La Fisac Abruzzo Molise al convegno per i 20 anni della Federconsumatori Abruzzo

Giovedì 22 aprile, presso i locali dell’ex Aurum a Pescara, si svolgerà il convegno organizzato dalla Federconsumatori Abruzzo per celebrare i 20 anni di attività.

Tanti e prestigiosi gli ospiti: tra gli altri Carmine Ranieri, Segretario della Cgil Abruzzo Molise, e Luciano D’Amico, candidato alla Presidenza della Regione Abruzzo.
La Fisac Abruzzo Molise parteciperà al dibattito previsto per il pomeriggio, incentrato sulle vicende che hanno portato al dissesto delle banche locali Tercas e Carichieti. Al dibattito prenderanno parte Luca Copersini, Segretario Regionale Fisac, e Francesco Trivelli, nella doppia veste di Presidente Federconsumatori Abruzzo e Presidente dell’Assemblea Generale Fisac Abruzzo Molise.

Di seguito la locandina dell’evento; la partecipazione è libera.




Bonus mamme: ingannevole e iniquo. Ecco perché

Parte il “bonus mamme” previsto dalla legge di bilancio 2024. La misura, che si applica per tre anni fino al 2026, consiste nell’esonero contributivo fino ad un massimo di 3mila euro annui (250 euro al mese), per le lavoratrici che hanno almeno tre figli a carico e il più piccolo sotto i 18 anni. Per quest’anno, in via sperimentale, l’esonero contributivo è attribuito anche alle lavoratrici con due figli a carico e il più piccolo sotto i 10 anni. Ma per la Cgil Abruzzo Molise «l’agevolazione è solo uno specchietto per le allodole: esclude le lavoratrici precarie e cresce d’importo con l’aumentare del reddito. Un paradosso». A conti fatti, il contributo pieno previsto dal governo andrà solo alle mamme lavoratrici con redditi superiori a euro 2.692 euro mensili. Vediamo perché è così.
Partendo dal presupposto che «più che di bonus una tantum che variano di anno in anno c’è bisogno di misure strutturali di sostegno alla genitorialità», la Cgil fa i conti in tasca alle mamme per capire quanto percepiranno realmente.
«La legge di bilancio 2024 prevede l’esonero della contribuzione previdenziale che generalmente ammonta al 9,19% della retribuzione, fino a un massimo di 3.000 euro annui da riparametrare su base mensile, per le lavoratrici che hanno almeno tre figli», spiegano Carmine Ranieri, segretario generale Cgil Abruzzo Molise e Alessandra Tersigni, segretaria Politiche di genere, «l’agevolazione riguarda tutte le dipendenti del settore pubblico e privato (anche agricolo, in somministrazione e in apprendistato) con contratto a tempo indeterminato. Sono escluse, invece, le lavoratrici domestiche. Dobbiamo, innanzitutto, considerare che dal bonus sono escluse tutte le lavoratrici precarie e quelle autonome: una scelta totalmente insensata se pensiamo che proprio le lavoratrici più fragili dovrebbero ottenere la maggior tutela».
Una seconda considerazione viene espressa sullo strumento utilizzato per il calcolo del bonus «che consiste in un esonero dei contributi previdenziali. Pertanto», dicono Ranieri e Tersigni, «all’aumentare del reddito della lavoratrice aumenta anche l’importo del sostegno. Ma la misura dovrebbe operare esattamente al contrario e aiutare le mamme con redditi più bassi. La vera beffa del Governo Meloni è però rappresentata dal fatto che le mamme che decideranno di richiedere il bonus perderanno l’agevolazione accordata alla generalità dei lavoratori dipendenti relativa all’esonero sulla quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, il cosiddetto taglio del cuneo contributivo. Dunque, la scelta del bonus mamma fa perdere l’analogo taglio contributivo già percepito».
In particolare, l’esonero contributivo incide nella misura del 7% fino ad un reddito mensile massimo di 1.923 euro e del 6% fino a 2.692 euro. «Tirando le somme», spiega la Cgil, «ad usufruire in maniera piena del bonus mamme saranno soltanto le lavoratrici che percepiscono un reddito mensile superiore ad euro 2.692 al mese». Come si evince anche dalla tabella le lavoratrici madri con una retribuzione media di 700 euro avranno, a fronte di un bonus teorico di 64,33 euro, un’agevolazione reale di 15,33 euro considerando i 49 euro di esonero contributivo. E così, a salire: con 1.100 euro di retribuzione il bonus spettante è di 101,09 euro, quello reale di 24,09; con 1.600 euro spettano 147,04 euro ma se ne otterranno 35,04. Con 2mila euro di stipendio, a fronte di un bonus di 183 euro, le lavoratrici ne percepiranno 63 fino ad arrivare a 2.692 euro di stipendio: in tal caso il bonus è di 247 euro, ma in busta paga ne arriveranno 85,48. Sopra tale cifra il bonus viene percepito integralmente: 250 euro al mese.
«Per poter accedere al bonus le mamme lavoratrici devono, infatti, comunicare al datore di lavoro la volontà di avvalersi dell’esonero dei contributi previdenziali», spiega la Cgil, «dai calcoli effettuati lo sgravio dovrebbe interessare solo il 6% delle lavoratrici. Una platea volutamente ridotta, che non considera le lavoratrici con un solo figlio persino nei casi in cui questo sia affetto da disabilità. Paradossalmente del bonus mamme beneficeranno nella sua totalità le lavoratrici con stipendi medio alti, le altre solo in misura irrisoria. Più volte abbiamo espresso un giudizio critico sulla misura che, ancora una volta, conferma l’incapacità di mettere in campo un intervento ampio e strutturato nel tempo, che affronti con serietà ed efficacia i problemi del divario retributivo di genere e del calo della natalità», affermano Ranieri e Tersigni che criticano «le scelte compiute dal Governo in tema di lavoro. Scelte», dicono, «che continuano ad essere condizionate negativamente da coperture limitate e insufficienti. Una serie di provvedimenti tutti nel segno dell’attivazione della sola leva economica e tutti con caratteristiche che, lungi dall’essere strutturali, ci riportano invece indietro alla stagione dei bonus che l’assegno unico e universale per i figli aveva tentato di smantellare, nell’intento di offrire alle famiglie strumenti di carattere non temporaneo e tanto più consistenti quanto peggiore fosse la condizione economica del nucleo familiare».
Articolo di Monica Pelliccione su Il Centro del 7 febbraio 2024
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Fisac e Cgil contro l’abbandono bancario in Abruzzo e Molise

 

ABRUZZO MOLISE

 

Negli ultimi 5 anni in Molise è stato chiuso più o meno un terzo delle filiali bancarie presenti: un dato che ne fa la regione italiana più penalizzata dalle politiche dei grandi gruppi bancari.
In Abruzzo le cose sono andate appena meno peggio: in un quinquennio oltre 1 sportello su 4 ha abbassato le saracinesche.

Quando si citano questi numeri sembra che si parli di questioni che non incidono sulla qualità di vita delle persone. Poi si scopre che in 8 comuni su 10 nel Molise, e in 6 comuni su 10 in Abruzzo, chi deve fare un’operazione bancaria è costretto a spostarsi, perché nella località in cui abita non ci sono più banche. Un dato che contribuisce pesantemente allo spopolamento delle aree interne e che ci impone di includere le nostre due regioni tra quelle del Meridione. 

La mancanza di filiali rende più difficile il finanziamento alle piccole e medie imprese, ed i dati Bankitalia lo dimostrano in modo chiaro: nel solo 2022 il taglio è stato del 4,6% in Abruzzo e del 3,2% in Molise. Sono dati che hanno conseguenze pesanti. Una piccola azienda che non riesce a trovare finanziamenti ha due possibilità, entrambe drammatiche: o ricorre agli usurai, o chiude 

Nella classifica dei reati pubblicata dal Sole24Ore e relativa al 2022, tre delle province abruzzesi figurino ai primi posti per quanto riguarda l’usura. Nella classifica manca solo la provincia di Teramo: guarda caso l’unica ad aver mantenuto una presenza di sportelli bancari in linea con la media nazionale. 

 Molto significativo anche il dato delle chiusure delle imprese artigiane: nei primi tre mesi del 2023 il Molise è stata la regione che ha fatto registrare il peggiore saldo tra cessazioni e nuove aperture, con l’Abruzzo al secondo posto. Nel secondo trimestre l’Abruzzo ha effettuato il “sorpasso”, conquistando il poco invidiabile primato. 

Quello della desertificazione bancaria dovrebbe essere un problema in cima all’azienda dei partiti politici, in particolare nelle regioni del centro sud: e invece sembra che la politica se ne disinteressi completamente.

Per sensibilizzare sulle tematiche del Credito nel Centro Sud, la Fisac Cgil ha organizzato per il 28 e 29 settembre l’evento “Sud in Credito – Un nuovo ruolo del sistema finanziario  per lo sviluppo del Mezzogiorno”. L’evento, che si svolgerà a Napoli alla presenza del Segretario Generale CGIL Maurizio Landini, vedrà tra gli ospiti Carlo Cimbri (presidente Unipol Gruppo), Antonio Decaro (presidente ANCI), Massimiliano Fedriga (presidente Conferenza delle Regioni), Antonio Patuelli (presidente ABI), Augusto Dell’Erba (Presidente Federcasse). In rappresentanza di Abruzzo e Molise interverranno Carmine Ranieri (Segretario Regionale CGIL) e Luca Copersini (Segretario Regionale Fisac). 

 Nel corso delle due giornate di lavori la Segretaria Nazionale Fisac, Susy Esposito, illustrerà le proposte del Sindacato  per un sistema bancario e finanziario più rispondente alle esigenze del Paese e delle Regioni Meridionali. 

 

Carmine Ranieri
Segretario Generale Cgil Abruzzo Molise 

Luca Copersini
Segretario Regionale Fisac Abruzzo Molise 

 

Il servizio mandato in onda dalla TGR Abruzzo

 

 

 

 




Cgil e Fisac, 28 e 29 settembre iniziativa a Napoli “Sud in Credito”

All’Hotel Ramada, tra gli ospiti: Cimbri, Decaro, Dell’Erba, Fedriga, Landini, Patuelli


 

Sud in Credito. Un nuovo ruolo del sistema finanziario per lo sviluppo del Mezzogiorno”.

È il titolo dell’iniziativa promossa dalla Fisac e dalla Cgil nazionale in programma a Napoli il 28 e il 29 settembre presso l’Hotel Ramada in via Galileo Ferraris 40. Una due giorni per riflettere e avanzare proposte concrete, in vista della manifestazione del 7 ottobre “La Via Maestra – Insieme per la Costituzione”, sulla necessità di insediare poli specialistici, da parte dei grandi gruppi del credito e delle assicurazioni, nelle regioni meridionali, all’interno di una strategia precisa di politica industriale.

Una proposta – “Un nuovo ruolo del sistema finanziario per lo sviluppo del Mezzogiorno”, che sarà avanzata dalla segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito – che pone particolare enfasi alle nuove professionalità del digitale, all’intelligenza artificiale e ai radicali cambiamenti che ancora ci attendono. Banche, Assicurazioni e Bcc devono essere protagoniste nel superamento delle disparità territoriali, mettendo al centro l’economia reale e sostenendo il sistema delle piccole e medie imprese del Mezzogiorno e le esigenze dei suoi cittadini.

Per farlo Fisac e Cgil organizzano questa iniziativa, lunga due giorni, che si articolerà in 4 tavole rotonde per riflettere su AutonomiaOccupazione e Infrastrutture e tirare poi le somme nel tavolo finale il 29 settembre che ragionerà sulla proposta di Fisac e Cgil alla presenza del presidente di Unipol, Carlo Cimbri; del presidente di Federcasse, Augusto Dell’Erba; del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini; e del presidente di Abi, Antonio Patuelli.

Tra gli ospiti, oltre a segretari generali della Cgil di categorie e territori, da segnalare: il 28 settembre saranno presenti Pier Paolo Baretta, assessore al Bilancio del Comune di Napoli; Antonio Decaro, presidente dell’Anci; e Massimiliano Fedriga, presidente della Conferenza delle Regioni. Il 29 settembre: Adriano Giannola, presidente di Svimez; Vito Grassi, vice presidente di Confindustria.

Nel dettaglio il programma prevede l’avvio dei lavori, giovedì 28 settembre all’Hotel Ramada di Napoli, alle ore 10 con i saluti di di Michele Cervone, segretario generale Fisac Cgil Campania, e l’intervento di Bruna Belmonte, segretaria nazionale Fisac Cgil, con delega al Mezzogiorno. A seguire la presentazione di una ricerca, a sostegno dei lavori della giornata, affidata a Roberto Errico, responsabile dipartimento Mezzogiorno Fisac Cgil Nazionale. Intorno alle ore 10.30 prevista la relazione introduttiva di Susy Esposito, segretaria generale Fisac Cgil Nazionale.

Subito dopo, intorno alle ore 11.30, anticipata dagli interventi video di Mimma Argurio e Laura Urgeghe, rispettivamente segretaria generale Fisac Cgil Sicilia e Sardegna, la prima tavola rotonda dal titolo: ‘AUTONOMIA – Dal Mezzogiorno al Paese, lo sviluppo tra autonomia e unità’. Previsti gli interventi di: Pier Paolo Baretta, assessore Bilancio Comune di Napoli; Michele De Palma, segretario generale Fiom Cgil Nazionale; Fausto Durante, segretario generale Cgil Sardegna; Massimiliano Fedriga, presidente Conferenza delle Regioni; Christian Ferrari, segretario confederale Cgil Nazionale; Alfio Mannino, segretario generale Cgil Sicilia; Mariella Volpe, economista e componente Forum Disuguaglianze Diversità. A moderare i lavori Roberta Lisi, giornalista Collettiva.it.

Nel pomeriggio, alle ore 15, dopo gli interventi video di Paolo Carravetta e Bruno Lorenzo, rispettivamente segretario generale Fisac Cgil Calabria e Basilicata, la seconda tavola rotonda dal titolo ‘OCCUPAZIONE – Il lavoro è sviluppo, occupazione stabile e di qualità nel Mezzogiorno’ con ospiti: Andrea Ciarini, professore associato Sociologia dei processi economici, organizzativi e del lavoro Università La Sapienza Roma; Antonio Decaro, presidente Anci; Maria Grazia Gabrielli, segretaria confederale Cgil Nazionale; Fernando Mega, segretario generale Cgil Basilicata; Nicola Ricci, segretario generale Cgil Campania; Serena Sorrentino, segretaria generale Fp Cgil Nazionale; Angelo Sposato, segretario generale Cgil Calabria. Modera Roberta Lisi di Collettiva.it.

La seconda giornata di ‘Sud in Credito’, venerdì 29 settembre, si aprirà con la seconda ricerca, centrata sul settore, a cura di Davide Riccardi, responsabile Ufficio Studi & Ricerche Fisac Cgil Nazionale. Seguiranno gli interventi video di Francesco Balducci e Luca Copersini, rispettivamente segretario generale Fisac Cgil Puglia e Abruzzo Molise. Sarà poi il momento della proposta di Fisac e Cgil ‘Un nuovo ruolo del sistema finanziario per lo sviluppo del Mezzogiorno’ nelle parole della segretaria generale Fisac Cgil Nazionale, Susy Esposito.

Per le ore 10.30 la terza tavola rotonda dal titolo ‘INFRASTRUTTURE – Il settore finanziario per lo sviluppo infrastrutturale del Mezzogiorno’ con: Gigia Bucci, segretaria generale Cgil Puglia; Pino Gesmundo, segretario confederale Cgil Nazionale; Adriano Giannola, presidente Svimez; Vito Grassi, vice presidente Confindustria e presidente Consiglio rappresentanze regionali e politiche di coesione territoriale; Stefano Malorgio, segretario generale Filt Cgil Nazionale; Ferdinando Natali, regional manager Sud UniCredit; Carmine Ranieri, segretario generale Cgil Abruzzo Molise; Roberto Torrini, capo Servizio struttura economica Banca d’Italia. Modera i lavori Nica Ruggiero, giornalista responsabile Comunicazione Cgil Puglia e Bari.

Alle 14, infine, sempre dalla giornata di venerdì 29 settembre, la quarta e ultima tavola rotonda dal titolo ‘AUTONOMIA. OCCUPAZIONE. INFRASTRUTTURE.- Un nuovo ruolo del sistema finanziario per lo sviluppo del Mezzogiorno’ con la partecipazione di Carlo Cimbri, presidente Unipol; Augusto Dell’Erba, presidente Federcasse; Maurizio Landini, segretario generale Cgil Nazionale; Antonio Patuelli, presidente Abi. Modera la discussione Janina Landau, Giornalista Class CNBC.

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Eletta la nuova segreteria Cgil Abruzzo Molise

Dopo la rielezione del segretario generale della Cgil Abruzzo Molise, Carmine Ranieri, avvenuta lo scorso 3 febbraio in occasione dell’assemblea generale del sindacato, venerdì 28 aprile il percorso di costituzione degli organismi dirigenti dell’organizzazione sindacale si è concluso con l’elezione della nuova segreteria.

Oltre a Ranieri, sono stati eletti Alessandra Tersigni, Federica Benedetti, Franco Rolandi e Franco Spina. La nuova segreteria è stata votata a larga maggioranza: 86 i favorevoli, cinque i contrari e tre gli astenuti. Se per Spina si tratta di una conferma, per Tersigni, Benedetti e Rolandi è il primo incarico nella segreteria della Cgil Abruzzo Molise.

Alessandra Tersigni, proveniente dal mondo delle cooperative sociali in qualità di assistente sociale, ha iniziato il percorso sindacale nella segreteria della Funzione pubblica della Cgil Pescara; ha costituito il Nidil Cgil del capoluogo adriatico di cui è stata segretaria generale per otto anni. E’ stata inoltre nella segreteria provinciale della Camera del Lavoro di Pescara per dodici anni. Nel 2017, poi, è stata eletta segretaria generale della Fiom Cgil Pescara. E’ da sempre impegnata nella lotta alla precarietà e nell’implementazione delle pari opportunità.

Federica Benedetti è stata componente della segreteria confederale della Camera del Lavoro dell’Aquila per otto anni con delega alle partecipate, alle politiche di genere e alla ricostruzione. Componente di segreteria della Fp Cgil provinciale per quattro anni, è stata impegnata in prima linea sulle vertenze dei precari della ricostruzione, dei Centri per l’impiego, degli uffici giudiziari. E’ stata nella Rsu della Giunta regionale e componente del coordinamento nazionale Fp Cgil Centri per l’Impiego.

Franco Rolandi, dipendente della Tua Spa, nella sua lunga militanza nella Cgil, sindacato a cui è iscritto dal 1987, ha ricoperto diversi ruoli, da delegato aziendale a segretario della Filt Cgil Pescara, che ha guidato dal 2008 al 2016, prima di essere eletto nella Filt Cgil Abruzzo. Dapprima ne è stato segretario organizzativo e poi segretario generale, ruolo che ha ricoperto per dieci anni, gli ultimi quattro dei quali anche alla guida della categoria molisana. E’ stato anche componente dell’assemblea nazionale della Filt Cgil, nonché componente degli organismi direttivi confederali della Cgil regionale, della Cgil Pescara e della Cgil del Molise.

Franco Spina ha ricoperto incarichi nel patronato Inca del Molise e nella Filcams Molise. E’ stato segretario organizzativo della Cgil Molise e nell’ultimo quadriennio segretario di organizzazione della Cgil Abruzzo Molise. Nell’augurare buon lavoro ai componenti della segreteria, il segretario generale del sindacato, Carmine Ranieri, ribadisce come “in un contesto difficile come quello chpo la e stiamo vivendo, è più che mai necessario mettere al centro il lavoro, la pace, la giustizia sociale, la solidarietà umana. E’ questo l’impegno ed il programma politico della Cgil Abruzzo Molise per i prossimi quattro anni”, conclude Ranieri, ribadendo quanto già annunciato dopo la rielezione.

 

Fonte: newsdellavalle.con




I congresso regionale FISAC Abruzzo Molise: Luca Copersini nuovo segretario

Si è svolto ieri a Pescara, nei locali dell’ex Aurum, il primo congresso regionale Fisac/Cgil Abruzzo Molise.

Ai lavori sono intervenuti Carmine Ranieri, Segretario Generale Cgil Abruzzo Molise e Luca Esposito in rappresentanza della Fisac Nazionale.

Al termine della giornata è stato eletto all’unanimità Luca Copersini come nuovo segretario Regionale, avvicendando il segretario uscente Francesco Trivelli.

Un sentito ringraziamento a Francesco per l’ottimo lavoro svolto in questi anni, e auguri al nuovo segretario.




Le banche chiudono in Abruzzo: sindacati a confronto

In Abruzzo in dodici anni da 700 filiali di banche si è arrivati a 429. Negli ultimi anni si sono persi 2.700 posti diretti e circa 300 indiretti. Numeri allarmanti e un grido di allarme lanciato dai sindacati confederali che hanno voluto organizzare un momento di incontro all’Emiciclo anche per coinvolgere i sindaci in questo discorso.
A farne le spese sono soprattutto le aree interne che già sono spopolate. Manca un servizio per il cittadino ma anche per le imprese ed è un fatto che aumenta la disuguaglianza tra aree interne e costa.
Il momento di approfondimento ha avuto come titolo “L’uguaglianza possibile, le banche nei comuni del futuro”.

Negli ultimi anni, soprattutto nei comuni montani, si sta assistendo ad una desertificazione bancaria supportata da un nuovo modello di banca “on line” che prevede una chiusura massiva di sportelli e uffici che non sono ritenuti più interessanti e remunerativi. Ma così viene a mancare un punto di riferimento per le aziende e per i cittadini con difficoltà pure di accesso al credito da parte delle imprese.

Nella sua relazione il dottor Aldo Ronci, ricercatore, ha analizzato i dati che fotografano un sistema produttivo in difficoltà con un decremento di abitanti in Abruzzo negli ultimi anni che è di quasi il doppio del dato nazionale.

Ad aprire i lavori sono stati Giulio Olivieri, segretario generale First Abruzzo Molise e Francesco Trivelli, coordinatore Fisac Cgil Abruzzo e Molise.
Tanti gli interventi perchè dopo l’analisi dei dati c’è stato anche spazio per una tavola rotonda.

Le banche devono tornare nel territorio per svolgere la loro funzione di banche – ha detto ad esempio Carmine Ranieri segretario generale Cgil Abruzzo Molise – il periodo è complesso e la crisi economica è forte. Le imprese hanno bisogno di banche vicine e anche i cittadini. Il modella della banca digitale per noi non funziona”.

Gianni Notaro, segretario generale Cisl Abruzzo e Molise, nel commentare i numeri, ha aggiunto che tutto ciò sta passando in silenzio e per l’economia regionale è un danno irreparabile. Per questo bisogna porre un freno a questo trend e le istituzioni devono tenere alta l’attenzione.

Chiedo ai politici – ha detto Fabrizio Truono segretario confederale Uil Abruzzo – un impegno per fare un discorso comune e per cercare di tornare a rendere attrattivo il territorio e le zone interne, le capacità per farlo ci sono, anche alla luce delle ingenti risorse che arrivano dal Pnrr e da altri canali che ci permetteranno di fare una programmazione di rilancio del territorio”.

Il dibattito è stato ricco di spunti e riflessioni anche grazie ai contributi, poi, del presidente di Abruzzo Sviluppo Stefano Cianciotta, di Domenico Zocco della segreteria Uil.Ca Abruzzo, del segretario nazionale Fisac Cgil Nino Baseotto. 

Insomma la battaglia deve essere unica per evitare altri danni e secondo il presidente ANCI Abruzzo Gianguido D’Alberto deve passare un nuovo messaggio, quello che l’Abruzzo è una terra competitiva con tante possibilità.

Il problema della chiusura degli sportelli incide non poco anche sulla socialità di tanti piccoli comuni abruzzesi.

Fonte: Il Messaggero




Le banche nei Comuni del futuro: il 9 giugno convegno di CGIL, CISL e UIL

Giovedì 9 giugno, a partire dalle ore 9, si svolgerà all’Aquila, presso la sala ipogea del Consiglio Regionale del Consiglio Regionale d’Abruzzo, il convegno dal titolo:

L’uguaglianza possibile: le Banche nei Comuni del futuro

L’evento è organizzato da Cgil, Cisl e UIL in collaborazione con Regione Abruzzo e ANCI Abruzzo, oltre alle rispettive categorie rappresentative dei bancari (Fisac, First e Uilca). L’obiettivo della giornata è la sensibilizzazione alle enormi problematiche causate dalla chiusura degli sportelli bancari in Abruzzo, tema del quale, come Fisac, ci siamo ripetutamente occupati.

Per questo motivo, all’incontro sono stati invitati i sindaci di tutti i comuni abruzzesi oltre ai 3 candidati sindaco del Comune dell’Aquila. La giornata si prefigge lo scopo di costituire un coordinamento dei sindaci, in modo da poter interloquire con maggior forza ed efficacia con i grandi gruppi bancari nazionali.

L’evento può essere seguito in diretta youtube a questo link:
L’UGUAGLIANZA POSSIBILE le Banche nei Comuni del futuro – YouTube

Questo il programma dell’incontro:

  • Presentazione: Giulio Olivieri
    Segretario Generale First Abruzzo Molise
  • Saluti istituzionali: Lorenzo Sospiri
    Presidente Consiglio Regionale
  • Introduce: Francesco Trivelli
    Coordinatore Fisac Cgil Abruzzo Molise
  • Relazione: “Cosa accade in Abruzzo”
    a cura del dott. Aldo Ronci
    Ricercatore
  • Intervengono:
    Michele Lombardo
    Segretario Generale UIL Abruzzo
    Carmine Ranieri
    Segretario Generale CGIL Abruzzo
  • Tavola rotonda. Ne discutono:
    Nino Baseotto
    Segretario Nazionale Fisac/Cgil
    Gianguido D’Alberto 
    Presidente ANCI Abruzzo. Sindaco di Teramo
    Prof. Stefano Cianciotta
    Presidente Abruzzo Sviluppo Spa
    Domenico Zocco
    Segreteria Uil.Ca Abruzzo
    modera:
    Angelo De Nicola
    Giornalista e scrittore

La partecipazione è libera.




Perché le banche non vogliono più finanziare le aziende aquilane?

Relazione introduttiva al convegno “Il credito bancario in provincia dell’Aquila a 10 anni dal sisma” tenutosi lo scorso 28 novembre.

Vi spiego come è nata l’idea di questo convegno.

Il decennale del terremoto è di per sé una ricorrenza che ispira a fare dei bilanci. Però non è questa la molla che ci ha spinto ad organizzare questa giornata.
In realtà abbiamo voluto l’organizzazione di questo evento perché ci siamo resi conto che era necessario.

Tutti noi auspichiamo il completamento della ricostruzione ed il rilancio di un sistema economico che il sisma aveva messo in ginocchio. Perché la macchina continui a camminare, però, è necessario il carburante. E il carburante sono, inevitabilmente, i soldi. Oltre a chiedere allo Stato di fare la sua parte meglio di quanto ha fatto fino ad ora, condizione indispensabile per guardare con fiducia al futuro è la possibilità per le aziende di accedere al credito bancario per finanziare i loro investimenti.
Noi oggi mostreremo che il credito alle imprese in Provincia dell’Aquila è in forte calo, cercheremo di spiegare le ragioni alla base di questo calo, destinato ad aggravarsi negli anni a venire.

Vorrei fare subito chiarezza su un punto: il nostro scopo non è attaccare le banche. Personalmente ritengo che le banche si comportino né più né meno come tutte le grandi aziende.

E quindi, male.

Il periodo storico che stiamo vivendo è per molti versi differente da tutti quelli che lo hanno preceduto. Si parla spesso di crisi, di recessione, però questi termini assumono oggi un valore diverso rispetto al passato.
Storicamente una crisi era legata alle difficoltà di produzione. Pensiamo ad una società contadina: un periodo di forte siccità poteva causare una carestia, che portava la gente a morire letteralmente di fame o la costringeva ad emigrare.
Pensiamo alle crisi energetiche degli anni 70: improvvisi aumenti nel prezzo del petrolio causavano un immediato taglio della produzione e dei consumi, con conseguente perdita di posti di lavoro.

Oggi viviamo in un sistema economico capace di produrre beni e servizi in quantità pressoché illimitata. Il problema diventa quindi il mercato, che non riesce a consumare tutto ciò che in teoria potrebbe essere prodotto. Questo ingenera una situazione di “crisi”, ma soprattutto mette in moto un circolo vizioso.
Ci si illude che la formula magica sia tagliare al massimo i costi di produzione, quindi sfruttare l’automazione per avere sempre meno persone che lavorano, e quelle che lavorano pagarle il meno possibile.
In questo modo si innesca una situazione paradossale: i beni prodotti costano sempre meno, le aziende sono in condizione di aumentare ulteriormente una produzione che già in precedenza era eccedente rispetto alle esigenze del mercato, solo che il mercato si riduce sempre di più.
Sì, perché se sono sempre meno le persone che lavorano, e quelli che lavorano guadagnano sempre meno, chi dovrebbe comprarli i beni e servizi che vengono prodotti, anche se ad un costo inferiore?

In questa fase storica abbiamo un sistema economico convinto di poter prosperare creando povertà anziché benessere.
Come vedremo, le banche sono perfettamente allineate a queste logiche.

Entriamo nel merito degli argomenti che tratteremo. Il primo dei nostri relatori sarà Roberto Errico, ricercatore dell’IRSF LAB, istituto di ricerca della FISAC, che ci illustrerà una serie di dati relativi all’economia locale, ma si soffermerà in modo particolare sull’andamento del credito alle imprese. I dati che mostrerà sono sconfortanti. Mostrerà soprattutto che i grandi gruppi bancari tendono a ridurre la concessione di credito nel Centro-Sud, concentrando la loro attenzione sulle regioni del Nord.

Vorrei soffermarmi sul perché di questo andamento, e su come sia dovuto a cause strutturali sulle quali è davvero difficile intervenire. Mi scuso con gli addetti ai lavori per la brutale semplificazione, ma è importante che i concetti che sto per esporre giungano chiaramente soprattutto a chi non è esperto di economia.
Un elemento che incide pesantemente sulle scelte delle banche sono le normative di vigilanza della BCE, i cosidetti accordi di Basilea. Lo scopo sarebbe assolutamente condivisibile: mettere in sicurezza le banche, evitando che eventuali insolvenze da parte dei debitori possano metterle in crisi. A questi adempimenti sfuggono per ora le BCC, ma l’imminente riforma le equiparerà a breve alle altre banche.

Esistono una serie di adempimenti a carico degli istituti bancari. Tra questi, l’obbligo di accantonare  una somma a fronte di ogni affidamento accordato, in modo da creare dei fondi ai quali attingere nel caso i prestiti non rientrassero. Gli accantonamenti sono differenziati a seconda del rating del debitore. Per chi non lo sapesse, il rating può essere assimilato ad una specie di “voto” scolastico. Chi appare in grado di rimborsare senza problemi i finanziamenti ricevuti, ha un voto migliore. Chi invece presenta motivi di incertezza ha un voto meno buono. Sono diversi gli elementi che vengono presi in considerazione per l’attribuzione del “voto”: tra questi anche il fatto di operare in un territorio più o meno florido. Il semplice fatto di avere la sede in una zona che ha subito il terremoto, e che quindi è di per sé fonte di incertezze, fa sì che i nostri operatori economici partano spesso con un “debito formativo”, volendo restare  nella metafora scolastica. E questo è un primo elemento che vi prego di voler ricordare.
Si può rimediare ad un cattivo rating fornendo garanzie adeguate.

Abbiamo detto che gli accantonamenti sono differenziati a seconda del rating: rappresentano una percentuale irrisoria per aziende con rating buono, aumentando progressivamente fino ad arrivare al 100% del credito concesso ad aziende in difficoltà.
Quindi volendo affidare per € 1.000 un’impresa con andamento incerto, la banca corre il rischio di bloccarne altri 1.000: questo maggior impegno viene compensato dall’applicazione di un tasso più alto, ma il dover tenere delle somme bloccate rappresenta per la banca un disagio tale da spingerla ad evitare del tutto di affidare un’azienda che presenti forti incertezze.

Questo anche in virtù di un altro adempimento, relativo ai vincoli patrimoniali delle banche. Per concedere credito, gli Istituti devono rispettare un coefficiente di solvibilità, cioè una quantità minima di capitale. Si tratta di un rapporto che ha al numeratore il patrimonio della banca (in effetti si tratta di un patrimonio rettificato, come vedremo) e al denominatore il totale dei crediti concessi, ponderati a seconda del rating.
Il patrimonio al numeratore è il cosidetto patrimonio di vigilanza, quindi calcolato secondo norme precise. Una di queste prevede che gli accantonamenti vengano scalcolati dal patrimonio.

Ricapitolando: una banca che concede 1.000 euro ad un’azienda, qualora quest’ultima andasse in difficoltà sI troverà a doverne vincolare altrettanti, vedendo nel frattempo ridursi il coefficiente di solvibilità, col rischio di trovarsi – qualora l’ammontare dei crediti incagliati aumentasse troppo – a non poter più operare. A quel punto la banca avrà più convenienza a svendere quel credito, magari ad un valore nominale del 20-25%, piuttosto che sforzarsi di recuperarlo, in modo da svincolare l’accantonamento effettuato a copertura e migliorare il coefficiente di solvibilità.
In 
queste condizioni le banche non hanno nessuna voglia di finanziare aziende che presentino situazioni di incertezza, operino in territori difficili o non dispongano di garanzie adeguate. Da qui si spiega ciò che sta succedendo: sempre meno impieghi nel Mezzogiorno, con finanziamenti che si concentrano nelle zone più solide economicamente. Ed in futuro la tendenza non potrà che accentuarsi: meno finanziamenti significa meno imprese, meno imprese significa meno investimenti, meno investimenti significa meno richieste di finanziamento. Il paradosso è che mentre scendono i finanziamenti alle imprese aumentano i depositi bancari: sono le somme che le famiglie avrebbero investito in attività economiche e che restano sui conti, finendo per costituire la provvista per finanziare investimenti che avvengono altrove. Un preoccupante trasferimento di ricchezza.

Fin qui l’aspetto tecnico. Volendo essere onesti, dobbiamo però dire che che la storia dei recenti dissesti bancari c’insegna che a mandare in crisi la banca non è l’artigiano con un finanziamento di € 20/mila , ma la grande azienda finanziata per € 20/milioni. La scelta di abbandonare le piccole e medie imprese, trincerandosi anche dietro i nuovi algoritmi che di fatto decidono del destino di un operatore in modo asettico, risponde sicuramente alla logica del risultato immediato, ma finisce col desertificare intere aree del Paese, scelta che a lungo andare causerà agli Istituti bancari perdite ancor maggiori. Avere il coraggio di investire sui territori, favorirne la crescita invece del declino, è a mio parere l’unica scelta logica e lungimirante, ma ha il torto di portare benefici solo nel periodo medio-lungo.

Tra gli effetti collaterali di queste scelte, anche l’aumento della criminalità. Un recente studio del Sole 24Ore pone la nostra Provincia al 3° posto in Italia per i reati di usura e questo è inevitabile: dove manca il credito ufficiale subentrano altri finanziatori. Le stesse infiltrazioni della criminalità organizzata sono facilitate dalle difficoltà delle aziende di ottenere credito: laddove un’impresa è costretta a ritirarsi per mancanza di liquidità ne subentra un’altra che invece la liquidità ce l’ha, ed ha il problema di ripulirla.

Altro tema importante è quello dell’abbandono del territorio da parte delle banche.

Tempo fa, parlavo con una persona che ricopre un ruolo importante in un istituto di rilevanza nazione, e lei mi raccontava con entusiasmo dell’avanzata sperimentazione di centralinisti robot, cioè voci generate da una procedura, capace di capire le domande poste dai clienti della banche e fornire risposte adeguate. L’idea è sostituire i centralinisti in carne ed ossa non appena le voci sintetiche diventeranno difficilmente distinguibili da quelle umane. A un certo punto l’ho interrotta chiedendole: “Perché?” “Come perché? Così si risparmia sul personale”. “Si, ma se tutti fanno in modo di far lavorare meno gente possibile, alla fine chi dovrebbe venirci ad aprire un conto da voi?” Lei mi  ha guardato, dicendo: “Sai che non avevo considerato questo aspetto?”

Le banche chiudono uffici e filiali. Colpisce l’indifferenza di fronte alla perdita di centinaia di posti di lavoro in Provincia ed alla riduzione del numero degli sportelli, dati che Roberto illustrerà in modo approfondito. C’è quasi l’idea che la chiusura di una filiale rappresenti un problema solo per chi ci lavora, ma che sia irrilevante per il territorio. E’ quello che affermano le banche, che ci raccontano anche che le loro scelte vanno incontro alle esigenze della clientela: ora, è vero che molte operazioni si fanno online, ma c’è qualcuno di voi che ha l’esigenza di far chiudere la filiale presso al quale ha il conto corrente?
Pensiamo ad un paese di montagna con un solo sportello bancario. A quale esigenza risponde la chiusura di quella filiale? A quella di accelerare lo spopolamento del paesino? O alla logica di cui parlavo all’inizio, cioè un’economia che pensa di prosperare impoverendo il territorio?

Le banche ci raccontano che nell’era del digitale la presenza fisica non è necessaria, che questo non impatta in nessun modo con la qualità dei servizi offerti.
Il nostro secondo relatore, prof. Alberto Zazzaro, docente di Economia presso l’Università degli Studi di Napoli, ci mostrerà che questo non è vero. Il professore ci illustrerà uno studio che dimostra in modo scientifico che quando chi deve decidere è lontano dall’azienda da affidare, è portato a concedere credito con più difficoltà. E più la distanza aumenta, più questo effetto si acuisce. Anche il suo sarà un intervento imperdibile.

Sarà poi il turno di Francesco Marrelli, Segretario Generale della CGIL per la Provincia dell’Aquila, nonché primo promotore di questa giornata, che farà il punto sull’economia e l’andamento demografico del territorio, evidenziando il costante calo delle aziende attive, fatto che non stupisce e che potremmo considerare consequenziale rispetto ai temi trattati.

Sarebbe comunque ingeneroso dare la colpa alle sole banche.
Dal terremoto in poi la politica ha fatto indubbiamente molto meno di quello che avrebbe dovuto.
A distanza di 10  anni non ha senso parlare di colpe di gialli, verdi rossi o blu: ci sono troppe cose che non hanno funzionato. Il simbolo delle mancanze della politica è rappresentato dalle scuole: in 10 anni non è stata ricostruita una sola scuola pubblica, ed ovunque la ricostruzione pubblica procede in modo lentissimo.

A differenza di quanto avvenuto in occasione di altre calamità naturali, all’Aquila non ci sono stati investimenti pubblici, vero motore della ripartenza. Eppure di modi per investire  in modo intelligente e creare sviluppo ce ne sarebbero: pensiamo ad un collegamento ferroviario diretto con Roma, ad esempio, che trasformerebbe totalmente la città. Pensiamo ad opere di messa in sicurezza , sia dal rischio sismico che dal rischio idrogeologico, che renderebbero il nostro territorio più vivibile creando nel contempo posti di lavoro.

La chiusura sarà affidata a Carmine Ranieri, Segretario CGIL Abruzzo e Molise, che tirerà le somme della giornata e proverà anche a lanciare un messaggio in qualche modo propositivo.

 

Luca Copersini, Segretario Provinciale Fisac/Cgil L’Aquila

 

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Convegno Fisac e CGIL AQ sulle problematiche del credito bancario in Provincia

Si è svolto questa mattina presso la sala “V. Rivera” di Palazzo Fibbioni il convegno: “Il credito bancario in provincia dell’Aquila a 10 anni dal sisma”, organizzato dalla Cgil L’Aquila e dalla Fisac Cgil L’Aquila in collaborazione con la Cgil Abruzzo Molise

Il convegno ha puntato l’attenzione sui dati drammatici del credito alle imprese nella nostra Provincia: in 7 anni un taglio del 30%, pari a 580 milioni di euro in meno.

Ad aprire i lavori è stato Luca Copersini, Segretario provinciale Fisac , che ha spiegato come questo andamento non sia casuale ma derivi da precise ragioni strutturali, destinate a far aggravare la situazione negli anni a venire.

Il fenomeno riguarda non solo la nostra provincia, ma l’intero Centro-Sud. Alla base ci sono gli adempimenti imposti dalla BCE per prevenire l’insolvenza degli Istitui bancari, che prevedono accantonamenti a coperura di possibili perdite su crediti e precisi vincoli di bilancio. Questi adempimenti sono relativamente leggeri se riferiti ad aziende ritenute più affidabili o operanti in territori più floridi, decisamente più onerosi per debitori che presentino elementi di incertezza, tra i quali anche il fatto di operare in regioni meno ricche. Il risultato è che si sta creando una spaccatura: un Centro-Sud dove il credito bancario cala drasticamente, ed un Nord Italia nel quale si concentrano gli impieghi, con l’utilizzo delle somme depositate nelle regioni meridionali e realizzando in tal modo un autentico travaso di ricchezza.

Il secondo intervento è stato di Roberto Errico, ricercatore presso l’IRSF LAB, che ha presentato uno studio sull’andamento dell’economia e del credito in Provincia, evidenziando dati particolarmente inquietanti. Tra questi, il calo dell’occupazione nel settore bancario (319 posti persi in 7 anni, con un andamento percentuale doppio rispetto alla media nazionale) e l’incredibile dato sui Comuni sprovvisti di qualsiasi sportello bancario: in Provincia dell’Aquila il sono 63%, contro una media nazionale del 30%.

Altro dato allarmante, la crescita del fenomeno dell’usura. Un recente studio del Sole 24Ore pone la nostra Provincia al 3° posto in Italia per i reati di usura, fenomeno collegato alla riduzione di finanziamenti ottenuti per le vie ufficiali.

E’ stato poi il turno del prof. Alberto Zazzaro, docente di Economia presso l’Università degli Studi Federico II di Napoli, che ha evidenziato come l’allontanamento dal territorio dei centri decisionali comporti automaticamente la riduzione degli affidamenti accordati. Durante la presentazione è stato mostrato che anche gli adempimenti normativi contribuiscono alla scomparsa delle piccole banche, per le quali i costi relativi agli adeguamenti hanno un’incidenza molto maggiore. E’ bene ricordare che in Abruzzo non esistono più banche locali, fatta eccezione per alcune piccole BCC.

Francesco Marrelli, segretario Provinciale CGIL L’Aquila, ha posto l’accento sull’andamento delle partite Iva in Provincia, per le quali si assiste a partire dal 2017 ad una prevalenza delle cessazioni rispetto alle nuove iscrizioni. Tra il 2014 e il 2018 c’è stato un calo di 332 imprese. Preoccupante il tasso di disoccupazione giovanile (31,1% a fronte di una media nazionale del 24,8%). Si rileva il forte invecchiamento della popolazione lavorativa, con gli over 54 che in 10 anni passano dal 31,3% al 57,9%. Nel nostro territorio si registra un calo di circa 10.000 occupati dal 2007. Preoccupante anche l’andamento anagrafico: in Provincia si sono persi 10.200 residenti dal 2009.

La CGIL dell’Aquila porta avanti da tempo la richiesta di definire una “Strategia per le aree interne” per invertire la tendenza di uno spopolamento continuo. Per questo, il Segretario ha rilanciato la proposta di un tavolo di confronto con Governo, Regione Abruzzo ed Associazioni di Categoria per individuare le priorità da affrontare e gli investimenti da porre in essere.

Le conclusioni sono state affidate a Carmine Ranieri, Segretario CGIL Abruzzo Molise. Nell’attirare l’attenzione sulla mancanza di investimenti pubblici sul territorio, simboleggiata dalla mancata ricostruzione di tutti gli edifici scolastici, Ranieri ha lanciato varie proposte, partendo dall’ipotesi di un collegamento ferroviario diretto tra L’Aquila e Roma, per il quale tra l’altro in passato sono stati già fatti studi di fattibilità, e suggerendo opere di messa in sicurezza dal rischio sismico ed idro-geologico del territorio. La Fisac sta suggerendo, a livello nazionale, di utlizzare il surplus di depositi giacente nelle banche del Mezzogiorno per opere da realizzare nelle stesse regioni del Centro-Sud, finanziandole attraverso emissioni di bond finalizzati; nella sola Provincia dell’Aquila tale scarto ammonta a 2,4 miliardi. Vista la difficoltà delle piccole imprese di finanziarsi a causa della mancanza di garanzie, è stato inoltre auspicata la creazione di fondi di garanzia da rendere più facilmente disponibili per le piccole aziende, potenziando e snellendo l’operatività dei Confidi.

Gli organizzatori hanno concluso con l’augurio che il convegno odierno possa rappresentare un primo passo verso un impegno comune, auspicando un maggior coinvolgimento da parte delle istituzioni locali, che ad oggi sembrano sottovalutare l’impatto della riduzione del credito sulle prospettive di crescita del territorio.

L’Aquila, 28/11/2019

FISAC/CGIL L’AQUILA Luca Copersini

CGIL ABRUZZO MOLISE Carmine Renieri

CGIL L’AQUILA Francesco Marrelli

Slides 28-11