelta di chiudere filiali) sia potestà esclusiva della stessa. Però le cose stanno così. La precisazione serve a separare bene ambiti e responsabilità.

 

Leggi anche:

https://www.fisac-cgil.it/118413/gruppo-bper-lontano-oltre-le-attese




Presidente Regione Abruzzo scrive a BPER contro la chiusura delle filiali

L’AQUILA – “La decisione, qualora venisse confermata rischia di produrre gravi conseguenze sul sistema del credito e del risparmio della mia Regione, già messo a dura prova da analoghi procedimenti di razionalizzazione avviati in passato da altri istituti di credito”.

Forte preoccupazione per la paventata chiusura di quindici filiali della Bper è stata espressa dal presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio, in una lettera inviata all’amministratore delegato e direttore generale della banca, Piero Luigi Montani.

Tra gli uffici a rischio il presidente Marsilio ha indicato anche l’attuale direzione territoriale Abruzzo Molise, con sede a Lanciano, che verrebbe incorporata in una nuova direzione con sede nelle Marche, con il “conseguente spostamento dei processi decisionali e ridimensionamento delle singole realtà territoriali presenti in Abruzzo”.

Il presidente Marsilio ha quindi chiesto un confronto con il direttore generale al fine di trovare una soluzione più attenta alle esigenze del territorio.

Fonte: AbruzzoWeb

NOTA: la chiusura della DT Abruzzo Molise è ormai avvenuta da mesi. Siamo comunque felici di scoprire che, magari non proprio tempestivamente, il Presidente della Regione Abruzzo se ne sia accorto.




Ovindoli si mobilita contro la chiusura della filiale Bper

Ovindoli. Il gruppo di opposizione consiliare “Orgoglio Ovindoli” rende noto che nella giornata di ieri ha inoltrato al sindaco del Comune di Ovindoli, Angelo Ciminelli, la richiesta per la convocazione di un consiglio comunale specifico, “al fine di discutere analiticamente sulla questione relativa alla chiusura della filiale Bper di Ovindoli”.

Considerando che il nostro paese è a vocazione turistica e che questo si possa considerare a tutti gli effetti un servizio indispensabile, riteniamo che anche l’Amministrazione Comunale del nostro paese debba fare di tutto affinché ciò non avvenga”, scrive il gruppo in una nota, “siamo decisi e risoluti a partecipare attivamente per dare il nostro contributo. Siamo altresì certi che il Sindaco e l’Amministrazione Comunale prenderanno in seria considerazione il nostro invito”.

La posizione del sindaco Angelo Ciminelli

Mi hanno comunicato telefonicamente, pochi giorni fa, che dalla data del 20 maggio 2022, verrà chiuso l’unico sportello bancario presente nel nostro territorio”, riferisce il sindaco di Ovindoli Angelo Ciminelli.

Non saranno più garantiti quindi il servizio di tesoreria comunale, nonché le consueti operazioni bancarie quali: prelievi, ritiro blocchetti assegni, bonifici e versamenti anche come cassa continua . Ritengo necessario ribadire quanto l’economia alle volte faccia fare scelte troppo razionali, dimenticando le esigenze (anche le più banali) dei residenti e dei turisti presenti nel nostro territorio, sia nel periodo estivo che nel periodo invernale . Ovindoli è un paese montano conosciutissimo in tutta Italia, ed è una delle stazioni sciistiche più importanti del centro sud. E’ doveroso sottolineare che si è lavorato tanto, soprattutto durante questo periodo di pandemia, per valorizzare e tutelare questa località, dove l’indotto turistico è notevole e gli investimenti pubblici e privati in questo settore sono in continua crescita. Pur vivendo nell’era della digitalizzazione e dei servizi on line molti utenti, soprattutto quelli di età superiore a 60 anni”, continua Ciminelli, “che sono poi i primi piccoli risparmiatori che hanno permesso al sistema bancario di crescere, non sono particolarmente avvezzi all’utilizzo di procedure informatiche. Inoltre non posso non sottolineare la questione viabilità. Ad Ovindoli, soprattutto nel lungo periodo invernale, gli utenti non avrebbero facilità di spostamento nei comuni limitrofi e questo provocherebbe un ulteriore grave danno al territorio. Mi sono appellato al buon senso dei vertici della BPER con i quali ho avuto un incontro, ed ho inviato una nota al Presidente della Regione Abruzzo Marco Marsilio. Non possiamo accettare la chiusura dell’unico sportello bancario presente nel nostro comune, porteremo avanti tutte le azioni necessarie atte a scongiurane la chiusura”.

Fonte: marsicalive.it




A.A.A. Cercasi banche in Provincia dell’Aquila

 

Dovremmo esordire con “noi lo avevamo detto”. Lo avevamo detto che ai grandi gruppi bancari non interessano più di tanto il Centro-Sud e l’Abruzzo, e ancor meno gl’interessa la nostra Provincia.

Noi lo avevamo detto che le grandi banche, che nel tempo avevano incorporato gli istituti creditizi locali, avrebbero progressivamente abbandonato il nostro territorio.

Poi sono arrivati i numeri a confermare quello che andiamo dicendo: nel 2020 in Abruzzo sono state chiuse il 5,7% delle filiali bancarie, contro un dato nazionale del 3,4%. Nella nostra Provincia la percentuale di chiusure è stata dell’11,1% in un solo anno, quasi il quadruplo del dato nazionale (dati Banca d’Italia).

Siamo in attesa che vengano pubblicati i dati relativi al 2021; nel frattempo, il 2022 porta con sé l’annuncio delle nuove chiusure decise dal gruppo Bper. In provincia dell’Aquila saranno altre 5 le filiali che abbasseranno le saracinesche. Non considerando gli sportelli leggeri, il 7,5% delle chiusure decise da Bper su tutto il territorio nazionale riguarderà la nostra Provincia.

Il ruolo di Bper nell’economia provinciale è fondamentale, se non altro perché nel 2013 ha assorbito due banche storiche come Carispaq e BLS, fortemente presenti e radicate sul territorio. Per questo motivo, le scelte di questo Istituto sono inevitabilmente destinate ad incidere più di altre.
Fin dall’inizio, purtroppo, il Gruppo Bper non si è dimostrato innamorato del nostro territorio, come testimonia una serie di scelte effettuate nel corso degli anni:

  • la chiusura della Direzione Territoriale – prima all’Aquila, poi a livello regionale – trasferita ad Ancona, privando così l’Abruzzo di qualsiasi centro decisionale
  • lo smantellamento progressivo di quasi tutti gli uffici presenti in città con conseguente chiusura del Centro Direzionale Strinella 88
  • il trasferimento dell’Ufficio Ricostruzione post sisma 2009, sradicato dalla sua sede naturale
  • la chiusura di una ventina di filiali dall’incorporazione delle due banche, con almeno 6 comuni – tutti ubicati in aree interne – privati di qualsiasi servizio bancario
  • assunzioni limitate a un giovane ogni 15 dipendenti cessati in occasione dell’ultima manovra sul personale, a fronte di un accordo nazionale che prevedeva assunzioni nel rapporto di 1 a 5.

…e l’elenco potrebbe continuare. Su queste decisioni le opinioni possono essere discordanti, ma un fatto è innegabile: sono tutte scelte che hanno impoverito, ed impoveriranno ancora in futuro, il nostro territorio.

A colpire maggiormente è il fatto che il disimpegno dei grandi gruppi bancari dalla nostra provincia sia avvenuto, e continui ad avvenire, nella più totale indifferenza della politica locale.

Si dirà che le Banche sono aziende private, e che in un regime di libero mercato non si possa interferire con le loro scelte. Ma quello applicato alle banche è uno strano tipo di libero mercato. Un mercato libero solo quando c’è da guadagnare, nel quale le banche devono essere libere di desertificare le zone economicamente meno appetibili, di escludere intere fasce della popolazione dai servizi bancari, di dedicarsi sempre meno alla concessione del credito perché vendere polizze è più redditizio, di tagliare pesantemente i posti di lavoro. Gli introiti sono assolutamente privati.
Ma quando ci sono perdite da ripianare, quelle diventano immediatamente pubbliche: quindi via a “bad banks”, ricapitalizzazioni, banche risanate e regalate al prezzo di un euro. Tutto a a spese della collettività, cioè di tutti noi.

Non possiamo accettare questa visione distorta del mercato, nata ed alimentata con la complicità di una classe politica che pure avrebbe l’obbligo, previsto in Costituzione, di vigilare sul credito e sul risparmio. Sarebbe ora che, per quanto tardivo, arrivasse finalmente un segnale di reale interessamento al territorio da parte della politica locale. Un segnale che non sia soltanto uno slogan elettorale.

L’Aquila, 17/3/2022

 

CGIL L’Aquila
Il Segretario Provinciale
Francesco Marrelli
Fisac/Cgil L’Aquila
Il Segretario Provinciale
Luca Copersini

 




Banche, in tre anni spariranno altre 2.500 filiali

Nei prossimi le principali banche italiane dovrebbero chiudere complessivamente 2.500 filiali, portando il numero complessivo ampiamente sotto le 20.000 unità. Effetto della digitalizzazione che allontana i clienti dagli sportelli e delle fusioni che spingono le banche a fare sinergie riducendo le sovrapposizioni territoriali. Un fenomeno — quello della chiusura degli sportelli sulla spinta di Internet — cominciato circa dieci anni fa: nel 2012 erano circa 33.000, mentre alla fine del 2020 le filiali erano già scese a 23.480.

La tendenza sta continuando: nel 2021 la sola Intesa Sanpaolo ne ha chiuse 450 e — secondo il Sole 24Ore che ha pubblicato oggi i dati — è ragionevole supporre che il totale dei tagli agli sportelli abbia superato ampiamente quota 1.000. E i piani industriali presentati hanno tutti un taglio delle filiali.

I piani industriali

Nel prossimo triennio — sulla base dei piani industriali approvati da Intesa Sanpaolo, UniCredit, BancoBpm e Bnl-Bnp Paribas — sono previste almeno 1.643 chiusure. Altri si aggiungeranno molto probabilmente con i nuovi piani industriali di Bper — che ha appena deciso di acquisire Carige (e arriveranno probabilmente altri tagli), di Crédit Agricole Italia e soprattutto di Mps che dovrebbero portare il saldo totale delle chiusure programmate nei dintorni delle 2.500 unità (che vanno ad aggiungersi alle 2.000-2.500 già chiuse nel biennio 2020-2021). Nel 2024 complessivamente si arriverebbe a circa 7 mila sportelli in meno rispetto al 2019, attorno a quota 17.000.

L’effetto sul personale

Questa riduzione della banca «fisica» ha effetti anche sul personale, che inevitabilmente viene ridotto. Il sistema bancario ha comunque gestito con responsabilità con accordi sindacali che si basano su prepensionamenti e volontarie incentivate cui corrispondono nuove assunzioni nel rapporto di un giovane ogni due persone uscite. Banche e sindacati — evidenzia Il Sole 24Ore — hanno concordato inoltre la riqualificazione professionale di alcune decine di migliaia di ormai ex “sportellisti” bancari (8.000 nella sola Intesa Sanpaolo) a nuove mansioni. Vanno anche considerate nel conto anche le altre banche più piccole o specializzate, come per esempio la nuova Isybank che sarà lanciata da Intesa Sanpaolo.

 

Fonte: Corriere.it




ISP: il piano industriale 2022-25

3 - Fisac Cgil

Oggi la COO Paola Angeletti ha illustrato alle OO.SS il nuovo Piano Industriale del Gruppo Intesa Sanpaolo per il 2022/2025 in contemporanea con l’illustrazione del CEO ai mercati.

I punti principali sono:

  • Fortissima digitalizzazione anche attraverso partnership.
  • Creazione di una nuova Banca Digitale che potrà contare su circa 4 milioni di Clienti Retail con bisogni finanziari semplici (denominata Isybank – Intesa Sanpaolo for You), che affianca il modello di servizio omnicanale rivolto alle Imprese, per circa 9 milioni di PMI e clienti Retail con esigenze finanziarie più sofisticate oltre allo sviluppo di un modello di servizio dedicato per la clientela Exclusive
  • Chiusura di 1.050 filiali e 8.000 riconversioni professionali con forte incremento del personale impegnato nel Servizio On-Line alla clientela.
  • Riduzione dei costi (l’obiettivo è portare il cost/income dall’attuale 52,5% al 46% nel 2025).
  • Aumento degli utili soprattutto da commissioni da Wealth Management, Protection e Advisory.
  • Azzeramento NPL.
  • Forte impegno nell’ESG con obiettivi di inclusione sociale e di azzeramento misurabile delle emissioni entro il 2030 e completo disimpegno da finanziamenti ad attività carbonifere entro il 2025.
  • Ipotesi di oltre 22 miliardi di euro complessivi di ritorno di capitale attraverso dividendi cash e buyback per il periodo 2021/2025.
  • Incentivazione per tutto il personale a supporto del Piano di Impresa.

Il piano industriale non prevede ulteriori uscite incentivate oltre a quelle già definite in base ai precedenti accordi.

Le OO.SS. hanno evidenziato come:

  • Il piano non solo sia molto ambizioso, ma anche molto complesso: pertanto necessita di opportuni approfondimenti
  • Particolare cura va dedicata ai percorsi di riconversione che devono essere inclusivi e rispettosi dei tempi dei colleghi coinvolti. E’ fondamentale una vera attenzione per i dipendenti e per i loro bisogni e aspettative.
  • Si debba approfondire meglio quali possano essere le concrete ricadute delle molte partnership che si stanno avviando.
  • Ci sia una forte preoccupazione che la digitalizzazione così spinta (con la conseguente chiusura di un terzo delle filiali) porti a ulteriore desertificazione dei territori.
  • Ci sia anche il timore che una ulteriore drastica riduzione del cost/income possa incidere negativamente sulla qualità di vita e di lavoro dei colleghi.
  • Sia necessaria una ancora maggiore attenzione all’economia reale del paese e di sostegno alla nuova e stabile occupazione.

Le OOSS e l’Azienda hanno confermato la centralità delle Relazioni Industriali anche per l’attuazione di un Piano così impegnativo e per gestire le relative ricadute e una efficace contrattazione su tutti i temi che riguardano i lavoratori sia di tipo economico che legati alla qualità di vita e lavoro.

Per poter svolgere gli approfondimenti necessari utili al confronto sono in corso di calendarizzazione a breve gli incontri con i Capi Divisione per avere una illustrazione più ampia dei diversi aspetti specifici del Nuovo Piano di Impresa.

Milano, 4 febbraio 2022

 

Delegazioni Trattanti Gruppo Intesa Sanpaolo
FABI – FIRST/CISL – FISAC/CGIL – UILCA – UNISIN




BNL: “fLOP Employer”, restituire il premio

 

Leggiamo l’ultima indecente e inopportuna vanteria aziendale sul sito di BNPP che mostra il certificato ottenuto di TOP EMPLOYER EUROPE (“Eccellente datore di lavoro in Europa”) che riguarda anche l’Italia con il “TOP EMPLOYER ITALIA 2022”.

Il premio ovviamente è dato in base ai parametri del 2021 riguardanti l’inclusione, le opportunità e lo sviluppo delle carriere e l’attenzione al benessere, anche fisico, dei dipendenti.

Chiediamo a BNPP e a BNL, riguardo al benessere fisico, se il merito da “TOP Employer” sia dovuto alle disinfezioni dei locali, che giungono, nonostante le numerose segnalazioni, dopo giorni da quando è stato segnalato il collega allettato dal covid, ovvero quando ormai il virus si è ormai degradato da solo!

Soldi ben spesi davvero… saranno quelli del nostro VAP?

Chiediamo anche se il merito ci sia stato perché in alcune agenzie mancava e manca il disinfettante per le mani, come nei primi terribili mesi di pandemia o se per il solo giorno al mese di lavoro da casa concesso. O per i buoni pasto tolti a chi invece deve stare necessariamente in smart perché lavoratore fragile.

O forse l’azienda l’ha vinto perché, mentre altre banche per le agenzie hanno posto o mantenuto l’accesso per appuntamento o un limite congruo agli ingressi nel 2021, noi eravamo invece sempre i più aperti e inclusivi…verso il covid?

Chiediamo che “film hanno visto alla radio”, che narra le travolgenti carriere e i ricompensati meriti dei lavoratori italiani del gruppo: quali vaste opportunità e professionalizzazioni si trovino nei demansionamenti, nell’essere ceduti, nel veder chiusa la propria agenzia o ufficio!!! Quanti sorrisi di colleghi hanno accolto queste gioiose notizie, per ricevere e aver la faccia di accettare una tale strabiliante certificazione di “TOP Employer“?

Ma soprattutto, quanta frustrazione viene prodotta dalle continue pressioni commerciali anche durante le ondate pandemiche, che pesano sullo stato psichico dei colleghi e sul loro rendimento… come i tanti casi di stress da lavoro correlato testimoniano! Proprio un certificato ben attribuito!

Infine l’azienda “TOP EMPLOYER 2022” è quella che ha tentato di non far scioperare i suoi “amatissimi” dipendenti, fallendo davanti al Diritto. Voleva impedire l’annullamento delle ferie ai dipendenti che intendevano risultare in sciopero e ha fatto due temerari ricorsi, miseramente falliti, contro lo sciopero del 24 gennaio.

A tutte queste evidenti domande aggiungiamo dunque perentoria una richiesta:

BNPP RESTITUISCA IL CERTIFICATO DI TOP EMPLOYER 2022 !!!




BNL, il 24 gennaio sarà ancora sciopero

3 - Fisac Cgil

Da mesi le scriventi Organizzazioni Sindacali si confrontano con la controparte aziendale alla ricerca di una soluzione a questa drammatica parentesi nella storia della nostra comunità aziendale.
II Sindacato ha impiegato, e continuerà a farlo nel rispetto della sua missione, le migliori energie alla ricerca di una responsabile mediazione volta a salvaguardare la dignità delle donne e degli uomini di BNL.

La Banca continua a dimostrarsi sorda alla rivendicazione delle persone alle quali deve i risultati positivi che il management si è affannato a sbandierare nei mesi scorsi.

Rivendicazioni semplici, che tutelino gli individui che tanto hanno sostenuto l’azienda col proprio lavoro e con molti sacrifici nei precedenti piani industriali.

Non possiamo — tollerare l’arrogante ostinazione dell’A.D., dei suoi manager e della proprietà francese: sono intollerabili le cessioni di ramo e continueremo ad urlarlo, come pure non passerà in cavalleria la riorganizzazione auspicata dalla banca, con le gravi ricadute previste in particolare per la rete.

Le Organizzazioni sindacali hanno proclamato una nuova giornata di sciopero per il prossimo 24 gennaio! Intanto, come noto, e successivamente all’avvio dell’iter per lo sciopero, la Banca ha avviato la procedura per la cessione dei rami inerenti il back office(APAC).

Scioperiamo contro tutte le misure inique contenute nel piano industriale:

  • la chiusura di 135 filiali e le ricadute in termini di mobilità funzionale e geografica;
  • la cessione del pacchetto di controllo di Axepta;
  • la carenza di organico nelle filiali e le pressioni commerciali
  • il modello presenza sul territorio;
  • il ritardo nel numero di assunzioni concordate negli accordi sindacali relativi alla cosiddetta Q100.
  • l’esternalizzazione mediante cessione del ramo d’azienda dell’IT;
  • il progetto di esternalizzazione mediante cessione dei rami d’azienda del Back Office.

Scioperiamo per tutti questi motivi, scioperiamo tutti!




Banca d’Italia: un diamante non è per sempre.

A proposito di “Report” e della vigilanza


 

Sto lavorando duro per preparare il mio prossimo errore

B. Brecht

 

Moltissimi colleghi avranno visto o sentito parlare della puntata di “Report” del 13 dicembre u.s., in cui il programma è tornato sulla nota vicenda della vendita dei diamanti da parte di alcune delle principali banche italiane, episodio ormai da tempo in mano alla magistratura oltre che dei media.

Non abbiamo ovviamente nessun elemento, oltre a quanto uscito sui media, per poter esprimere un’opinione nello specifico né vogliamo certo sostituirci alle istituzioni pubbliche impegnate a fare luce. Tuttavia riteniamo opportuno fare alcuni commenti sul quadro complessivo che emerge dalla vicenda.

Per decenni hanno prevalso la deregolamentazione e la vigilanza “market friendly”, politiche che si sono rivelate catastrofiche nella crisi del 2008. È emerso che gli interessi del profitto non producono effetti positivi per la collettività, a meno che lo Stato non sia in grado di garantirlo. Purtroppo, negli ultimi decenni lo Stato ha garantito tutt’altro: concentrazione della ricchezza da una parte, aumento della povertà dall’altra, ristagno delle retribuzioni per la gran parte dei lavoratori, smantellamento dei servizi pubblici, tutte cose pagate a carissimo prezzo durante la pandemia. Questa impostazione generale della politica e del ruolo delle istituzioni pubbliche va dunque cambiato profondamente, altrimenti si riuscirà a incidere solo sui dettagli delle cose.

Nel campo finanziario, dopo il 2008 si è tornati a regole più incisive ma quella dei diamanti, come molte altre vicende, dimostrano che queste regole evidentemente non bastano. C’è un aspetto che colpisce particolarmente: il tema del gigantismo bancario. Le banche “too big to fail” sono state un elemento decisivo della crisi finanziaria ma in questi anni, se mai, la situazione è fortemente peggiorata, dato che le banche sono molto più grandi di 10 anni fa e, nel caso italiano, siamo di fronte a nuove ondate di fusioni e acquisizioni che aumenteranno fortemente la concentrazione del settore. Oltre ad altri problemi noti da tempo, le banche giganti provocano una profonda distorsione del tessuto democratico di un Paese. Quando una banca misura i suoi attivi in trilioni, solo un ingenuo può credere che sarà chiamata a rispettare le regole come tutte le altre. Nel calcio professionistico si parla di “sudditanza” degli arbitri nei confronti delle grandi squadre. La sudditanza delle istituzioni pubbliche nei confronti dei colossi finanziari è purtroppo un fenomeno sin troppo evidente. A chiunque abbia esperienza di vigilanza, guardando la puntata di “Report”, sarà passato per la mente che se quei comportamenti fossero stati messi in atto da una piccola BCC, si sarebbero rapidamente presi i provvedimenti necessari per farli cessare.

Va da sé che quando si parla di banche giganti occorre valutare il riflesso generale delle azioni di vigilanza, ma rimane il problema che emerge in questa come in molte vicende precedenti: la vigilanza appare forte con i deboli e molto meno forte, non vogliamo dire debole, con i forti e potenti. Questo è un retaggio della stagione della vigilanza “market friendly” che occorrerebbe davvero abbandonare. Le grandi banche vanno semmai richiamate a comportamenti ancora più rigorosi nei confronti della clientela, pena il venir meno del senso stesso dell’azione pubblica nel credito come in ogni altro aspetto della vita economica. È importante che i vertici dell’Istituto e della vigilanza riflettano, al di là delle specificità della vicenda, sulla forma mentis con cui guardiamo al sistema bancario. Fu detto autorevolmente che la Banca non ha mai creduto alla vigilanza dal tocco leggero, ed è un nostro grande merito, ma è appunto opportuno riflettere su come questo tocco viene regolato in base ai nostri interlocutori.

Un altro aspetto che emerge in modo eclatante dalla vicenda è che nonostante regole su regole, richiami su richiami, sul tema delle pressioni commerciali nelle banche ancora non ci siamo. In questo caso, in maniera comica oltre che tragica, le reti di vendita venivano premiate per aver venduto diamanti, con diamanti! Anche in questo caso è necessaria una riflessione generale sul tema dei profitti. L’attività bancaria deve ovviamente svolgersi in condizioni di economicità, ma la ricerca spasmodica del profitto e dei dividendi è disastrosa per i comportamenti degli operatori. Pensiamo alla vicenda della non distribuzione dei dividendi da parte delle banche durante le prime fasi della pandemia da Covid-19, una misura che era davvero il minimo della decenza di fronte ai trilioni che governi e banche centrali stavano mettendo in campo per tamponare il tracollo economico. Eppure, persino in quell’occasione, la misura fu accolta malissimo e uscirono articoli sui giornali che facevano sembrare che poco ci mancasse che i dirigenti delle banche sarebbero stati fucilati. Davvero è opportuno un cambio profondo di paradigma. I profitti devono essere un mezzo dell’attività bancaria, non il suo scopo ultimo, altrimenti i mutui subprime, la vendita di diamanti e i mille altri scandali finanziari continueranno ad accumularsi e la vigilanza continuerà a rincorrere un mercato che va sempre più veloce.

Infine, c’è un tema che riguarda i rapporti tra i colleghi e il vincolo gerarchico. La Banca, come qualunque istituzione che adempie una funzione pubblica, si basa sul principio della responsabilità gerarchica delle proprie azioni e sull’accountability delle proprie decisioni. Tuttavia, la cieca obbedienza non ha sempre servito bene l’Istituto. Basti ricordare la nota vicenda Popolare di Lodi/governatore Fazio/vigilanza, in cui le strutture della vigilanza si opposero alle scelte del governatore salvando l’Istituto da una deriva pericolosissima. La Banca ha bisogno di pesi e contrappesi al suo impianto gerarchico, mentre le scelte organizzative e gestionali vanno in direzione opposta. Ne citiamo due per tutte. La prima è quella di far seccare la rete delle filiali come rami secchi di un albero pronto per la potatura. L’Italia è un Paese estremamente diversificato nel tessuto produttivo e sociale, e in molti altri aspetti. Con la progressiva morte delle terminazioni nervose che legavano la Banca al territorio, tutto si concentra nell’Amministrazione Centrale, che riflette necessariamente un solo punto di vista, che è fortemente influenzato dalla capitale intesa come luogo del potere per eccellenza. L’unicità del punto di vista è poi esaltata dalla riforma delle carriere dei direttivi che, aumentando la discrezionalità ed emarginando gli scatti automatici, mette il futuro di carriera e retributivo del collega in mano ai suoi capi. Questo certo non aiuta la costruzione di pensiero critico ma piuttosto il conformismo. Ovviamente, colleghi con la schiena dritta e colleghi più propensi a smussare gli angoli ci sono sempre stati e ci saranno ancora, ma la riforma non aiuta i primi.

Per concludere, è probabile che a seguito della trasmissione si produca un profluvio di critiche all’operato della Banca come in occasione di altri episodi analoghi. Sarebbe facile alzare le spalle osservando il pressapochismo con cui sui media vengono trattate queste vicende, con accuse al limite del calunnioso e spesso poca sostanza, ma sarebbe altrettanto superficiale concentrarsi sul dito e non guardare la Luna. La funzione della vigilanza bancaria in Italia ha sempre costituito un elemento di forza dell’Istituto e dell’azione pubblica in genere perché, in fondo, non è mai caduta preda del pensiero unico della “disciplina di mercato”; si può fare ancora meglio nell’epoca in cui certe illusioni stanno venendo meno.

 

Roma, 15 dicembre 2021

 

La Segreteria Nazionale




Unicredit: il piano strategico 2022-24

Il nuovo Piano Strategico 2022-24 punta ad una crescita strutturale nelle aree geografiche in cui l’Istituto è già presente e prevede ricavi netti oltre i 17 mld ed un rapporto costi/ricavi in diminuzione al 50% nel 2024.
La digitalizzazione è al centro della strategia UniCredit con un aumento della spesa complessiva, 2,8 mld totali nel periodo 2022-2024.
L’azienda nel Piano prevede, in Italia, efficienze pari a complessive 950FTEs (Full Time Equivalent) , principalmente concentrate nelle funzioni centrali, indicando, nella lettera di avvio di procedura prevista dal CCNL, quali strumenti per la gestione, il pensionamento diretto (ultima finestra di pensione entro dicembre 2024), l’utilizzo del Fondo di Solidarietà (ultima finestra di pensione aprile 2028) e anche incentivazioni di natura individuale.
Nell’ambito delle 950 FTEs terrà conto delle circa 200 adesioni già raccolte nell’ambito del Piano T23 attualmente “in sospeso”. Prevede inoltre l’accorpamento di circa 100 punti operativi meno presidiati sul territorio.
I principali interventi organizzativi previsti dal nuovo piano sono riferibili alla semplificazione e razionalizzazione delle strutture centrali e di governo attraverso la semplificazione del modello operativo/processi e alla digitalizzazione/automazione di attività amministrative. L’azienda prevede in tal senso processi di riconversione e riqualificazione professionale che saranno supportati da percorsi di formazione.

Nel comunicato stampa di presentazione del Piano Industriale l’azienda comunica che ha in programma, nel periodo 2022-2024, a livello di Gruppo 3.600 nuove assunzioni nette di cui 2.100 in Digital & Data e 1.500 nel business. Di queste ultime 900 sono in Italia. UniCredit ha inoltre comunicato l’intenzione di internalizzare attività e forza lavoro qualificata e professionalizzata, per quanto riguarda il mondo Digital & Data, riducendo di due terzi il ricorso a società esterne da qui al 2024. Valutiamo positivamente questa decisione aziendale che va nella direzione di quanto sosteniamo da anni, infatti abbiamo fin dal principio fortemente criticato ed osteggiato la scelta di esternalizzare attività strategiche dell’azienda chiedendo una decisa inversione di tendenza.

Come Organizzazioni sindacali riteniamo positivo che l’azienda punti ad un piano di crescita dove finalmente l’Italia torni al centro della strategia di Gruppo e motore di sviluppo per l’economia del Paese.
Di rilievo anche il nuovo interesse per la formazione per la quale l’azienda prevede anche la creazione di un’ ”Academy” fisica e virtuale ove sviluppare percorsi di apprendimento e formazione personalizzati, nonché un forte investimento in offerta formativa. Il potenziamento e il miglioramento dell’offerta formativa rappresenta una delle istanze che da tempo sostenevamo.
E’ prevista una remunerazione degli azionisti di almeno 16 miliardi nel periodo 2021-2024 (solo nel 2022 è prevista la distribuzione di 3,7 miliardi di euro). Ci aspettiamo che i dipendenti di questo Gruppo, più volte ringraziati negli ultimi mesi dai vertici aziendali, ricevano la stessa attenzione e considerazione.

Nulla è stato detto su eventuali fusioni/acquisizioni (salvo che non sono escluse).
Le OO.SS. lavoreranno perchè questa volta la gestione del personale, ed in particolare l’eventuale riqualificazione/ricollocazione, sia gestita rispettando storie, professionalità e situazioni personali/familiari di chi verrà coinvolto.
Il contratto nazionale prevede una procedura di confronto, della durata di 50 giorni, sulle ricadute del Piano che riguardano lavoratrici/lavoratori, nell’ambito della quale dovremo approfondirne tutti gli aspetti ed i dettagli per poter effettuare una valutazione compiuta e complessiva. Sarà necessario poi verificare passo per passo l’attuazione del Piano industriale per misurarne i reali impatti sulla vita lavorativa di colleghe e colleghi attraverso un confronto continuo e un pieno coinvolgimento del Sindacato.

Vi terremo informati sull’esito di tali incontri.

Milano, 10 dicembre 2021

 

Segreterie di Coordinamento del Gruppo UniCredit

 

dal sito www.fisacunicredit.eu