Generali: #avantiveloci #maversodove?


 

Care/i iscritte/i

#avantiveloci #maversodove?

L’azienda prosegue spedita per la sua strada, incurante delle sofferenze della sua rete.

Al grido di #avantiveloci continuano le chiusure delle Agenzie Generali, da dicembre ad oggi altre 5 Agenzie sono state chiuse.

Questa volta è toccato alle Agenzie di Vergiate, di Chieti, di Mesagne, di Misilmeri e 4 Agenti sono stati demansionati al ruolo di ICA; a dicembre era stata chiusa anche l’Agenzia di Este.

Da tutta Italia ci fate pervenire le vostre preoccupazioni e i vostri timori:

  • Perché un azienda che produce utili chiude le sedi?
  • Dopo gli ispettorati, ci chiudono anche le agenzie?
  • Quando toccherà alla mia?

Ormai ogni scelta di questo Management sembra indirizzata al taglio:

  • con la scusa della pandemia si sono chiusi gli Ispettorati;
  • invece di investire nel rilancio di alcune Agenzie, si opta per la loro chiusura;
  • si tolgono i telefoni dalle sedi (progetto Jabber);
  • i silos agenziali sono sempre più poveri e in alcuni casi “ci si tassa” per comprare la carta per le stampanti;
  • si organizzano eventi formativi di Polo o di IR a centinaia di km di distanza senza che sia fornito un contributo per autostrada e benzina, contrariamente a quanto previsto dal CCNAL aziendale che prevede proprio per questi casi i rimborsi che vi invitiamo a richiedere alle agenzie ed agli IR;
  • si diminuiscono le quotazioni dei prodotti, ma si aumentano i budget soprattutto nel settore danni.

CHE FINE FAREMO?

Intanto, continuiamo a macinare obiettivi e produciamo ricchezza per l’azienda, ma questo atteggiamento di lontananza della “DORATA TORRE” sta portando sempre di più i lavoratori ad andarsene, rafforzando la concorrenza.

È IL MOMENTO DI TORNARE AD INVESTIRE SULLA RETE, ALTRIMENTI LA TORRE RESTERÀ UNA SOLITARIA CATTEDRALE NEL DESERTO.

Ricordiamo a tutti che abbiamo lanciato il nostro nuovo sito internet www.fisacalleanza.it dove vi terremo aggiornati in maniera veloce e diretta, con servizi dedicati agli iscritti ed un nuovo indirizzo di posta elettronica al quale scrivere per qualsiasi informazione o segnalazione [email protected].

Italia, 24 marzo2023

 

Il Coordinamento Nazionale delle RSA
FISAC/CGIL




Sulmona: il comitato di quartiere chiede di non spostare la sede Bper da via Sallustio

La chiusura delle filiali Bper in Abruzzo è iniziata dal 2020 e, solo nel mese di maggio 2022, ben 13 sportelli bancari sono stati soppressi nell’intera regione: da Crecchio a Ovindoli, passando per Casalincontrada, Castelvecchio Subequo, Bucchianico e Luco de Marsi, arrivando anche a centri più popolosi come Pescara, Lanciano e L’Aquila.

Una crisi che sembrerebbe non conoscere fine, né tantomeno guardare in faccia alla demografia dei centri in cui le sedi chiudono i battenti.

Da ciò che filtra, anche Sulmona potrebbe ben presto fare i conti con l’addio di una delle sue due sedi Bper, ovvero quella in via Sallustio a vantaggio della sede in piazza Carmine. Un’eventualità che ha fatto storcere il naso al Comitato di Quartiere di Sulmona EST, il quale fa sapere che i propri componenti sono
rammaricati e irritati, in quanto privati di un servizio molto importante in una delle zone più popolose di Sulmona.

“Non si capisce il motivo per cui questa banca debba essere trasferita al centro storico – scrive il presidente Elia Polidoro – e privare del servizio gli utenti di questo quartiere “Zona PEEP” favoriti anche dell’ampio parcheggio che ne facilita l’accesso. Facciamo un appello ai dirigenti di questa banca che hanno preso questa decisione ad un ripensamento e a tornare sui propri passi. Lo stesso appello lo facciamo al sindaco dei Sulmona di intervenire e convocare i vertici di questa banca”.

Una decisione che, se confermata, arriverebbe dall’alto nonostante quasi un anno fa la richiesta di salvare alcune filiali sia arrivata direttamente da Marco Marsilio. Il presidente della Giunta Regionale, infatti, nel marzo 2022 aveva convocato il responsabile dell’Area Centro-Est di Bper, Giuseppe Marco Litta, per chiedere un’indagine approfondita con il fine di salvare quante più sedi possibile. La riorganizzazione territoriale dell’istituto finanziario, comunque, non comporterà la perdita dei posti di lavoro dei dipendenti.

Fonte: Il Germe

 


 

N.B. Avevamo già avuto modo di commentare l’intervento di Marsilio in merito all’allontanamento di Bper dal territorio Abruzzese.

Leggi l’articolo con nostra nota a margine

https://www.fisaccgilaq.it/banche/bper/presidente-regione-abruzzo-scrive-a-bper-contro-la-chiusura-delle-filiali.html

 




Bper Abruzzo: “Non dimenticheremo mai il vostro nome”


Nell’ormai lontano 2013 BLS, Carispaq e Serfina Banca, storiche banche fortemente radicate nel tessuto sociale ed economico abruzzese, furono incorporate nella grande famiglia Bper.

Forse non tutti ricordano gli slogan con i quali l’incorporazione fu presentata ai clienti. Tra questi, uno diceva:
“Cambia il nostro nome, ma non dimenticheremo il vostro”.

Nel frattempo la Bper ha dimenticato tante altre cose. La nostra Regione è stata una delle più penalizzate in assoluto dall’accorpamento in Bper. Penalizzata in termini di chiusura di filiali, di abbandono del territorio – in modo particolare nelle aree interne – , di assunzioni stabili di giovani (ad oggi di quelle previste dal nuovo piano non c’è traccia). Penalizzata in termini di tagli occupazionali, anche se bisogna riconoscere che il taglio è avvenuto – nella maggior parte dei casi – in modo graduale e senza grandi traumi per i lavoratori.

Oggi anche il nome delle nostre città viene dimenticato: le Aree L’Aquila, Pescara e Lanciano diventano rispettivamente “Abruzzo Ovest”, “Abruzzo Est”, “Abruzzo Sud e Molise”.
Un ennesimo segnale di distacco dai territori, in vista forse di tagli, accorpamenti, chiusure filiali (anche se per l’azienda  – al momento – non previsti) ?

E allora, visto che sembra essere invecchiato male, forse è il caso di aggiornare lo slogan di 9 anni fa.

“Non dimenticheremo mai il vostro nome. A proposito, com’è che vi chiamate?”

23 settembre 2022

Le Rsa della Fisac/Cgil Bper Banca
Regione Abruzzo




ISP: partita la trattativa per il piano industriale 22-25

3 - Fisac Cgil

Con le richieste che abbiamo avanzato oggi ha preso il via la trattativa relativa al Piano Industriale 2022-2025 e in particolare sulla definizione delle nuove modalità “post pandemia” per la gestione dello Smart Working e del modello organizzativo (orari lavoro, hub, turni).

Al fine di definire regole e modalità che non si limitino a fornire soluzioni organizzative utili solo per l’azienda, ma tengano conto anche delle aspettative e delle esigenze personali e di conciliazione dei colleghi oltre alle necessarie tutele, abbiamo rappresentato le nostre rivendicazioni di tutela ed economiche.

Qui di seguito sintetizziamo i principali aspetti su cui si deve basare la trattativa sullo Smart Working:

  • Volontarietà individuale nell’accesso e nella fruizione.
  • Fruizione reale dello smart working per tutti i colleghi sia di governance che di rete.
  • Mantenimento di postazioni aziendali tali da garantire in qualsiasi momento la possibilità di rientro.
  • Modalità che garantiscano il diritto alla disconnessione e al rispetto dell’orario di lavoro.
  • Erogazione dell’intero buono pasto, per il quale abbiamo inoltre richiesto un incremento per tutti i colleghi.
  • Riconoscimento di ristori per le spese energetiche.
  • Contributo per la postazione di lavoro.

Un punto irrinunciabile di questa trattativa è la definizione di regole per la gestione dello Smart Working e delle altre flessibilità ad adesione volontaria, eventualmente con modalità e frequenze diverse, che coinvolgano – lo ribadiamo –  tutti i dipendenti e quindi anche la Rete.

In relazione al piano aziendale di chiusura di circa 1.000 filali e di ulteriore razionalizzazione dei “Palazzi”, abbiamo chiesto un ampliamento e una maggiore distribuzione territoriale degli HUB in un’ottica della riduzione della mobilità.

Il confronto continua la prossima settimana e vi terremo aggiornati su tutti i temi che verranno affrontati.




Bancomat addio in piena estate, al Sud più che al Nord. Ecco perché

Continua inarrestabile la corsa alla chiusura degli sportelli Bancomat in giro per l’Italia anche in piena stagione estiva con lamentele e disagi che ora arrivano non solo dai cittadini ma anche dai turisti. Il fenomeno non è di questi giorni e non è destinato ad arrestarsi se non con il raggiungimento di uno scenario che ai più sembrerà improbabile se non apocalittico.

È in atto, infatti, già da tempo una riduzione dei punti fisici di prelievo del contante che, iniziata in modo graduale, oggi avanza a grandi passi fagocitando ogni anno migliaia di bancomat nelle piccole come nelle grandi città, al sud più che al nord, con oltre 2.800 comuni italiani che attualmente non hanno neanche uno sportello bancomat.

Il punto è che, proprio negli ultimi mesi, in coincidenza con la stagione estiva e con la presenza di turisti ed avventori, la chiusura di ATM e sportelli Bancomat sembra avere subito un’accelerazione tanto drammatica quanto foriera di disagi. E questo proprio mentre, dopo le restrizioni imposte dalla pandemia, l’estate 2022 segna la ripartenza del turismo, degli eventi, della movida e per conseguenza degli acquisti connessi alla vita da “liberi” e da “turisti”.

Nell’ambito delle dinamiche urbane, la difficoltà a reperire sportelli bancomat per approvvigionarsi di contante sta generando non pochi problemi logistici. Difficoltà di parcheggio, code e file troppo lunghe agli sportelli, interi quartieri privi di Atm che si riversano nei centri intasando istituti di credito e filiali, commissioni sempre più esose per il prelievo presso gli sportelli di altri operatori bancari, sono solo alcune delle problematiche di cui in questi giorni sempre più spesso si legge nelle cronache locali.

La questione, come se non bastasse, sta anche diventando causa dell’ennesima “disuguaglianza” tra nord e sud del Paese. Si perché a pagare il prezzo più caro della scomparsa dei bancomat è il sud Italia che già sconta maggiori difficoltà in quasi tutti i settori economici e che subisce, più del nord, le conseguenze di un difficile accesso al prelievo del contante ancora di uso prevalente rispetto alla moneta elettronica. I cittadini, naturalmente, protestano. Protestano associazioni e comitati di quartiere, spesso sostenuti nelle loro rimostranze da politici e sindacati, preoccupati per le conseguenze che investono la popolazione, specialmente quella anziana, e i lavoratori del settore bancario che rischiano il posto anche in conseguenza di tali chiusure.

Ma il trend è in crescita ed è irreversibile perché le chiusure di ATM e Bancomat fanno parte di un percorso pianificato per arrivare, nel giro di pochi anni, all’eliminazione di tutti gli sportelli.

Chiusure bancomat: i numeri di una strategia che mira a “sportelli zero”

A fronte di quasi duemila sportelli bancari chiusi nel 2021 (1.831 per l’esattezza) che hanno portato da 23.481 del 2020 a 21.650 il numero degli sportelli operativi in Italia nel 2021, il trend nel 2022 non ha certo invertito la rotta anzi sono arrivati a quota 2.800 i comuni italiani che addirittura non hanno neanche uno sportello ATM, con una concentrazione di chiusure soprattutto, come si diceva, nel sud del Paese.

Il processo come si diceva è in atto da tempo e a ben vedere, cercando nel passato, i dati confermano il quadro. A titolo esemplificativo si consideri che a dicembre 2009 il numero degli sportelli bancari in Italia era di 34.036 e a dicembre 2017 di 27.374 (con una perdita di 6.662 sportelli equivalente al -20% in 8 anni).

Sorte similare per i dipendenti bancari il cui numero in Italia nel dicembre 2009 era di 330.512 mentre nello stesso mese del 2017 tale numero era sceso a 286.200 (-56.512 unità per un -17%). Solo nel 2017 in Italia hanno chiuso 66 banche, 1.653 sportelli, si sono persi 13.499 posti di lavoro (-4.5%) percentuale che in Sicilia, secondo i dati di Banca d’Italia saliva all’ 8,6% mentre 95 comuni rimanevano senza servizi bancari.

Ma quali sono le ragioni strategiche di queste chiusure?

Da un punto di vista politico la chiusura degli sportelli ATM si inserisce strutturalmente nell’ambito della lotta del Governo all’evasione fiscale. La strategia attuata dal Governo con la chiusura dei punti di prelievo è quella di ridurre il ricorso al contante favorendo l’uso della moneta elettronica e di strumenti di pagamento tracciabili in parallelo con lo sviluppo di servizi digitali che portino l’Italia sullo stesso livello degli altri Paesi europei maggiormente emancipati dall’uso del denaro contante. Nella stessa direzione va la normativa che prevede dei tetti massimi all’uso di denaro contante che tuttavia, e questa è la preoccupazione maggiore, gli evasori potranno sempre procurarsi finché sarà possibile prelevarlo dai bancomat. Per questo l’obiettivo del Governo è quello di eliminarli gradualmente, tutti.

Sul fronte degli istituti bancari va anzitutto evidenziato l’ovvio meccanismo che vede concentrarsi la maggiore presenza di banche e di sportelli bancomat nelle aree più industrializzate, produttive e commercialmente vivaci del Paese. Ragione che da sola spiegherebbe la differenza tra nord e sud d’Italia sul fronte del numero di bancomat attivi. Il dato della distribuzione, aggiornato al 2021, è dettagliato nel report di Bankitalia sulla “Localizzazione degli sportelli”. Ma la motivazione dominante per gli istituti bancari è facile da comprendere ed è quella di tagliare i costi di tenuta e gestione degli sportelli in costante aumento. Questo si inserisce in una politica, ampiamente nota, di chiusura delle filiali sempre orientata al taglio delle spese che in questi anni ha determinato una notevole riduzione del personale e degli operatori di sportello con licenziamenti, esuberi e accorpamenti vari. A ciò si aggiunga l’elevato costo delle commissioni che oggi mediamente si attesta ad 1 euro per ogni operazione e che può arrivare fino a 3 euro se il prelievo avviene allo sportello di una banca diversa. La chiusura degli sportelli bancomat ha dunque lo scopo di spingere i cittadini ad usare la moneta elettronica e ciò è indispensabile per le banche perché possano proseguire nel piano di riduzione di filiali e contenimento dei relativi costi.

Nello scenario si è inserita inoltre la variabile Covid. I due anni di pandemia appena lasciati alle spalle hanno cambiato le abitudini di acquisto degli italiani facendo aumentare notevolmente i pagamenti digitali che continueranno a crescere nei prossimi anni rendendo sempre meno indispensabili i bancomat, specialmente per le nuove generazioni di cittadini che hanno maggiore confidenza col web e con le tecnologie digitali.

Su questo fronte la diffusione non omogenea lungo lo stivale della banda larga di internet, potrebbe provocare l’ennesima disuguaglianza tra comuni e, addirittura, il paradosso di aree in cui non è possibile l’accesso ai servizi bancari telematici. Se poi si trattasse di comuni tra quelli dove non c’è più nemmeno un ATM, la questione rischierebbe di diventare una vera e propria emergenza sociale.

La preoccupazione dei sindacati per la qualità del servizio, il costo del credito e il rischio usura

I bancomat sono dunque destinati a sparire completamente dalle nostre città, dalle vie, dalle piazze portando con sé anche posti di lavoro e ricchezza. Si perché, a valle del fenomeno, le conseguenze sono diverse ed includono anche il destino di tanti lavoratori e la quotidianità di tanti piccoli comuni italiani.

“Il fenomeno della chiusura degli sportelli ATM – spiega Antonello Incagnone del sindacato bancario Fisac CGIL di Trapaniè solo la punta dell’iceberg di una rivoluzione il cui processo, seppure non quantificabile temporalmente in modo esatto, è irreversibile e non dipende soltanto da una riduzione dei costi continuamente ricercata dalle aziende bancarie e/o dalla tracciabilità delle transazioni economiche ricercata dagli Stati. Se da un lato, infatti, l’accentramento delle grandi banche alla ricerca di una maggiore competitività si traduce inevitabilmente nella chiusura di filiali – e quindi di sportelli ATM – dall’altro genera la fuoriuscita dal mercato del lavoro del personale bancario maggiormente esperto che viene sostituito (non più del 20%) sempre più, ormai, con personale a contratto ibrido (parte della retribuzione a stipendio, parte a provvigione) a scapito della qualità del servizio fornito alla clientela. Ma non solo, dove diminuiscono gli sportelli aumenta il costo del credito ed aumenta il rischio usura”.

Se dal punto di vista della sicurezza, poi, la minore circolazione di contante dovrebbe prevedere, aggiunge Incagnone, una diminuzione del rischio di furti e rapine, dall’altra parte si dovrà mettere in conto anche una ulteriore riduzione di forza lavoro dovuta, ad esempio, all’inutilità del trasporto valori.

Difficile immaginare, infine, come si possa garantire un’ordinata quotidianità nei piccoli centri dove i bancomat sono introvabili o addirittura non ci sono più. E mentre in giro, in piena estate 2022, i turisti più che alla ricerca di monumenti vanno a caccia di ATM, nell’Italia meridionale si è passati dai 30 sportelli ogni 100.000 abitanti del 2015 a 23 sportelli nel 2021 contro i 35 sportelli ogni 100.000 abitanti a livello nazionale. Come sempre a trainare la media verso l’alto il nord con in testa Lombardia e Trentino Alto-Adige. Mentre il maggior numero di chiusure ha colpito al nord la Valle d’Aosta e al sud Abruzzo, Umbria, Basilicata, Sicilia e Calabria, quest’ultima in fondo alla classifica nazionale con appena 18 sportelli ogni 100.000 abitanti.

Fonte: Il Sole 24 Ore




Banche, 4 milioni di italiani vivono in Comuni senza filiali

Oltre 4 milioni di italiani non hanno a disposizione una banca nel proprio comune di residenza.
E’ quanto emerge da una ricerca della Federazione Autonoma Bancari Italiani (Fabi) che ha incrociato i dati statistici della Banca d’Italia e dell’Istat aggiornati a fine 2021.

Il totale degli italiani che non dispongono della filiale di un istituto di credito risiedono complessivamente in 3.062 comuni.
Su un totale di 58,9 milioni di cittadini, sono dunque 4.131.416 quelli che vivono in territori in cui le banche sono assenti, pari al 7% della popolazione totale.

La percentuale di persone senza una filiale bancaria nel luogo di residenza, secondo l’analisi della Fabi, presenta vistose differenze su base geografica: se al Nord la ‘desertificazione’ bancaria interessa il 6% della popolazione, al Centro il fenomeno risulta più circoscritto (3,2%), mentre al Sud e nelle isole, dove la questione è decisamente più marcata, i cittadini ‘senza banca’ rappresentano il 10,7% dei residenti. La Campania è la prima regione per numero di abitanti senza banca (700 mila). Tra le regioni più grandi, quella che presenta una minore presenza di istituti di credito, in termini percentuali, è la Calabria col 28,8% dei cittadini residenti in territori non coperti da agenzie. A seguire: Piemonte (13,8%), Abruzzo (12,6%). Fra le regioni più piccole, il record è del Molise (37,3%) seguita, dalla Valle D’Aosta (33,4%). Nelle isole, la ‘desertificazione’ interessa il 6,7% della popolazione in Sicilia e il 6,1% in Sardegna.

Il ruolo sociale che le banche stanno progressivamente perdendo, anche attraverso un progressivo disimpegno sui territori, con chiusure indiscriminate e inaccettabili di agenzie bancarie, è un argomento che non può essere sottovaluto dai partiti politici“. Lo afferma il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, circa l’analisi sulla ‘desertificazione bancaria’ in italia. “È grave – aggiunge – che in pochi, all’interno della classe politica, si interessino a questo problema. La riduzione delle filiali sta creando e creerà non pochi danni al Paese e alla clientela. Mi riferisco, in particolare, agli anziani, che hanno scarsa dimestichezza con gli strumenti digitali e a chi vive al Sud, dove non solo il fenomeno della chiusura delle agenzie bancarie è più marcato e preoccupante anche per un evidente problema di accesso a internet. Le inevitabili conseguenze fanno quindi emergere anche una questione di carattere economico con un repentino cambiamento del modello di business, tutto incentrato sulla vendita di prodotti finanziari e assicurativi e poco o nulla, sulla concessione di prestiti, mutui e crediti in generale. L’assenza di sportelli bancari dai piccoli e medi centri del Paese fa inoltre correre il concreto rischio di allontanare sia le imprese sia le famiglie dal circuito legale della finanza e del credito. Il nostro rappresenta quindi un evidente grido di allarme perché il settore rappresenta un servizio pubblico essenziale”.

Fonte: ANSA

Leggi anche

https://www.fisaccgilaq.it/banche/dieci-piccoli-bancari-e-poi-non-rimase-nessuno.html

https://www.fisaccgilaq.it/banche/le-banche-chiudono-in-abruzzo-sindacati-a-confronto.html

https://www.fisaccgilaq.it/banche/i-drammatici-dati-dellabbandono-bancario-in-provincia-dellaquila.html

https://www.fisaccgilaq.it/banche/a-a-a-cercasi-banche-in-provincia-dellaquila.html

 

 

 

 

 




Gruppo BCC ICCREA – presentazione piano industriale 2022 – 2024

Nel pomeriggio del giorno 21 luglio u.s. si è svolto l’incontro previsto tra le OO.SS. e la Direzione della Capogruppo ICCREA, rappresentata dal Direttore Mauro , per la presentazione del nuovo Piano Industriale per il periodo 2022-2024.

Il Direttore, illustrando le principali linee del Piano stesso, ha rappresentato la prospettiva di una sostanziale stabilità, comunque orientata al rafforzamento patrimoniale e organizzativo del Gruppo Bancario Cooperativo BCC ICCREA . Vengono infatti previste le seguenti azioni: un ulteriore riduzione degli NPL; un aumento del ROE basato su elementi non straordinari (ricavi da operazioni in titoli) ma strutturali; un autofinanziamento da utile netto che renda possibile il mantenimento del capitale, scontando comunque l’ammortamento delle operazioni conseguenti l’adeguamento a IRSF9 nonché la previsione di un maggior assorbimento di capitale a copertura della continuità e un aumento di erogazione del credito anche in assenza di garanzie statali.

E’ stato inoltre specificato che l’attuale situazione di crisi, comporta ovviamente la necessità di una verifica costante degli obiettivi e delle strategie. Comunque, sulla base degli stress test già effettuati ed immaginando uno scenario non favorevole (ad esempio meno due percento di pil nel 2023), al momento il piano e le strategie che lo accompagnano sembrerebbero adeguati e i risultati raggiungibili.

Il Direttore ha specificato che quanto sopra si può ottenere, così come previsto dal piano, con una attenta politica dei costi ma, soprattutto, con l’aumento dei ricavi e l’efficienza dei servizi. La razionalizzazione della presenza territoriale non è necessariamente riduzione degli sportelli ed il piano pone particolare attenzione allo sviluppo delle aree del meridione d’Italia, questo legato anche alle misure del PNRR, ma non solo.

Particolare attenzione viene riservata alle questioni ambientali, sociali e di governance (ESG), che nel Piano Industriale hanno diversi richiami: sviluppo sostenibile dei territori; riduzione delle emissioni; efficientamento delle sedi; valorizzazione del personale; misurazione dei rischi ESG; “riduzione delle differenze di genere”.

Nel corso dell’incontro, come FISAC CGIL, abbiamo cercato di stimolare anche alcune risposte di merito su vari temi:

  • la razionalizzazione degli sportelli
  • i modelli organizzativi di rete e all’accentramento del back office delle BCC
  • l’evoluzione dei diversi progetti che interessano le Società del Perimetro Diretto (informatica, leasing, servizi assicurativi ed operazioni riguardanti Mediocredito Friuli Venezia Giulia e integrazione Banca Sviluppo con BCC CreCo
  • la omogeneizzazione dei trattamenti e alle garanzie occupazionali anche nei casi di esternalizzazione e internalizzazione di alcune attività delle Società del “Perimetro Diretto”.

Relativamente al Lavoro Agile, abbiamo evidenziato essere un tema molto sentito dalle Lavoratrici e dai Lavoratori tutti, con impatto rilevante sulla organizzazione del lavoro e della vita privata nonché sulla sostenibilità ambientale, richiamando la Capogruppo ad effettuare una importante riflessione riguardo le opportunità che questa modalità di lavoro offre.

Dalle risposte del Direttore abbiamo potuto apprendere quanto di seguito sinteticamente riportiamo:

  • non c’è l’obiettivo di chiudere gli sportelli, a condizione però che non ci siano situazioni di insostenibilità; anzi, resta ferma la volontà di razionalizzazione e ampliamento del territorio presidiato, questo anche adottando idonei modelli organizzativi
  • l’attuale piano di riorganizzazione delle Società del Perimetro Diretto, contrariamente a quanto preventivato nel precedente Piano, non prevede il passaggio di Banca Sviluppo in BCC CreCo ma andranno comunque individuate altre soluzioni
  • la Capogruppo, rispetto alle Società del Perimetro Diretto, effettua ricorrenti analisi di mercato orientate a valutare eventuali opportunità che, così come è avvenuto per BCC Pay, potrebbero anche portare ad esternalizzazioni che però, a detta del Direttore, saranno realizzate solo a condizione che si ravvisino vantaggi prospettici per il Gruppo e per le Banche aderenti, e comunque a salvaguardia delle persone; questo l’approccio con cui si è affrontata la paventata, ma ad oggi non concreta, cessione di Iccrea BancaImpresa per la quale comunque, la migliorata efficienza, inciderà su future valutazioni
  • per la parte che riguarda i servizi assicurativi del Gruppo, a settembre sarà indetta una gara per la scelta del partner; mentre riguardo l’acquisizione di Medio Credito del Friuli, pur essendo stata deliberata, si resta in attesa di ulteriori dettagli da parte della regione
  • il Lavoro Agile resta, a detta del Direttore, un tema complicato rispetto al quale mancherebbe ancora una idonea cultura aziendale ed organizzativa; questo elemento, insieme alla necessità di integrazione di persone con provenienze diverse, porta allo stato la Capogruppo ad una limitata concessione del Lavoro Agile, da riservare quasi esclusivamente alla gestione di situazioni specifiche di difficoltà personali o familiari. Allo stato si può solo ipotizzare un percorso che, nel tempo, possa ampliare queste disponibilità.

Entro la fine dell’anno in corso si svolgerà un ulteriore incontro con il DG per confrontarsi sull’andamento generale del Gruppo Bancario Cooperativo BCC ICCREA e riprendere alcuni dei temi che richiedono un ulteriore livello di dettaglio; in particolare il Direttore si è impegnato a fornire in quella sede, elementi utili a comprendere gli sviluppi riguardanti l’informatica del Gruppo.

Con l’impegno da parte nostra di ritornare sull’argomento anche con sessioni specifiche, come ad esempio il tema della sostenibilità e delle pari opportunità, vi invitiamo a consultare per un maggior dettaglio, le slide utilizzate per la presentazione del Piano Industriale, disponibili a questo link

 

Il Coordinamento FISAC CGIL Gruppo Bancario Cooperativo BCC ICCREA




Il nuovo piano industriale MPS: utile da 900 milioni nel 2026 e uscite volontarie per 4.000 dipendenti

Il piano, spiega l’ad Luigi Lovaglio, dovrà traghettare il Monte su nuove sponde ripartendo “dalle proprie radici, dalla forza del brand, dal talento delle persone e dalla propria vocazione di banca commerciale”. Previsto un ritorno alla distribuzione dei dividendi a partire dal 2025, sulla base di un pay-out ratio del 30%. In programma anche il completamento dell’aumento di capitale di 2,5 miliardi atteso entro fine 2022, col sostegno del ministero dell’Economia.


 

Utile di circa 900 milioni a fine piano, nel 2026, con un ritorno alla distribuzione dei dividendi dal 2025; completamento dell’aumento di capitale da 2,5 miliardi e un piano di ottimizzazione delle risorse che prevede uscite volontarie per quattromila dipendenti e una riorganizzazione delle filiali. Poggia su questi capisaldi il piano industriale del Monte dei Paschi di Siena presentato oggi dall’amministratore delegato del gruppo, Luigi Lovaglio, che dovrà traghettare la banca su nuove sponde ripartendo – spiega l’ad – “dalle proprie radici, dalla forza del brand, dal talento delle persone e dalla propria vocazione di banca commerciale”.

Nel piano illustrato ad analisti e stampa, Mps prevede un utile ante imposte pari a 705 milioni nel 2024, che salirà a fine arco di piano a 909 milioni con ritorno alla distribuzione dei dividendi a partire dal 2025, sulla base di un pay-out ratio (la percentuale di utili distribuita agli azionisti sotto forma di dividendi) del 30%. Il piano di Mps prevede poi un rafforzamento significativo della posizione di capitale della Banca a seguito del completamento dell’aumento di capitale di 2,5 miliardi atteso entro fine 2022, che vedrà il sostegno del ministero dell’Economia. Il consiglio d’amministrazione, si legge infatti nella nota, “ha preso atto della disponibilità del Mef, titolare di una partecipazione pari al 64,23% del capitale sociale della Banca, a supportare le iniziative sul capitale che la Banca assumerà per il rafforzamento patrimoniale nel quadro del Piano Strategico 2022-2026, per la quota di propria competenza a condizioni di mercato”.

Per raggiungere l’obiettivo è al via un piano di uscite volontarie mediante il Fondo di solidarietà che interesserà circa quattromila persone, con un risparmio dei costi pari a 270 milioni su base annua a partire dal 2023, a fronte di costi di ristrutturazione pari a circa 800 milioni. In vista anche un’ottimizzazione della rete distributiva con la riduzione di 150 filiali (di cui 100 entro il 2024), che porterà il numero totale a circa 1.218. In arrivo anche una nuova organizzazione interna, con la Direzione Chief commercial officer suddivisa in tre Direzioni, ciascuna delle quali sarà guidata da manager interni al Gruppo. Una svolta che per Lovaglio dovrà rappresentare “un primo importante tassello funzionale al raggiungimento degli obiettivi del piano, per snellire e velocizzare i processi con un’organizzazione più semplice e agile e una condivisione all’interno della Banca di tutte le competenze che metteremo al servizio della clientela, a cui saremo sempre più vicini”.

 

Fonte: Il Fatto Quotidiano

 




Le banche nei Comuni del futuro: il 9 giugno convegno di CGIL, CISL e UIL

Giovedì 9 giugno, a partire dalle ore 9, si svolgerà all’Aquila, presso la sala ipogea del Consiglio Regionale del Consiglio Regionale d’Abruzzo, il convegno dal titolo:

L’uguaglianza possibile: le Banche nei Comuni del futuro

L’evento è organizzato da Cgil, Cisl e UIL in collaborazione con Regione Abruzzo e ANCI Abruzzo, oltre alle rispettive categorie rappresentative dei bancari (Fisac, First e Uilca). L’obiettivo della giornata è la sensibilizzazione alle enormi problematiche causate dalla chiusura degli sportelli bancari in Abruzzo, tema del quale, come Fisac, ci siamo ripetutamente occupati.

Per questo motivo, all’incontro sono stati invitati i sindaci di tutti i comuni abruzzesi oltre ai 3 candidati sindaco del Comune dell’Aquila. La giornata si prefigge lo scopo di costituire un coordinamento dei sindaci, in modo da poter interloquire con maggior forza ed efficacia con i grandi gruppi bancari nazionali.

L’evento può essere seguito in diretta youtube a questo link:
L’UGUAGLIANZA POSSIBILE le Banche nei Comuni del futuro – YouTube

Questo il programma dell’incontro:

  • Presentazione: Giulio Olivieri
    Segretario Generale First Abruzzo Molise
  • Saluti istituzionali: Lorenzo Sospiri
    Presidente Consiglio Regionale
  • Introduce: Francesco Trivelli
    Coordinatore Fisac Cgil Abruzzo Molise
  • Relazione: “Cosa accade in Abruzzo”
    a cura del dott. Aldo Ronci
    Ricercatore
  • Intervengono:
    Michele Lombardo
    Segretario Generale UIL Abruzzo
    Carmine Ranieri
    Segretario Generale CGIL Abruzzo
  • Tavola rotonda. Ne discutono:
    Nino Baseotto
    Segretario Nazionale Fisac/Cgil
    Gianguido D’Alberto 
    Presidente ANCI Abruzzo. Sindaco di Teramo
    Prof. Stefano Cianciotta
    Presidente Abruzzo Sviluppo Spa
    Domenico Zocco
    Segreteria Uil.Ca Abruzzo
    modera:
    Angelo De Nicola
    Giornalista e scrittore

La partecipazione è libera.




Dieci piccoli bancari… (e poi non rimase nessuno)

I dati diffusi dalla Banca d’Italia confermano la tendenza che vede le banche allontanarsi dalla nostra regione. Va meglio la provincia dell’Aquila (ma c’è un motivo).


Come ogni anno la Banca d’Italia ha pubblicato le statistiche relative alla presenza delle banche nel territorio italiano, con il confronto rispetto al 2020.

I numeri sono ancora una volta impietosi per l’Abruzzo ed il Molise. L’andamento delle chiusure di sportelli è sintetizzato da questa cartina:

 

Fonte: Banca d’Italia

 

Basta una rapida occhiata per notare come il Molise sia stata la regione maggiormente penalizzata dalle chiusure, e che in Abruzzo sia andata leggermente meno peggio.

Vediamo nel dettaglio l’andamento delle chiusure di sportelli nella nostra regione.

NUMERO SPORTELLI BANCARI PER PROVINCIA
Totale 2020 Totale 2021 Differenza % diff.
ITALIA 23.480 21.650 -1.830 -7,8%
ABRUZZO 496 444 -52 -10,5%
Provincia
AQ 104 98 -6 -5,8%
CH 138 126 -12 -8,7%
PE 122 107 -15 -12,3%
TE 132 113 -19 -14,4%
dati Banca d’Italia

 

Il dato abruzzese risulta nettamente peggiore rispetto a quello nazionale, ancora una volta con differenze notevoli tra le varie provincie.
Nel 2021 la Provincia dell’Aquila risulta la meno penalizzata in Abruzzo, con una percentuale di chiusure inferiore al dato nazionale. Nel valutare questo dato, tuttavia, occorre ricordare che nel 2020 la percentuale di filiali chiuse nella nostra provincia era stata altissima, quasi il triplo rispetto al dato nazionale (oltre l’11% di chiusure in un solo anno). Il numero di filiali chiuse è quindi inferiore anche perché da chiudere non sta rimanendo molto, a meno che non si decida di abbandonare piazze storiche ed importanti. E come capiremo dalla prossima tabella, questo timore non è infondato.

 

La tabella che segue mostra il numero di impiegati per provincia ed il confronto rispetto all’anno precedente.

NUMERO DIPENDENTI SETTORE BANCARIO PER PROVINCIA
Totale 2020 Totale 2021 Differenza % diff.
ITALIA 275.433 269.624 -5.808 -2,1%
ABRUZZO 3.210 2.987 -223 -7,0%
Provincia
AQ 670 669 -1 -0,2%
CH 957 808 -149 -15,6%
PE 768 751 -17 -2,2%
TE 816 759 -57 -6.0%
dati Banca d’Italia

 

Anche in questo caso la Provincia dell’Aquila sembrerebbe essere stata risparmiata dai tagli, ma bisogna ricordare che nel 2020 era stata di gran lunga la più colpita (-6,6%, anche in questo caso un andamento triplo rispetto alla media nazionale).

Un dato salta all’occhio: a livello nazionale la percentuale di riduzione degli occupati è nettamente inferiore a quella degli sportelli chiusi (2,1% contro il 7,8%). Nella nostra regione i due dati sono molto più vicini (7% contro 10,5%).
Come leggere questi dati?

Una possibile spiegazione potrebbe essere essere questa: mentre nel resto d’Italia la chiusura di sportelli riguarda prevalentemente piccole filiali con pochi addetti, nella nostra regione questi tagli sono stati già fatti negli anni scorsi, e adesso le chiusure cominciano a riguardare filiali più importanti e strutturate. E questa non è una buona notizia.

 

L’ultima tabella che riportiamo riepiloga i dati relativi al numero di comuni nei quali è presente almeno uno sportello.

NUMERO COMUNI CON ALMENO UNO SPORTELLO BANCARIO 
Totale 2020 % su tot comuni Totale 2021 % su tot comuni Differenza % diff.
ITALIA 5.102 62,0% 4.902 64,6 -200 -3,9%
ABRUZZO 147 48,2% 132 43,3 -15 -10,2%
Provincia
AQ 33 30,6% 33 30,6% 0 =
CH 48 46,2% 42 40,4% -6 -12,5%
PE 28 60,9% 25 54,4% -3 -10,7%
TE 38 80,9% 32 68,1% -6 -15,8%
dati Banca d’Italia

 

Nonostante il dato della Provincia aquilana resti invariato, è comunque sconcertante vedere come in 7 comuni su 10 non esista nessuno sportello bancario. Nel resto d’Abruzzo invece il taglio è pesante: nel corso del 2021 oltre un comune abruzzese ogni 10 ha visto la propria filiale di riferimento abbassare le saracinesche per sempre.

Abbiamo provato in tutti i modi a lanciare l’allarme e a spiegare cosa significhi per la nostra Regione il fatto che sempre meno banche decidano di investire sul nostro territorio. Abbiamo provato a far capire che meno sportelli significa meno credito. Ma nessuno sembra preoccuparsene, in modo particolare tra i politici locali. Come se il problema non esistesse.

Nel frattempo le banche continuano ad utilizzare i fondi pubblici esclusivamente per i loro interessi, senza alcun beneficio per la collettività. L’ultimo esempio arriva dai fondi messi a disposizione dalla Stato subito dopo il lockdown, a garanzia di crediti che avrebbero dovuto rilanciare l’economia dopo i gravi danni causati da mesi di stop.
Ancora una volta, i numeri sono incredibili.
In Abruzzo sono stati erogati finanziamenti interamente garantiti da fondi pubblici per 1.463 milioni: il 98,5% di questi fondi non è arrivato alle imprese, ma è stato utilizzato dalle banche per compensare la stretta creditizia ed acquisire garanzie su prestiti già esistenti. Solo la miseria di 22 milioni è andata a finanziare effettivamente l’economia abruzzese.
(dati tratti dal report “Il credito bancario in Abruzzo nel 2021” redatto da Aldo Ronci per il CNA)

Difficile, di fronte a queste cifre, continuare a sostenere che gli Istituti di credito nazionali abbiano a cuore l’Abruzzo.


 

Leggi anche

https://www.fisaccgilaq.it/banche/i-drammatici-dati-dellabbandono-bancario-in-provincia-dellaquila.html

https://www.fisaccgilaq.it/banche/a-a-a-cercasi-banche-in-provincia-dellaquila.html